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domenica 21 luglio 2024

Coincidenze (2)

Latte, Frazione di Ventimiglia (IM), vista da Zona Ville

Nello Pozzati mi disse in un’occasione che aveva letto "Meridiano di sangue" di Cormac McCarthy, come forse gli avevo suggerito io: solo che non so ripetere con la sua lucida precisione la trama con cui mi descrisse la filosofia, da lui intesa, sottesa a quel romanzo, che pur mi aveva tanto affascinato per quella che a me è sembrata una plastica commistione di paesaggi selvaggi e di crude vicende storiche poco note del sud-ovest nord-americano di circa due secoli fa.
E non potevo dubitare che, quando conobbe Nico Orengo, autore anche de “La curva del Latte”, Nello gli rammentasse che, certo, anni dopo quell’ambientazione romanzesca, nella campagna condotta dal protagonista lui ci aveva lavorato da bracciante, prima di emigrare a Milano, diplomarsi, laurearsi e vincere importanti concorsi in comuni dell'hinterland.
Nello, che in gioventù tirava tardi a discutere con Francesco Biamonti davanti al Bar Irene di Ventimiglia, esercizio ormai chiuso, mentre doveva alzarsi di lì a poche ore per tornare al suo lavoro, all’epoca, ancora agricolo, non ricordava, invece, molto del professor Raffaello Monti, già amico e corrispondente di Aldo Capitini. Eppure ai nostri vent’anni era stato lui a riferirmi citazioni di quella più vecchia Bordighera dell’Unione Culturale Democratica (tuttora operante grazie alla grande tenacia di Giorgio Loreti), che vide impegnati, tra gli altri, Francesco Biamonti, Guido Seborga, Angelo Oliva, Luciano De Giovanni, i pittori Enzo Maiolino, Sergio Biancheri, Joffre Truzzi, Sergio Gagliolo e chissà quanti altri personaggi di rilievo che io sto dimenticando.

Dalla lettura del significativo libro di Sergio Favretto, Partigiani del mare. Antifascismo e Resistenza sul confine ligure-francese, Edizioni SEB27, Torino, aprile 2022, vengo ad apprendere che Raffaello Monti era riuscito a frequentare, seppur brevemente, Giuseppe Porcheddu anche nell'immediato secondo dopoguerra.

Fravretto si sofferma pure sull'operato da partigiano di Pietro Giacometti, che compare anche nell'opera "Lina, partigiana e letterata, amica del giovane Calvino", scritto da Daniela Cassini e Sarah Clarke. Giacometti, il cui operato appare in diverse documentazioni storiche in modo frammentato, dunque, difficile da ricomporre, era il nonno del marito della signora Clarke. Senonché, a Sanremo, quando due anni fa venne presentato il citato libro, sono venuto a sapere che la famiglia Giacometti a cavallo della guerra abitava in Villa Olga a Nervia di Ventimiglia: a poche centinaia di metri dove, più a levante, qualche tempo dopo sono nato io, ma dove in quel periodo cruciale abitavano già i miei nonni.

Alcuni fatti storici o, al limite, solo alcune conferme, sono stati appurati (anzitutto per Giacometti) in ordine ai due libri appena accennati dalla pubblicazione di quello che io definisco il "Memoriale Porcheddu", prima inedito, in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019. Mi emoziona tuttora sapere che una radioricetrasmittente affidata da Punzi ad un altro degno antifascista, perché probabilmente destinata a Beppe Porcheddu, era transitata dal garage Chiappa, padre e figli, una volta esistente a pochi metri dalla mia attuale abitazione. O, ancora, avere appurato in modo incontrovertibile in quale casa di Marina San Giuseppe di Ventimiglia avvenne l'agguato vile e feroce che costò la vita al capitano Gino, un uomo, già ufficiale di carriera, venuto a morire dalle nostre parti dopo aver tentato di intessere una rete antifascista in provincia, aver combattuto con i partigiani francesi ed essere tornato a cercare contatti con i nostri partigiani anche nella veste di agente dell'Oss statunitense.
 
Adriano Maini

lunedì 15 luglio 2024

A Vallecrosia c'è ancora la vecchia casetta...

A Vallecrosia c'è ancora la vecchia casetta da cui si proiettavano un tempo le pellicole di un cinema all'aperto: anzi, è ancora conservato il foro adattato allo scopo.


Gli spettacoli avevano luogo a ridosso dell'ormai demolito Mercato dei Fiori, situato in pratica sul confine con Camporosso.


A Ventimiglia una rinomata enoteca nello stesso posto esisteva già negli anni Trenta del secolo scorso, probabilmente meno elegante di oggi, perché allora era una semplice osteria o giù di lì, mentre adesso si presenta come un locale alla moda, molto alla moda: si raccontava di una mula che si fermava da sola davanti all'esercizio per consentire al conduttore - non proprietario - di bersi colà in santa pace un bel bicchiere di vino. Quanti avvenimenti sono accaduti e quante persone si sono avvicendate tra quelle mura! In proposito, Gaspare Caramello vi ha proprio ambientato gran parte di un suo racconto, molto interessante e assai divertente.


Sempre a Ventimiglia, il Mercato dei Fiori c'è ancora come denominazione - riportata con orgoglio sul frontone di ingresso - ma da tanto è un mercato annonario, anzi, un mercato coperto attrezzato: anche volendo, non vi si potrebbero più tenere le favolose serate danzanti di cui si tramanda ancora l'eco.
 

A Bordighera almeno una delle storiche fontane - quella di zona Villa Ortensia - è stata spostata, anche per più di cento metri, in prossimità di dove sorgeva il capannone per la costruzione dei carri, destinati a sfilare alla Battaglia di Fiori di Ventimiglia ed approntati dalla compagnia "I Galli del Villaggio": non ci sono più in loco - o non possono più aspirare ad essere tali - utenti alla ricerca di acqua fresca, forse sorgiva...
 

... sorgiva di sicuro nel caso della vecchia fontana - e già abbeveratoio per animali - di Via Romana, in prossimità della Civica Biblioteca Internazionale, sempre meta di appositi pellegrinaggi di squisiti intenditori del prezioso liquido.

Adriano Maini

martedì 9 luglio 2024

Peglia e dintorni...





Località  Peglia di Ventimiglia (IM), a nord del ponte della ferrovia per la Francia.
C'era un po' più in su una pista di go-kart con annesso pubblico servizio: un'area molto frequentata ed oggi molto rievocata in tante memorie. Con base di partenza e di arrivo da quel sito e con deviazione su sentieri sull'addomesticato greto o solo su quel cemento - si tenne almeno in un'occasione (anno di grazia 1966) una sorta di pre-selezione (sub-provinciale) dei campionati studenteschi di corsa campestre.
A valle della strada ferrata l'area forse ha un altro nome, ma un tempo aveva una maggiore interconnessione con la precedente: c'erano anche anche delle piccole peschiere; il vecchio mattatoio; un po' a ponente, a fianco della strada che attualmente concede solo un minimo accesso a Peglia, ai suoi vecchi mulini, alla Bocciofila del Dopolavoro Ferroviario, c'era una fabbrica di liquirizia, un edificio purtroppo devastatato dallo scoppio di una caldaia agli inizi degli anni '70, con la conseguenza di gravi danni alle persone, soprattutto con la morte di una giovane ragazza che frequentava il Bar Irene, vero centro sociale e culturale dell'epoca nella città di confine. Ed ancora un camping sempre molto affollato d'estate...
Sino a tutti gli anni Sessanta alcuni carri della Battaglia di Fiori, una volta finita la manifestazione, venivano portati, o riportati, davanti al mattatoio.
La via principale per Peglia, che passava per un varco del ponte della ferrovia, è stata resa intransitabile in quel proseguimento per motivi di sicurezza rispetto alle piene del limitrofo fiume Roia.
Per arrivare all'altra Bocciofila (quella storica ed affiliata al CONI), ai campi da tennis, ai rettangoli verdi del calcio occorre adesso sottoporsi ad un lungo giro.
Il campo di calcio di Peglia forse venne realizzato man mano che veniva dismesso quello vecchio in Piazza d'Armi a Camporosso (IM), ancora utilizzato nel 1964.

Adriano Maini

mercoledì 3 luglio 2024

Villa Azzurra


"Via del Campo c'è una graziosa / Gli occhi grandi color di foglia / Tutta notte sta sulla soglia / Vende a tutti la stessa rosa" così cantava Fabrizio De André in una sua memorabile canzone.
"Via Palazzo" era invece un tempo un'espressione quasi in codice per indicare le stesse "avventure" in quel di Sanremo.
Un po' come dire "Rue de France" per Nizza.
Invece, con buona pace del nostro beneamato cantautore l'avviso in gergo riguardante Genova era "Via Pre'".
"Villa Azzurra" a Ventimiglia era una denominazione che, decifrata, portava ad una specifica situazione locale di quelle eliminate dalla Legge Merlin. Rievocata, inoltre, nel romanzo "Il conformista" di Alberto Moravia.
Le cronache dei giornali da allora ad oggi si sono, tuttavia, sin troppo occupate di scoperte di case clandestine di appuntamenti nella città di confine.
Villa Azzurra rimane ancora - si dice - con altro nome e con altra destinazione in Via Asse.
Sussistono ancora due aspetti da sottolineare: che quasi nessuno sa più con precisione quale sia l'edificio incriminato e che la zona - in Via Asse di levante -, la quale a palmi, più o meno memorizzati i discorsi dei vecchi, si può raffigurare come ubicazione della casa in questione, è oggi una delle più brutte di Ventimiglia. Nonostante la prossimità ad un antico mulino ben restaurato ed il fatto che leggermente più a ponente in quella stradina permanga qualche traccia di un'antica bellezza - muri in pietra, intonaci liguri caratteristici, fiori, piante - di quando tutto era campagna coltivata. Si salva solo la zona dove la stradina sbocca al mare.

Adriano Maini

venerdì 21 giugno 2024

Di aerei e di colline nella zona Ventimiglia-Bordighera durante l'ultima guerra

Bordighera (IM): uno scorcio di Piazza del Popolo

Un gruppo di bambini, mentre giocava vicino alle sponde del torrente Borghetto in prossimità della Via Romana di Bordighera, vide cadere un aereo in collina. Si affrettarono a salire, spinti dalla pericolosa curiosità, naturale in quella fase della vita umana, ma furono respinti dai soldati tedeschi accorsi ben prima sul sito dell'impatto. Riuscirono, tuttavia, a capire che il pilota era rimasto immolato con l'apparecchio; forse, addirittura, riuscirono a scorgerlo da lontano. Un recente articolo, apparso sulle pagine locali di un noto quotidiano nazionale, rispolvera la vicenda, fornendo diverse informazioni tecniche e storiche, reperite dal giornalista, ma non indica il punto preciso della conclusione di quel disastro. D'altronde, le scarse notizie reperibili sul Web sino a pochi giorni fa erano - e rimangono - contraddittorie. Fuori discussione  la data del tragico evento, 12 settembre 1944, il nome della vittima, Lewis K. Foster, il tipo di aereo, Republic P-47D-23-RA Thunderbolt, la nazionalità di entrambi, statunitense, la località di partenza, Poretta, Corsica, la squadriglia, il gruppo e così via. Una fonte sostiene che il caccia in questione - di questo tipo di apparecchi si trattava - "si schiantò mentre mitragliava il bersaglio ad un miglio a nord est di Bordighera"; un'altra, quella più ricca di dettagli, mentre conferma la precedente asserzione, aggiunge che l'aereo "era stato visto l'ultima volta ad un miglio, un miglio e mezzo a nord ovest di Bordighera". In effetti, nell'articolo citato ci sono ampi riferimenti al rapporto di un altro pilota, di cui si fa pure una breve storia di quella e di altre avventure di guerra, un pilota, il tenente John M. Lepry, che, mentre la squadriglia era in picchiata, aveva sentito dietro di sé l'esplosione del mezzo guidato da Foster, senza poterne capire le cause. Il giornalista fa ruotare il suo pezzo intorno al fatto che si sia persa la memoria di questo tragico evento. 

Eppure, qualcuno nella vicina Vallebona ancora ricorda che un compaesano parlò diverse volte di essere accorso, mentre lavorava in un appezzamento di terreno dalle parti della collina Mostaccini di Bordighera, sul luogo di un disastro aereo, riuscendo anche a vedere il cadavere straziato del pilota, di cui raccontava anche particolari raccapriccianti. Il Notiziario, invece, della fascistissima Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) aveva comunicato il 1° ottobre ai capoccia di Salò che il mezzo incursore 'precipitava in località "Camporosso". Un pilota caduto e l'altro, ferito gravemente, è stato catturato'. C'è da dubitare che sul singolo aereo i piloti fossero stati due. Millantato credito?

Anche Mario Armando, all'epoca del fatto quindicenne, visse più o meno l'episodio come i bambini di cui sopra. Nel suo racconto, pubblicato qualche anno fa in Paize Autu, Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”, appare anche un preciso riferimento ai colpi di mitraglia - forse quelli decisivi - sparati dalla torre di avvistamento (il Semaforo) approntata dai tedeschi in Piazza del Popolo nel centro storico (Paese Alto) di Bordighera. Armando quel giorno stava proprio lì a giocare con degli amici a pallone, un pallone messo a disposizione da una recluta austriaca di 17 anni, per combinazione addetto a quella postazione e che in quel frangente non poteva certo unirsi come d'abitudine ai compagni di calcio. Questi ultimi - dunque, partendo da levante - cercarono di arrivare sul luogo dell'impatto del caccia, ma vennero anche loro respinti dai soldati tedeschi.

In quel torno di tempo, più o meno, a distanza in direzione ovest di circa due chilometri lungo la linea di costa, sulla piccola collina di Collasgarba, divisa tra Ventimiglia e Camporosso, anche questa affacciata su di un torrente, in questo caso il Nervia, un gruppo di bersaglieri della repubblica fascista di Salò, capeggiati dal sergente Bertelli, stava maturando la convinzione di disertare, ma alcuni patrioti li convinsero a rimanere al loro posto per aderire in modo clandestino alla Resistenza: con la discesa al mare ad un presidio in Vallecrosia questa loro scelta si rivelò molto utile per il buon esito di diverse missioni di contatto dei partigiani con gli alleati insediati nella vicina Francia.

Non si sentiva molto sicuro - racconta il figlio Massimo - Stefano Leo Carabalona, mentre si trovava a bordo di un apparecchio a compiere una ricognizione su Pigna e dintorni, forse foriera dei bombardamenti di fine dicembre 1944 su questo centro della Val Nervia, che dovevano colpire obiettivi militari strategici - secondo lo storico Giorgio Caudano eliminare - uno scopo fallito - il generale Lieb, comandante della 34^ Divisione dell'esercito tedesco, quella di stanza nel ponente ligure -, ma che uccisero, invece, cinque donne ed una bimba di 21 mesi e causarono vari danni, pesanti per un piccolo paese. Non si sentiva sicuro Carabalona, non perché temesse la contraerea tedesca, probabilmente installata in seguito, ma per la fragilità del mezzo. Eppure Carabalona era stato coraggioso - e decorato con due medaglie di bronzo al valor militare - in guerra come ufficiale del Regio Esercito, un eroe partigiano nella difesa di Rocchetta Nervina, un protagonista delle battaglie di Pigna - e verso l'epilogo di queste riusciva a dare precise indicazioni alla Missione FLAP - battaglie che portarono alla costituzione della Libera Repubblica democratica dalla vita, purtroppo, breve, ed era appena sbarcato in Francia come responsabile del collegamento della V^ Brigata partigiana "Luigi Nuvoloni" con i comandi alleati di Nizza. Neppure immaginava che, appena rientrato in Italia, sarebbe stato gravemente ferito a febbraio 1945 in un agguato a Vallecrosia e che sarebbe occorso quasi un mese perché i sappisti del Gruppo Sbarchi Vallecrosia riuscissero via mare a portarlo definitivamente in salvo per avere infine le cure del caso a Nizza.

Del resto, la lunga strada per la Liberazione passò anche in provincia di Imperia, da un capo all'altro, per bombardamenti aerei e navali - anche con artiglierie di terra in prossimità del confine - , non sempre mirati su obiettivi militari, sempre con effetti devastanti sulla popolazione civile.

Adriano Maini

martedì 18 giugno 2024

La donna, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi

Bordighera (IM): Villa Cava

Le cronache dei giornali e delle testate web in provincia di Imperia ogni tanto si occupano di vecchie storie di spionaggio, ambientate da queste parti di ponente di Liguria, in genere riferite agli anni della seconda guerra mondiale.
Di recente la presentazione di un libro dedicato a taluni risvolti italiani dell'ultimo conflitto avrebbe svelato la presenza a Bordighera di un agente italiano facente capo al servizio segreto francese, la cui rete nel 1942 sarebbe stata smantellata.
Ci sono opere dedicate al SIM (Servizio Segreto Militare Italiano) di quel periodo ed alla figura del suo capo di allora, Cesare Amé, che rammentano - così come almeno un memoriale di Amé stesso - una positiva azione di controspionaggio condotta in Tolone con l'ausilio della potente antenna radio di Sanremo, che era stata utile per intercettare i radiomessaggi inviati al nemico - compresi i partigiani del maquis, con i quali e con i cui "complici" non si può fare a meno di simpatizzare -, un'azione che non riuscì, tuttavia, a portare all'arresto del sottufficiale della Regia Marina che aveva "lavorato" per i francesi, dileguatosi in Riviera.
Esiste poi, presso IsrecIm, IstitutoStorico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, una piccola memoria - rintracciata dallo storico locale Giorgio Caudano - di fine 1945, in cui un partigiano, forse una partigiana, dal nome di battaglia di Carmelita, intese indicare in Renato Brunati, che abitava prima di essere arrestato a Bordighera, martire antifascista fucilato al Turchino, un agente del Deuxième Bureau: se tale aspetto risultasse confermato - cosa quasi impossibile ormai - aggiungerebbe caso mai altro onore alla figura di Brunati, che si sarebbe trovato in ottima compagnia, come quella, ad esempio, più famosa di Adriano Olivetti, che i contatti per concretare la sua congiura antifascista li cercò, invece, con i britannici del Soe, ma per il tramite di uomini dell'Oss americano.
Risulta, invero, difficile ritrovare nei libri di storia e nei documenti più correnti tracce di spionaggio classico in Bordighera, mentre abbondano informazioni relative alla presenza di militari e agenti nazisti, in qualche caso già prima dell'8 settembre 1943.
Come avviene con taluni fascicoli statunitensi, per lo più desecretati dalla CIA intorno al 2007, anche se un po' tutti indugiano, come nel caso già evidenziato di Karl Weilbacher, su attività comuni, in qualche caso di criminalità minore, contrabbando, ecc.
Fioravante Martinoia di Vallecrosia a marzo 1944 venne assunto come autista dal comando SD (servizio di sicurezza delle SS) di Sanremo, dietro raccomandazione di una signora tedesca abitante a Bordighera: Martinoia, nonostante i suoi ripetuti dinieghi, proprio per via delle sue mansioni ebbe parte attiva in diverse operazioni di repressione contro i partigiani.
Il già citato Weilbacher lavorava per un'azienda di esportazione di fiori con sede a Bordighera quando nel 1940 conobbe Werner Vohringer, un collaboratore dell’Abwehr (servizio segreto militare tedesco): ebbe con quest'ultimo diversi successivi contatti di carattere non ben precisato. Già nel 1934 o nel 1935 un agente della filiale di Sanremo di una compagnia di assicurazioni aveva chiesto a Weilbacher informazioni su alcuni stranieri presenti a Sanremo e di lì a breve gli procurava un incontro con il suo "capo", incontro che avvenne in un albergo situato davanti alla stazione ferroviaria di Bordighera, allo scopo di aiutarlo (non viene svelato per quale organizzazione o corpo dello stato fascista agisse il "capo". L'OVRA? La polizia? I carabinieri? I servizi segreti?) a scoprire una organizzazione che nella città dei fiori operava per l'annessione dell'Alto Adige all'Austria. Weilbacher avrebbe dato delle informazioni su alcuni individui, ma pochi giorni dopo, senza subire noie, si defilò da un compito che non gradiva.
Un altro documento americano si dedica ai fratelli Asiani, Alberto (nato nel 1905) ed Augusto (nato nel 1906), che abitavano a Bordighera, allo stesso indirizzo del padre, Lodovico, della madre, Teresa Sassi, e della sorella, Angela, di 42 anni. Un'altra sorella, Maria, di 43 anni, risultava sposata con l'avvocato Gino Vota: entrambi residenti a Bordighera. Viene riportato anche il nome del figlio di Augusto, Cristiano, indicato come vedovo. Conobbero, tra l'altro, Weilbacher e Vohringer. A maggio o giugno 1945 vennero arrestati a Bordighera dai carabinieri perché due lettere anonime li accusavano di pregressa collaborazione con i tedeschi: tenuti in stato di fermo per 25 giorni, furono infine rilasciati perché le accuse loro mosse vennero ritenute infondate. I fratelli Asiani, sospettati di collaborazione attiva con i tedeschi a Montecarlo e in Liguria, vennero segnalati come persone già a contatto con Olga Meier in Henneman, "agente SD che causò l'incendio di Molini di Triora e la morte di diversi partigiani in provincia di Imperia". E Olga Meier aveva aiutato "in modo disinteressato" Angela Asiani a recuperare dei beni sequestrati a Bordighera alla famiglia ad aprile 1944 da agenti SS di stanza ad Imperia e riconsegnati presso la Casa dello Studente di Genova. "Verso aprile 1944, addetti delle SS di Imperia, si recarono a casa degli Asiani chiedendo dei due soggetti. Essendo questi già a Montecarlo, essi perquisirono la casa ed asportarono vino, liquori, commestibili vari, vestiti ecc. Il tutto per circa un milione e mezzo di valore. Saputo il fatto i due fratelli sono venuti a Bordighera per vedere cosa era successo e qui conobbero la suddita tedesca Henneman", così recita la parte in italiano del documento americano. Che aggiunge qualche pagina dopo: "La Henneman venne a Genova e si recò alla Casa dello Studente unitamente alla sorella. Qui esse parlarono con un ufficiale tedesco, il quale disse che era stato un sopruso e che la roba tolta sarebbe stata restituita. Dopo 15 giorni la sorella Angela, come era rimasta d'accordo, ritornò alla Casa dello Studente ed ebbe in restituzione un baule, che però non conteneva che alcuni smoking ed altre cose varie, rappresentanti una minima parte di quello che era stato asportato. La Hennemann per questo suo intervento non chiese nulla, né da allora ella ebbe altri rapporti con i fratelli Asiani". Alberto ed Augusto erano stati poi imprigionati in un campo di internamento di Nizza all'arrivo (fine agosto 1944) delle forze armate alleate in Costa Azzurra: a Bordighera erano tornati clandestinamente e ritrovarono i genitori e la sorella Angela, ma incapparono nella trafila che portò ai loro interrogatori. Ripercorrere le vicende di questi due fratelli rappresenterebbe uno spaccato non secondario di vita vissuta ai tempi di guerra, anche perché la loro permanenza a Bordighera non fu di lunga durata: i genitori erano rientrati in Italia dall'estero nel 1939, quando i due figli maschi lavoravano ancora al Casinò di Venezia, un lavoro perso con lo scoppio della guerra. Con gli Asiani vengono riportati altri nominativi di persone abitanti a Bordighera, ma senza particolari comunicazioni in proposito. Angela Asiani era nata a Bordighera nel 1903, ma all'età di dieci anni si era trasferita a Montecarlo con i genitori, che nel Principato avevano aperto un negozio di vini e liquori, dove sino al 1930 avevano collaborato anche i fratelli maschi. Nel 1939 il negozio, non rendendo più, venne chiuso e Angela con i genitori raggiunse Alberto ed Augusto a Venezia, dove lavoravano al Casinò mercé una segnalazione di un certo Spadoni che avevano conosciuto a Monaco Principato. Sempre Spadoni mise i suoi buoni uffici per evitare che a fine 1943, ormai rientrati a Bordighera, la Kommandatur inviasse i fratelli Asiani maschi in Germania per il lavoro forzato. Ci si sofferma ancora su Angela Asiani perché dalla vicenda del suo recupero parziale dei beni di famiglia sottratti (nei relativi incartamenti si afferma che non se conoscono i motivi o per lo meno così affermano alcune donne chiamate in causa) si evincono i nomi di alcune donne, appunto - ad esempio, il nome della proprietaria della villa dove stavano in affitto gli Asiani, signora Ferrari - e si apprende che una di queste per il richiamato buon fine aveva procurato ad Angela un incontro a Sanremo "con un tale Reiter", di cui ben si sa, invece, che era il responsabile del locale ufficio SD, ufficio che si occupava principalmente di repressione delle bande partigiane e dei reati di natura politica e di repressione del mercato nero.
Ernest Schifferegger, già italiano altoatesino, il quale in occasione del referendum del 1939 aveva optato, come tutti i membri della sua numerosa famiglia, per la nazionalità tedesca, poi SS (già presente a Roma e partecipe della strage delle Fosse Ardeatine), interprete, segnalava che un certo Boccabella di Bordighera era diventato collaboratore delle SS di Imperia e di Sanremo dopo essere stato incarcerato per rapina a mano armata. Boccabella accompagnò Reiter ed una sua squadra a Bordighera a cercare benzina nascosta in un garage e ad indagare su liquori detenuti da un privato, infine ritenuti, tuttavia, di legittima proprietà. Si procedette, invece, al sequestro di un deposito di carburante celato a Seborga, paese dell'immediato entroterra di Bordighera. Può anche essere che dagli indagati venissero più facilmente ammesse colpe per reati comuni anche per sviare l'attenzione degli inquisitori dalla ricerca di imputazioni più gravi.
Alcune carte rinvenute da Paolo Bianchi di Sanremo presso l'Archivio di Stato di Genova, attinenti processi presso le CAS, Corti d'Assise Straordinarie del dopoguerra, deputate all'epurazione del fascismo, aggiungono tasselli a questo  mosaico.

Bordighera (IM): la collina Mostaccini sovrasta la zona di Via Coggiola

Il conte Pietro Di Masio Civalieri Inviziati, nato nel 1872, sposato dal 1936 con Sibilla Von Armin "di origine tedesca" in un interrogatorio di polizia del 23 giugno 1945 risulta residente in Bordighera presso l'Albergo Belvedere. Dalle sue dichiarazioni messe a verbale si apprendono diverse notizie, alcune curiose: che dalla data del matrimonio sino all'ottobre 1944 aveva abitato - in affitto - in Villa dei Pini in Via dei Mostaccini a Bordighera; che, sempre a Bordighera, aveva rifiutato di ricoprire cariche politiche; che non aveva mai ricevuto in casa sua un ufficiale della Polizia tedesca, ma solo un ufficiale dell'esercito che intendeva omaggiare sua moglie, appartenente ad una famiglia nobile; che era stato amico del principe austriaco Schwatgenhagg, proprietario di Villa La Cava a Bordighera, arrestato ad ottobre 1943, portato a Genova dalle SS, ma di cui - sempre per notizie avute da una cugina del principe, la principessa russa Galitzin - poteva affermare che era poi stato lasciato libero a Vienna (questo fatto venne confermato anche dall'avvocato Amalberti di Ventimiglia - di Vallecrosia, secondo Von Armin -); che il 10 ottobre 1944 due soldati tedeschi lo arrestarono e lo portarono al comando di Villa Rosa, da cui venne prelevato per essere tenuto in ostaggio per quattro giorni presso l'Albergo Excelsior, sempre a Bordighera. La moglie del conte, Sibilla Von Armin, interrogata il 25 giugno 1945 presso il campo di concentramento di Sanremo, rivelava il nome del capitano dell'esercito tedesco che fu talora ospite della famiglia, Behr, da lei conosciuto gà vent'anni prima, e adombrava come causa dell'arresto del principe austriaco il fatto che egli fosse nipote di una persona a suo tempo implicata nelle vicende del cancelliere austriaco Dollfuss. Senonché, nella sua denuncia del 30 giugno 1945 Bernardo Biancheri, padre dei partigiani Bartolomeo ed Ettore, fucilati a Forte San Paolo di Ventimiglia, segnalava i coniugi Civalieri tra i delatori che avevano portato la morte ai suoi figli, in quanto "ai tedeschi dei quali sia lui che la moglie erano quasi sempre a contatto... ai tedeschi, al soldo dei quali doveva sicuramente agire sia lui, uomo capace di tutto e senza scrupoli, che la moglie, originaria tedesca... i tedeschi dovevano essere stati informati dal Civalieri stesso, il quale se non ha potuto avere le informazioni che all'uopo richiedeva al Lorenzi, per non essersi questo prestato, indubbiamente deve averle attinte da altre persone portando così a termine il suo compito di spia". A maggio 1946, per il processo davanti alla Cas, l'avvocato Nino Bobba di Sanremo citava come testimoni a discarico dei coniugi Civalieri quattro persone. Il dottor Gianni Cristel di Sanremo, che aveva conosciuto il maggiore Beer (Behr nel verbale della Von Armin) quale perseguitato politico. Otto Geibel (console tedesco di Sanremo sin da prima della Grande Guerra, che aveva aiutato diversi ebrei a sfuggire alle persecuzioni) che avrebbe potuto sostenere che il principe austriaco (il cui cognome in questa circostanza viene trascritto come Schwarzenberg) era stato lungamente controllato dai nazisti presenti in Riviera. Liesel Richer, abitante a Villa Luisa a Bordighera che avrebbe potuto spiegare i veri motivi per cui alla Von Armin erano stati rilasciati diversi permessi di viaggio. La Baronessa Flugge di Villa Oliveto in Via Romana a Bordighera che "sa che l'imputata e il di lei marito rimasero costernati alla notizia dell'arresto del Principe; insieme studiarono e fecero tutto il possibile per venirgli in aiuto".
Elda Casaroli, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi "avendo provocato la cattura di due patriotti che poi vennero fucilati e di Buccella Orlando, guardia di finanza, che aveva disertato": negò di avere contribuito alla cattura dei fratelli Biancheri, ma venne condannata il 7 settembre 1945 a otto anni e quattro mesi di reclusione e alla confisca dei beni, una pena che si può presumere - come quasi tutte quelle similari - successivamente in appello ampiamente ridotta. Risulta istruttivo leggere ancora nella motivazione della sentenza che "lo spionaggio praticato in favore del nemico ostacolò i movimenti di liberazione... Chi si accinge a tali imprese a danno della Patria è spesso il delinquente senza fede e senza scrupoli... donna dedita ai facili amori, come può dirsi dell'imputata... invitata ad assistere al passaggio delle persone rastrellate, essa assiste fumando vicino al cap. Borro... fa segni di assenso o dissenso per l'arresto che doveva essere compiuto...".
Azioni vere di spionaggio in zona vennero compiute dai partigiani delle SAP, dei SIM di brigata e di divisione, del CLN di Bordighera, ma queste assumono un rilievo del tutto particolare, a sé stante.
Adriano Maini

lunedì 10 giugno 2024

Aperitivi a Mentone

Mentone: la storica zona di tanti acquisti da parte di abitanti del ponente ligure

Le locomotive a vapore francesi, dirette o di ritorno dalla stazione di Ventimiglia, rappresentarono con i loro buffi pennacchi ancora a lungo, nel secondo dopoguerra, uno spettacolo d'altri tempi. 

Abitava in una sua casetta, posta sulla Basse Corniche tra le due gallerie in uscita di ponente da Cap d'Ail ed affacciata sulla sottostante romantica caletta, l'italiano che, di nascita nel contado parmense, faceva visitare - assenti i proprietari - a certi suoi parenti la bella e spaziosa villa di cui era custode nelle vicinanze, in Costa Azzurra.

Negli anni Sessanta le vendemmie nel Var erano molto frequentate come stagionali da vivaci ragazzotti del ponente ligure, la cui vena estrosa non era quasi mai apprezzata dai conduttori dei fondi.

Il vice sindaco comunista di quel paesello - si fa per dire! - quasi al confine con il dipartimento del Var, piuttosto piccolo di statura, la simpatia fatta persona, ortolano, presenziava a riunioni da lui stesso organizzate di italiani colà emigrati, nonostante il fatto che all'alba, per procurarsi da vivere, dovesse essere già al mercato all'ingrosso di Nizza, che non trovava certo dietro l'angolo di casa. E riusciva anche ad organizzare, in nome di un gemellaggio sui generis, una tavolata per gli affamati Pionieri (sorta di boy scout di sinistra) di Ventimiglia e taluni loro accompagnatori, i quali avevano riempito un intero pullman, in cui risuonavano, sia all'andata, ma ancor più al ritorno, fragorosi canti indotti anche da pizzicate corde di chitarra.

Attivisti comunisti che, se si doveva passare da quelle parti, forse anche dopo aver fatto qualche deviazione, non mancavano di indicare ai loro ospiti la villa dove aveva abitato Picasso.

Almeno un cameriere - se non anche i suoi colleghi, ma a quel Capodanno l'ambiente era molto affollato - non sapeva in quel locale abbastanza famoso sul lato di levante di Cap Martin cosa fosse un "Irish Coffee".

Dopo "Italia Mundial" gli immigrati italiani a Nizza erano più interessati a frequentare i circoli di tifosi di squadre di calcio del Bel Paese che ad ascoltare i discorsi di connazionali, dirigenti di associazioni dedite ai problemi dell'emigrazione, in trasferta per tentare di tessere reti di solidarietà sociale o per propaganda politica. Questo, anche nel proletario quartiere di L'Ariane.

Sempre negli anni Ottanta allegri compagnoni della zona di Latte di Ventimiglia, in parte gli stessi delle scanzonate esperienze vissute con Nico Orengo, avevano preso l'abitudine di scendere verso il mezzogiorno di domenica  a Mentone - non lontano dalla frontiera - per degustare i particolari aperitivi transalpini, pernod e quant'altro: i più impegnati a comprarsi qualche giornale in lingua.

L'assessore della Provincia di Imperia rientrava in treno, insieme ad un membro della delegazione che si era recata alla Chambre de métiers di Saint-Laurent-du-Var, lasciando ad altri l'auto di servizio, assodato che per un secondo mezzo, di consulenti di settore, si era dovuto - appena arrivati nella località - far intervenire un carro attrezzi.

Un console d'Italia a Nizza aveva molto apprezzato le bottiglie di squisito vino Rossese di Dolceacqua che erano state acquisite alla bisogna da una famiglia, la quale avrebbe di sicuro preferito non procedere a quel sacrificio della propria scarsa produzione.

Si potevano incontrare immigrati italiani che, nonostante i tanti impegni politici profusi nel dipartimento delle Alpi Marittime, non avevano avuto l'accortezza di misurare per tempo la quantità e la qualità dei loro contributi pensionistici. 

Professionisti, italiani ormai trasferitisi in Costa Azzurra, e francesi, in genere tra di loro concorrenti, facevano a gara, mentre ci si avvicinava al Duemila, per organizzare cene professionali ed altri piccoli eventi di promozione commerciale, da cui i partecipanti - beninteso, poco o tanto paganti - ricavavano, invero, ben poco. Affascinante, a suo modo, il fallimento dell'operazione B.B.S., sorta di piattaforma telematica transfrontaliera per piccoli affari, architettata nel menzionato ambiente.

Rimane sovente più simpatica oggi la presenza di pensionati italiani del ceto medio, che nel Nizzardo hanno preso dimora stabile o tengono un'abitazione per le vacanze.

Adriano Maini