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sabato 15 luglio 2023

Calvino non viene riconosciuto al momento dell’arresto come partigiano, ma semplicemente come renitente alla leva

Sanremo (IM): ex fortezza di Santa Tecla

«Per quel che mi riguarda, la Resistenza mi ha messo al mondo, anche come scrittore. Tutto quello che scrivo e penso parte da quell’esperienza» <16: con queste poche parole si percepisce l’importanza che assumeranno questi ventuno mesi per Calvino, mesi dettati dal profondo entusiasmo di poter partecipare attivamente alle fasi del cambiamento di regime. Si trova presso il campo della milizia universitaria di Mercatale di Vernio, costretto al servizio militare che aveva provato a disertare molte volte, quando arriva la notizia del ritorno di Badoglio al governo. Subito la sua reazione è di estremo entusiasmo, ma da alcune lettere indirizzate al padre e a Eugenio Scalfari, si percepisce tutto il suo dispiacere di essere «fuori dal mondo, […] lontano dal mio paese» (L, p. 140). Sente quindi forte il richiamo della sua Liguria e decide di partecipare attivamente alla lotta anti-fascista.
Ad agosto 1944, dopo aver sostenuto alcuni esami, tornerà a Sanremo dove, nominato caporale maggiore, verrà posto in licenza illimitata dopo l’8 settembre. Dopo questa data, per sfuggire alla leva della repubblica di Salò, trascorse molti mesi nascosto per non essere arrestato dalla polizia fascista come disertore e per combattere la solitudine si buttò a capo fitto su varie letture che influenzarono la sua vocazione di scrittore. In questi quarantacinque giorni, giorni di profondo fervore, prese la decisione di entrare «nell’organizzazione comunista clandestina» (S, p. 2744).
I primi mesi del 1944 lo vedranno sottoporsi a diverse visite presso l’ospedale militare di Genova e quello di Savona e a maggio presterà servizio presso il Tribunale militare di Sanremo in qualità di scritturale (ubicato presso Piazza Colombo e completamente distrutto durante un bombardamento), come si evince dalla domanda di ammissione presentata all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia <17. Si farà sempre più pressante, in questi mesi, la necessità di agire, così deciderà di entrare nel partito comunista considerato da Italo «la forza più attiva e organizzata» (S, p. 2744) contro il fascismo:
"Quando seppi che il primo capo partigiano della nostra zona, il giovane medico Felice Cascione, comunista, era caduto combattendo contro i tedeschi a Monte Alto nel febbraio del 1944, chiesi a un amico comunista di entrare nel partito" (S, p. 2745).
Così, insieme al fratello Floriano, prenderà la decisione di salire sui monti per apportare il proprio contributo alla causa della Resistenza, testimoniata anche dalle parole che il fratello maggiore rivolgerà al fratello minore nel racconto La stessa cosa del sangue, uscito inedito nella raccolta del 1949 Ultimo viene il corvo: «Questa vita di ribelli di lusso non ho più testa a farla. O facciamo il partigiano o non lo facciamo. Uno di questi giorni sarà bene che pigliamo la via dei monti e saliamo con la brigata» <18. I racconti di questo periodo, scritti tutti in terza persona, sono in realtà un chiaro indicatore degli eventi che Calvino affronta come partigiano, e pur nella trasfigurazione letteraria offrono indizi preziosi per ricostruirne la biografia di quegli anni, le scelte effettuate.
Ripercorrere esattamente i mesi che seguirono la scelta di entrare a far parte dei vari distaccamenti partigiani dell’entroterra ligure non è facile visto lo scarso materiale a disposizione, ma la ricostruzione di alcuni studiosi come Claudio Milanini, Francesco Biga, Domenico Scarpa, Pietro Ferrua e di altri, possono aiutarci a delineare, pur con qualche dubbio o lacuna, la sua esperienza partigiana.
Dalla domanda dell’ANPI, datata 7 ottobre 1945, i primi dati certi sono da far risalire all’agosto-settembre dello stesso anno [n.d.r.: invece si trattava del 1944]. Durante questo periodo di effettiva presenza come partigiano nelle località di Beulle, Baiardo e Ceriale nel distaccamento Alpino guidato dal comandante Umberto, all’anagrafe Candido Bertassi, Calvino prenderà parte alle azioni armate di Coldirodi (3 settembre) e Baiardo (5 settembre) <19. Prima di queste date abbiamo solo le dichiarazioni del comandante Erven, Bruno Luppi, che sostenne la presenza di Italo Calvino nella IX Brigata garibaldina durante il combattimento di Carpenosa del 16 giugno. Il piccolo paese di Carpenosa è un agglomerato di case adagiate sulla strada che da Badalucco e Montalto Ligure porta a Molini di Triora e Triora. Al suo fianco scorre il fiume Argentina che dà il nome alla vallata e che fu al centro della lotta resistenziale. Il 27 giugno il comandante Erven venne ferito nel combattimento di Sella Carpe e i garibaldini subirono forti perdite, così il suo gruppo si sciolse per aggregarsi ad altre formazioni. La battaglia di Sella Carpe fu l’inizio di dieci giorni tempestosi per tutta la Resistenza nella provincia di Imperia. Da ciò si evince che Calvino potrebbe essere stato quindi con i garibaldini, prima di entrare a far parte della brigata guidata dal comandante Umberto che guidava un gruppo badogliano.
[...] In questo mese, dal 15 agosto al 20 settembre 1944, Calvino insieme al fratello Floriano milita nel gruppo del comandante Umberto nel bosco delle Beulle sul Monte Ceppo e poi nella zona di Ceriana (nel documento dell’ANPI appare scritto Ceriale invece di Ceriana, ma è presumibilmente un errore di trascrizione) per poi entrare nella brigata cittadina «Giacomo Matteotti», distaccamento «Leone», al secolo Juares Sughi, guidato dal comandante Aldo Baggioli che aveva base a San Giovanni. Non ci sono molti documenti che comprovino il periodo in cui Calvino si trova a far parte di questo distaccamento, ma alcuni suoi racconti ci possono chiarire alcuni episodi, come quello relativo all’arresto della madre. In questo periodo i fratelli Calvino si nascondevano di giorno in una grotta creata dal padre Mario nelle campagne di San Giovanni. Era un nascondiglio segreto che ricreava una vera e propria cameretta in muratura, dove i due si nascondevano insieme ad altri partigiani. Questa grotta, come riporta Ferrua attraverso la voce di Pierto Sughi, fratello di Jaures, era stata costruita dal padre di Calvino, Mario, per i figli Italo e Floriano e si trovava in prossimità di una concimeria. Era una vera e propria cameretta dove c’era «una tonnellata di legname e c’era un buco dove ci passavamo, un buco fatto su misura, che non si vedeva» <22. Aggiunge poi che i due fratelli Calvino trascorrevano lì tutto il giorno per uscire la notte.
Risale a questo periodo un episodio importante per Italo: l’arresto dei genitori, interrogati e torturati per riuscire a fargli confessare dove si nascondessero i figli, altri partigiani e le armi. Ma entrambi non cedono, anzi, la forza e la determinazione della madre sarà ben descritta da Italo in Autobiografia politica giovanile:
"Non posso tralasciare di ricordare qui […] il posto che nell’esperienza di quei mesi ebbe mia madre, come esempio di tenacia e coraggio in una Resistenza intesa come giustizia naturale e virtù familiare, quando esortava i due figli a partecipare alla lotta armata, e nel suo comportarsi con dignità e fermezza di fronte alle SS e ai militari, e nella lunga detenzione come ostaggio, e quando la brigata nera per tre volte finse di fucilare mio padre davanti ai suoi occhi" (S, p. 2746).
Riguardo i giorni di prigionia dei genitori una grande testimonianza ci viene offerta dal racconto La stessa cosa del sangue che, insieme a Attesa della morte in un albergo e Angoscia in caserma, compongono un gruppo di racconti coeso che avrà una vicenda editoriale complessa <23, dove, tra le righe del racconto, c’è un chiaro rimando autobiografico.
Nella domanda dell’ANPI si legge che Italo è stato in carcere per tre giorni a Santa Tecla, dopo essere stato arrestato durante il rastrellamento di San Romolo. La fortezza settecentesca di Santa Tecla, costruita a seguito di una durissima repressione attuata verso la popolazione di Sanremo che si era ribellata al governo di Genova e che fu successivamente caserma, sede dell’arma dei carabinieri, base di idrovolanti e deposito di munizioni e che durante la Resistenza assunse la funzione di carcere dove i prigionieri aspettavano di conoscere il loro destino: salvati o uccisi. Durante i circa dieci giorni del rastrellamento, alcuni partigiani come Floriano Calvino riescono a scappare, altri uccisi come Aldo Baggioli <24, molti altri vengono catturati come Italo Calvino. Da un’intervista fatta a Sanremo il 17 ottobre 1985 al partigiano Massimo Porre raccolta da Ferrua <25, si legge che Calvino e il fratello Floriano, Jaures Sughi, lo stesso Porre e un certo Pino si trovavano nella grotta di San Giovanni quando vennero svegliati da forti rumori di porte sfondate nelle vicine abitazioni. Nel rastrellamento Santiago <26 e Leone, nome di battaglia rispettivamente di Italo Calvino e Jaures Sughi, vengono catturati ma, fortunatamente Italo sarà salvato dalla fucilazione immediata grazie ad un foglio di licenza datogli da un partigiano di Ancona, Guido Pancotti, il futuro «ingegner Travaglia» della Speculazione edilizia. Pancotti era andato via da Ancona portandosi dietro con sé dei fogli di licenza, uno dei quali lo aveva dato a Calvino. La città marchigiana in quel momento stava per essere occupata dagli americani.
Sul numero dei giorni effettivi che Calvino trascorre in carcere nella fortezza di Santa Tecla ci sono notizie contrastanti. Potrebbero essere effettivamente tre come si legge dalla domanda dell’ANPI, oppure una a Santa Tecla e due a Villa Auberg o Villa Giulia come sostiene Milanini dopo un colloquio con il partigiano Grignolio, o ancora al Castello Devachan <27. Una bella descrizione della fortezza sul porto servita precedentemente «da prigione di rigore per i soldati tedeschi» <28 e di un «grande albergo da poco degradato a caserma e prigione» (RR II, p. 228), la troviamo in Attesa della morte in un albergo: "Il carcere era una vecchia fortezza sul porto, dove allora era installata la contraerea tedesca. La cella dove erano stati rinchiusi era servita da prigione di rigore per i soldati tedeschi […]. Loro erano una ventina, nella stessa cella, stesi a terra l’uno a fianco all’altro […]. L’inferriata dava sulla scogliera; il mare rogliava tutta la notte spinto negli scogli, come il sangue nelle arterie e i pensieri nelle volute dei crani" (RR I, p. 230).
Anche la presenza di «un vecchio padre con la barba bianca, vestito da cacciatore, padre d’uno di loro» (RR I, p. 229) aumenta le correlazioni tra questo racconto e l’episodio realmente vissuto da Calvino.
Sempre nella domanda dell’ANPI si legge: «arruolato nella Rep. (dep. Prov. I)» vicino alla sezione riguardante l’arresto di Italo. Quindi non viene riconosciuto al momento dell’arresto come partigiano, ma semplicemente come renitente alla leva, perciò non fu mandato come molti compagni nel carcere di Marassi a Genova, ma arruolato d’ufficio nella Repubblica Sociale e rinchiuso nel Deposito Provinciale di Imperia.
Dei giorni trascorsi a Imperia abbiamo un lungo resoconto in Angoscia in caserma. Qui descrive come era suddivisa la caserma, sia da un punto di vista strutturale che riguardo la suddivisione in gruppi di prigionieri. Inoltre nella seconda parte del racconto espone le varie fasi della fuga iniziata grazie ad un guasto al camion che trasportava i prigionieri [...]
[NOTE]
16 Italo Calvino, Sono nato in America… Interviste 1951-1985, a cura di Luca Baranelli, introduzione di Mario Barenghi, Mondadori, Milano, 2002, pp. 33-34. Intervista dal titolo La resistenza mi ha messo al mondo. (Risposte scritte alle domande di Enzo Maizza per il dibattito su La giovane narrativa, «La Discussione», 29 dicembre 1957).
17 Questo prezioso documento è stato ritrovato da Francesco Biga, direttore scientifico dell’Istituto Storico della Resistenza di Imperia (fino alla morte, avvenuta nel 2013), partigiano e autore insieme con altri della monumentale Storia della Resistenza imperiese in 5 volumi. Ho potuto visionare personalmente il documento conservato presso l’Istituto della Resistenza di Imperia.
18 Italo Calvino, La stessa cosa del sangue, in RR I, pp. 221-227 (227).
19 Le due azioni armate fanno parte di una serie di offensive partigiane concomitanti volte a liberare il litorale nella speranza che le truppe alleate che erano già sbarcate in Francia, arrivassero fino in Italia. L’attacco a Coldirodi coincise con quelli effettuati dai garibaldini anche a Pigna, Dolceacqua, Taggia, Bordighera, Vallecrosia, città del ponente ligure.
20 L’epopea dell’esercito scalzo, a cura di Mario Mascia, A.L.I.S. Sanremo, s.d. [ma 1945] (firmati da Calvino sono i capitoli su Castelvittorio paese delle nostre montagne, pp. 49-50, e Le battaglie del comandante Erven, pp. 235-244). Mario Mascia, nato a Ponticelli (Napoli) nel 1900, si iscrisse al partito socialista italiano nel 1919. Dopo la laurea in Giurisprudenza lascià l’Italia per gli Stati Uniti a causa del fascismo. Tornò in Italia dove si trasferì a Sanremo e insegnò inglese all’Istituto tecnico commerciale per ragionieri, dal quale venne sospeso perché lontano dai dettami fascisti. Fondò il primo comitato anti-badogliano italiano e divenne membro del Cln di Sanremo. Morì a Sanremo all’età di sessant’anni (Romano Lupi, Italo Calvino e la Resistenza, in La città visibile: luoghi e personaggi di Sanremo nella letteratura italiana, Philobon, Ventimiglia 2016, pp. 93-103 (93).
22 Pietro Ferrua, Italo Calvino a Sanremo, cit., p. 92.
23 Questi tre racconti fanno parte del trittico di racconti introspettivi in terza persona della Resistenza che nascono da episodi autobiografici. Usciranno nella prima edizione di Ultimo viene il corvo del 1949, ma successivamente saranno espunti dall’edizione del 1969 per rientrare nell’ultima: quella del 1976.
24 Aldo Baggioli, nome di battaglia Cichito, giovane comandante di brigata, venne ucciso con altri partigiani la mattina del 15 ottobre 1944 da una raffica di mitra, durante il rastrellamento dei tedeschi a San Romolo.
25 Pietro Ferrua, Italo Calvino a Sanremo, cit., p. 93.
26 Santiago è il nome di battaglia che avrà Calvino da partigiano e si rifà al nome della città cubana in cui nasce: Santiago de las Vegas.
27 Claudio Milanini, Appunti sulla vita di Italo Calvino 1943-1945, «Belfagor», LXI, 1, 2006, pp. 43-61 (p. 55).
28 Italo Calvino, Attesa della morte in albergo, in RR I, p. 228-235 (229). Secondo dei tre racconti sulla guerra e rimasto inedito fino alla sua pubblicazione nel 1949 in Ultimo viene il corvo.
Elisa Longinotti, Calvino e i suoi luoghi, Tesi di laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2022-2023

mercoledì 19 giugno 2013

Qualcosa su Sanremo

Un ponte antico sulla strada di Verezzo, frazione nell'entroterra di Sanremo (IM). La città dei fiori presenta anche questi aspetti.
Un po' lontano dal mare si ha ancora un'idea di come erano una volta le colline.
Per paradosso,  spostarsi in autostrada aiuta ad orientarsi e ad avere stimoli in tale geografia.
In pieno centro da pochi anni la realizzazione di opere, che hanno tentato di imbrigliare il ripetersi di esondazioni del torrente, ha consentito di riportare alla luce reperti secolari dello scalo marittimo.
Poco più a ovest del precedente punto - in mezzo, il vecchio porto - il Forte di Santa Tecla, eretto a metà XVIII secolo dal governo della ormai morente Serenissima Repubblica di Genova per vigilare meglio sui sanremesi, di cui aveva appena domato una rivolta. Un edificio che è stato, poi, sino a non molto tempo fa un carcere.
Dall'altro lato, la costruzione è già interessata in questo periodo da lavori - la cui recinzione di cantiere al momento copre alla vista il Monumento alla Resistenza dello scultore Renzo Orvieto, che fu egli stesso partigiano - che dovrebbero, come da lunga attesa, consentirne l'attivazione quale prestigiosa struttura culturale.
In questa immagine - si è sempre a ridosso del centro urbano - a sinistra la sede scolastica, che ospitava allora - come ricordato da una lapide - il Liceo frequentato da Italo Calvino. Dietro, e a fianco, inizia il centro storico vero e proprio, la Pigna.
Da non dimenticare, inoltre, la presenza quirite a Sanremo. Ho selezionato, in proposito, una fotografia della Villa Romana di Bussana, a levante: sullo sfondo la collina, su cui si scorge il Santuario della Madonna della Guardia, che porta al Poggio, più noto, forse, per la corsa ciclistica Milano-Sanremo.

Ci sono - ci sarebbero - tante cose, a mio modesto avviso, da dire su Sanremo, insomma. Questo è un saggio molto modesto. Avendovi lavorato, come già accennai in questo blog, per tanti anni, me ne deriva, dopo discreta meditazione, una strana voglia di dare a Sanremo una sorta di ideale compensazione, anche per il fatto di averla lungamente vista con altri occhi, quelli della stringente attualità, quindi, trascurata, quantomeno, per le sue radici: un intendimento probabilmente velleitario, il mio.
E dovevo dedicare anche un pensiero ad una delle mie jacarande preferite della Riviera, anche se ieri non l'ho trovata fiorita al meglio, non fosse altro che è pur sempre a Sanremo che ho imparato ad apprezzare queste splendide piante...