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martedì 1 luglio 2025

Non proprio "Good Morning Babilonia"

 

Bordighera (IM): poco a levante di Villa Cava

Nel film "Good Morning Babilonia" dei fratelli Taviani, i protagonisti, emigrati negli Stati Uniti, dove lavorarono anche come scenografi per la realizzazione del famoso kolossal "Intolerance" del regista David Griffith, tornarono per combattere nella Grande guerra, nel corso della quale rimasero uccisi.


Una vicenda similare, ma a lieto fine, accadde - come su questo blog si è già riferito - ad un abitante di Seborga, che, tuttavia, terminata l'immane carneficina, lasciò in Liguria la famiglia che a suo tempo aveva già formato, per tornarsene in America da quella nuova.

Una parte del territorio comunale di Perinaldo (IM). Dietro il primo abitato, il borgo di Baiardo

Un cittadino della vicina Perinaldo aveva fatto anch'egli fortuna, una grande fortuna, negli States, ma l'unica sua famiglia, poco prima del mentovato conflitto, la voleva proprio portare con sé nella sua nuova nazione. In attesa di rientrare, un giorno pensò di sistemare una campagna prossima alla strada per Baiardo, forse per togliere un fastidio a chi l'avrebbe lasciata. Sistemata una mina sotto un tratto roccioso che andava eliminato, diede fuoco alla miccia. Passavano i minuti, ma non succedeva niente. Dopo un lungo lasso di tempo si avvicinò all'esplosivo, che proprio in quel momento andò a deflagrare. Il malcapitato, prima di spirare, visse ancora alcuni giorni di agonia.
Dei suoi cari nessuno all'epoca vide l'America.

Due bambini sloveni videro la Grande guerra sulle porte di casa, case sparse a pochi chilometri di distanza, sul fronte dell'Isonzo. Crescendo, si sarebbero sposati e sarebbero arrivati sino a Bordighera.

A Bordighera, quasi al confine con Vallecrosia, abitava in una bella campagna vicina a Villa Cava un veterano della Grande guerra, della quale amava parlare con tutte le persone che incontrava: solo una banale caduta gli impedì di continuare a farlo da ultracentenario.
 


Qualche lettera dal fronte di un antenato, in qualche caso poi caduto, qualche documento in qualche modo attinente la Grande guerra, qualche foglio di congedo, qualche fotografia anche di gruppo, qualche attestato e qualche medaglia di Cavaliere di Vittorio Veneto, qualche Croce di Guerra: ebbene, qualche testimonianza di tale fatta è ancora conservata in diverse famiglie.


Da Sanremo a Ventimiglia come immigrati giunsero via via altri reduci della Grande guerra: non tutti vollero raccontare le esperienze attraversate, ma qualcuno sì, come Badin a Coldirodi, e, involontariamente, un procaccia delle poste di Ventimiglia.

Ventimiglia (IM): Monumento ai Caduti

In tutti i paesi e in tutte le cittadine della zona intemelia i Monumenti ai Caduti attestano tuttora le cifre paurose degli stermini causati dalla Grande guerra, anche in quelli della parte di Val Roia diventata francese.

Adriano Maini

mercoledì 18 giugno 2025

Ai Gallinai abitarono bresciani, liguri, vicentini...

 

Il carro "Romantica" de "I Galli del Villaggio" all'edizione 1960 della Battaglia di Fiori di Ventimiglia. Foto: Mariani

Come si è qui già sottolineato, a Bordighera il complesso di case a schiera, ad un solo piano e disposte in diverse linee parallele, denominato Gallinai o Villaggio Giardino, ha ispirato l'"insegna" della storica e prestigiosa compagnia de "I Galli del Villaggio", di costruttori di carri per la Battaglia di Fiori di Ventimiglia. 
 
Bordighera (IM): lo stato dei lavori odierni ai Gallinai



Bordighera (IM): i Gallinai otto anni fa

Una sorta di minuto rione, con qualche sporadica, ma significativa presenza artigianale - in cui spiccarono il lavoro di una famiglia di cestai, trasferiti in località Due Strade già a fine anni Cinquanta, ed una tuttora attiva, altrove, rinomata falegnameria -, un rione ormai da quasi vent'anni chiuso al pubblico e abbandonato in attesa della furia delle ruspe per l'ennesima speculazione edilizia, anche se i pertinenti lavori in pari data sembrano di buona lena. 
 



Come in anteguerra, il posto negli anni Cinquanta risuonava delle voci argentine di tanti bambini, ai quali si univano regolarmente quelli dei dintorni e quelli in visita a parenti per darsi agli svaghi delle loro età. Tra questi ultimi, quei piccini che per vedere i nonni arrivavano di tanto in tanto dalla Libia, dove i genitori erano emigrati non molto tempo prima.
 

Una "pila" colma di fiori


Una volta quasi tutti quegli appartamenti avevano ciascuno a disposizione un piccolo appezzamento di terreno: ne risultava un insieme armonioso di orti-giardini con profusione di calle (queste in genere in vicinanza dei caratteristici lavatoi esterni, in gergo "pile", in molti dei quali venivano messi a bagno, per essere mantenuti freschi sino all'ultimo, i garofani che, raccolti in diverse fasce gratuitamente per concessione dei coltivatori, servivano per addobbare i carri de "I Galli del Villaggio"), gerani, zucchine trombette, pomodori, melanzane, fagiolini, insalate, altre verdure, vigne massime di uva "americana", che servivano più da ornamento che altro, integrandosi con tante "toppie" o pergolati, anche se qualche amante del buon vino, più pratico, introdusse dell'uva bianca. Non mancarono sporadici isolotti di trascuratezza. C'erano piante da frutta: ad esempio un albera che donava deliziose albicocche moscatelle, vera attrazione per tanti birichini, che preferivano servirsi in proprio, causandone presto la sterilità, anziché riceverne su richiesta più modesti quantitavi. Non mancavano baracche, anche in muratura, per i ripari di attrezzi, di biciclette, di scooter, anche parzialmente adibite ai ricoveri di animali da cortile.
Anche per i negozi di alimentari gli abitanti dovevano scarpinare: forse la bottega più rievocata era quella sulla via per le Due Strade, che presentò in anteprima per la delizia di tanti bambini certi deliziosi morbidi cioccolatini, mai più messi in circolazione, prodotti dalla odierna nota multinazionale piemontese, da certi blogger di recente definiti, dalla loro consistente forma, non a caso "formaggini", la cui stagnola era sormontata da un'ambita figurina di storie del Far West, agevolmente rimovibile per collezioni ed albi.
Si scorgevano (si scorgerebbero) dagli usci verdi colline ormai massacrate dal cemento ed una torre d'avvistamento contro i pirati turcheschi, la Torre Sapergo, che si é scoperto insistere su rari reperti archeologici dell'Alto Medio Evo, ma sempre in procinto di essere circondata dagli ennesimi residences. Ed ancora - basterebbe spostarsi un po'! O forse no! La regola probabilmente si applica a quanto già detto! - il Sasso, Seborga, Monte Caggio. Più o meno di fronte, forse di colà non visibili, Borghetto San Nicolò e Vallebona. Forse Villa Genua, alla quale Pietro Battaglia e Angelica Pellegrino hanno dedicato nel 2019 una ponderosa tesi di laurea. Di sicuro Villa Hortensia e il Villino Nadenbousch, ma sugli scorci di ponente si torna più avanti.
 

Dalla strada per Vallebona, in sponda orografica destra del torrente, ma ancor più in mezzo a quella che fu Villa Cappella, la Torre Mostaccini.
 
Un camion, qualche mese fa, nel vuoto una volta occupato dalla lavanderia

Di recente, subito dopo l'entrata nel Villaggio Giardino

Nel cortile d'ingresso, ma ben più di sessanta anni fa

In mezzo il torrente Borghetto, in cui da tanti anni ormai avevano cessato di defluire le acque della grande lavanderia di Guido, omaccione generoso dalla voce tonante che non spaventava nessuno, il quale risiedeva al di là di quello che si potrebbe definire il cortile d'entrata del Villaggio Giardino in due alloggi unificati, il cui spazio esterno si svelava come prato alberato.
Un rio, che, allo stato odierno per lungo tratto quasi tutto tombinato e destinato ad accogliere acque furiose non più trattenute da rilievi modesti, ma ormai spelacchiati o ricoperti da manufatti agricoli e non, in otto anni avrebbe più volte esondato, con conseguenze particolarmente pesanti a metà settembre 2006. Non più transitabile a guado asciutto o su pietroni per attingere fresca acqua, che si reputava sorgiva, alla fontana, oggi spostata un centinaia di metri più in giù, ma in allora appoggiata al muro di cinta del Villino Nadenbousch, che ha in comune - in allegra confusione - il portale con Villa Hortensia, dove aveva residenza il professore Raffaello Monti, ben noto a quelle genti, non fosse altro per il fatto che mise per un certo periodo, alla fine degli anni Cinquanta, a disposizione della locale parrocchia una modesta pertinenza per la celebrazione delle messe. Non più luogo di divertimenti (quasi pari al grande "cortile" interno adiacente all'entrata) durante la siccità estiva per bambini che amavano l"intrepido" (le bambine preferivano il "monello"). Non più terreno di raccolta di erbe odorose per i conigli, che in tanti tenevano. Non più campo di ricerca delle more più dolci mai mangiate da quei monelli. Non più da attraversare per scorribande sulla collina di Bellavista.
Bambine e bambini che, quasi ormai signorine e giovanotti, nelle serate delle belle stagioni non scordarono una loro pregressa abitudine e, dunque, non poterono tralasciare di ritrovarsi per giocare a nascondino, il che li portava sin sulla Via Romana, dove allora ancora "sciamavano numerosissime le lucciole". Come sempre in tali occasioni con al loro fianco coetanei momentanei ospiti del Villaggio Giardino. 
 
Là dove era il ponte Bigarella, qualche mese fa


Gli stessi che, appena finite le scuole, potevano essere presenti, al pari di altri coevi delle zone circostanti, per l'infioratura dei parapetti del ponte Bigarella - scomparso dopo le coperture - in occasione della tradizionale processione di Sant'Antonio da Padova, una ricorrenza che attirava immancabilmente il passaggio di un carretto dei gelati, non più sospinto sui pedali da un proprietario, che, anche per le forme a barchette dei suoi mezzi e per le sue originali idee di pubblicità, è entrato di prepotenza nella storia del costume locale..
Prima del secondo conflitto mondiale, si recavano talora ai Gallinai in visita ad un vigile urbano di origine slovena, il cui cognome era stato appena italianizzato, un futuro comandante partigiano e suo fratello, destinato a perire all'inizio della guerra in Grecia. Quel dipendente municipale avrebbe spesso ospitato con gioia fratelli e sorelle, deputati, terminata l'immane tragedia delle armi, ad assumere la cittadinanza jugoslava, fatta eccezione per uno di loro e per la sua famiglia, emigrati nella lontana Argentina. E a distanza di decenni, uno storico locale, già segretario di sindaci, ne avrebbe ancora rammentato in una casuale conversazione il cognome originario.
Era intanto arrivata la stagione di nuovi inquilini. Tanti bresciani, dalla stridente, gutturale, variopinta - ed incomprensibile - parlata dialettale, che ancora oggi fa sorridere al ricordo vecchi frequentatori alle prese con le rievocazioni. Ma anche liguri, mantovani, calabresi, ed altri immigrati, tra cui con i loro cari due fratelli vicentini - uno rientrò presto nelle contrade di provenienza -, che avevano già conosciuto la provincia di Imperia come operai di ditte che costruivano le strade militari, allorquando stabilirono duraturi rapporti di amicizia con un corregionale, arrivato a San Romolo come boscaiolo, ma vocato presto a gestire in quella frazione di Sanremo un rinomato ristorante.
Sempre tra gli anni della ricostruzione e quelli del cosiddetto miracolo economico ebbero residenza al Villaggio Giardino piccoli imprenditori, edicolanti, braccianti, floricoltori, maestre, camerieri molto noti perché assai professionali, addetti a varie incombenze negli alberghi (che a Bordighera erano ancora tanti!). Seguire in proposito gli sviluppi successivi sarebbe, invece, leggermente complicato. Si potrebbe solo aggiungere che con la cacciata degli italiani dalla Libia, avvenuta con la salita al potere di Gheddafi, proprio la famiglia, che - come si è anticipato - aveva residenza in quel paese, ma radici in Bordighera, trovò libero un appartamento situato a fianco degli "sloveni", dove andò a stabilirsi.
 
Una foto d'epoca dei clienti del "Bar Paolo"

Foresti o meno, tanti uomini si ritrovavano sovente per una partita alle carte presso il "Bar Paolo" sulla Via Aurelia, ubicato quasi nel centro della città delle palme, dove oltrettutto ci si poteva deliziare con gustosi piatti della cucina tradizionale.
Come dappertutto si alternavano i lattai, riforniti in stalle abbastanza prossime, per le consegne a domicilio, facevano capolino gli ambulanti di mestieri quasi del tutto scomparsi, ma più assiduamente si aggirava un garzone di panetteria pedalando su di una bicicletta munita di tipica cesta metallica.
Le cose, poi, cambiarono, tra trasferimenti ed altri casi della vita, per cui alla vigilia della mentovata ristrutturazione forse erano solo più due le famiglie che potevano vantare una lunga permanenza in loco.
 

La "Villa", dodici anni fa

Otto anni fa

Due anni fa

Rimangono tuttora sul soffitto dell'ingresso dei Gallinai, "sotto la (mitica) Villa", come si diceva un tempo, il segno delle pallonate scagliate dai ragazzi che là si destreggiavano alla svolta degli anni Cinquanta: ed uno di loro, dalla discreta successiva esperienza di calciatore, venne per tutta la vita amichevolmente chiamato Zambo, nomignolo mutuato da un personaggio dei fumetti di scarso successo.

Adriano Maini 

martedì 13 maggio 2025

Un mezzogiorno invernale su una panchina del lungomare

 

Bordighera (IM): Lungomare Argentina

"Un mezzogiorno invernale su una panchina del lungomare. Il sole è tiepido e languido come sa esserlo in Riviera nei mesi d'inverno". Questo l'inizio di un nuovo racconto breve di Franco Fiorucci, "Ballando con i ricordi", un piccolo gioiello di atmosfera che sta incontrando appassionata attenzione da parte dei lettori, seguito ideale del suo recente libro "Matti. Quasi matti. Sognatori. E fattucchiere. 21 mila parole per 7 racconti".
Si scambiavano riflessioni profonde, come forse si poteva fare solo un tempo e solo a quell'età, seduti su una panchina di Bordighera della passeggiata a mare due giovani amici. Entrambi destinati ad emigrare, chi per destinazione ignota, chi per Torino. Solo quest'ultimo, sentendone un grande vuoto, avrebbe fermato quei momenti in un libro di ricordi, riservato ad una ristretta cerchia di familiari e di amici: lo avrebbe scritto in età matura da uomo nativo della Bassa Mantovana (come diversi abitanti della città delle palme), cresciuto a Bordighera, dove torna sovente, ma impiantato saldamente nel capoluogo piemontese, dapprima per motivi professionali, per le logiche della vita in seguito al pensionamento.
Arturo Viale ci informa in "Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza" (Edizioni Zem, 2019) che a Bordighera "vicino alla chiesetta di Sant’Ampelio c’è un giardinetto un po' anonimo con tre panchine, qualche albero di Araucaria e un busto dello scrittore Giovanni Ruffini".
Si possono ricordare anche altre panchine, più o meno evocate da brani letterari sul ponente ligure.
La panchina di Costa d'Oneglia dove Elio Lanteri, schietto uomo di Dolceacqua, ormai pensionato e già scrittore, conversava con amici e conoscenti di questa frazione di Imperia. Gli incontri con gli amici di un professore in pensione, grande affabulatore, sulle panchine dei Giardini Pubblici di Ventimiglia, nel racconto "Ti dimenticherò per sempre...." di Gaspare Caramello.
Si può citare la famosa fotografia dove Italo Calvino ed Eugenio Scalfari compaiono su di una panchina di Corso Imperatrice a Sanremo con altri amici, compagni di classe, per sottolineare che con loro in quel Liceo Classico "G.D. Cassini" studiavano, tra altri futuri personaggi di rilievo, Giuseppina Demartini, che avrebbe insegnato nei primi anni Sessanta nelle Medie di Ventimiglia (questo prima di diventare oggetto di aulici sarcasmi da parte di Marco Innocenti), ed Elio Riello, ingegnere, esponente socialista, ma ancor prima patriota antifascista, arrestato e deportato a Mauthausen, mentre, tenendo i contatti con gli aderenti di Giovine Italia, tentava di contribuire alla ricostituzione del CLN di Ventimiglia. Porterebbe, invero, lontano, addentrarsi anche solo per poco nelle tematiche di due lavori di Calvino, il racconto "La Panchina" e la versione teatrale de "La Panchina", ancorché se ne potrebbero cogliere risvolti inediti di preparazione alla luce di vecchie confidenze di sodali dello scrittore, raccolte da Alfredo Moreschi.
Guido Seborga in suo articolo dal titolo "Donne in corriera" (Il Lavoro Nuovo - 11 Novembre 1946), con cui oltrettutto menzionava il paese da cui aveva preso il suo nome d'arte, chiosava: "giunge così [la corriera] sulla piazzetta del paese [Seborga], c'è una lapide che ricorda i caduti di molte guerre ed un grosso albero, un pino gigantesco dai mille rami che ha intorno una panchina, dove verso sera i vecchi del paese vengono a discutere e a dirsi cose molto sagge". E sempre Seborga in "Scogli come ossa di giganti" (1960) non si lasciava sfuggire l'occasione di rammentare panchine di Bordighera collocate dalle parti del Capo, da cui, invero, si può ammirare non solo la Chiesa di Sant'Ampelio, che ha colpito, come si è visto, l'attenzione di Arturo Viale, ma anche un lungo tratto di mare. Non mancava di scrivere di almeno una panchina in "Petite Fleur, estate che brucia" (Unione Culturale Democratica, Bordighera, novembre 2020) Paolo del Monte, guarda caso amico di Seborga e guarda caso poche parole dopo averlo citato nel richiamato libretto.

Adriano Maini

sabato 3 maggio 2025

C'è quasi sempre qualcosa da aggiungere

 


Capita che nella conversazione con un ex "vitellone" venga rievocata la figura di un fotografo che il famoso locale "Il Pirata" di Cap Martin lo frequentava, invece, per motivi professionali su probabile incarico della sua nota ditta di Bordighera, per cui emerge la curiosità di ricordarne il nome: quello proprio, Dario, come già messo in evidenza, in qualche modo con il passaparola riesce ad essere rammentato, ma non accade così tuttora per il cognome, neanche sentito almeno un componente della famiglia di quello studio ormai chiuso da tempo. Senonché, sempre con il sistema più collaudato, inaspettatamente, un "bordigotto" verace fornisce uno scatto d'epoca dove Dario resta inquadrato a destra per chi guarda.


Si era fatto cenno, in tema di Battaglia di Fiori di Ventimiglia, alla gestazione ed agli albori della compagnia di Bordighera "I Galli del Villaggio" e si ritrova su un portale locale una particolare menzione del loro carro "Don Chisciotte" del 1963, qui sopra visibile al passaggio da Nervia.


Ma anche la zona Nervia di Ventimiglia, alla quale si è fatto su questo blog riferimento diverse volte, aveva avuto una sua compagnia di carristi, "Cheli de Nervia", per cui è d'uopo pubblicare l'immagine di almeno una loro fatica: nel caso il carro del 1969, ultimo anno, prima di una lunga interruzione, delle edizioni più ricordate della Battaglia.

Ci si avventura in un racconto, come l'ultimo, già abbastanza lungo e si vuole - solo a fornire qualche esempio - rinviare - ma almeno per una vicenda lì per lì ci si dimentica - ad altra occasione che...


... i quattro ragazzotti tratteggiati all'inizio di quella serie di piccole storie quattro anni dopo - agosto 1968, perché prima c'erano gli esami di maturità - fecero un discreto viaggio in autostop, con tappe varie e significative su cui eventualmente tornare un'altra volta. Partirono dividendosi in due piccoli gruppi dalle parti del vecchio passaggio a livello di Via Tenda di Ventimiglia - una zona che da lontano oggi appare coperta dalla locale sopraelevata - con l'obiettivo di portarsi prima di tutto in provincia di Cuneo. Due di loro, gli stessi che in Svizzera per tornare prima a casa salutarono i compagni che proseguirono per la Germania, seppero in seguito, con loro vergogna, che le loro madri si erano appostate di nascosto per appurare se la loro discendenza sarebbe stata capace di iniziare quel cimento. In verità Pietro Tartamella era un veterano dei viaggi in autostop e l'amico che lo accompagnò sino in fondo nell'esperienza qui menzionata in occasione della sua recente prematura scomparsa, dedicandogli nobili e forti parole, ha voluto rimarcare quella lontana estate


... la villetta in riva al mare, odorosa di salsedine, tutta vetri e forse con tanto legno, dove per pochi anni aveva abitato il compagno di Ginnasio e di prima Liceo, afflitto da epilessia, non solo scompare in mezzo ai palazzi, ma è stata anche radicalmente trasformata: sono rimasti i pitosfori!
 
Qualcuno di recente ha scorto nel video di una conversazione di Francesco Biamonti, condotta all'aperto con studenti del Liceo Scientifico di Ventimiglia, quel relitto di nave, appoggiato alla falesia a ovest della Pineta della città di confine, ormai smembrato ed inghiottito dai flutti, perché costruito in gran parte in legno, ma anche dimenticato in maniera incredibile dagli indigeni.

Adriano Maini

domenica 27 aprile 2025

Prendevano il sole su quel battello incagliato

 

Bordighera (IM): un tratto di litorale in regione Arziglia

Si tramanda come da un bastimento affondato poco al largo di Bordighera alla vigilia del secondo conflitto mondiale defluisse a riva un incredibile numero di casse di legno contenenti arance, con le quali si appagarono di vitamine decine e decine di famiglie locali, e che sino a non molto tempo fa un contenitore di tal fatta - materiale invero pregiato - venisse conservato in una casa di Arziglia.

Si racconta ancora che davanti proprio alla zona Arziglia, più o meno negli Sessanta, causa incendio, venisse inghiottito dai flutti un battello francese, di quelli ai quali in oggi nessuna autorità competente consentirebbe non si dice il bordeggiare ma neppure l'ancoraggio: anche in quella circostanza vennero sospinti verso la battigia molti oggetti, compresi tanti libri, ma non così "utili" come nella prima citata congiuntura.


Viene da aggiungere che "torna a galla" la vicenda della piccola nave - pure questa francese e pure questa della categoria "carrette del pelago" - incagliata a Mortola di Ventimiglia, perché un amabile interlocutore si è ricordato di essere salito almeno una volta su quella tolda in legno, prima che il mare completasse la sua opera di distruzione, e di avervi scorto in un altro periodo non molto lontano persone distese là sopra a prendere il sole.
Non ci si può esimere, pertanto, di mostrare un maldestro "ritaglio" del video realizzato nell'occasione di un'intervista fatta a Francesco Biamonti da studenti del Liceo "Angelico Aprosio" di Ventimiglia, un'immagine che documenta quello che tanti abitanti del ponente ligure, ancorché cronisti o scrittori, non erano mai riusciti a vedere.

Nel corso del tempo sono stati man mano smatellati i residui di bunker disseminati lungo il litorale tra Bordighera e la frontiera, compreso quanto era servito di supporto alla mitragliera tedesca di "Muru Russu" a Latte di Ventimiglia, più volte citata da Arturo Viale nei suoi racconti, ma qualche fotografia, pur fatta per altri scopi, ne conserva in qualche modo la reminiscenza.

Pescatori per diletto, ma capaci, bisbigliavano qualche anno fa di misteriosi relitti davanti alla costa nei pressi del confine con la Francia.

C'é talora da chiedersi quanto di vero e quanto di inventato ci sia nelle rievocazioni di tante spoglie custodite e di tante costruzioni sommerse in mare davanti alla zona intemelia, ma in ogni caso tante affabulazioni pur sempre affascinano, come per la pregressa insistenza di ex-ragazzini degli anni Trenta a riferire di loro tuffi davanti a Nervia di Ventimiglia per ammirare ruderi di case ormai sprofondate.

Adriano Maini

venerdì 14 marzo 2025

Ghepeu, l'uomo che faceva saltare i ponti

 

Sanremo (IM): un angolo di Via Romolo Moreno

"Ghepeu", al secolo Sergio Grignolio, nato a Vallecrosia (e già questa circostanza meriterebbe qualche approfondimento) il 2 luglio 1926, ma soprattutto fiero abitante di Sanremo, fu un partigiano che godette di una discreta letteratura, a cominciare dalla lunga intervista rilasciata a Mario Mascia per "L'epopea dell'esercito scalzo" (ed. ALIS, 1946), primo libro di storia sulla Resistenza Imperiese, e dalla coincidenza della sua figura - come ribadito in alcune occasioni con colorite sottolineature dallo stesso protagonista - con il personaggio di "Lupo Rosso" ne "Il sentiero dei nidi di ragno" di Italo Calvino. Del resto Calvino si era ritrovato incarcerato con Grignolio quando questi effettuò la prima delle sue due rocambolesche fughe da una prigione nazi-fascista. Mascia mise in evidenza "Ghepeu" come il “bridge blower”, cioè l'uomo che fa “saltare i ponti”, aspetto ripreso da diversi scrittori.
Non evoca, invece, nulla di avventuroso, a ben guardare, la denuncia presentata dallo stesso Grignolio a Liberazione avvenuta, precisamente il 28 agosto 1945, contro una ragazza di Sanremo, dove era nata il 28 marzo 1927, quindi, minorenne, la quale aveva, per timore - per sua ammissione - di essere ritenuta complice, aveva segnalato alle Brigate Nere che nell'abitazione di famiglia di Via Romolo Moreno (nel centro storico della Pigna), abbandonata dai componenti perché sinistrata a seguito dei bombardamenti, pernottavano saltuariamente, tra dicembre 1944 e gennaio 1945, alcuni partigiani, tra cui "Ghepeu". 
 
Copia della pagina qui citata del brogliaccio delle Brigate Nere di Sanremo

Le ispezioni dei militi repubblichini non avevano avuto esiti positivi, ma il loro brogliaccio individuava il comportamento dei garibaldini, che avrebbero utilizzato la casa quale base momentanea, senonché, questi saloini, da inguaribili guardoni, come si evince da altre pagine del loro diario, non potevano trattenersi da usare frasi pittoresche a loro care quali l'attribuire - aggiungendo solo "pare" - a questi patrioti - il "fare baldoria" in un appartamento della limitrofa Via Rivolte prima di passare al già citato rifugio.
Il documento qui richiamato, al pari di quelli quasi tutti menzionati qui di seguito, è una copia, frutto di una ricerca effettuata nell'Archivio di Stato di Genova da Paolo Bianchi di Sanremo.

A Vallecrosia avevano visto la luce anche alcuni collaborazionisti, dei quali si è già detto.

Tra le testimonianze che incrociano "Ghepeu" e Italo Calvino - Pietro Ferrua (in "Italo Calvino a San Remo", Famija Sanremasca, 1991): "Italo Calvino trascorre circa tre notti fra Villa Giulia o Villa Auberg e il carcere di Santa Tecla paventando una fucilazione che lo risparmierà ma mieterà altre vittime. Durante questa breve detenzione si imbatte in Sergio Grignolio..." -, ma anche i fratelli Sughi, Pietro (Pier delle Vigne o della Vigna) e Juares (Leone), partigiani che con il futuro scrittore e con Grignolio avevano condiviso diverse esperienze di vita alla macchia, compresa la breve permanenza nella grotta scavata dal padre di Calvino nella sua campagna di San Giovanni di Sanremo, ce ne sono, pertanto, alcune di Pietro Ferrua, notevole personalità del pacifismo, dell'anarchia libertaria e della cultura, che tuttavia a proposito di un certo O., a distanza di tanti anni dalla fine del conflitto, non si era ancora accorto che si era trattato di una spia fascista, come del resto messo in evidenza anche in un rapporto del 2 giugno 1947 redatto dall’OSS statunitense, contenente verbali degli interrogatori subiti da Ernest Schifferegger (altoatesino, interprete, ex sergente SS), ma quest'ultimo è un atto solo da poco desecretato, mentre altri avrebbero dovuto essere noti da tempo..

Da una fonte occasionale diversa si è di recente avuta la conferma dell'identità del commerciante di Ventimiglia - al quale si è già accennato in un precedente post - in forza con la sigla "VEN.38" - non è chiaro se come agente o se come confidente - all'U.P.I. (Ufficio Politico Investigativo) della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) del regime di Salò.

Aveva la residenza a Bordighera la donna traduttrice (ed interprete) per gli occupanti tedeschi, per i quali lavorò prima a Sanremo, poi ad Ospedaletti: da quest'ultima località avrebbe fornito utili informazioni ad un resistente della città delle palme.

Adriano Maini

mercoledì 26 febbraio 2025

C'era una cappella...

 

Ventimiglia (IM): il fianco meridionale della Chiesa Parrocchiale di Cristo Re a Nervia

Oggi nell’ala orientale del Chiostro di Sant'Agostino a Ventimiglia, più precisamente al primo piano, ci sono la Biblioteca Comunale ed una bella sala riunioni. La struttura è stata intitolata ad Angelico Aprosio, l'erudito agostiniano che nel Seicento un po' più in là, nell'ala di nord-est del casamento, aveva eretto la Libraria, la prima biblioteca pubblica della Liguria, la cui ancora ragguardevole (migliaia di volumi antichi) dotazione è, tuttavia, chiusa in un edificio di Via Garibaldi nella città vecchia.
Tra gli anni Sessanta e Settanta in alcune stanze del Chiostro ci furono significativi incontri di studenti della zona e di altre persone con religiosi e laici, ma ferventi cattolici, venuti da fuori, tutti dediti ad attività sociali, in quanto ricchi di umanità e di curiosità intellettuale; in altre erano state installate aule decentrate di un Liceo Classico allora, prima del successivo crollo verticale di iscrizioni, in piena espansione di frequenze e di un istituto professionale; sussistevano, inoltre, vari uffici a valenza pubblica, sull'esempio di quel carcere che, collocato a pian terreno, ha fornito per decenni storie curiose da raccontare.
Qualcosa del genere sussiste tuttora, ma non sono ancora emersi singolari aneddoti.

A Nervia di Ventimiglia, sul fianco meridionale - quello lambito dal Cavalcavia - della Chiesa Parrocchiale di Cristo Re, una piccola sala aperta al pubblico e sulla cui porta stavano ad entrambi i lati a monito perenne di pace gli involucri di due bombe d'aereo rappresentava una sorta di cappella memoriale dei caduti - quasi tutti onorati con singola fotografia - della zona nella seconda guerra mondiale, persone perite nei terribili bombardamenti che colpirono la località, soldati che non fecero più ritorno, ma da tempo questo piccolo ricordo è stato smantellato.

Nei pressi dell'attuale Chiesa Parrocchiale della Madonna dei Fiori di Bordighera, sita in una traversa di Via Pasteur dal nome pittoresco, Via Arca di Noé, c'era ancora a metà Cinquanta una piccola caratteristica chiesa, forse una cappella, che più in piccolo poteva rimembrare il tempietto - privato - di Madonna della Ruota sempre in Bordighera. La sua demolizione viene tuttora attribuita dalla voce popolare ai pericoli insiti nella sua collocazione in piena curva sulla strada provinciale ad alta intensità di traffico: a prescindere dal valore di una semplice conservazione senza accesso al pubblico, rimane il fatto che la chiesa di Madonna della Ruota pur avendo le stesse caratteristiche, se non peggiori, affacciata com'è sulla Via Aurelia, qualche volta all'anno vede celebrare ancora qualche rito, logicamente ben invigilato dalla polizia municipale.
Rimane che, in attesa della costruzione della chiesa della Madonna dei Fiori, per alcuni anni le messe di quella zona venissero celebrate in un garage di Villa Hortensia, così che molte persone ebbero modo di conoscere, perché in quelle occasioni assiduo, il professore Raffaello Monti, insigne musicista, già antifascista, pacifista, amico di Giuseppe Porcheddu e di Aldo Capitini, animatore della cultura locale, presidente della locale Unione Culturale Democratica.

Adriano Maini

venerdì 14 febbraio 2025

Scritti, ritratti, fotografie e...

Ventimiglia (IM): una vista sul fiume Roia

Paolo Veziano ha affrontato giovedì 30 gennaio scorso a Ventimiglia in una conferenza pubblica per l'ennesima volta i temi inerenti la "Giornata della Memoria". L'ultima sua fatica letteraria - se non si erra - è stato il contributo al libro di Giorgio Caudano "Dietro le linee nemiche. La guerra delle spie al confine italo-francese 1944-1945" (Regione Liguria - Consiglio Regionale, IsrecIm, Fusta editore, 2024). Veziano con Caudano (e con Graziano Mamone) si era già cimentato in "Giustizia partigiana in La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia. 29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944" (Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020), ma di lui non si possono dimenticare "Ombre al confine. L’espatrio clandestino degli Ebrei dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra. 1938-1940" (Fusta, 2014), "Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell'Italia fascista. 1937-1945" (Diabasis, 2007), "Ombre di confine: l'emigrazione clandestina degli ebrei stranieri dalla Riviera dei fiori verso la Costa azzurra, 1938-1940" (Alzani, 2001).

Marco Innocenti ha appena licenziato sotto l'egida di lepómene editore di Sanremo, che è la sua città, "La passeggiata avventurosa".
 
E Silvana Maccario ha già consegnato da tempo allo stesso Marco Innocenti suoi delicati disegni, realizzati con pennarelli dai vari colori, per un altro testo dell'infaticabile sanremese, ma sta per pubblicare "Francobolli. 36 poesie" anche lei per lepómene editore.

Giorgio Caudano sta facendo circolare tra gli amici le bozze del suo lavoro, dedicato a Giuseppe "Beppe" Porcheddu, definito "illustratore di sogni".

Franco Fiorucci, sospesa per il momento la stesura di altri suoi inusuali e coinvolgenti racconti, è alle prese con la trama di un'altra avventura del suo commissario Belpensiero.

Arturo Viale sta meditando per l'ennesima volta come armonizzare altri suoi ricordi ed altre sue esperienze personali con le cifre della vita altrui e della storia.
 
Gianfranco Raimondo è sempre intento a dispensare autentiche chicche, bozzetti mutuati dalla sua lunga conoscenza di avvenimenti locali, specie di Ventimiglia.
 
Gaspare Caramello, pur molto preso da Art Lab, non rinuncia al progetto di una nuova pertinente chat.
 
Un'altra opera di storia contemporanea di Graziano Mamone, che da Genova, dove insegna all'Università, a Vallecrosia ogni tanto fa ritorno, sarà, invece, edita a marzo.

Alfredo Moreschi viene spesso chiamato in causa da Marco Innocenti, che ne ha più volte riportato - e chiosato - frasi, soprattutto dettate dal nonsenso, in cui il prestigioso fotografo novantatreenne di Sanremo eccelle in modo particolare. Ci sono state anche delle collaborazioni dirette di Marco Innocenti con Alfredo Moreschi, il quale in queste occasioni si è celato - come da citati intendimenti programmatici - dietro il nome d'arte di Presenzio Astante. In ogni caso, Moreschi è appena stato, nel quadro delle celebrazioni per il 120° anniversario del Casinò della città dei fiori, valente oratore, che non solo ha illustrato in modo intrigante la proiezione di specifiche immagini del suo munitissimo archivio, ma ha voluto donare ai presenti anche diversi aneddoti molto brillanti, meritevoli, invero, di trattazione a parte.

Rita Della Giovanna, Arnaldo Scotto, 2025

Rita Della Giovanna, valente pittrice che si sposta volentieri con la famiglia tra la provincia di Bergamo e l'amata Bordighera, ha aggiunto alla sua galleria di ritratti di persone della zona intemelia quello di Arnaldo Scotto, ex bancario, volontario ospedaliero, amico di Nervia di Ventimiglia.

Adriano Maini

venerdì 31 gennaio 2025

Bernardine

Ventimiglia (IM): Vico Arene

In Vico Arene a Ventimiglia una nonna canticchiava al nipotino qualche strofa di una canzone abbastanza recente, lanciata da Nilla Pizi, "Papaveri e papere", insistendo con particolare accentuazione sulla "parola "piccolino": al che il bimbo - del resto, già allora di discreta statura - stizzito, pestando i piedi per terra, reagiva, non essendo ancora dotato di senso dell'umorismo, ancora meno di quello dell'autoironia, opponendosi a suo modo a quella scherzosa ed affettuosa allusione.

In un appartamento situato non lungi dalla Bigarella di Bordighera, non appena si diffuse dalla radio quella ballata in quella lingua inglese che non capivano, zia e nipote, distogliendosi all'unisono dalle rispettive occupazioni, ammiccando l'un l'altra, ridendo, si affibbiarono ripetutamente il titolo di quella composizione, "Bernardine", del resto reiterato in diversi passaggi, come se fosse un buffo, ma amichevole nomignolo da attribuirsi reciprocamente. Il più giovane dei due qualche anno dopo divenne, per ironia della sorte, un discreto ammiratore del cantante di quella melodia, un certo Pat Boone.
Doveva essere il 1958, quando un po' dappertutto si canticchiava o si fischiettava "Nel blu dipinto di blu", quasi un'attesa di sentire urlare in tanti angoli "Mi sono innamorato di Marina" di Rocco Granata, che come vinile doveva ancora essere stampato: due veri tormentoni dell'epoca.
 
Bordighera (IM): lo stato attuale del vecchio accesso a regione Cabane

Sempre in quella stagione, ma in regione Cabane di Bordighera, due scolari in vacanza si riposavano, dopo tanti giochi, in casa di uno dei due, anche ascoltando dischi a 75 giri con le famose etichette con il disegno del cane intento a sentire il suono di un grammofono, ma era un ripiego di cui oggi non ricordano più nulla, assorbiti come furono allora da piccoli lavori agricoli, da bagni fatti all'insaputa dei grandi (non sapevano ancora nuotare!) nella grande vasca di raccolta dell'acqua piovana di quella campagna, dalla lettura di fumetti che si intitolavano ancora "Nembo Kid" e da altre amenità del genere.

A marzo 1959 gli alunni delle elementari (di diversi plessi, anche se in maggioranza della sede di Via Vittorio Veneto) selezionati per partecipare alla tappa di Ventimiglia di Radio Squadra alla fine della trasmissione cantarono in coro almeno la parte iniziale della "Leggenda Ventimigliese", "Gh’eira ina vota ina figlia d’in Re / che mai a nu’ l’ava riüu ni’ cantau...", ma ancora oggi nessuno ricorda se si fossero mai fatte delle prove collettive per quel cimento.

Ventimiglia (IM): Corso Genova (Via Aurelia) nel tratto più a est, a Nervia

Verso la fine del 1963 un ragazzotto comunicò entusiasta in Nervia di Ventimiglia a qualche suo coetaneo la sua scoperta di avere sentito per radio (sempre questo benedetto apparecchio!) in un programma inglese certi sconosciuti "The Beatles" dei quali andava esaltando la bravura. Tra gli ascoltatori c'era chi si era lì per lì dimenticato di avere ascoltato qualche mese prima in casa di un amico tedesco, appena arrivato dalla Germania, il disco di Tony Sheridan accompagnato dai Beatles (ma forse The Beat Brothers) contenente "My Bonnie" e "Ya Ya": brutti scherzi della memoria, ma mai come quelli giocati al figlio delle terre teutoniche perché ancora qualche tempo fa non sapeva di essere detentore di quel pezzo forse più unico che raro.

Adriano Maini

giovedì 16 gennaio 2025

Il Professore Raffaello Monti si era temporaneamente trasferito a Tolosa

 

Villa Ortensia a Bordighera (IM), dimora del professore Monti
 
Raffaello Monti (Milano, 23 dicembre 1893; Bordighera, 15 maggio 1975). "Monti fu musicista di professione, specializzato nel violoncello, e compositore. Ebbe modo di studiare musica e perfezionare la sua arte in più Istituti e Città (Torino, Tolosa, Nizza) raggiungendo notevoli traguardi e incarichi di prestigio, tra cui quello di primo violoncellista al Teatro Regio di Torino e solista all’EIAR. La sua carriera precoce, iniziata ad appena 16 anni, continuò fino all’anno della sua morte nel 1975 con la composizione e orchestrazione di molte opere".  
Valentina Donati

E Raffaello Monti negli ultimi anni di vita dimorò in Bordighera (IM) a Villa Ortensia. Fu promotore, soprattutto in qualità di Presidente della locale Unione Culturale Democratica, di diverse iniziative culturali e sociali, quali la Conferenza su Mussorgosky del 1961, la relazione, con Aldo Capitini, al Convegno sull'Obiezione di Coscienza del 1962, per il quale pervenne una lettera di adesione di Bertrand Russel -, la relazione alla Conferenza La contaminazione atomica a Ventimiglia (IM) nel 1964, la relazione alla Conferenza La questione d'Israele nel 1967. Molte di queste ultime informazioni sono desunte da Archivio Unione Culturale Democratica di Bordighera (IM), di Giorgio Loreti, ed. in pr., marzo 2017. 
Adriano Maini
 
Le idee antifasciste di Beppe Porcheddu vennero ben presto note in Torino per cui decise di agire prima di incorrere in inevitabili conseguenze. Decise di raggiungerre un suo caro amico italiano, il Professore Raffaello Monti, anch'egli antifascista, il quale si era temporaneamente trasferito a Tolosa per sfuggire all'atmosfera ormai tossica che aleggiava in Italia. Nel 1936 Beppe e tutta la sua famiglia andarono a Tolosa per vivere con Monti e la famiglia di questi. Giuseppe Porcheddu e famiglia nella città francese, dove i ragazzi frequentarono le locali scuole, rimasero per un anno. Le priorità della famiglia su educazione, musica ed arte continuarono ad essere rispettate sotto la direzione alquanto rigorosa di Beppe. Gli studi accademici e musicali per i figli erano stati programmati da Beppe. La vita era stata quindi strutturata con cura e l'educazione dei suoi figli fu probabilmente molto diversa dagli altri giovani che incontrarono e con cui fecero amicizia. Entrambe le famiglie, quella di Monti e quella di Porcheddu, tuttavia, furono costrette a tornare in Italia poiché stava diventando impossibile trasferire fondi dall'Italia alla Francia. Al rientro in Italia, Beppe, tale era la sua reputazione antifascista, si vide temporaneamente ritirato il passaporto. La famiglia Porcheddu tornò temporaneamente a Torino e poi andò a vivere a Merano dove Beppe aveva progettato e costruito una casa. L'odio di Beppe per la politica fascista contribuì a plasmare la sua direzione e le sue azioni future mentre l'ascesa del nazismo e del fascismo gettavano le loro ombre oscure sull'Europa.
David Ross, figlio di Michael Ross, nipote di Giuseppe Porcheddu, email del 22 agosto 2020
 
Da sottolineare, dunque, la collocazione antifascista di Raffaello Monti al tempo del regime, che lo spinse ad andare in Spagna dalla parte della Repubblica al tempo della guerra civile del 1936-1939, e l'impegno come "partigiano della pace" in Italia nei primi anni '50 del secolo scorso.
Adriano Maini

martedì 7 gennaio 2025

Quella casa in pietra che non c'è più!







Sino a pochi anni si presentava in Bordighera, in Via Genova - una traversa di Via Pasteur - una casa in pietra che aveva una sua dignità. Voci di popolo dicono che il proprietario avrebbe voluta mantenerla nello stato vigente. Senonché l'amministrazione comunale - con gli adempimenti del caso (si suppone!) - procedette alla demolizione del vetusto edificio per realizzare un marciapiedi. Opera molto utile, quest'ultima. Si dà il caso, però, che esisteva già dietro lo spiazzo risultante dall'abbattimento un comodo passaggio pedonale. Forse si è pensato che quest'ultimo da un lato fosse meglio lasciarlo in uso agli abitanti del piccolo rione e che dall'altro risultasse impopolare costringere i passanti a compiere, ancorché indicata da acconcia segnaletica, un piccolo aggiramento dell'ostacolo che constasse di qualche decina di metri...

Adriano Maini