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giovedì 21 marzo 2024

Girovagando

Buggio, Frazione di Pigna (IM): al centro il Mulino "Basciàn"

Recandomi non molti anni fa - ancora per lavoro - a Cipressa (IM), ritrovai un caro sodale di gioventù, perso di vista da sin troppo tempo. Nell'occasione mi fece dono di due superbi opuscoli di storia locale, di cui uno dedicato alla Frazione Lingueglietta.

Immancabilmente a Buggio, Frazione di Pigna (IM), Alta Val Nervia, quando sono in procinto di tornare a casa, incrocio I., che per l'ennesima volta mi invita a passare la prossima volta a trovarlo, non fosse altro che per prendere un caffé insieme. Puntualmente me ne dimentico.

In località Cian de Ca' di Camporosso (IM), una persona incontrata lì per lì, dopo gli scambi di informazioni sulle reciproche relazioni sociali, mi si metteva a disposizione per farmi da guida "turistica" del posto per una prossima occasione, che io non ho tuttora colto.

In località Massabò di Perinaldo (IM) abita una persona che aveva conosciuto mio zio materno. La stessa cosa mi diceva un gentile, ma indaffarato signore, impegnato nel suo giardino in collina a Vallebona (IM). Ed un altro, dimorante in una traversa di Via dei Colli di Bordighera (IM), il quale mi aggiungeva per soprammercato di conservare un ottimo ricordo anche del nonno, deceduto ormai da decenni.

Ero fermo a fotografare su di una sorta di balconata sull'Alta Val Verbone, forse ancora in territorio di Soldano, forse già in quello di Perinaldo. Sopraggiungeva in auto F., un po' preavvertito che forse mi avrebbe potuto trovare da I., che avevo visto poco prima, più in basso, e dal quale mi ero fatto raccontare alquante memorie di famiglia, di cui almeno due componenti erano stati cari colleghi di mio padre. F. si raccomandava, salutandomi, che non scendessi, dato lo stato della carrareccia, per Dolceacqua (IM). Cosa che, invece, per sbaglio, poi ho fatto. Scoprendo nuove, per me, zone. Ne ho fatto derivare un tormentone a danno di diversi amici, compreso il primo, ogni volta che l'ho rivisto, per conoscere i nomi più precisi di quelle località.

Solo da poco ho scoperto che il vincitore dell'edizione del 1966 dei campionati provinciali studenteschi di corsa campestre (io arrivai secondo, ben distanziato!) è un vecchio amico, noto personaggio pubblico di questa provincia.

Un amico mi ha raccontato di vecchie partite a livello amatoriale di “balùn”, il pallone elastico o, ancora, palla pugno, che si facevano un tempo a Sasso, Frazione di Bordighera: preso dalla sua conferma di coloriti trasporti popolari per questo sport e dal racconto di episodi, come quello di un giocatore del posto in grado, alla battuta, di squarciare la palla, mi sono dimenticato di chiedere quante reti di protezione, data la conformazione di Sasso - paese molto raccolto, ubicato sul crinale tra due valli -, usassero allora stendere...

Adriano Maini

sabato 26 dicembre 2020

La poesia del beà

Il tramonto ci invitava verso casa.
La nonna raggruppava parte del raccolto e quello che non stava sulla carriola del nonno finiva in due canestri.

Erano i regali quotidiani del Prau [nel territorio di Camporosso (IM)].

Un fascio profumato di erbe e scarti di verdure dell’orto, che finiva in un telo. Fatto con due sacchi cuciti insieme con quattro lacci ai lati, si chiamava “lensurun”, un lenzuolo povero e disprezzato.

Conteneva la cena per conigli e galline.

Poi la nonna, con un fazzoletto dai colori di un prato sbiadito, fazzoletto che girava attorno alle mani, costruiva un piccolo cerchio, simile ad un nido che finiva sulla sua testa.
Serviva da ammortizzatore al peso di quello che sembrava un grande ombrello rovesciato.
Quando era ben posizionato sul suo capo, il nonno caricava il “lensurun.”

La nonna con i due canestri, uno per mano per l’equilibrio, sembrava un‘acrobata.
Il percorso non era facile: occorreva superare il bedale rialzato.
Ad un lato del sentiero scendeva veloce alle fasce sottostanti un’acqua trasparente.

Le gambe strofinavano, salendo, menta acquatica e nepeta, che esalavano i profumi della fine del giorno.
A noi nulla davano da portare, sapendo che avremmo perduto il carico per strada, mentre raccoglievamo piccoli maggiolini verde-blu. Insetti dal colore delle opali, piccoli gioielli.

Povera nonna carica come un somaro, che giunta a casa doveva ancora lavare, tagliare, cuocere la fatica dell’orto!

Quanti soli di tarassaco, violette, selene, abbiamo reciso, noi bambine per farle naufragare nel nostro mare. Un rigagnolo nel verde, percorso dall’acqua a giorni prestabiliti.

Quanti concerti con improvvisati flauti di germogli di canne riempivano i pomeriggi!

La nostra merenda vicino ad una baracca di canne era un banchetto.
Per il nonno e per noi aveva il sapore di una liturgia.
Mentre l’acqua scivolava nei solchi e abbeverava tutte le verdure si poteva fare una sosta.
Sempre con un occhio vigile all’acqua che facesse il giro giusto.
Non dimenticando nessuno degli assetati.

Estraeva il suo coltellino a scatto, quello per fare gli innesti con la punta curva. Lo puliva sulle braghe di fustagno e tagliava i pomodori da mettere sul pane. Una fiaschetta di olio, il sale estratto da un fazzoletto, che aveva visto tempi migliori, e poi l’operazione magica che riduceva il cetriolo in quattro perfette strisce, lasciando i semi intatti.

Ne ricordo il colore, il gusto ed il rumore sotto i denti.

Continuo a tagliare ancora il cetriolo in quattro per vedere luccicare i semi, per ricordare quei momenti magici.

Questi i ricordi di noi bambine, quando in estate, libere dalla scuola, seguivamo i nonni nel loro grande orto.
Percorrevamo una strada dai bordi fioriti, che seguiva prati a fieno e campagne curate come le stanze di casa.

Tutto serviva alla sopravvivenza.

Libere di correre e giocare, ma guai a rovinare i canaletti o “surchi“, strade che il nonno tracciava all’acqua: le piante dovevano bere tutte!
Quella terra non lontana dal torrente era di consistenza sabbiosa.

Un passo falso e quello sbarramento disegnato con cura dal nonno crollava.
Seguivano le terribili minacce di cacciata dall’eden.

Gris de lin

martedì 1 dicembre 2020

Due lettere da Zanzibar a Camporosso (IM) nell'estate del 1888

Archivio: Silvana Maccario di Camporosso (IM)

ZANZIBAR, 26 luglio 1888

Amatissimi Genitori,
Eccoci Carissimi Genitori ora che siamo noi giunti al luogo destinato;
noi giungemmo il 21 Luglio alle 2 pomeridiane tutti sani e salvi;
non posso dire di aver fatto un cattivo viaggio, ma nemmeno buono; ma
basta; finché ci campiamo la vitta va sempre bene; ora per tanto
Voglio narrarvi qualche cosa che ho vedutto durante il mio viaggio.
Già voi sapete Caris. Genit. Che partimmo da Spezia il 10 giugno
E giungemmo a Porto Saïd, Egitto il 16 dello stesso mese.
Questa città e piantata sulla sabbia e vi è tutta pianura; la gente nativa di questa, sono nere; perché il calore comincia ad alterarsi.
In questa città vi e qualche Italiano, e parechi francesi, in questa città
Per quanto abbia veduto non ha nessun prodotto perché vi e tutta
sabbia. Poi partimmo da Porto Saïd il 19 , ed entrammo subito nel canale di Suez, e vi abbiamo impiegato 22 ore, perché bisogna andare adaggio,
oltre di questo bisogna fermarsi alle stazioni
per lasciar passare altri bastimenti che anch’essi sono in canale,
perche fuori delle stazioni, più di un bastimento non può
passare atteso che il canale è stretto, e ogni distanza vi sono
le machine che lavoravano ad ingrandirlo.
Poi finito il canale giungemmo subito a Suez, e colá non
si siamo nemmeno affermati, perché il console ne ha fatto
preparare la carne, e quando passammo vi era già il battello pronto
che l’ abbiamo imbarcato senza fermarci. Di li abbiamo avutto
ancora 5 giorni di traversata, che giungemmo poi a Aden il 26 di giugno
e lá cosa posso dirvi che vi faceva un caldo che non si poteva resistere.
Di questa città non posso dirvi niente perché resta dietro a una montagna
alla riva del mare vi e un mucchio di case come Camporosso;
la gente son neri e portano uno straccio davanti, il rimanente
son nudi; qui a Aden facciamo carbone e partimmo il
1 luglio imbarcando il Signor ( ?) Console Generale di
Aden. Di la partiti che noi siamo, colpi di mare a più non
posso ; e dopo 2 giorni siamo andati appoggiare in un isola chiamata…….( Raz Filuch ? ) per riparare la macchina, e ci restammo 24 ore. Dopo siamo partiti e al vedere galleggiare la povera Archimede; in fini partiti che noi siamo da
Raz Filuch alla sera, all’ indomani a mezzogiorno abbiamo dovuto dare
fondo in un’altra isola chiamata Tamrida, non potendo andare
avanti dai colpi di mare che si prendeva da prora per temanza che
non sfasciassero il bastimento. Dunque dopo altre 24 ore siamo partiti
e di lí ; vi lascio che dire in coperta non si poteva abitare, dai colpi di mare
che s’imbarcava, giù sotto si è privi dell’aria si patisce; infine che alla
meglio giungemmo all’isola di ….?secce? Il giorno 12 luglio.
Giunti li che noi siamo, facciamo carbone e qualche provista e ci rinfrancammo
4 giorni; e a dirvi la verità questa città e piccolissima ma è bella, e la
sua bellezza dipende dalla grande e bella veggetazione che essa contiene,
le colline son tutte adornate d’alberi di frutta buona a mangiare,
e varie quantità di fiori, poi colà il calore comincia già a diminuire
perché in queste parti ora siamo di marzo, dunque partiti di lì
Il 16, e giungemmo a Zanzibar il 21.
Di questa città non posso dirvi altro che d’intorno ha essa pure una
bella veggettazione ma poi d’entro e brutta, per le contrade vi è un odore
che vi leva il respiro, la gente son Neri quello si sa e vanno vestiti ancora a uso Cristiano, non come a Aden che metteva schifo a guardarli e qui vi e rischio a prendere le febbri. Il Comandante il giorno 22 ha letto l’ordine del giorno e disse di prendere ogni mattina il chinino, di guardarsi di non mangiare frutta guasta o acerba, e di andare a terra prima o dopo il tramonto del sole, di non bere acqua
della città e di guardarsi dal mangiare a terra, perché sono vivande
che possono attribuire le malattie non essendoci noi
abituati.
Ora in qualità agli affari del Console per alzar la bandiera
di questo non si è ancora deciso niente, e nemmeno si sa qiuando si
décidera, e quando sarà il nostro ritorno.
La salutte al presente é ottima sia di me, che del mio padrone
A. B. come spero che ringraziando Iddio sarà lo stesso di voi
tutti; mi saluterette i fratelli del mio padrone specialmente il
S. Domenico, B. e tutta la sua famiglia, e i miei parenti ed
amici e i miei compagni, mio cognato sorella e un baccio alle
nipoti e un baccio a a tutta la famiglia passo a dichiararmi
il vostro
Amatissimo figlio Gio:Batta

È già la terza lettera che vi scrivo da che son partito da
Spezia e non ho ancora ricevutto nessuna risposta.
Dattemi nuova di tutto ciò che avviene in Camporosso.

La mia direzione eccola qui

Al Ministero della Reggia Marina
A Roma
Per il Signor Raimondo Gio:Batta
Imbarcato sull’Archimede
Adio Adio

 

Archivio: Silvana Maccario di Camporosso (IM)

ZANZIBAR, 28 agosto 1888

Amatissimi Genitori

Già stavo pensando che cosa ne sarà della mia famiglia;
ma finalmente ricevetti notizzie che mi sollevarono il cuore.
Non sapete miei cari genitori la gioia e contentezza ch’io nutro, quando
ricevo notizzie da voi, e del paese sebenché siano pocche ; pare che
si ripresentino d’avanti quell’anime ch’io lasciai alla casa
paterna; e anche lontano lontano io sia da voi; il mio cuore e il
pensiero è sempre da viccino, mi duole assai non poterci essere fra noi
un più continuo scambio di notizzie motivo di cui è la lontananza che ci divide
e perciò v’invio una presente credo che possa in certo modo darvi una
prossima idea del paese di Zanzibar e suoi contorni.
Zanzibar stato ancora indipendente è governato da un
Pasciá comunemente chiamato Sultano; è compreso nella
Zona Torrida ed in numero di latitudine Sud entrando in
porto di notte e specialmente esse quando sono direste
in un piccolo Parigi tanto che echeggia la luce in vari punti
del paese, e sopratutto nel palazzo del Sultano; ma questa
beltà vi rende ben tosto illusi allo spuntar dell’ Aurora
in cui l’occhio in lungo d’aspetarvi quello che figuravi, gli si
présenta din’anzi le tracce di un paese selvaggio ove la civiltà sta
ancora sepolta.
A pochi passi dal mare sorge nel mezzo di una piccola
Piazza il palazzo Reale a 3 piani sporgenti .........
e terrazze e sorrette da colonne sovraposte l’una
dall’altra. Dinanzi al medesimo si eleva un ‘altra torre
la quale compie gli uffici di orologgi publici e di semaforo.
Semaforo s’intende un punto in cui rende avviso anticipato
di provenienze di bastimenti.
A destra e a sinistra è circondato da case che man
mano che si allontanano dal palazzo del Sultano, si fanno
sempre più rozze, finché terminano di ampie Capanne
ricoperte di foglie di palme. Le strade strettissime
e piene d’ogni mondizia e salano un puzzo talmente
nauseante da subito rendervi nausea la discesa a terra.
Nessun negozio è alquanto Cristiano se nonché due o tre
piccole betole apartenenti ai Turchi sono i mezzi di passatem-
po di alcune ore. Alla sinistra del palazzo del Sultano
sono messe in comunicazione per mezzo di anditi altre case
più piccole di proprietà del medesimo in cui trovarsi rinchiuse
una gran quantità di giovanette a disposizione del Sultano
e queste case sono chiamate Serraglio. Nessun può avere
comunicazione colle donne del Serraglio, ad eccezione della
servitù ivi destinata; ritenuto che esso è considerato come
un tempio di schiave, o un vero monastero di Monache.
Davanti a queste case per un lungo spazzio di terreno
è costruito un giardino fiancheggiato dalla parte del mare
da un vapore materiale, e dalle cui parti laterali sorgono moltissime
fontane. Molte gabbie di ferro contenute da varie razze
D’animaliers ferroci fanno seguito al giardino, ed in vicinanza al
mare. Queste sono le uniche bellezze di Zanzibar, il resto
vastissime pianure e verdeggianti abitate d’infinità di
bestie ferroci. Di ogni speccie di frutta è abbondantissima fra
i quali è da notarsi, gli Ananas, Dateri, Banane,
Cacchi, Aranci ecc ed altri infiniti squisiti son il loro
sapore.  Zanzibar è atraversato in lontananza da un fiume
il nome non lo so; pieno di Cocodrilli e frequentato da Leoni, Tigri,
Pantere Leopardi, Scimie ecc
Il Venerdì giorno riconoscente dai Turchi, più che la
Domenica dagli Europei, e si rapresenta d’inanzi una giornata
di Carnavale. Al colpo di un cannone alle ore 4
Antemeridiane, è il segnale dell’alzata della loro Bandiera;
a quell’ora in poi gran parte di gente nere, incomincia a
percorere i vicoli seguiti da rintocchi di tamburi e da pifferi,
finché cerca di riunirsi sulla piazza de Sultano.
Poi l’esercito del Sultano schierato sul d’avanti del palazzo
composti di circa un migliaio, senza l’aggiunta del popolo che
attende con impazienza l’arrivo del loro Sovrano.
É inutile descrivere le loro armi da fuoco, perché da voi
medesimi potrete bene immaginarvi, notando però essere la
grande abilità e divertimenti il maneggio di bastoni e delle
frecce. Allo spuntar del Sultano è subito
intonato da alcuni indigeni composti in una specie di
fanfara, Le marce che dai medesimi vengono suonate
sono molto lontane dalle nostre, ma che quantunque
diaboliche, si sente un’agradevole piacere nelle varie specie
di strumenti che noi altri non conosciamo.
Quindi il Sultano seguito da alcuni Individui suoi Sudditi,
Prende a passare in visita la trupa ; compiuta in pochi
minuti la visita tra le acclamazioni e gli aplausi
Rientrando in casa, pago della sua funzione per la
sua riconoscenza della festa si fa entrare nel
Serraglio. Scopo della visita al così detto monastero, è di
togliervi dal medesimo una fra le quali più simpatiche;
la quale viene condotta dalle madamigelle nelle sale
del palazzo e resta a disposizione di lui finché
giunga il venerdì seguente: viene ricondotta
la scambiata come una simile e così di seguito.
Le donne esistenti nel Serraglio ammontano
per quando ho potuto sapere ad una Cinquantina.
Durante il giorno continuano le feste con accompagnamenti
di musica e pifferi nella piazza del Sultano e vanno consecutivamente
perdendosi all’inoltrarsi della notte. Il clima
considerato la posizione Geografica e la stagione in cui
siamo, è da notarsi una gran parte depresione di
temperatura nel percorso della notte, però il Caldo
s’avvicina sensibilmente.
Continuando a descrivervi non voglio trala-
sciare di dirvi due parole intorno agli usi e
Costumi degli abitanti. I ricchi distinguon-
si dai poveri , perché questi ricoprono solo in parte
le loro Carni nere con lunghe Camice
e di tutti i colori. Mentre i ricchi alla grande
diferenza della finezza degli Abiti, aggiungono ;
non solo avere completamente la persona ricoperta,
ma anche calzano una qualità di stivallini
chiamati sandalie.
Nessuna bellezza distinguesi sia negli uomini che
nelle donne essi son tutti di colore nero, ed hanno i capeli
nerissimi e ricciuti. Non tutte ma in gran parte le donne
hanno il naso atraversato da un perno di metallo lucente
terminante ad una estremità di anello e dall’altro in una
piccola palla. Quantunque mi sia affaticato a
domandarne spiegazzione non rimasi contento; ma
però non ho ancora finito la mia descrizione, per ora
mi arresto e vi spiegherò meglio il rimanente al ritorno
Se iddio ........
Ricevetti il giorno 8 di agosto notizie di voi inviatemi
il 27 giugno , ma già io aveva una mia lettera in
cammino dandovi notizie del mio viaggio.
Non credette miei cari genitori che la lontananza che
passa tra le mie notizie sia per mia trascuratezza,
ma è soltanto perché la posta non parte che una volta
al mese, perché tutti i postali che partono da Zanzibar
spedisco le mie notizie benché si paghino 75 cent.mi
ogni lettera.
Ora per quanto posso dirvi che la salutte sia di me
del S. comandante non dico che sia perfettamente buona
ma c’è la passiamo ancora discretamente. Il nostro ritorno
non sappiamo quando sarà, può essere fin da domani ma
non si sa. Tanti salutti alla famiglia dell’amico Cavaré
a tutti i miei parenti ed Amici ed un bacio ed un
abbraccio a tutta la famiglia e passo a dichiararmi il
Vostro Amatissimo ed Obbed. mo Figlio GIO:BATTA
UN bacio al nonno 

Archivio di Silvana Maccario di Camporosso (IM)

[ Nella riproduzione delle due lettere, di cui qui sopra vengono pubblicate le prime pagine, non sono state apportate, a parte errori di comprensione, modifiche ai testi. L’estensore fu Sebastiano Raimondo, vulgo Gio.Batta (di Agostino e Celestina Piombo), nato a Camporosso (IM) … e morto a Genova il 25 luglio 1959. I suoi fratelli furono: Rosa (nata nel 1855), Teresa (nata nel 1857), Paolina (nata nel 1858), Giovanna (nata nel 1862), Costanza (nata nel 1871), Carlo (1867-1940)Per la nave Archimede si veda a questo link. Il Console Generale d’Italia a Zanzibar alla data richiamata era Antonio Cecchi, di cui a questo collegamento é tracciato un breve profilo ]


venerdì 4 marzo 2011

Storie nostrane

Camporosso (IM): Frantoio dello Sfrollo

Dalle mie parti, da Bordighera (IM) al confine, compreso l'entroterra, vale a dire in questa zona, detta Intemelia in onore di un'antica tribù dei Liguri, la Storia non é passata certo leggera, forse per la lunghissima funzione di limite politico-amministrativo, risalente di sicuro all'età romana. Tanti autori ne hanno parlato, tante persone oggi ne scrivono, sul posto, con affetto e competenza affidandosi a diversi mezzi di comunicazione. Ed anche l'arte figurativa, la letteratura e la poesia hanno trovato qui  feconda ispirazione, soprattutto per il paesaggio. Sempre più mi appassiona la materia e sempre più penso che sia interessante farne talora almeno qualche accenno, anche nella consapevolezza che qualcosa di analogo sussiste indubbiamente in tante altre situazioni geografiche del nostro Bel Paese, apparentemente trascurate dai Grandi Annali.
Charles Garnier: Bordighera (IM), Chiesa di Terrasanta, part.

Alpi Marittime francesi, Valle delle Meraviglie, part. (Foto di Alfredo Moreschi di Sanremo)
Un grande evento, abbastanza noto, fu il turismo d'elite inglese dell'800 che ha fatto conoscere le due Riviere (compresa quella nizzarda) un po' ovunque, creando altresì in loco fattori di intensa vita culturale: basti rammentare che la scoperta e la prima valorizzazione delle testimonianze preistoriche della Valle delle Meraviglie venne effettuata da un figlio di Albione, che aveva base all'epoca a Bordighera, e, tra gli artisti che allora da noi trovarono ispirazione o, comunque, lasciarono decisi segni, almeno Claude Monet e Charles Garnier.
Ventimiglia (IM) - la medievale Porta Canarda (Foto di Alfredo Moreschi di Sanremo)
Rivado, invero, con il pensiero allo stupore giovanile di quando rinvenivo nei libri di testo, in anticipo sulle lezioni, tracce locali in grandi autori, da Tacito che in "Vita di Agricola" attesta in territorio ventimigliese la morte della madre del condottiero ad opera degli scherani di Otone, a Dante con il suo ricorso al paragone della costa scoscesa tra Lerici e Turbia (l'attuale La Turbie davanti agli occhi qui da noi ogni giorno se solo si alza lo sguardo), a Foscolo che nell'"Ortis" compie una descrizione veritiera, ancorché romantica della Val Roja.
Sanremo tanti tanti anni fa (Archivio di Giulio Rigotti di Bordighera)
Ma già mi attraggono, con alquanto spudorato ardire, altre vicende ed altre situazioni, che conosco meno bene, localizzate nel resto della provincia di Imperia. E mi viene da rendere un informale omaggio ad Italo Calvino, altresì cantore di una Sanremo che fu, perché da giorni in costanza di conversazioni  e letture mi tornano alla mente vive testimonianze, che lo riguardano, ascoltate molto tempo fa da suoi compagni d'arme della Resistenza.