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domenica 7 novembre 2010

Gli spiccioli di un provinciale

Racconti di guerra, grande ingiustizia del mondo, sentiti in famiglia. 

Il nonno Maini, che fece la Grande Guerra nel Battaglione Aosta, in divisa da alpino
La Grande Guerra.

Il gruppo di case sparse in Slovenia, dove nacque il nonno materno
Dalla viva voce della nonna materna appresi fanciullo di bambini sloveni trattenuti sulle linee del fronte dell'Isonzo al pari di donne ed anziani, feroce anticipo italiano delle persecuzioni e dei campi di concentramento loro riservati vent'anni dopo. Bambini in allora obbligati a sentire le grida di agonia dei feriti gravi abbandonati tra i reticolati delle trincee. Anziani considerati spie e trattati di conseguenza, salvati solo all'ultimo minuto dall'esecuzione. Stupri o tentativi di stupro. Su un fronte più lontano l'altro mio nonno, a combattere. Schivo di parole in merito, però, eccezione fatta per meticolosi chiarimenti tecnici resi al sottoscritto di ritorno da Gorizia. Già, ma la pandemia di spagnola della prima famiglia gli lasciò solo lo zio tragicamente destinato a perire più tardi in Russia. Particolari appresi da adulto. Pudori arcaici di famiglia. 

Le donne, meravigliose creature, sensibili e pratiche ad un tempo, come progressivamente ho appreso nella vita. Loro quindi mi hanno illuminato per prime su tante nefandezze umane. Forse il primo squarcio di luce rispetto alle letture artatamente patriottiche dei libri di testo mi arrivò proprio dai particolari di Musei e Sacrari narrati da una zia (a noi tutti carissima!) anche lei di ritorno dalla Venezia Giulia. 

Più sfumate le testimonianze dirette della seconda guerra.


La malaria (altre persone a me care ne soffrirono nella loro conseguente breve vita) del nonno materno, reduce dall'Albania, più o meno costretto ad indossare di nuovo la divisa del carabiniere.

Quali orrori avrà visto in tale veste? Un anticipo del suo espatrio clandestino in Jugoslavia per riabbracciare la madre, con particolari - i duri interrogatori dei "titini" che, date le sue origini, lo ritenevano un spia - conosciuti solo da mio padre per essere svelati tanti, troppi anni dopo? 


Ultima guerra, mio padre, da Ventimiglia (IM): i bombardamenti aerei a  Napoli, la prima battaglia navale della Sirte:



la fuga da Pola, 8 settembre 1943, della squadra della corazzata Giulio Cesare, la successiva destinazione ad altri incarichi, spesa a terra tra Taranto e Lecce. A lungo senza contatti con i genitori e, sino all'indomani dell'8 settembre 1943, con il fratello più piccolo, anch'egli in  Marina. Il fratello più grande, che era nel Genio Ferrovieri, già morto (ufficialmente disperso!), come sopra accennato, nella sciagurata campagna di Russia, a dicembre 1942.

Da queste parti, in Riviera, i civili in dura lotta per la sopravvivenza. Anche bambine di Bordighera (IM) a spingere carrette su e giù per il Col di Nava alla ricerca di farina in cambio di olio cercando di evitare i feroci controlli tedeschi. 

Potrei continuare, aggiungendo notizie apprese diversamente, alcune decisamente significative. Ho già lasciato qualche traccia scritta di questi eventi, che in gran parte costituiscono da sempre il filo conduttore di mie narrazioni orali, nella convinzione che particolari come questi aiutino a comprendere la Storia. Ho trovato, invero, anche riscontri, destando talora nei miei interlocutori la necessità di ripercorrere con attenzione le loro ascendenze. 

Ma sulla guerra, fatalmente sulla seconda, che vede ancora dei testimoni diretti, la mia curiosità partecipe va anche alla vita dei civili e dei militari in libera uscita, forse attratto da tanti passi incrociati di parenti e di conoscenti, comunque, desideroso di sapere quali molle caricassero quelle donne e quegli uomini a sopportare quei mesi difficili. Di qui il mio trepido stupore quando ho rivisto "Ossessione" di Visconti, realizzato fortunosamente in tempo di guerra, dove abbondano scene di vita reale nelle retrovie. E la grande attenzione con cui ho ammirato "Estate violenta" di Florestano Vancini.

La Resistenza, poi, affiora per ironico paradosso in presa diretta di stampo familiare con ambientazioni geograficamente lontane dalla Liguria Occidentale. 

Ci sono episodi, riconducibili a quando avevo da poco superato i vent'anni di età, che non ho mai raccontato, anche perché mi tornano, chissà perché, raramente alla memoria.


Una visita guidata ai Musei Vaticani. Afferrare e ritenere per sempre da poche parole dell'accompagnatore l'essenza dell'arte, ma ancor più la sottesa storia sociale, un po' come compie con grande respiro il professor Flavio Caroli con le sue lezioni magistrali, l'ultima sentita ieri sera a "Che tempo che fa", su Goya, stupenda! Capire, meglio, forse, perché "Tempesta" di Giorgione, "Adamo ed Eva cacciati dall'Eden" di Masaccio, "Guidoriccio da Fogliano" di Simone Martini da sempre mi affascinino in modo particolare. E dal vivo ho visto solo la Cappella Brancacci. Per le prime due opere é ampiamente riconosciuto, mi pare, un accostamento non arbitrario a "L'urlo" di Munch. Io aggiungo anche la terza. Ma lo intendo solo ora. Così come é giusto cercare di aiutare il superamento delle angosce altrui.


Colli Albani. Presenza inattesa in quella storica villa del capo delegazione, una donna, del VietNam del Nord al tavolo della pace di Parigi. Io sono il primo a vedere la piccola comitiva, che sperava di passare inosservata, e a chiamare gli altri per esprimere in modo improvvisato e goffo emozione e solidarietà a quella lotta di liberazione e a popoli atterriti da nuovi micidiali bombardamenti aerei. Senonché, ci sono le amare pagine della storia che ci rammentano tante ingiustizie. No, non era un modello quel VietNam, non lo é neanche adesso. Anche se era giusto che quella guerra cessasse. Forse non comunque, di sicuro non in quel modo, con le rappresaglie dei vincitori e i Boat People. Per non parlare dell'immane tragedia della Cambogia. Penso adesso a "Asce di guerra" dei WuMing, un libro in cui l'anima, a mio avviso, ce l'hanno messa sul serio. Ed illuminante.


Un viaggio in treno da Milano all'inizio di una ormai lontana estate. Per me si trattava di un ritorno a casa, a Ventimiglia (IM). Nello scompartimento ebbi la fortunata opportunità di sedermi vicino a Carlo Levi, che poi scese ad Alassio (SV), dove, sulle alture, aveva casa e ricordi d'infanzia. Un distinto signore molto elegante nel suo abito di lino chiaro. Io insistetti ingenuamente a dirgli che in quella cittadina era nata mia madre. Lo spessore umano di un personaggio che si lasciava tormentare dalle domande del sottoscritto. Entrambi reduci da una Conferenza dell'Emigrazione, svolta in una bella villa sul Lago di Como. Lui dirigente di quel sodalizio e grande relatore con un discorso intriso di splendide e commoventi immagini. Io semplice spettatore. In vettura, ma lo comprenderò (mi è capitato con altri personaggi importanti) una volta di più anni dopo, mi impartì una lezione di vita. E di autentica Storia. Non si lasciò andare ai ricordi di "Cristo si é fermato ad Eboli". Tutt'al più mi parlò delle sue prove artistiche di pittore. Mi fece toccare con mano con la sua narrazione di fatti apparentemente minuti il profondo significato di essere degni cittadini.


Se qui ho parafrasato, come riconosco di aver fatto, "Gli spiccioli di Montale" di Nico Orengo, compianto autore dalla grande scrittura creativa, sottolineo, come ho già documentato, che quest'ultima opera si apre in una casa storica in riva al mare che ho avuto la ventura di frequentare. Le mie odierne trame, invece, hanno preso le mosse a Bordighera in un'altra residenza più modesta, non lungi da dove abito adesso, ormai abbandonata in attesa della furia delle ruspe per il compimento dell'ennesima speculazione edilizia. Solo la nonna materna ci ha vissuto per più di sessant'anni. Lo zio più di settanta.


Il mare é vicino, ma non visibile. Si scorgevano (si scorgerebbero) dagli usci verdi colline ormai massacrate dal cemento ed una torre d'avvistamento contro i pirati turcheschi, che si é scoperto da poco insistere su rari reperti archeologici dell'Alto Medio Evo, ma destinata ad essere circondata dagli ennesimi residences. Ed ancora - basterebbe spostarsi un po'! - il Sasso, Seborga, Monte Caggio. Più o meno di fronte, non rammento ora se di colà ben visibili, Borghetto San Nicolò e Vallebona. In mezzo il torrente Borghetto che, quasi tutto tombinato e destinato ad accogliere acque furiose non più trattenute da rilievi modesti, ma ormai spelacchiati o ricoperti da manufatti agricoli e non, in otto anni ha più volte esondato, con conseguenze particolarmente pesanti a metà settembre 2006: non più luogo di giochi durante la siccità estiva per bambini che amavano l"intrepido", dunque, non più sito di raccolta di erbe odorose per i conigli ed altri animali da cortile, non più terreno di ricerca delle more più dolci mai mangiate.


D'altronde da tanti anni ormai avevano cessato di defluirvi le acque della grande antica lavanderia di Guido, omaccione generoso dalla voce tonante che non spaventava nessuno.


25 commenti:

Alessandra ha detto...

titolo improprio caro Adriano! questo post avrà, da perte mia, molte letture perchè è da assaporare un poco alla volta per i tanti argomenti che ha in sè.
Un bacione e buona domenica :)
Ale

Unknown ha detto...

Ho letto e , come sempre, ho seguito con ammirazione e grande interesse il tuo racconto articolato ma fluidissimo, dove ci metti di fronte a tematiche apparentemente diverse tra loro, ma che , in realtà. hanno molto in comune.
Perplessità. ingiustizie, dolore. verità celate, testimonianze significative, tutto contribuisce a farci riflettere e a chiederci perchè, nonostante la storia parli, continuiamo a commettere errori, forse ancora più grandi rispetto al passato. Le risposte le conosciamo, ma finchè non inizieremo tutti quanti a renderci conto che la serenità della vita è il bene più prezioso e che tutti siamo solo di passaggio su questa terra, non riusciremo ad avere rispetto di niente e di nessuno e continueremo a combatterci gli uni contro gli altri per appropiarci di un qualcosa che ahimè. non porteremo con noi il giorno in cui lasceremo questo mondo.

Un abbraccio grande
Cri

riri ha detto...

E' vero, il post è lungo, occorre un pò di tempo per gustarselo tutto, ma è fatto di argomenti interessanti. Un pò t'invidio per tutte le conoscenze che hai citato e per la tua profonda conoscenza dell'arte..
Oggi il mondo è cambiato, solo in nome del dio denaro.Abitavo in un posto da ragazzina, dove c'erano boschi incantati, ora c'è solo edilizia abusiva condonata...

web runner ha detto...

Splendido excursus, altro che spiccioli!
Stefano

filo ha detto...

Caro Adriano,
dati i tempi di scarso senso morale in cui viviamo e la mancanza di esempi positivi nei quali potersi identificare, forse la "perla" del tuo incontro con Carlo Levi in treno meriterebbe un post a sé.
Ciao.

Ambra ha detto...

Ciao Adriano. Il tuo bellissimo racconto con un sottofondo di amarezza e nostalgia, fa riflettere. La superbia e l'arroganza dell'uomo si ritorcono sempre contro di lui. Le guerre ne sono una testimonianza. Ed hanno fatto sì che si arrivasse ad una situazione dove il passato o la natura e le sue bellezze spariscono per far posto allo scempio del cemento. La Domus dei gladiatori crolla perché non ci sono fondi per i restauri, perché i fondi è meglio destinarli alle auto dei parlamentari.
Non riesco a vedere futuro per questa nostra Terra. Si stanno cercando altri pianeti dove l'uomo possa vivere, mi sembra un funesto presagio. Vedo un gruppetto di uomini "pubblici" e danarosi che si imbarcano su un'astronave mentre gli altri affogano in un mare di disastri ambientali che segneranno l'autodistruzione del nostro pianeta.

Emilia ha detto...

le tue carrellate, i tuoi racconti sono davvero un invito a riflettere e a prenderci le nostre responsabilità. Il cammino è lungo e non si arriva mai, ma la direzione verso dove vogliamo andare deve essere chiara. lasciamo piccole tracce, solo piccole tracce.

zefirina ha detto...

un racconto con tante istantanee significative. è un piacere leggerle e provare ad immaginare di esserci dentro

Mr.Tambourine ha detto...

Un meraviglioso pezzo di storia nel paese che, per eccellenza, dimentica.

Ernest ha detto...

Davvero un ottimo post Adriano!
un saluto

il monticiano ha detto...

A te piace scrivere e a me piace leggerti.
E' meraviglioso quando si riesce a ricordare e a far ricordare simili episodi interessanti.
Anche a me fa piacere sentire il prof. Caroli quando parla di tutti quei quadri e dei pittori
che li hanno dipinti.

Tizyana ha detto...

Che bello il tuo incontro in treno con il grande Carlo Levi, un passaggio fugace che ha saputo lasciare una grande impronta di ricordi e di significato, sono questi attimi preziosi, momenti di vita che rimangono indelebili,a intessere una luce positiva sulle brutture del mondo. Buona serata :-)

Sandra M. ha detto...

Beh, spiccioli mica tanto! Tanti "pezzi" di passato con i loro riflessi sul difficile nostro presente. I nonni che fanno da tramite con i loro racconti? Direi soprattutto le nonne: anche nel mio caso la "voce femminile" è stata più costante e potente...la febbre spagnola, tutti gli uomini via, eccetera eccetera. Non vedo più tanto impegno nel narrare, nell'orale trasmissione delle esperienze.
La parte di post che parla di Levi, come ha detto qualche altro lettore, meritava un pezzo a sè.
Buona settimana Adriano.

Alligatore ha detto...

Quando è lungo così, quando è grosso così è un piacere leggerlo. Mi fai tornare indietro con le letture e con i pensieri ... troppe cose, mi costringi a citare uno stupido spot (era stupido?) di quando ero bambino. Come sai, sono un pacifista integrale, e della I^ guerra mondiale ho antenati morti da una parte e dall'altra (gente nata a pochi chilometri di distanza, in fondo). Quando vado in certi luoghi e vedo i loro nomi incisi nel marmo, capisco l'idiozia delle guerre: ho un po' di sangue di tutti i due contendenti, come tutti noi del resto.... Give Peace a Change!

Achab ha detto...

Ciao Adriano,quello che ho letto è molto bello e reale,sensazioni antiche ma ancora vive,sei bravo nel descrivere gli attimi vissuti.
Buona serata.

ilMaLe ha detto...

Mi citi Orengo, autore che ho sempre amato. Come ho amato la sua Liguria che dalle montagne si affaccia al mare.

giacy.nta ha detto...

Ciao, Adriano, ho letto tutto con interesse , ma permettimi di lasciare da parte il commento sui tanti momenti della storia che hai evocato, per sottolineare invece la bellezza della parte finale del tuo scritto! Buona giornata!

L'angolo di raffaella ha detto...

Ciao Adriano,
Ti leggo sempre con molto piacere.
Mi immergo nelle tue istantanee, raccontate con maestria e leggerezza, traendone emozioni e voglia di approfondimenti.
Buona giornata.

Jas21 ha detto...

Racconto splendido. I tuoi spiccioli sono pepite d'oro.
Buona notte

Adriano Maini ha detto...

Grazie a tutti per i vostri commenti! Mi si consenta di aggiungere e sottolineare che storie ed episodi come quelli che ho descritto sono comuni a tante famiglie italiane. Forse non tutti avranno incontrato un Carlo Levi! Ma di sicuro in molti, se scavano bene alla ricerca delle loro radici, trovano tante preziose testimonanze da rendere!

Sonia Ognibene ha detto...

Testimonianze, caro Adriano, che purtroppo non insegnano nulla, soprattutto a chi quei momenti non li ha vissuti sulle carni, nello strazio degli abbandoni e delle violenze accanite, nell'angoscia delle sirene che annunciavano i bombardamenti. La morte era compagna quotidiana.
Grazie per questo post, Adriano e grazie per essere passato da me in Locanda.
Buona giornata.

premio petrolio ha detto...

L'ambientazione è fantastica. In ogni luogo e in un tempo in cui si può ricordare anche senza rimpianto avvenimenti e incontri, ma commuovendosi ugualmente, non con maturità (quanto non mi piaccia questo termine e questa condizione non saprei spiegare), ma con un sentimento nuovo, quello di cui parli anche tu: esperienza e orgoglio per aver vissuto, a volte anche bene! Ha ragione Alessandra, verrò a leggerlo ancora! un abbraccio

Trippi ha detto...

Grazie Adriano per aver condiviso i tuoi ricordi, grazie perchè sei tu, ora a darci una bellissima lezione di vita

Alessandra ha detto...

rileggere questi ricordi mi fa apprezzare ancor di più il post. Ne hai fatto un puot pourri: come un piatto prezioso sul tavolo di casa ove sono posati dei fiori secchi profumati e ogni volta, entrando nella stanza, ne cogli un aspetto particolare.
Speciale! caro Adriano.
A presto!
Ale

Tizyana ha detto...

Sono ripassata per un saluto. Buona domenica :-)