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martedì 9 aprile 2013

Se viene scritto un libro sui fumetti d'antan


I fumetti comparsi in Italia dalla fine della seconda guerra, come mi sembra di capire da una recensione, sono sotto il riflettore del recente "La storia dei miei fumetti" di Antonio Faeti, edito per Donzelli - pagg. 425 -.
Dall'articolo emerge che la passione dello scrittore - che pur costella di ponderose note critiche il suo lavoro - rimane intatta per le letture, in tema, dell'adolescenza e degli anni in cui é stato maestro di scuola elementare, prima di diventare titolare di cattedra di Letteratura per l'infanzia all'Università di Bologna. 
Avendo io in precedenti post compiuto qualche asserzione sui fumetti, sostanzialmente su quelli degli anni '50 o primi anni '60, di quando ero piccolo, cioé, ho trovato nel giornale qualche conferma di mie pregresse impressioni e qualche coincidenza.
Questo libro presenta un ricco corredo di immagini originali: la copertina - se ho visto bene - riproduce quella di un Pecos Bill, su cui mi sono già espresso e di cui posso qui esibire, come si vede, un'altra copia.
Riprendendo in mano le vecchie riviste il Faeti avrebbe avuto l'impressione di rileggerle come se fosse passato solo qualche giorno: curiosamente la stessa cosa é capitata, per le poche occasioni che ho avuto, anche a me, pur riscontrando - come ho già qui affermato - l'inesorabile - oggi, alla mia età! - ingenuità di fumetti ampiamente datati. 
Oso, poi, io, aggiungere, fumetti - quelli di matrice italiana, non quelli tradotti dall'estero! - cadenzati più sui contemporanei modesti film d'avventura italiani, che - eccezione fatta per i primi Tex, che in conseguenza di una certa ristampa di qualche anno addietro ho riletto, apprezzandoli ancora - sui grandi western americani.


In effetti, nel blog avevo iniziato ad occuparmi di fumetti, partendo da "intrepido", di cui qui sopra la riproduzione di una copertina del 1952.
Trovo "intrepido", ad esempio, tra le riviste più citate nelle discussioni con amici e conoscenti, se si sfiora l'argomento fumetti d'antan. 
I fumetti - come avevo già messo in evidenza - sono stati, tuttavia, a lungo ufficialmente criticati perché considerati diseducativi: anche Faeti riporta quella nomea, ma la ritiene sbagliata, come, immodestamente, penso - e ripeto - anch'io.
Sono incorso, fidandomi della mia memoria, in alcuni errori ed omissioni. Se scrivo ancora di fumetti, altri probabilmente ne farò. Ricordo solo ora  - ma altre persone mi hanno raccontato qualcosa di analogo - che nella mia esperienza "intrepido" (e "Tex" per chi se lo poteva permettere) veniva acquistato da genitori operai, che oggi considero lungimiranti, per essere letto da tutti in famiglia; capitava che i loro figli lo imprestassero, dopo, ad amici, fattispecie in cui mi sono spesso ritrovato, atteso che in casa mia entravano altre pubblicazioni, ritenute più formative. Ribadisco, infatti, che in quell'epoca, invece, la maggior parte dei giornalini d'avventura, oltre che essere un'occasione di svago ed anche di stimolo per la fantasia, svolgeva una buona funzione divulgativa, sia per adulti, che la scuola l'avevano dovuta abbandonare presto, che per bambini e ragazzi, che la scuola la stavano frequentando.



C'erano, inoltre - e ci sono in parte tuttora, credo - fumetti che si possono definire comici. "Tiramolla", ancor più che il famoso "Topolino", al pari con il gemello "Cucciolo", era nel genere il più quotato nei "circoli" della mia infanzia. Un genere, comunque, che meriterebbe una rivisitazione, che sarebbe anch'essa indicativa di una storia del costume, ma che, per quel che mi concerne, presuppone una ricerca di fonti, perché rammento qualche figura, ma ben pochi nomi.

Nell'occasione, ringrazio una volta di più per le immagini l'amico Bruno Calatroni, collezionista di Vallecrosia.


venerdì 25 novembre 2011

Kit Carson ed altri fumetti western


Ebbene, quel Kit Carson, che in tanti, da sempre si può dire, siamo abituati a vedere come "pard" di Tex Willer nella saga omonima dei due Bonelli, compare - già come persona in avanti con l'età - la prima volta in Italia su "Topolino", nel numero 238 del 15 luglio 1937 "creato da Rino Albertarelli, che introduce il genere western nel fumetto italiano. Sarà ripreso in seguito da Federico Pedrocchi e Walter Molino". Uscirono anche numeri di un "Kit Carson, edizione in formato gigante delle avventure apparse alla fine degli Anni Trenta su Topolino - Edizioni Il Carro -".  
L'immagine di cui sopra non  fornisce, invero, molte indicazioni di merito.
Il vero Kit Carson operò sul serio in Nevada come massacratore di nativi, aspetto che invece Wikipedia mette in dubbio.



In America, dove il fumetto western era già stato inventato da anni, Kit Carson era talvolta giovane, bello e biondo. E forse gli italiani copiarono a man bassa da un modello statunitense. Un aspetto buffo è che per corredare questo trafiletto ho trovato almeno un Kit Carson disegnato in copertina che somiglia sin troppo all'attore Kirk Douglas.

A dire il vero ero convinto di avere un'immagine da originale di una copertina del primo Kit Carson "made in Italy", mentre più probabilmente Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM), l'amico collezionista cui ho già fatto in precedenza riferimento ed al cui archivio ricorro più avanti anche in questa occasione, me ne ha semplicemente parlato - nel mentre si procedeva insieme a scannerizzare una selezione del suo materiale - come di un aspetto poco noto.


Questa, invece, é la fotografia di un originale di una "Raccoltina" (così si dice in gergo) di Tex, uscita nel 1956. Era tanto tempo, forse da quando ero bambino, che non ne vedevo una, così come, sempre nello stesso formato originale, le strisce ben più corte su cui si sono dipanate per anni le avventure di questo personaggio, nato come ben si saprà nel 1948. La dimensione ad album, che ha accompagnato il grande successo di Tex, viene introdotta a titolo sperimentale successivamente, per approdare a dimensione definitiva, se non erro nel 1961, prima con la ripubblicazione delle storie già uscite, poi, con la stesura incessante di tante nuove.


Nel genere western credo possa essere ascritto anche "Il Grande Blek", qui anch'esso nel formato a striscia, numero del 27 novembre 1960. Un altro fumetto entrato nell'immaginario collettivo, al punto da dare il titolo ad un film pur imperniato sulla cronaca di costume.


E "Blek Macigno" - io lo ricordo pure con questo nome - usciva anche in formato album, anche se con non molte pagine: questo é del 1 maggio 1957.


Questo "Pecos Bill", cui manca la copertina, so di averlo avuto nelle mani in tempo reale: é del 1955 ed é diverso da un altro che venne in seguito.


Qui "Il Piccolo Sceriffo" del 9 aprile1954.


Termino questa rassegna con "Un ragazzo nel Far West" del 12 ottobre 1962.

Ho altre immagini a disposizione, ma come originali d'epoca nel campo western mi mancano ad esempio "Capitan Miki" e "Kinowa".
Pensando a Kit Carson, ho saltato una logica prosecuzione di un mio precedente post in materia, che conto di riprendere a breve.

In ogni caso, senza entrare più di tanto nel merito - credo, ad esempio, rispondendo tardivamente ad una pregressa domanda, che non possano, compreso Tex, più piacere ai bambini di oggi - questi fumetti per il periodo preso in esame rappresentano, a mio avviso, con significati di letture importanti non limitate all'infanzia, di cui altre volte ho già detto e su cui, anche per non annoiare, non torno, uno spaccato di storia sociale del nostro Paese.