Nello
Pozzati disse in un’occasione agli amici di Ventimiglia che aveva letto
"Meridiano di sangue" di Cormac McCarthy, come forse gli era stato da
loro suggerito: difficile ripetere con la sua lucida precisione la trama
con cui descrisse la filosofia, da lui intesa, sottesa a quel romanzo,
tanto affascinante per quella che ad alcuni è sembrata una plastica
commistione di paesaggi selvaggi e di crude vicende storiche poco note
del sud-ovest nord-americano di circa due secoli fa.
E non si poteva dubitare che, quando conobbe Nico
Orengo,
autore anche de “La curva del Latte”, Nello gli rammentasse che, certo,
anni dopo quell’ambientazione romanzesca, nella campagna condotta dal
protagonista egli ci aveva lavorato da bracciante, prima di emigrare a
Milano, diplomarsi, laurearsi e vincere importanti concorsi in comuni
dell'hinterland.
Nello, che in gioventù tirava tardi a discutere con
Francesco Biamonti
davanti al Bar Irene di Ventimiglia, esercizio ormai chiuso, mentre
doveva alzarsi di lì a poche ore per tornare al suo lavoro, all’epoca,
ancora agricolo, non ricordava, invece, molto del professor
Raffaello Monti,
già amico e corrispondente di Aldo Capitini. Eppure sui vent’anni era
stato lui a riferire al suo uditorio di coetanei citazioni di quella più
vecchia Bordighera dell’
Unione Culturale Democratica (tuttora operante grazie alla grande tenacia di
Giorgio Loreti), che vide impegnati, tra gli altri, Francesco Biamonti,
Guido Seborga, Angelo
Oliva, Luciano
De Giovanni, i pittori
Enzo Maiolino, Sergio Biancheri,
Joffre Truzzi, Sergio Gagliolo e tanti altri personaggi di rilievo.
È doveroso citare di Nello Pozzati, infine, almeno il romanzo
Le trappole di Eros. Inquietudini di una donna moderna (Greco e Greco, 2005) e l'articolo
Lotte agrarie e ideologia bracciantilistica in Polesine dal secondo dopoguerra alla fine degli anni ’50
in Studi polesani 24/26. Gli anni cinquanta (Minelliana Associazione
Culturale - Rovigo, 1987), quest'ultimo da mettere in connessione con la
sua pregressa tesi di laurea.
Dalla lettura del significativo
libro di Sergio Favretto,
Partigiani del mare. Antifascismo e Resistenza sul confine ligure-francese, Edizioni SEB27, Torino, aprile 2022, si apprende che
Raffaello Monti era riuscito a frequentare, seppur brevemente, Giuseppe
Porcheddu anche nell'immediato secondo dopoguerra.
Favretto si sofferma pure sull'operato da partigiano di Pietro Giacometti, che compare anche nell'opera "
Lina, partigiana e letterata, amica del giovane Calvino",
scritto
da Daniela Cassini e Sarah Clarke. Giacometti era il nonno del marito della signora Clarke.
Senonché, a Sanremo, a margine dell'incontro
pubblico per la presentazione del libro appena citato, in una
conversazione di carattere privato si è venuto a sapere
che la famiglia Giacometti un po' prima e durante l'ultima guerra abitava in Villa Olga
a Nervia di Ventimiglia, un edificio di rilievo nella memoria di molti
abitanti della città di confine.
Alcuni fatti storici o, al
limite, solo alcune conferme, sono stati appurati in ordine ai due libri
appena accennati dalla pubblicazione di quello che si può definire il "
Memoriale Porcheddu", prima inedito, in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia),
Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019. Risulta emozionante apprendere che una radioricetrasmittente affidata da
Punzi ad un altro degno antifascista, perché probabilmente destinata a Beppe
Porcheddu,
era transitata dal garage Chiappa, padre e figli, una volta esistente
in pratica in pieno centro urbano. O, ancora, avere appurato in modo
incontrovertibile in quale casa di Marina San Giuseppe di Ventimiglia
avvenne l'agguato vile e feroce che costò la vita al capitano Gino, un
uomo, già ufficiale di carriera, venuto a morire da queste parti dopo
aver tentato di intessere una rete antifascista in provincia, aver
combattuto con i partigiani francesi ed essere tornato a cercare
contatti con i nostri partigiani anche nella veste di agente dell'Oss
statunitense.