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lunedì 10 luglio 2023

L'11 ottobre 1937, il presidente dell'Agip Puppini informava Mussolini sugli esiti della missione Agip in Libia


Le prime manifestazioni di petrolio in Libia risalivano al 1914, ma le ricerche vere e proprie risalivano agli anni Trenta, con le prime attività di ricerca del professor Ardito Desio <922. Nel 1936 Desio venne nominato sovrintendente geologico della Libia dal Governatore della Libia Italo Balbo, con l'incarico di eseguire gli studi e le ricerche nel sottosuolo libico della Gefara <923.
Nel 1937 venne affidata a Desio una missione permanente, allo scopo di analizzare il sottosuolo libico onde accertare le sue potenzialità minerarie. Ma per quanto riguardava le prospezioni geopetrolifere, Desio aveva raccomandato lo studio del territorio con larghi mezzi di ricerca, e nonostante l'aiuto manifestato da alcune compagnie petrolifere americane, l'Italia aveva declinato l'offerta. Ciononostante, nel luglio 1937, il gruppo guidato da Desio individuò, presso il pozzo di Mellaha, la presenza di olio greggio misto ad acqua, a soli 260 metri di profondità. Questa piccola scoperta aveva eccitato gli animi a Roma, dove Mussolini, una volta appresa la notizia, incaricava l'Agip di prendere contatto col ministro dell'Africa Italiana Lessona e con Italo Balbo, Governatore della Libia. Il presidente dell'Agip Puppini, già contattato dal professor Desio a Bologna il 16 luglio, metteva immediatamente l'Agip a disposizione per le ricerche geofisiche e le perforazioni <924.
Nel settembre 1937 l'Agip si dedicò alle ricerche petrolifere in Libia, dove inviò una missione geologica, composta dai geologi Ardito Desio, Michele Gortani e Carlo Migliorini, col compito di avviare i primi studi. Secondo la relazione dei tecnici la regione libica della Gefara Tripolina era meritevole di ulteriori ricerche approfondite:
"Gli studi e le ricerche indicati hanno lo scopo di procurare gli elementi necessari onde ubicare una o più perforazioni nelle eventuali strutture favorevoli. Riteniamo peraltro che la presenza di idrocarburi nella serie miocenica della Gefara Tripolina apra alle ricerche petrolifere un vasto campo, data la grande estensione che tale formazione presenta sia nella fascia costiera ad occidente, sia più largamente verso la Sirtica" <925.
L'Agip preparò immediatamente un programma di lavoro per eseguire i lavori di trivellazione a scopo di esplorazione geologica, insieme con il relativo piano finanziario, valutato dall'Ufficio Tecnico in 5.700.000 lire, da utilizzarsi nell'arco di due anni. L'11 ottobre 1937, il presidente dell'Agip Puppini informava Mussolini sugli esiti della missione Agip in Libia, e proponeva la collaborazione con il Governatorato della Libia sotto l'aspetto tecnico e finanziario <926. La partecipazione dell'Agip in Libia, pur accettata da Mussolini, non avrebbe comportato il medesimo impiego di risorse finanziarie e tecniche che furono invece impiegate nella colossale attività di valorizzazione dell'Africa Orientale.
Con mezzi ridotti l'Agip cominciò ad inviare in Libia tutti le apparecchiature meccaniche occorrenti per avviare i lavori di ricerca <927. A partire dal marzo 1938 due geologi dell'Agip giunsero in Libia, dove installarono le due sonde tipo Calix-Davis, la prima a Giama el Turk e la seconda ad Ain-Zara. Entrambe le località erano situate nella zona libica di Gefara Tripolina, e in tutto l'anno l'Agip aveva perforato solamente 1.270 metri. Nel primo semestre del 1938 erano stati inviati in Libia solamente tre apparecchi di tipo leggero, mentre la prima sonda rotary, capace di raggiungere 1.500 di profondità, era stata inviata a settembre. La perforazione dei pozzi era seguita attentamente dallo studio geologico degli strati attraversati, con analisi petrografiche ed una precisa determinazione dei fossili sui campioni che venivano estratti dai vari pozzi <928.
Dai sondaggi effettuati nel 1938-39 nella zona di Gefara Tripolina, era risultata l'opportunità di estendere le ricerche petrolifere verso la zona interna della Gefara stessa. In una relazione del luglio 1938, Desio suggeriva di estendere le ricerche petrolifere nella regione della Marmarica, dove erano stati riscontrati indizi petroliferi nella regione confinante con l'Egitto. L'attività dell'Agip in Libia, non adeguatamente supportata da mezzi ingenti, poteva consentire in quel momento una ricognizione limitata del territorio libico, destinata alla sola individuazione della stratigrafia e della tettonica del sottosuolo <929. Questa attività di ricerca preliminare era dimostrata proprio dalle profondità di perforazione dei pozzi, che ad eccezione di un sondaggio spinto oltre i 1.500 metri, erano rimaste piuttosto basse, intorno ai 500 metri.
Nel 1939 l'Agip cominciò l'analisi dei nuovi territori in cui vennero perforati 2.011 metri distribuiti fra sette pozzi <930. Nel 1940 l'Agip aveva predisposto un ulteriore programma di ricerche finalizzato all'intensificazione dei pozzi già individuati, mentre erano state tracciate a grandi linee le caratteristiche geopetrolifere di alcune regioni libiche, come la Marmarica, la Cirenaica, la Sirtica settentrionale ed i Tavolati Tripolitani <931.
L'attività di downstream in Libia era invece cominciata qualche anno prima delle ricerche Agip. Nel dicembre 1934 venne fondata a Genova la Azienda Commerciale Italiana Olii Minerali, Aciom, con capitale iniziale di centomila lire, con lo scopo di importare e commerciare i lubrificanti della azienda statunitense Sinclair Refining Co. di New York. Nei primi mesi del 1935, l'Aciom chiese al Ministero delle Colonie di essere autorizzata a costruire a Tripoli una raffineria in grado di lavorare una quantità giornaliera di petrolio greggio compresa tra le 100-200 tonnellate, per un totale annuo di circa 50.000 tonnellate. I prodotti ottenuti dalla raffineria sarebbero stati commercializzati in Libia, e quelli in eccesso nel mercato libico, in Tunisia <932. Per la costruzione e la gestione della raffineria, l'Aciom avrebbe costituito una nuova società, la Raffineria Olii Minerali per l'Africa del Nord Anonima, Romana, con sede a Genova e capitale di 15 milioni di lire.
Nel maggio 1935 il Ministero delle Colonie aveva avvisato il Ministero delle Corporazioni, e poi l'Agip, che l'Aciom intendeva costruire una raffineria a Tripoli, ed entrambi i ministeri richiedevano un parere all'Agip sull'intera questione, prima di decidere sull'accoglimento della domanda. Nella seduta del Consiglio di Amministrazione del 18 luglio 1935, il presidente dell'Agip Puppini informava i consiglieri sulla proposta della Aciom <933. Il presidente aveva subito espresso ai ministeri competenti i dubbi dell'Agip sull'opportunità di erigere una raffineria a Tripoli, per una serie di considerazioni di ordine economico, finanziario, logistico ed industriale. In primo luogo, notava Puppini, l'importazione in colonia di prodotti finiti dalla madre Patria era più facile rispetto alla importazione di materie prime dall'estero. In secondo luogo, l'impianto da erigersi in colonia, doveva corrispondere alla capacità di assorbimento del mercato libico, del tutto modesta, ed inoltre la possibilità di esportare parte dei prodotti in eccesso sul mercato tunisino era impossibile, a causa dell'eccessivo costo che avrebbero avuto. Il costo dei prodotti ottenuti dalla raffineria, continuava Puppini, sarebbe stato superiore al costo dei prodotti petroliferi lavorati nelle raffinerie operanti nei paesi produttori. In terzo luogo, l'Agip evidenziava l'aspetto finanziario della raffineria: con una raffineria della capacità di 35-40.000 tonnellate annue, i costi di lavorazione sarebbero stati talmente elevati che solo con una adeguata protezione doganale essa avrebbe potuto funzionare. Nonostante gli aspetti negativi esposti, il presidente ritenne che l'Agip potesse partecipare alla proposta.
"Siccome però, per altre considerazioni più vaste, la costruzione della raffineria è stata ritenuta opportuna dal Ministero delle Colonie, questa Azienda, data la sua natura ed i suoi fini, non ha ritenuto dover rimanere assente dall'impresa e, previ accordi con il Ministero delle Colonie, si è messa in contatto con la A.C.I.O.M. ed avrebbe raggiunto con essa un accordo di massima che prevede la costituzione di una società Anonima il cui capitale sarebbe stato sottoscritto per il 51% dall'Agip e per il 49% dalla Aciom" <934.
Il presidente Puppini analizzava l'aspetto fiscale, ritenendo utile modificare l'intera materia doganale riguardante la colonia, proponendo un'unica tassa di vendita sulla benzina importata e prodotta dalla raffineria, al fine di garantire al bilancio della colonia gli introiti che le derivavano dai dazi sulla benzina importata <935.
Dopo aver analizzato tutti i fattori inerenti la costruzione della raffineria, il Consiglio di Amministrazione approvava la partecipazione dell'Agip nella costituenda società, purché fosse adottata una adeguata protezione doganale tale da eliminare l'eventuale concorrenza di importatori di prodotti finiti <936. Il 30 settembre 1936, il ministro delle Colonie Lessona insieme col ministro delle Corporazioni Lantini, firmavano il decreto di autorizzazione governativa per la costruzione della raffineria a Tripoli da parte dell'Aciom, inserendo nel decreto delle agevolazioni fiscali e doganali <937. I prodotti della raffineria di Tripoli avrebbero avuto la preferenza, a parità di condizioni, rispetto ai prodotti nazionali ed esteri; il decreto stabiliva alcuni impegni per la società, quali la costituzione di una apposita rete di distribuzione, e fissava in due anni il termine massimo per la realizzazione della raffineria.
Tuttavia l'Aciom non aveva le necessarie competenze tecniche e finanziarie per realizzare gli impegni assunti, tanto che il sottosegretario di Stato per l'Africa Italiana, Teruzzi, rivolgeva al Ministero delle Corporazioni la richiesta di valutare la necessità di rescindere la concessione dell'Aciom <938. Le difficoltà incontrate dall'Aciom erano tali che il presidente della società, Armando Calcagno, avviò dei contatti con la Fiat per evitare di perdere la concessione <939. Ad oltre un anno dalla concessione la Aciom non aveva cominciato i lavori di costruzione della raffineria, e il ministro Lantini, considerata la situazione di impossibilità da parte dell'Aciom di ultimare l'impianto, come previsto dal decreto, stabilì di revocare la concessione come richiesto da Teruzzi <940. La concessione dell'Aciom fu rilevata dalla Fiat che, per evitare problemi, immediatamente invitò l'Agip a collaborare.
Nel frattempo, nel settembre 1937, l'Agip aveva deciso, autonomamente, di costruire a Tripoli un impianto costiero di deposito con serbatoi adeguato all'attività svolta in colonia, che per disposizioni di carattere militare cominciava ad aumentare <941. L'Agip aderì alla richiesta di compartecipazione formulata dalla Fiat, mostrando interesse per la costruzione della raffineria che doveva avere la capacità di trattamento di 100.000 tonnellate di petrolio greggio <942. La disponibilità dell'Agip derivava dal fatto che riteneva i progetti di sviluppo agricolo della Libia funzionali all'incremento dei consumi petroliferi libici. Il Consiglio approvava il progetto, e conferiva al presidente Puppini, oppure al direttore generale Carafa d'Andria, ampio mandato al fine di proseguire le trattative con la Fiat, fino alla sottoscrizione degli accordi necessari alla costituzione della società che avrebbe costruito e gestito la raffineria di Tripoli <943.
Nell'aprile 1939 il direttore generale dell'Agip, Ettore Carafa d'Andria e l'amministratore delegato della Fiat Vittorio Valletta, inviarono un documento al Governo generale della Libia, in cui illustravano il programma dei lavori da attuarsi in Libia: dapprima la costruzione dei depositi e poi la costruzione della raffineria. Nel documento venivano richieste diverse agevolazioni di natura fiscale e doganale a favore della costituenda società <944. Il 26 luglio 1939 veniva costituita la società S.A. Petroli Libia, Petrolibia, con sede a Tripoli, e capitale sociale di cinque milioni di lire, sottoscritto in parti uguali dalla Fiat e dall'Agip. La società cominciava immediatamente i lavori di costruzione, nei pressi di Tripoli di un primo deposito di quattro serbatoi metallici dalla capacità di 500 metri cubi ciascuno <945. La Petrolibia nel 1940 rilevò le attività commerciali dell'Agip in Libia ed avviò la costruzione di un deposito costiero a Tripoli <946. Il progetto della Petrolibia era stato accolto con favore dal Ministero dell'Africa Italiana, che riteneva la nuova società funzionale allo sviluppo economico ed industriale della Libia. Tuttavia il Ministero delle Corporazioni, aveva manifestato un atteggiamento molto cauto nei confronti della nuova azienda, per quanto riguardava la produzione, che come comunicato dalla Fiat-Agip avrebbe dovuto raggiungere le 200 mila tonnellate. La parte in eccesso della produzione della Petrolibia, secondo i vertici dell'azienda, si sarebbe potuta commercializzare in Italia, ma proprio questo aspetto raffreddava gli animi all'interno del Ministero delle Corporazioni, in quanto non si volevano alterare le produzioni delle raffinerie nazionali <947.
L'inizio della guerra e le vicende militari libiche ebbero l'effetto di ridimensionare notevolmente i programmi della Petrolibia, che dovette limitarsi alla gestione dei depositi di carburanti e della rete di distribuzione. L'attività di downstream della Petrolibia era continuata durante la guerra con risultati apprezzabili, come evidenziava il presidente Cobolli Gigli nella seduta del Consiglio di Amministrazione del 7 ottobre 1941, soprattutto per la gestione delle vendite ai militari <948. Nei primi mesi del 1942, la Petrolibia continuava il difficile lavoro di rifornimento per le forze armate italiane, nonostante gli avvenimenti militari, per i quali aveva ricevuto un riconoscimento particolare da parte del Comando Supremo <949. Dopo i rovesci militari delle forze armate italo-tedesche in nord Africa, la situazione generale della Petrolibia peggiorò fino alla completa cessazione di ogni attività, certificata dal Consiglio di Amministrazione Agip del 9 marzo 1943 <950.
[NOTE]
922 R. DE FELICE, Mussolini l'alleato I. L'Italia in guerra 1940-1943. Tomo primo. Dalla guerra «breve» alla guerra lunga, Torino 2006, p. 81; A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia II. Dal fascismo a Gheddafi, Roma-Bari 1988, pp. 271 sgg.
923 Cfr. M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., pp. 73-76. Nel 1923, il ministro delle Colonie Federzoni, inviava a Mussolini una relazione sulle ricerche minerarie nei territori di sua competenza. In Tripolitania e Cirenaica erano state individuate copiose tracce di petrolio a piccole profondità. Pur non essendo indizi sicuri, Federzoni precisava che le ricerche non furono svolte in profondità, perciò si sarebbe potuta accertare la presenza di giacimenti con delle ricerche apposite. La relazione di Federzoni si basava sugli studi dell'ingegner Camillo Crema del Regio Ufficio Geologico, ibid., pp. 141-144.
924 Ibid., pp. 76-77.
925 Ibid., p. 78 e soprattutto l'appendice 1C a pp. 155-164, cioè la relazione integrale corredata dai preventivi di spesa.
926 Ibid., pp. 78-80.
927 AS ENI, Volume I. Bilanci e relative relazioni degli esercizi dalla fondazione al 1940, Assemblea Generale Ordinaria del 30 marzo 1938, pp. 17-18.
928 Ibid., Assemblea Generale Ordinaria del 30 marzo 1939, pp. 19-20.
929 Cfr. M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., pp. 81-82.
930 AS ENI, Volume I. Bilanci e relative relazioni degli esercizi dalla fondazione al 1940, Assemblea Generale Ordinaria e Straordinaria del 29 marzo 1940, p. 16.
931 Cfr. M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., p. 82.
932 AS ENI, Libro Verbali 3, CDA AGIP, 30 giugno 1931 - 18 luglio 1935, seduta del 18 luglio 1935, p. 192; C. ALIMENTI, La questione cit., pp. 59-60.
933 AS ENI, Libro Verbali 3, CDA AGIP, 30 giugno 1931 - 18 luglio 1935, seduta del 18 luglio 1935, pp. 192-194; M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., pp. 84-85.
934 AS ENI, Libro Verbali 3, CDA AGIP, 30 giugno 1931 - 18 luglio 1935, seduta del 18 luglio 1935, p. 193; M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., p. 86.
935 AS ENI, Libro Verbali 3, CDA AGIP, 30 giugno 1931 - 18 luglio 1935, seduta del 18 luglio 1935, pp. 193-194. Nel luglio 1935 in Libia vigeva un dazio per la benzina importata dall'Italia pari a 30 lire oro per quintale, mentre il dazio per la benzina importata dall'estero era di 20 lire oro per quintale. Poiché con la costituzione della raffineria si sarebbero eliminate totalmente le importazioni di materie finite, con conseguente annullamento degli introiti fiscali della colonia, Puppini proponeva la creazione di una tassa di vendita della benzina pari a 30 lire, sia che fosse importata, sia che fosse prodotta in colonia. In questo modo si tutelava il regime fiscale della colonia e la raffineria.
936 Ibid., p. 194. Il capitale necessario all'impresa non avrebbe superato i dieci o dodici milioni di lire, per cui l'Agip avrebbe partecipato con sei milioni di lire al massimo; M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., pp. 86-87.
937 Cfr. M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., pp. 87-88.
938 Ibid., pp. 88-89. Nel 1937 l'Aciom intendeva rilevare gli impianti della società Abcd di Ragusa, di proprietà dell'IRI, che lavorava le rocce asfaltifere estratte a Ragusa. Inoltre il presidente Aciom Calcagno chiedeva al Ministero delle Corporazioni di poter lavorare i greggi del ragusano nella nuova raffineria di Tripoli, risolvendo sia l'approvvigionamento della Libia che lo sfruttamento delle rocce asfaltifere di Ragusa. L'IRI rispose fortemente contrariata alla proposta, in quanto lo sfruttamento delle rocce ragusane era un compito molto difficile e le capacità tecnico-scientifiche della Aciom, su cui l'IRI si era adeguatamente informata, erano del tutto inesistenti ai fini della soluzione del problema ragusano.
939 Ibid., p. 89. Il presidente dell'Aciom, Armando Paolo Calcagno informò il 14 febbraio 1938 il ministro Lantini dei suoi contatti con la Fiat.
940 Ibid., p. 90.
941 AS ENI, Libro Verbali 4, CDA AGIP, 16 ottobre 1935 - 6 marzo 1940, seduta del 23 settembre 1937, pp. 91-92.
942 Ibid., seduta del 14 dicembre 1938, p. 140. L'opportunità di costruire una raffineria a Tripoli era stata messa in dubbio dall'Agip nel 1935, quando le fu prospettato il progetto dal Ministero delle Colonie su richiesta della società Aciom. Nel 1938 l'Agip riteneva invece la situazione della colonia in fase di sviluppo, e quindi necessaria una attività di raffinazione in Libia.
943 Ivi; M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., p. 91.
944 Cfr. M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., pp. 91-92, vedi il documento integrale nell'appendice 1D a pp. 165-168.
945 Ibid., p. 92; AS ENI, Libro Verbali 4, CDA AGIP, 16 ottobre 1935 - 6 marzo 1940, seduta del 12 settembre 1939, p. 178.
946 AS ENI, Libro Verbali 5, CDA AGIP, 6 marzo 1940 - 29 marzo 1943, seduta del 6 luglio 1942, pp. 138-139; AS ENI, Volume I. Bilanci e relative relazioni degli esercizi dalla fondazione al 1940, Assemblea Generale Ordinaria e Straordinaria del 29 marzo 1940, pp. 10-11.
947 Cfr. M. PIZZIGALLO, La “politica estera” cit., pp. 92-93.
948 AS ENI, Libro Verbali 5, CDA AGIP, 6 marzo 1940 - 29 marzo 1943, seduta del 7 ottobre 1941, p. 90
949 Ibid., seduta del 2 febbraio 1942, p. 95.
950 Ibid., seduta del 9 marzo 1943, p. 190.
Giacinto Mascia, La nascita e lo sviluppo dell'Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP) negli anni fra le due guerre (1926-1940), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Cagliari, Anno Accademico 2012/2013

domenica 2 gennaio 2011

Curiosità di Miano


Avevo cercato sul Web, quando stavo terminando il precedente post su Parma, delle fotografie del  panorama di Miano, che poi non ho pubblicato, probabilmente distratto da informazioni a mio avviso di un certo rilievo rinvenute su quel sito, il sito del Comune di Medesano.

Tra quelle notizie interessanti, a me largamente ignote, tutte di ordine storico, mi ha particolarmente colpito quella relativa all'estrazione del petrolio a Miano, per l'appunto, di cui avrei pur dovuto sapere qualcosa, tramandato dai racconti di famiglia. Preso da una sorta di emozione per quella mia specie di scoperta, non ho ben memorizzato il periodo in questione, che dovrebbe comunque essere focalizzato, anche per quanto dirò subito dopo, nel periodo tra le due guerre mondiali. Le succinte cronache riportate su Internet, del resto corredate da acconcia iconografia, rimandano già al '500 per lo stupore arrecato alle persone per quella strana acqua colorata, che prendeva facilmente fuoco. Mentre leggevo quelle scarne righe me ne andavo con il pensiero a quanto tramandato, perché visto in Asia, tra l'incredulità dei suoi concittadini da Marco Polo in quel suo "Il Milione", che in versione riassuntiva lessi affascinato da bambinetto.

Non mi sono certo fatto scappare l'occasione qualche giorno dopo di chiedere delucidazioni in proposito a mio padre, che, guardandomi un po' stupito, mi ha risposto praticamente dandomi dello smemorato. Ora può anche essere che tanti racconti sentiti da fanciullo non siano stati più ripetuti. E che tante storie rinnovate o per me del tutto nuove mi abbiano fatto scordare certi pezzi forti, ma quella del petrolio mi sembra una cosa grossa. Sarà! Che sia stata occultata dall'avventura occorsa più di ottant'anni fa a quel nostro parente che, reduce da una partita a carte con certi amici lungo un sentiero nel bosco innevato, venne costretto a passare il resto della notte su di un albero per sfuggire ai morsi famelici di una lupa gravida? Con altri vicini o consanguinei che, spavaldi, andarono in seguito alla ricerca della presunta fiera per poter poi burlare il malcapitato, già fuggito non si sa come dall'incomoda posizione, ma che rientrarono affannati, a loro dire anch'essi per miracolo, anche perché presuntuosamente sprovvisti degli strumenti da caccia? Sarà il toro dei Baccanelli, in famiglia ormai più leggendario del Minotauro di Creta? O sarà che continuo a pensare, ma senza poi mai riuscire a fare a lui le domande dovute per ottenere le opportune risposte integrative, a mio padre bambino a caccia (a pesca?) di rane, un po' come Depardieu (ragazzino appunto, vale a dire l'attore giovane) in "Novecento"? O che ora come ora parliamo in famiglia più di certi ricordi dei tempi di guerra? Insomma, nel tramandare spezzoni di saghe familiari alquanta confusione probabilmente é inevitabile.

Una cosa nuova, però, l'ho appresa dal mio genitore, tale da fornirmi il destro per successivi tentativi di voli narrativi. Un fratello della nonna andò a lavorare come operaio nel petrolio lì a Miano, frazione di Medesano, per poi trasferirsi al seguito della compagnia che l'oro nero lo pensava già allora in Sicilia, dove nacque suo figlio, uno dei cugini che ancora risiedono a Milano. Dal che ho desunto anche perché quello zio, che vidi solo nel Parmense in alcune occasioni, abitasse a Cremona, zona di partenza, se rammento bene, nel secondo dopoguerra delle ricerche italiane di petrolio. 

Ma devo ancora procedere ad una piccola integrazione ed allo svelamento di qualche curiosità. Se un altro cugino, sentito per telefono nei passati giorni di festa, non mi diceva a mo' di intercalare che sulle colline lì da lui ci sono ancora tante persone con il mio cognome (la cui larga diffusione non stupisce per il resto della provincia), non gli avrei chiesto della storia del petrolio a Miano, a lui comunque ignota, come peraltro ad altri "parmigiani" miei interlocutori: del resto, sono passati tanti ormai. Da quella conversazione ne é venuto fuori che un altro zio, fratello del primo, aveva lavorato con la società petrolifera: insomma, per concludere l'argomento, abbiamo proceduto ad uno scambio incrociato di informative circa i parenti già addetti ad attività minerarie.


La novella più lieta che ho appreso è un'altra: quella per cui il papà di mio cugino, il mio caro zio tassista, viene ricordato in una pubblicazione di prossima uscita, dedicata ai propri concittadini illustri dal Comune di Medesano. Con una certa commozione mi sono andato a rileggere certe lettere che quella generosa persona mi aveva scritto a suo tempo.