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domenica 18 maggio 2025

La Battaglia di Fiori attraeva molto i bambini

 

Ventimiglia (IM): il Caffè Ligure


Giusto a metà degli anni Cinquanta nella vetrina di un negozio di Via Repubblica a Ventimiglia, poco dopo o poco prima, a seconda della direzione presa, del mitico e scomparso Caffé Ligure, ma di fronte al tuttora importante Caffè Paris, i bambini, in particolare, ammiravano alcuni criceti correre nell'immancabile ruota a loro destinata.


I bambini si deliziavano, poi, se accontentati nelle loro richieste, con i gelati preparati sul posto in una vera e propria "baracchetta" (questo pure il nome, un vero programma!) allocata poco più a meridione, in uno scomparso slargo esistente di fronte al Municipio.


C'era un'altra gelateria che metteva in imbarazzo i piccoli (non che gli adulti disdegnassero l'articolo!) per golose scelte, se a loro concesse al momento: a piccola distanza in linea d'aria, in obliquo dalla citata modesta sede di esercizio pubblico ed in verticale dalla esibizione dei graziosi animaletti.  


Un situazione fatta quasi a disegnare un virtuale triangolo con al centro il Mercato, all'epoca rigorosamente dei Fiori, oggi Annonario. 
 
 
 

Subito sotto questa virtuale base c'era una terza gelateria, dai prodotti invero deliziosi.
 

Ed il citato Mercato era una struttura che ospitava i balli annuali che coronavano le serate finali - che erano anche quelle delle contestate premiazioni - delle Battaglie di Fiori, danze che ammaliarono, come effigiato nel suo Fofò in Dogana (Edizioni Europa, 1957), Luigi Nicodemi, ispettore di dogana, per l'appunto, il quale, appena trasferito in città con la famiglia, ne erano rimasto subito affascinato per molteplici aspetti.
 


La Battaglia di Fiori attraeva molto i bambini. Che potessero o meno assistere allo svolgimento della manifestazione, era immancabile per molti di loro, appena finita la rassegna o nei primi giorni successivi, vedere i carri - e salirvi sopra - nella piazza della casa comunale e, per i più fortunati, essere fotografati in scatti destinati a divenire anche nostalgici ricordi.
I carri venivano in seguito riportati ai loro capannoni, anche fuori Ventimiglia, e rimanevano ancora, sino all'inizio del deperimento dei garofani, oggetto di attenzioni.
 

Ventimiglia (IM): la zona dell'ex macello pubblico






Gli itinerari per i ritorni alle basi erano i più diversi. Se ne potrebbe seguire, a titolo indicativo, almeno uno. Alcuni carri, passato il ponte sul fiume Roia e costeggiato il Borgo, dominante sulla sinistra il centro storico di Ventimiglia Alta, tirando dritto dalla curva della strada che allora portava solo a Gallardi, Maristi, Bevera e dintorni, rientravano vicino al macello pubblico, poco prima della linea ferrata per la Francia (e per Cuneo, ma ai tempi quest'ultima tratta era ancora inagibile). Un percorso, da chiunque intrapreso, che poteva via via fare imbattere in persone affannate con grossi lingotti di ghiaccio di una ben nota ditta; nell'uscita dalla vicina segheria di tombarelli tirati da cavalli; in corriere di linea e non di partenza o di ritorno al deposito; nella visione in relativa lontananza dei treni francesi dalle sbuffanti locomotive a vapore, più raramente in convogli con locomotori alimentati a diesel.
I capannoni per la costruzione dei carri destinati erano dislocati sul territorio. I nomi delle compagnie di carristi erano in genere fascinosi, talora evocativi dei luoghi: A Mar Parà, I Galli del Villaggio (di Bordighera), A Cricca de Asse, A Valecrosina, U Scciancurelu, I Scassigoti, A Ventemigliusa, Los Amigos, Rascassa Club (di Grimaldi), E Parme, Alegra Cumpagnia (di Vallecrosia), I Malcontenti e così via. E poteva anche a quel dunque capitare che tanti bambini giocassero su carri dai colori ormai sbiaditi, anche scavando gallerie nel muschio delle figure, sfidando impavidi le punture degli spilloni che fissavano i garofani alle reti metalliche delle sagome.



Questi sono dettagli di colore locale, difficili, come tanti altri ancora, da trattare, se non alquanto alla rinfusa, ma appartenenti, come per l'ormai mitica fabbrica del ghiaccio, ad una certa memoria collettiva.

Adriano Maini

martedì 9 luglio 2024

Peglia e dintorni...








Località  Peglia di Ventimiglia (IM), a nord del ponte della ferrovia per la Francia.
C'era un po' più in su una pista di go-kart con annesso pubblico servizio: un'area molto frequentata ed oggi molto rievocata in tante memorie. Con base di partenza e di arrivo da quel sito e con deviazione su sentieri sull'addomesticato greto o solo su quel cemento - si tenne almeno in un'occasione (anno di grazia 1966) una sorta di pre-selezione (sub-provinciale) dei campionati studenteschi di corsa campestre.
A valle della strada ferrata l'area forse ha un altro nome, ma un tempo aveva una maggiore interconnessione con la precedente: c'erano anche anche delle piccole peschiere; il vecchio mattatoio; un po' a ponente, a fianco della strada che attualmente concede solo un minimo accesso a Peglia, ai suoi vecchi mulini, alla Bocciofila del Dopolavoro Ferroviario, c'era una fabbrica di liquirizia, un edificio purtroppo devastatato dallo scoppio di una caldaia agli inizi degli anni '70, con la conseguenza di gravi danni alle persone, soprattutto con la morte di una giovane ragazza che frequentava il Bar Irene, vero centro sociale e culturale dell'epoca nella città di confine. Ed ancora un camping sempre molto affollato d'estate...
 



 
Sino a tutti gli anni Sessanta alcuni carri della Battaglia di Fiori, una volta finita la manifestazione, venivano portati, o riportati, davanti al mattatoio.
La via principale per Peglia, che passava per un varco del ponte della ferrovia, è stata resa intransitabile in quel proseguimento per motivi di sicurezza rispetto alle piene del limitrofo fiume Roia.
Per arrivare all'altra Bocciofila (quella storica ed affiliata al CONI), ai campi da tennis, ai rettangoli verdi del calcio occorre adesso sottoporsi ad un lungo giro.
Il campo di calcio di Peglia forse venne realizzato man mano che veniva dismesso quello vecchio in Piazza d'Armi a Camporosso (IM), ancora utilizzato nel 1964.

Adriano Maini