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lunedì 26 maggio 2025

A Milano!

 

Milano, Stadio di San Siro: partita di calcio Milan-Genoa del 10 gennaio 1965

Ci sono sempre molti stimoli per scrivere qualcosa di Milano.
In particolare, più o meno direttamente, ne procura l'interessante blog curato da Chiara Salvini.
Ma se, come si è già detto su queste colonne, anche una piccola località dal modesto raggio può suscitare diversi spunti di racconto, una città dalla storia millenaria come Milano presenta una mole incredibile di scelte.
Conviene ricordare che in merito esiste una vasta documentazione, soprattutto di carattere monografico.
Eppure, di recente Gianrico Garofiglio, ormai noto scrittore, ha affrontato con fare disinvolto su "la Repubblica" questo tema, concentrandosi, invero, sulla Milano misteriosa e sulla Milano criminale (l'autore, quando era magistrato, affrontò trasferte di lavoro nel capoluogo lombardo), realizzando, in ogni caso, un articolo davvero intrigante. Sul primo punto, per approfondimenti, qui si pensa che i più dettagliati resoconti, compilati nel tempo, siano ormai rinvenibili solo in casa di vecchi meneghini o in talune biblioteche pubbliche; per il secondo, il pensiero corre subito, da un lato a Giorgio Scerbanenco ed ai suoi gialli di ambientazione milanese, dall'altro a talune meditate inchieste giornalistiche.

Su questo blog, invece, si ricercano per lo più aspetti curiosi, se non speciosi, oltrettutto esposti in ordine sparso, come talora imputa un lettore, buon romanziere delle nostre parti.

Alla luce di questo assunto, si possono fare degli esempi su Milano.

Nei primi anni Cinquanta - e un po' prima - quando sulla pista del velodromo Vigorelli erano impegnati famosi ciclisti tanto era l'entusiasmo che i boati della folla si sentivano per tutta la zona Fiera-Sempione ed oltre.

Una citazione da una produzione letteraria di modesta levatura attesta che dalle parti di Corso Venezia in quel periodo c'era anche un servizio a pagamento di automobiline a pedali, per la gioia dei bambini i cui genitori potevano permettersi la relativa spesa. Si intende qui trascurare il soggetto Zoo, non fosse altro che risulta molto scontato.

Una recente notizia di cronaca informava che a Milano un'automobile di lusso, una Ferrari, se si è capito bene, era rimasta incagliata in un certo tratto dei binari destinati ai tram: un pericolo certamente corso da tanti altri autisti non pratici, se foresti, delle arterie viarie della metropoli.

Si può anche fare riferimento a quando, di sicuro nella seconda metà degli anni Cinquanta, ma anche un po' oltre, i ferrovieri del personale viaggiante di Ventimiglia svolgevano servizio sui vecchi "rapidi" sino a Milano. Non era così per i macchinisti che, dati i loro particolari più gravosi impegni, ricevevano i cambi a Genova Principe. E si lascia fuori traccia la partecipazione ad altre trasferte, quali per treni merci e per treni pellegrini, anche più lunghe.
Riprendendo il filo del discorso, viene da aggiungere che a quei capitreno e a quei conduttori rimanevano, prima del ritorno, sempre serale, diverse ore libere. Tra le scelte possibili, c'era quella di passare i pomeriggi in quei cinema popolari dove si poteva usufruire della proiezione di due film di seguito, uno dei quali magari ad un certo dunque abbandonato: in genere non viene tramandato, tuttavia, se anche a Milano, come di sicuro a Genova, ci fossero degli esercizi che offrissero, invece, al pubblico una pellicola ed uno spettacolino di varietà, sempre uno dopo l'altro, a modico prezzo di biglietto.
Lo spazio, come alternativa, per andare allo stadio di calcio c'era di sicuro, ma è più probabile che alcuni colleghi si organizzassero - come in effetti accadde tante volte - per ritrovarsi insieme per assistere ad una partita di Inter o di Milan in una domenica di  riposo.
Per tutti quei lavoratori pranzo e cena erano assicurati dalla mensa del Dopolavoro Ferroviario, una memoria ormai quasi mitica, del resto qui già sottolineata in precedente articoletto.
I ferrovieri in parola talvolta si spostavano con i loro figli ancora piccoli, anche si trattava di una pratica non consentita dal regolamento: ne ha scritto talora con la consueta bravura Maristella Lippolis, che non riporta, però, come trascorresse quelle soste, per le quali altre persone oggi rimandano ai consueti film, a musei, a monumenti, anche a visite a parenti.

Concludendo solo per il momento l'argomento Milano, viene da chiedersi con fare cameratesco e scherzoso come mai Arturo Viale non lo abbia mai diffusamente affrontato nei suoi lavori.

Adriano Maini

lunedì 11 novembre 2024

Il macchinista francese venne espulso

Ventimiglia (IM): un treno regionale francese in partenza dalla stazione ferroviaria

Ventimiglia presenta - si può dire da sempre - una stazione ferroviaria internazionale, dalla quale a lungo presero servizio tanti "cheminots", i quali, pertanto, dimorarono anche nella città di frontiera. Poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale un cameriere, ancora ragazzo, venne interrogato dai militi fascisti per tentare di incastrare un ferroviere francese, presunto (a ragione!) autore o regista dei continui lanci di volantini antifascisti e pacifisti lungo i binari ed altrove, ma quegli sostenne, suscitando l'ilarità degli inquisitori in camicie nere, che in quella casa si recava perché amante della moglie del vero indagato: in ogni caso gli sgherri del regime riuscirono a fare espellere da Ventimiglia quel macchinista.

Racconta Sergio Marcenaro, all’epoca giovane (classe 1931) staffetta partigiana della SAP di Vallecrosia, della necessaria complicata procedura clandestina messa in piedi dal fratello Pietro Gerolamo (Gireu), importante protagonista del distaccamento Gruppo Sbarchi Vallecrosia e, logicamente, alla macchia con i garibaldini, prima per contattarlo di persona in una baracca al di là del torrente di fronte al cimitero della località in questione, successivamente, una volta debitamente ragguagliato sui pericoli che avrebbe corso e, quindi, "ingaggiato", per potersi spostare in zona da un contatto all'altro per recare messaggi ogni volta a lui recapitati da persona diversa e da lui distribuiti pedalando con passione su di una vecchia bicicletta nella cui canna celava, come tanti protagonisti (un nome per tutti, Gino Bartali, "Giusto tra le Nazioni") di simili missioni della Resistenza, i dispacci che gli erano stati affidati.

Un altro anziano (era sui 16 anni il 25 aprile 1945), anch'egli già staffetta partigiana, ma a Sanremo, solo di recente si è concesso a rievocare con alcuni interlocutori momenti dell'epoca della Resistenza: in precedenza in pratica non lo aveva mai fatto, neppure nel suo recente libro di memorie relative ad intense vicende politiche e sindacali, dipanate nell'arco di oltre settant'anni. In queste occasioni non si è certo fatto guidare dal "politicamente corretto". Richiesto di parlare di un brigatista nero della città dei fiori, fucilato all'indomani della Liberazione, lo definisce un losco figuro già prima della guerra, un boss della zona di Sanremo dove la famiglia aveva il negozio di legna e di carbone da ardere, con familiari altri fascisti molto impegnati. Fu suo compagno di malefatte - ruberie di vario tipo - un emiliano, un "gobbo", che gestiva una pensione davanti alla Chiesa Russa e che si salvò fingendosi in extremis antifascista. Quel "figuro" aveva come complice anche una donna sorda (sembra a questo punto di entrare in una "Corte dei Miracoli") e manovrava a suo piacimento, sempre durante il periodo della Repubblica di Salò, altri colleghi miliziani. In ogni caso dalle richiamate conversazioni non sono emersi addebiti circa rastrellamenti e uccisioni di patrioti, il che è quanto sperava e spera tuttora un nipote del citato personaggio, anche se sarà sempre più difficile con il passare del tempo fare piena luce sui comportamenti del nonno materno.

Un documento - oggi desecretato - della CIA con data 6 dicembre 1951 è incentrato in sostanza sui rapporti tra i comunisti italiani e quelli francesi a cavallo della frontiera tra ponente ligure e Costa Azzurra. Tra gli altri aspetti in due pagine sottolinea attività di espatrio clandestino - ma non aggiunge di antifascisti spagnoli perseguitati dal regime franchista -, mette in rilievo il ruolo avuto in merito da Libero Alborno di Ventimiglia, indica altri collaboratori di quest'ultimo, delinea una presunta organizzazione paramilitare in provincia di Imperia di cui sarebbe stato a capo Nino Siccardi (Curto), già comandante della I^ Zona Operativa Liguria delle forze partigiane: se non che lo stesso rapporto appunta per i due anni precedenti continui imbarchi di Siccardi come macchinista su navi mercantili lasciando da ultimo un gustoso quadretto che suona più o meno come segue: "Siccardi porta con sé numerose copie della rivista comunista 'Vie Nuove" che distribuisce ai nativi nei porti africani".

Adriano Maini

sabato 1 giugno 2024

La focaccia di Finale

 

Genova: la stazione ferroviaria Piazza Principe

"La campana fa din din don e il galletto fa chicchirichì", così più o meno a metà degli anni Cinquanta sull'aria di una canzone in voga cantava a squarciagola l'addetto ad un carrello di vivande e di altri generi di conforto, muovendosi lungo il marciapiedi di una imprecisata stazione ferroviaria in provincia di Savona. Forse si trattava di quella di Finale Ligure ed allora fra le cose buone che vendeva quel giovanotto spiccava una deliziosa focaccia di cui molte persone tramandano ancora adesso il goloso ricordo: tra questi in almeno un suo racconto Arturo Viale.

Molto noto era - forse, lo è ancora - specie per i passeggeri provenienti dalla provincia di Imperia il bar della Cooperativa Portabagagli della Stazione Piazza Principe di Genova, situato a settentrione del corridoio porticato che funge da facciata ed ingresso al maestoso edificio. Buona anche lì la focaccia, ma l'attrattiva del locale era per chi non si fosse rifocillato in treno la possibilità di farlo appena disceso. Per non dire dei prezzi concorrenziali praticati un tempo anche ai non soci.

La stessa cosa avveniva nella confinante mensa del Dopolavoro Ferrovieri, molto elogiata per la buona cucina, che riservava in ogni caso ai ferrovieri le tariffe migliori, come facevano e come, per quanto si sa, fanno ancora le strutture gemelle in tutta Italia.

Per accedere ai similari locali - di antica eleganza - di Milano si passava un tempo davanti alle vetrine di una sorta di piccolo Museo delle Cere, che adesso si trova a Gazoldo degli Ippoliti in provincia di Mantova.

Le Mense dei Dopolavoro Ferrovieri erano a volte ubicate molto lontane dai binari: quella di Roma negli anni Sessanta era allocata in un palazzo antico, posto a sinistra della Stazione Termini, accessibile da una lunga scalinata al termine della quale, voltandosi, si potevano ammirare le Mura Serviane.

Da una rapida ricerca sul Web sembra che molte situazioni siano cambiate, ma pare anche che molte informazioni siano frammiste ad altre, attinenti le trasformazioni in veri e propri centri commerciali delle principali stazioni del Paese, per cui non risulta agevole discernere nei dettagli l'odierno stato dell'arte.

A Ventimiglia, come ben si sa, la palazzina del Dopolavoro Ferrovieri è ancora adibita alle sue storiche funzioni. Pensando al salone del primo piano, tuttora sede di svariate iniziative, vengono in mente tante storie passate...

Adriano Maini