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| Una vista da San Marino. Foto: Eleonora Maini |
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| Uno scorcio di San Marino. Foto: Eleonora Maini |
Si
ritrovarono per l'ennesima volta, ma a Riccione per un convegno
nazionale della loro confederazione di categoria in quel settembre del
1997 tre colleghi funzionari, due del livello regionale, uno imperiese.
Dei primi due il vero genovese, dal cognome di un importante poeta, era
solo uno, il più anziano del gruppetto, il terzo lo si potrebbe, ai fini
di questo racconto, indifferentemente chiamare ponentino o sanremasco,
dal fatto che la sede provinciale di lavoro era, come lo è tuttora,
nella città dei fiori.
Per strani motivi non si erano accordati, per
cui i genovesi erano arrivati in automobile, l'altro in treno con un
lunghissimo viaggio.
In un pomeriggio resosi anticipatamente libero
salirono a San Marino, su cui e sulle cui viste panoramiche ci si
potrebbe anche dilungare, ma fu nel ritorno, quando si fermarono a cena
in un ristorante in una collina di Romagna, che rifulsero le competenze
gastronomiche del genovese, il quale una volta di più selezionò
specialità locali per tutti, piatti, invero, non molto apprezzati dal
ponentino. Quel personaggio, perso di vista da tempo, è così, tale da
fare spaziare la sua grande cultura dalle vette della storia e della
letteratura, passando per aspetti di sociopolitica, alla ricerca di
piatti tipici del territorio. Il sanremasco, del resto, avrebbe a lungo
usufruito del suo prezioso prestito di ambìti libri di storia.
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| Rimini: Castel Sismondo. Foto: Eleonora Maini |
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| Rimini: una sala del Museo Fellini. Foto: Eleonora Maini |
Nel
rientrare in Liguria i genovesi diedero un passaggio al ponentino sino a
Ravenna, alle cui porte insieme ammirarono le meraviglie di
Sant'Apollinare in Classe. Rimase nella bella città il sanremasco a fare
il turista - Mausolei di Teodorico e di Galla Placidia, altre
basiliche, altri mosaici, palazzi, la tomba di Dante - per mezza
giornata, indifferente al fatto che gli altri due si sarebbe fermati a
fare rifornimento - guarda caso! - di prodotti culinari nelle parti
inferiori di
Val Taro in provincia di Parma,
contrada di origine del padre. E dimenticandosi di visitare Rimini!
Qualche
mese prima, dopo il congresso nazionale, solo il ponentino, invece,
visse con esponenti della sua associazione provinciale una singolare
esperienza a Roma in Trastevere.
I tre furono spesso insieme a Nizza.
Dalle
parti di Le Méridien Le Ruhl, passeggiando, risultarono memorabili le
battute rivolte dal genovese all'indirizzo di un responsabile di banca,
che aveva aperto una forte collaborazione in loco con la compagine del
nostro trio, un uomo, superiore diretto in quel periodo di Arturo
Viale, ma persona molto attenta alle grazie muliebri.
E
fu sempre per un'idea di quel genovese che a un dato momento si fece
dono al console generale d'Italia, in quell'edificio dove aveva lavorato
anche Antonio
Aniante e dove altri
pasticciavano con i
ritrovati
cibernetici, si fece dono di alcune bottiglie di vino Rossese di
Dolceacqua, letteralmente sottratte, data la scarsa produzione, alla
famiglia di una collega: è quasi superfluo aggiungere che quel nettare
fu molto apprezzato.
Con altri in una certa occasione i tre
banchettarono, per via delle aderenze toscane dell'ospitante, in una
casa di Genova a base di lardo di Colonnata e di altri freschi derivati
dalla macellazione del maiale.
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| Firenze: il Duomo. Foto: Gian-Maria Lojacono |
Anni
prima a Firenze il mentovato non genovese fece da cicerone non solo per
la storia ed i monumenti della città, che il ponentino già conosceva
bene per i fatti suoi, ma pure - una mania! - per la tavola: va aggiunto
che a Genova poteva magari condurre i suoi ospiti in una trattoria
sarda, ma qualche prelibatezza, magari in sgangherate locande, la fece
pure assaggiare. A tacere dei passaggi, prima delle riunioni, in
rinomate pasticcerie del centro storico, certo non solo per dei caffè.
Anche
altri colleghi apparivano tipi curiosi. Tra i non funzionari, il
dirigente che a suo dire avrebbe giustificato assenze dal lavoro di suoi
subordinati se dovute ai piaceri di Venere o un altro che in assise in
sala pubblica non lontana dal Priamar di Savona si faceva notare, pur
indossando abito estivo con cravatta di rigore, per l'assenza dei
calzini ai piedi. Tra i funzionari, chi collezionava con passione
orologi, chi pedalava dal Savonese al confine con la Francia, ma senza
passare a salutare gli omologhi imperiesi, chi, incrociato in Alta Val
Tanaro, si manifestava infastidito, quasi fosse stato in vacanza non
autorizzata.
Adriano Maini