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mercoledì 15 maggio 2013

Fuori sacco























Ancora uno scorcio di Borghetto San Nicolò, Frazione di Bordighera (IM), in uno scatto datato, fatto senza molte pretese, che qui pubblico per sottolineare una tra le diverse cose simpatiche che mi sono capitate nella grande piazza virtuale del Web: un sodale di giochi dell'infanzia in quel di Nervia, Frazione, invece, di Ventimiglia, perso di vista più o meno da quel periodo, ma in corrispondenza con me da almeno due anni a questa parte, mi ringrazia per le foto da me pubblicate su Borghetto San Nicolò, asserendo essere il suo borgo natio, dal che, nella corrispondenza intercorsa, sono derivate varie memorie spicciole, con varie ricadute di carattere locale e personale.

"Fuori sacco" è un'espressione da me appresa, negli anni che furono, in relazione alla trasmissione - allorquando non sussisteva l'attuale tecnologia - di un articolo di giornale (creato ancora con una battitura più o meno affrettata dei tasti di una macchina da scrivere direttamente su di un foglio di carta, in genere già predisposto con misteriosi segni di misurazione!) all'ultimo istante, fuori del contenitore già predisposto sul carro ferroviario della posta, dunque. Il concetto, per estensione, l'ho sentito spesso usare in seguito per l'aggiunta in extremis di punti all'ordine del giorno di riunioni professionali specializzate.

"Fuori sacco" in un mio tentativo di celia circa le distrazioni e le conseguenti improvvise modifiche, che mi vengono da arrecare alla stesura dei post.























Pubblicando questa fotografia di una grotta, di rilievo nella preistoria dei Balzi Rossi - di cui ho parlato, ad esempio, qui - in Frazione Grimaldi - zona mare - di Ventimiglia, un commento mi ha fatto notare che trattasi di "A Barma Grande", cioé la grande caverna... Ho trovato l'episodio simpatico. Nel contempo mi sono rammentato che su Blogger non avevo mai mostrato neppure l'ombra di tali cavità...
























Vengo proprio oggi gratificato, insieme ad altre, di questa cartolina d'epoca di Vallecrosia, inviatami, in quanto noto il mio interesse per immagini "vintage".























Ed in Vallecrosia, incorporata ed attorniata da altri edifici, è situata anche una vecchia cappella, alla quale non avevo mai fatto caso e di cui non so ancora nulla. Pubblico questa fotografia, perché di fronte ad una costruzione veramente preziosa dal punto di vista storico in vicina località sono stato apostrofato per i miei ripetuti scatti: l'episodio mi ha confermato la persistenza di una diffusa fobia, da me percepita già da altri segni, per immagini "carpite" su suolo pubblico, perché foriere di possibili furti nelle case.

Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)
Fanti della Divisione Cosseria, 89° Reggimento Fanteria, 3° Battaglione, 9^ Compagnia in esercitazione a Cima Marta, Alpi Marittime, nel 1941.
Avendo la ventura di avere reperito fotografie analoghe  - dell'89° avevo fatto degli accenni qui -, pensavo di seguire con un sollecito post alcuni spostamenti in guerra del capitano, la cui famiglia regalò le pertinenti immagini al richiamato Archivio.

Notizie - come quelle che oggi riferisco -, pervenutemi "fuori sacco", mi hanno fatto rimandare l'appuntamento...


domenica 17 marzo 2013

Il Torrione























Il Torrione a Vallecrosia risulta incastrato, più che incastonato, tra la massicciata della ferrovia e le costruzioni di un istituto scolastico religioso. Certo, quelle suore sono più che disponibili a consentire scatti di fotografie a quell'antico bastione anti-turchesco, ma occorre ricordarsi di andare a suonare alla loro porta. 
Quando ero adolescente si diceva ancora andare al Torrione per definire la frequentazione della scuola dei Salesiani, posizionata poco più oltre, o per tentare di giocare nel campo cementato di calcio di quell'oratorio o per la visione di un film al cinema annesso, ancora funzionante oggi.























Poco più a destra - a levante - di quel balaurdo, lungo il mare, linea di confine con Bordighera, Via Rattaconigli, il cui nome da bambino mi sembrava tratto da una favola, mentre corrisponde alla tombinatura di un piccolo rio, che a monte qualche anno fa con la sua esondazione si é dimostrato alquanto pericoloso. 
Il relativo sottopassaggio vedeva spesso sul finire dell'ultima guerra muoversi in ore antelucane uomini del Gruppo Sbarchi della Resistenza, che conoscevano una strettoia sicura tra le mine disseminate sulle spiagge.























Talora agivano più a ovest, potendo contare sulla patriottica, clandestina collaborazione di alcuni bersaglieri, incaricati a turno della vigilanza di quel tratto di costa. 
Con barche a remi, attese al largo - nel proseguire delle missioni - da mezzi a motore degli alleati, quei partigiani trasportavano verso e dalla vicina Francia ormai liberata ex-prigionieri, agenti speciali, compagni feriti, armi. Tante azioni furono, comunque, condotte a forza di braccia.























Uno di questi eroi, ormai scomparso, era uso sostenere, quando ero giovane, che Vallecrosia era una mera città dormitorio. In effetti, tante furono in breve le costruzioni erette in una piana, quasi tutta destinata prima alla floricoltura.


Il centro storico sorge, invero, a qualche chilometro dal litorale, nella valle che porta a Perinaldo. Anche questo borgo fu interessato, quantomeno come base logistica, da talune attività dei prodi che si battevano per la Liberazione.
Vallecrosia credo abbia, intanto, finalmente assunto, anche per i nuovi residenti, una sua identità, che affonda  le radici nella storia locale.




martedì 20 marzo 2012

Il mio ricordo di "Mac"

Mi sento in dovere di scrivere qualche parola per l'improvvisa morte di Giuseppe "Mac" Fiorucci, avvenuta ieri, a 67 anni di età.

Ho talora attinto, infatti, su questo blog alla sua tenace attività di cultore della Resistenza dalle nostre parti, la Zona Intemelia. E delle leggi razziali in Italia. E di tante persecuzioni. La Resistenza nel senso più ampio e nobile del termine, dunque. Mi aveva messo a disposizione ampi stralci documentali delle testimonianze da lui raccolte e del connesso lavoro da lui svolto. Cercherò di trarne ancora qualcosa, come tento su altri blog e su un media locale.

Mi permetto di stralciare, in ricordo di Fiorucci, da una bella lettera aperta di suoi amici intimi, quanto segue:
... di quella guerra, dopo più di 60 anni, ci hai regalato il ricordo di alcuni personaggi che altrimenti avremmo ignorato o dimenticato. Il tuo libro Gruppo Sbarchi Vallecrosia ha permesso a molti di conoscere episodi straordinari nella loro umanità. E ha permesso al partigiano Mimmo di ritornare a Vallecrosia e ritrovare la famiglia che portò in salvo. Tutto merito tuo e della tua cocciutaggine, che ti impediva di lasciare qualcosa a metà, a qualunque costo.
... ti sei buttato a capofitto in una nuova avventura: proporre iniziative culturali a Vallecrosia, inventandoti l'associazione "Il Ponte" con cui hai ideato e organizzato mostre di livello documentale altissimo come quella sulle leggi razziali, e hai portato a Vallecrosia scrittori e giornalisti famosi e meno famosi ...

Resisto alla tentazione di pubblicare una fotografia che ci ritrae insieme in occasione di una mostra organizzata da "Mac". Non mi sembra opportuno. Lo conoscevo da tanto tempo. Ci si vedeva, spesso, nei mesi scorsi, ma non ultimamente, proprio quando andava a pubblicare un libro su sue pregresse esperienze di lavoro in Libia, per le quali mi urgevano domande su esperienze analoghe condotte da un comune conoscente, anche lui, putroppo già deceduto. 

Era stato anche giovane Sindaco di Vallecrosia, "Mac". E tanto altro ancora. Pilota di rally, ad esempio. Ma quel suo contributo alla storia locale, e non solo, della Resistenza resta per me indelebile.


venerdì 29 luglio 2011

Piazza d'Armi


Oggi Piazza d'Armi di Camporosso, Camporosso Mare per la precisione, risulta occupata, a farla breve, da strade, case e da un bel giardino pubblico.


Il nome con cui é stata lungamente conosciuta l'area in questione riporta agli anni prima dell'ultima guerra ed alla finitima Vallecrosia, proprio lì affacciata come confine occidentale, Vallecrosia dove erano collocate molte caserme: ma questo é un lato della questione che porterebbe lontano, comunque, alla necessità di approfondimenti.
Per circa vent'anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, invece, quello spiazzo é stato occupato da quello che a lungo (quello di Bordighera sul Capo credo non fosse a caso destinato ai tornei giovanili) fu l'unico campo di calcio regolamentare della zona di confine.
Non sono poi in tanti, tra le persone che frequento, a ricordarsi di tutto questo: eppure qualche fotografia gira ancora, soprattutto su Facebook.
Tra il detto ed il vissuto - da bambino e da adolescente abitavo abbastanza vicino - emergono tanti ricordi di fatti curiosi, dai quali vado ad estrapolare un episodio che mi é stato raccontato da poco.
Alla svolta anni '60 guardava - in tribuna, mi viene da supporre - una partita in casa della Ventimigliese un signore ormai anziano, alto, robusto e dalla voce tonante, che ben avevo conosciuto per amicizie di famiglia. Gli si avvicinò un autista in livrea che gli disse che il suo titolare, assiso in autovettura, avrebbe desiderato parlargli: al che l'omone rispose che prima avrebbe guardato finire la gara. Fu grande il suo stupore di ritrovare infine ad attenderlo pazientemente l'ufficiale, al quale aveva salvato la vita durante la Grande Guerra, ancor di più nel riscontrare che era ormai un famoso magnate italiano dell'industria. La vicenda proseguì con aspetti qui ininfluenti, credo.
Non ho chiesto al mio interlocutore, genero di quella persona, come fosse stato possibile quell'avvistamento a distanza, ma me lo sono immaginato, come in parte ho ricostruito nella mia stesura, alla quale devo aggiungere il particolare di un muro basso, solo sormontato da un'alta rete per trattenere le pallonate.
E fuori dal foot-ball ne ha viste tante altre cose la vecchia Piazza d'Armi, luogo destinato ai circhi - ce n'erano ancora tanti in quegli anni e non arrivavano solo d'estate - e, sotto Natale, ai Luna Park. Tanto é vero che chi come me di tanto in tanto andava in settimana a scorazzare su quel brullo terreno, spesso lasciato incustodito dalla società, ne vedeva le pessime conseguenze. Insomma, da quelle parti tirava aria di pionierismo di ritorno, anche perché la Ventimigliese anteguerra aveva un bel campo negli attuali Giardini Pubblici della città di confine ...


lunedì 6 dicembre 2010

L'occupazione italiana del sud-est della Francia



Pubblico volentieri per motivazioni culturali e civili, credo, evidenti ai miei lettori, la locandina relativa a questa significativa conferenza, curata anche dall'amico Giuseppe Mac Fiorucci, cui si deve la raccolta delle "Testimonianze della Resistenza Intemelia".


martedì 14 settembre 2010

Il Gruppo Sbarchi della Resistenza (Intemelia)

Ieri si sono svolti a Bordighera i funerali del partigiano Renzo Biancheri (Rensu u Longu). Mac Fiorucci mi ha consentito di pubblicarne una testimonianza da lui raccolta, testimonianza di Renzo Biancheri, che riporto qui di seguito in corsivo.

La mia storia nella Resistenza è legata a filo doppio con Renzo Rossi.

Nell’agosto del ‘44 mi aggregai al gruppo partigiano di Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro], che operava nella zona di Negi [Frazione di Perinaldo (IM)], dove godevamo anche dell’appoggio di Umberto Sequi a Vallebona e di Giuseppe Bisso a Seborga; tutti e due membri del CLN di Bordighera. Negi era il punto di contatto tra le varie formazioni partigiane che operavano nella zona: Cekoff [Mario Alborno], Gino Napolitano ecc.

Facevo da staffetta tra Negi e Vallebona.

In settembre insieme a Renzo Rossi partecipai all’incontro con Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, in quel periodo comandante della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" e, da dicembre 1944, comandante della Divisione stessa]. Ci accompagnò Confino, maresciallo dei Carabinieri che aveva aderito alla Resistenza. Vittò investì formalmente Renzo Rossi del compito di organizzare, per la nostra zona, il SIM (Servizio Informazioni Militare) e i SAP (Squadre d’Assalto Partigiane), e io fui nominato suo agente e collaboratore.

In novembre mi aggregai al battaglione di Gino Napolitano a Vignai, ma dopo alcune operazioni di collegamento tra Vallebona e il comando di Vignai, il comando mi richiamò ad operare nel Gruppo Sbarchi.

Nell’estate, i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendosi recare in Francia, per passare le linee, Gino si avvalse della collaborazione di un passeur, che però era passato dalla parte dei tedeschi e durante il viaggio lo uccise. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino (1). Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati. 
(1) Luigi Punzi, Medaglia d’Argento al Valore Militare con la seguente motivazione: Combattente in territorio oltre confine non si arrendeva ai tedeschi ed in impari lotta opponeva fiera resistenza mantenendo alto l’onore e il valore del soldato italiano. Benché ferito riusciva a sfuggire alla cattura e unitosi al movimento clandestino francese organizzava la partecipazione al “Maquis” di formazioni partigiane composte di connazionali in Francia. A Peille, Peiracava e alla Turbie si univa ad essi ed eseguiva ardite missioni per collegare e coordinare nella zona di frontiera ed in quella rivierasca l’azione dei partigiani francesi e italiani. Mentre rientrava alla base di ritorno da una missione particolarmente rischiosa, veniva proditoriamente colpito da un sicario prezzolato che lo finiva a colpi di scure. Cadeva nel compimento del dovere dopo aver riassunto nella sua opera le belle virtù come militare e  partigiano d’Italia - Alpi Marittime - Ventimiglia, 8 settembre 1943 - 6 gennaio 1945

I tedeschi predisposero una trappola e quando arrivò il telegrafista “Eros” lo catturarono ferendolo. Si avvalsero di lui per trasmettere falsi messaggi al comando alleato di Nizza.

Con questi falsi messaggi fu richiesto l’invio di un’altra missione: la missione “Leo”.

La missione andò a rotoli con il ferimento [la maggior parte delle fonti indicano come data l'8 febbraio 1945] di “Leo” [Stefano Carabalona], che venne nascosto nella cantina di casa mia.

I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando “Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci.

Ma non cercarono in cantina, si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del SIM e del CNL nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di “Leo” in Francia. Il Gruppo Sbarchi aveva frattanto predisposto una barca e Renzo Rossi con Lotti avevano preavvisato i bersaglieri della necessità di effettuare l’imbarco quanto prima possibile. La collaborazione dei bersaglieri fu determinante per tutte le operazioni del Gruppo Sbarchi. Il sergente Bertelli comandava un gruppo di bersaglieri a Collasgarba e aveva manifestato la volontà di aderire alla Resistenza. Fu avvicinato dai fratelli Lilò [Bartolomeo ed Ettore Biancheri di Bordighera, martiri della Resistenza, fucilati a Forte San Paolo di Ventimiglia il 21  marzo 1945] per stabilire le modalità della diserzione, quando il plotone fu distaccato alla difesa costiera giusto sulla costa di Vallecrosia in prossimità del bunker alla foce del Verbone. I Lilò convinsero i bersaglieri a non disertare, ma ad operare dall’interno, consentendo e agevolando tutte le Operazioni Sbarchi.

Alla data convenuta, in pieno giorno trasferimmo “Leo” a Vallecrosia, sempre sulla canna della bicicletta di Renzo. In pieno giorno, perché approfittammo di un furioso bombardamento. Le strade erano deserte, solo granate che esplodevano da tutte le parti. Ricoverammo “Leo” in casa di Achille [Achille "Andrea" Lamberti] aspettando la notte. Al momento opportuno ci trasferimmo sul lungomare; il soldato tedesco, come al solito, era stato addormentato da Achille con del sonnifero fornito dal dr. Marchesi [fratello dell'insigne latinista Concetto Marchesi] che era laureato in chimica.

I bersaglieri ci aiutarono a mettere in acqua la barca [nella notte tra il 5 ed il 6 marzo 1945] e a caricare “Leo” ferito. Cominciammo a remare, ma, dopo poche centinaia di metri, la barca cominciò ad imbarcare acqua. Non potevamo tornare indietro. Mentre io e “Rosina” [Luciano Mannini] remavamo, “Leo” e Renzo si misero di buona lena a gottare, con una sassola che, per puro caso, avevamo portato con noi. Riuscimmo a tenere il mare e ad arrivare al porto di Monaco. Con la pila facemmo i soliti segnali, ma non ricevemmo alcuna risposta; entrammo nel porto e accostammo alla banchina. Chiamammo una ronda di passaggio, che ci portò al comando di Polizia, dove chiedemmo di informare Milou, l’agente di collegamento. Arrivarono gli inglesi e “Leo” fu finalmente ricoverato al Pasteur di Nizza. Anche io e “Rosina” ci facemmo medicare il palmo delle mani piagate dal remare.

Il nostro ritorno fu programmato subito con il motoscafo di Pedretti [Giulio "Corsaro" Pedretti di Ventimiglia (IM)] e Cesar, che doveva recuperare anche alcuni prigionieri alleati (i 5 piloti: 2 inglesi, 2 americani, 1 francese); ma il motoscafo in mare aperto andò in panne e non ne volle sapere di riavviarsi. Eravamo in balia delle onde, Renzo Rossi, Pedretti e Cesar sotto un telo, al chiarore di una lampada, rabberciarono alla meglio il motore. Quasi albeggiava e la missione fu annullata perché ormai troppo tardi.

Sulla spiaggia di Vallecrosia il Gruppo Sbarchi attese invano con i 5 piloti.

I piloti vennero trasferiti in Francia nei giorni successivi da Girò e Achille.

Io, Renzo Rossi, Achille e Girò ritornammo con un carico di armi. Per sbarcare dovemmo attendere il segnale dalla riva, ma, come altre volte, non arrivò alcun segnale. Sbarcammo proprio davanti alla postazione dei bersaglieri, vicino al bunker.

Pochi giorni dopo, senza Achille, che rimase a dirigere il Gruppo a Vallecrosia, effettuai con Girò un’altra traversata, accompagnando “Plancia” (Renato Dorgia) a prendere armi e materiale per i garibaldini. Il ritorno lo effettuammo con la scorta di una vedetta francese, che accompagnò il motoscafo di Pedretti. Vi furono momenti di apprensione perché da bordo della vedetta si udì distintamente il rombo del motore di un motoscafo tedesco; non si accorse della nostra presenza e passò oltre. Trasbordammo sul motoscafo e sul canotto gli uomini e il materiale delle missioni “Bartali” e “Serpente”, composte da agenti addestrati al sabotaggio. Nelle operazioni di trasbordo alcuni caddero in mare e recuperarli nel buio non fu cosa facile, dovendosi osservare il silenzio assoluto. Attendemmo i segnali convenuti da riva. Anche quella volta nessun segnale. Gli ordini erano di annullare tutto, ma Girò accompagnò ugualmente a terra tutta la missione, mentre io tornai a bordo della vedetta, e nel buio pesto Girò riuscì ad individuare il tratto di spiaggia dinanzi a casa sua.

Le difese di quel tratto di costa erano così composte: un bunker alla foce del torrente Borghetto, uno nei pressi della foce del Verbone, un altro quasi alla foce del Nervia.

Tra il bunker del Borghetto e quello del Verbone, era tutto un campo di mine, eccetto, giusto alla metà tra i due bunker, un passaggio largo meno di un metro, dalla battigia fino al rio Rattaconigli. Sbarcarono a Rattaconigli e superarono il campo minato attraverso quel sentiero.

Quella sera dal bunker di Vallecrosia fino alla foce del Nervia era tutto un pullulare di tedeschi e fascisti. Ci aspettavano. La fortuna fu dalla nostra.

Girò tornò al Petit Rocher [villa nella baia di Villafranca, o Villefranche-sur-Mer, base delle operazioni integrate degli alleati e dei partigiani] da dove ripartì per l’ultima missione.
 
 
Poi Mac mi manda un'altra email con la quale, tra l'altro, afferma: "... ti allego parte della testimonianza del Partigiano .... Renato, (Plancia), anche lui del Gruppo Sbarchi, dove racconta un episodio di Rensu u Longu, durante il soggiorno alla sede di St. Jean Cap Ferrat (villa Le Petit Rocher, sede del SOE, servizi inglesi). U Longu appena arrivato dopo l'ennesima traversata, telefona a una non individuata donna e le canta "Polvere di Stelle", Stardust. Quando Renato me lo raccontò rimasi scettico; poi lo stesso Rensu me lo confermò, cantandomela ...."
 
Quindi, da un racconto Renato "Plancia" Dorgia veniamo a sapere che:

.... La base alleata in Francia era a Saint Jean Cap Ferrat, nella baia di Villafranca, nella villa Le Petit Rocher. Da Vallecrosia si partiva, naturalmente di notte, e si raggiungeva il porto di Montecarlo, facilmente individuabile perché l’unico illuminato. All’ingresso del porto, una vedetta intimava l’alt e accompagnava il natante all’approdo sotto stretta sorveglianza. Qui l’equipaggio forniva alle sentinelle alleate del porto di Monaco solo un numero di telefono o di codice e il nome dell’ufficiale dell’Intelligence Service. In meno di un’ora erano presi in consegna dai servizi segreti alleati.

Anche io fui condotto a Montecarlo, con Renzo Rossi, Girò e Renzo Biancheri, già allora sordo come una campana. Per me era la prima volta, mentre per gli altri si trattava dell’ennesima traversata.

Fummo accolti dal capitano Lamb, che ci condusse a Le Petit Rocher. Ci diede qualche istruzione, tra le quali ricordo che, alla mia richiesta di una qualche sorta di documento, ci disse che a eventuali controlli dovevamo solo rispondere che eravamo maltesi e di riferire il suo nome, Cap. Lamb, con il numero di riconoscimento.

Mettendo mano al portafoglio, Lamb cominciò a distribuire una banconota da 500 franchi. La sua intenzione era di consegnarne una per ognuno di noi, ma Renzo Rossi, intascata la prima banconota ringraziò dicendo che 500 franchi bastavano per tutti.

Il capitano, sorpreso, ci fissò negli occhi uno per uno e domandò: “Ma voi siete proprio Italiani?”.

Scoppiò poi a ridere, ma, per un attimo, vidi nel suo sguardo il sospetto che fossimo sabotatori. 

Renzo Biancheri chiese di poter usare il telefono, compose il numero e ottenuta la comunicazione tra lo stupore generale iniziò a cantare Polvere di Stelle.

Renzo era sordo e come tutti i duri d’orecchio cantava bene.

Sussurrava la melodia d’amore di “Polvere di Stelle” alle orecchie di una interlocutrice, evidentemente conosciuta in qualche precedente missione e con la quale di certo non scambiava lunghe conversazioni:

Sometimes I wonder why I spend
The lonely night dreaming of a song
...........
 
Renzo Biancheri in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM) >, 2007