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venerdì 6 giugno 2025

Arturo Viale vide l'esordio di Suarez nell'Inter


Milano, stadio di San Siro: un'imprecisata partita dell'Inter, a ridosso degli anni Sessanta

Un pregresso post di questo blog ha suscitato l'interesse di Arturo Viale, che ha segnalato un singolare avvenimento a lui capitato, episodio non ancora riportato nella sua pur notevole mole di pubblicazioni.
Nel 1961 Viale fu spettatore allo stadio di San Siro di Milano dell'unica partita di calcio professionistico che gli sia mai capitato di vedere: una circostanza singolare per questo scrittore del ponente ligure, persona che, come ha sottolineato nei suoi libri, ha compiuto molte esperienze, anche girando mezzo mondo.
Conviene, a questo punto, trascrivere qualche parola dei suoi appunti, accantonati a futura memoria per un nuovo lavoro: "Ad agosto del 1961 eravamo andati una mezza settimana al paese di mamma nella Lomellina. Avevo nove anni. A fine agosto iniziava il campionato di calcio e i cugini avevano deciso di andare a San Siro e vedere la partita della prima giornata Inter-Atalanta [...] Io ricordo che era il debutto di Luis Suarez appena arrivato dal Barcellona dove era stato premiato con il pallone d'oro: tutti indicavano quel biondino che giocava con il numero 10. Erano arrivati insieme Helenio Herrera e Luis Miramontes Suarez perché l'allenatore aveva posto per il suo ingaggio la condizione di avere con sé il giocatore. I due nell'Inter conquistarono tra i molti titoli [...] Racconta Eduardo Galeano che Suarez sapeva che ogni volta che rovesciava il bicchiere del vino sulla tavola si realizzava la magia di segnare uno dei suoi gol".
Messo agli atti che quella gara terminò con la vittoria dell'Inter per 6-0, occorre aggiungere che Arturo, di rimando, è stato informato che qui si potrebbe pubblicare - come in effetti si sta facendo - la fotografia di una vecchia partita dell'Inter e che in almeno in un'occasione negli anni Sessanta Suarez fu visto fare rifornimento per la sua autovettura - si presume di ritorno dalle vacanze estive trascorse in Spagna - in località Nervia di Ventimiglia.
 
Una volta di più non si resiste alla tentazione di effettuare, più che delle integrazioni, delle divagazioni.
 
Milano: l'esterno dello stadio di San Siro domenica 28 febbraio 1960

Per l'incontro Inter-Sampdoria (risultato: 0-0), disputato il 28 febbraio 1960, c'é, invero, uno scatto dell'esterno di San Siro proprio di quel giorno, mentre di altri, che pure inquadrano l'Inter non vi è - per carenza di inventario - la matematica certezza che siano di pari data. In quel match, comunque, solo a fare qualche esempio, - sempre che nella ricerca non si vi siano state delle falle - nella squadra di Genova c'era Skoglund, che aveva già militato nell'Inter, e Mora, luminosa ala destra, la cui carriera incontrò di lì a poco tempo un prematuro brusco arresto, e in quella nerazzurra Corso, il solo che poi Viale ebbe occasione di ammirare rispetto alla formazione di due campionati prima, perché con l'arrivo del nuovo allenatore Helenio Herrera i ranghi dei «bauscia» - come vengono o venivano chiamati dai rivali cittadini milanisti - erano stati più che largamente rinnovati.

Juventus-Milan di domenica 6 novembre 1960

Si va qui, inoltre, a produrre un'immagine relativa a Juventus-Milan (risultato: 3-4) del 6 novembre 1960, perché nelle file della Vecchia Signora quella domenica esordì, guarda caso, proprio il già citato Mora. 


Nel dialogo intercorso Viale è "inciampato" poi in un equivoco sull'identità del gestore (o varie identità dei gestori) delle pompe di benzina di Nervia, il che autorizza all'esibizione di almeno una fotografia in merito.

Puskas, Herrera ed un terzo signore. Foto Moreschi

Poteva poi mancare la copia di un'istantanea con cui il bravo Alfredo Moreschi aveva colto proprio nel 1961 a San Romolo di Sanremo Helenio Herrera (al centro) con Ferenc Puskás (a sinistra), Puskás per diverse classifiche di settore uno tra i dieci migliori calciatori di ogni epoca e che in quel torno di tempo poteva anche essere visto talora allenarsi sul campo del Capo della città delle palme con gli allievi e gli juniores della Giovane Bordighera, ed un terzo signore, di cui non è sicura l'identità?

Adriano Maini

 

lunedì 26 maggio 2025

A Milano!

 

Milano, Stadio di San Siro: partita di calcio Milan-Genoa del 10 gennaio 1965

Ci sono sempre molti stimoli per scrivere qualcosa di Milano.
In particolare, più o meno direttamente, ne procura l'interessante blog curato da Chiara Salvini.
Ma se, come si è già detto su queste colonne, anche una piccola località dal modesto raggio può suscitare diversi spunti di racconto, una città dalla storia millenaria come Milano presenta una mole incredibile di scelte.
Conviene ricordare che in merito esiste una vasta documentazione, soprattutto di carattere monografico.
Eppure, di recente Gianrico Garofiglio, ormai noto scrittore, ha affrontato con fare disinvolto su "la Repubblica" questo tema, concentrandosi, invero, sulla Milano misteriosa e sulla Milano criminale (l'autore, quando era magistrato, affrontò trasferte di lavoro nel capoluogo lombardo), realizzando, in ogni caso, un articolo davvero intrigante. Sul primo punto, per approfondimenti, qui si pensa che i più dettagliati resoconti, compilati nel tempo, siano ormai rinvenibili solo in casa di vecchi meneghini o in talune biblioteche pubbliche; per il secondo, il pensiero corre subito, da un lato a Giorgio Scerbanenco ed ai suoi gialli di ambientazione milanese, dall'altro a talune meditate inchieste giornalistiche.

Su questo blog, invece, si ricercano per lo più aspetti curiosi, se non speciosi, oltrettutto esposti in ordine sparso, come talora imputa un lettore, buon romanziere delle nostre parti.

Alla luce di questo assunto, si possono fare degli esempi su Milano.

Nei primi anni Cinquanta - e un po' prima - quando sulla pista del velodromo Vigorelli erano impegnati famosi ciclisti tanto era l'entusiasmo che i boati della folla si sentivano per tutta la zona Fiera-Sempione ed oltre.

Una citazione da una produzione letteraria di modesta levatura attesta che dalle parti di Corso Venezia in quel periodo c'era anche un servizio a pagamento di automobiline a pedali, per la gioia dei bambini i cui genitori potevano permettersi la relativa spesa. Si intende qui trascurare il soggetto Zoo, non fosse altro che risulta molto scontato.

Una recente notizia di cronaca informava che a Milano un'automobile di lusso, una Ferrari, se si è capito bene, era rimasta incagliata in un certo tratto dei binari destinati ai tram: un pericolo certamente corso da tanti altri autisti non pratici, se foresti, delle arterie viarie della metropoli.

Si può anche fare riferimento a quando, di sicuro nella seconda metà degli anni Cinquanta, ma anche un po' oltre, i ferrovieri del personale viaggiante di Ventimiglia svolgevano servizio sui vecchi "rapidi" sino a Milano. Non era così per i macchinisti che, dati i loro particolari più gravosi impegni, ricevevano i cambi a Genova Principe. E si lascia fuori traccia la partecipazione ad altre trasferte, quali per treni merci e per treni pellegrini, anche più lunghe.
Riprendendo il filo del discorso, viene da aggiungere che a quei capitreno e a quei conduttori rimanevano, prima del ritorno, sempre serale, diverse ore libere. Tra le scelte possibili, c'era quella di passare i pomeriggi in quei cinema popolari dove si poteva usufruire della proiezione di due film di seguito, uno dei quali magari ad un certo dunque abbandonato: in genere non viene tramandato, tuttavia, se anche a Milano, come di sicuro a Genova, ci fossero degli esercizi che offrissero, invece, al pubblico una pellicola ed uno spettacolino di varietà, sempre uno dopo l'altro, a modico prezzo di biglietto.
Lo spazio, come alternativa, per andare allo stadio di calcio c'era di sicuro, ma è più probabile che alcuni colleghi si organizzassero - come in effetti accadde tante volte - per ritrovarsi insieme per assistere ad una partita di Inter o di Milan in una domenica di  riposo.
Per tutti quei lavoratori pranzo e cena erano assicurati dalla mensa del Dopolavoro Ferroviario, una memoria ormai quasi mitica, del resto qui già sottolineata in precedente articoletto.
I ferrovieri in parola talvolta si spostavano con i loro figli ancora piccoli, anche si trattava di una pratica non consentita dal regolamento: ne ha scritto talora con la consueta bravura Maristella Lippolis, che non riporta, però, come trascorresse quelle soste, per le quali altre persone oggi rimandano ai consueti film, a musei, a monumenti, anche a visite a parenti.

Concludendo solo per il momento l'argomento Milano, viene da chiedersi con fare cameratesco e scherzoso come mai Arturo Viale non lo abbia mai diffusamente affrontato nei suoi lavori.

Adriano Maini

martedì 13 maggio 2025

Un mezzogiorno invernale su una panchina del lungomare

 

Bordighera (IM): Lungomare Argentina

"Un mezzogiorno invernale su una panchina del lungomare. Il sole è tiepido e languido come sa esserlo in Riviera nei mesi d'inverno". Questo l'inizio di un nuovo racconto breve di Franco Fiorucci, "Ballando con i ricordi", un piccolo gioiello di atmosfera che sta incontrando appassionata attenzione da parte dei lettori, seguito ideale del suo recente libro "Matti. Quasi matti. Sognatori. E fattucchiere. 21 mila parole per 7 racconti".
Si scambiavano riflessioni profonde, come forse si poteva fare solo un tempo e solo a quell'età, seduti su una panchina di Bordighera della passeggiata a mare due giovani amici. Entrambi destinati ad emigrare, chi per destinazione ignota, chi per Torino. Solo quest'ultimo, sentendone un grande vuoto, avrebbe fermato quei momenti in un libro di ricordi, riservato ad una ristretta cerchia di familiari e di amici: lo avrebbe scritto in età matura da uomo nativo della Bassa Mantovana (come diversi abitanti della città delle palme), cresciuto a Bordighera, dove torna sovente, ma impiantato saldamente nel capoluogo piemontese, dapprima per motivi professionali, per le logiche della vita in seguito al pensionamento.
Arturo Viale ci informa in "Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza" (Edizioni Zem, 2019) che a Bordighera "vicino alla chiesetta di Sant’Ampelio c’è un giardinetto un po' anonimo con tre panchine, qualche albero di Araucaria e un busto dello scrittore Giovanni Ruffini".
Si possono ricordare anche altre panchine, più o meno evocate da brani letterari sul ponente ligure.
La panchina di Costa d'Oneglia dove Elio Lanteri, schietto uomo di Dolceacqua, ormai pensionato e già scrittore, conversava con amici e conoscenti di questa frazione di Imperia. Gli incontri con gli amici di un professore in pensione, grande affabulatore, sulle panchine dei Giardini Pubblici di Ventimiglia, nel racconto "Ti dimenticherò per sempre...." di Gaspare Caramello.
Si può citare la famosa fotografia dove Italo Calvino ed Eugenio Scalfari compaiono su di una panchina di Corso Imperatrice a Sanremo con altri amici, compagni di classe, per sottolineare che con loro in quel Liceo Classico "G.D. Cassini" studiavano, tra altri futuri personaggi di rilievo, Giuseppina Demartini, che avrebbe insegnato nei primi anni Sessanta nelle Medie di Ventimiglia (questo prima di diventare oggetto di aulici sarcasmi da parte di Marco Innocenti), ed Elio Riello, ingegnere, esponente socialista, ma ancor prima patriota antifascista, arrestato e deportato a Mauthausen, mentre, tenendo i contatti con gli aderenti di Giovine Italia, tentava di contribuire alla ricostituzione del CLN di Ventimiglia. Porterebbe, invero, lontano, addentrarsi anche solo per poco nelle tematiche di due lavori di Calvino, il racconto "La Panchina" e la versione teatrale de "La Panchina", ancorché se ne potrebbero cogliere risvolti inediti di preparazione alla luce di vecchie confidenze di sodali dello scrittore, raccolte da Alfredo Moreschi.
Guido Seborga in suo articolo dal titolo "Donne in corriera" (Il Lavoro Nuovo - 11 Novembre 1946), con cui oltrettutto menzionava il paese da cui aveva preso il suo nome d'arte, chiosava: "giunge così [la corriera] sulla piazzetta del paese [Seborga], c'è una lapide che ricorda i caduti di molte guerre ed un grosso albero, un pino gigantesco dai mille rami che ha intorno una panchina, dove verso sera i vecchi del paese vengono a discutere e a dirsi cose molto sagge". E sempre Seborga in "Scogli come ossa di giganti" (1960) non si lasciava sfuggire l'occasione di rammentare panchine di Bordighera collocate dalle parti del Capo, da cui, invero, si può ammirare non solo la Chiesa di Sant'Ampelio, che ha colpito, come si è visto, l'attenzione di Arturo Viale, ma anche un lungo tratto di mare. Non mancava di scrivere di almeno una panchina in "Petite Fleur, estate che brucia" (Unione Culturale Democratica, Bordighera, novembre 2020) Paolo del Monte, guarda caso amico di Seborga e guarda caso poche parole dopo averlo citato nel richiamato libretto.

Adriano Maini

sabato 19 aprile 2025

Anticlericali di un tempo che fu in quel di Perinaldo

 

Perinaldo (IM): Via del Popolo (salita alla Parrocchia ed al vecchio Municipio)

Emilio Croesi fu lo storico sindaco di Perinaldo, ridente (aggettivo scontato nelle cronache, ma in questo caso davvero pertinente) paese situato ad oltre 500 metri di altezza, per la precisione 572, con buona vista sia sul mare che su una parte delle Alpi Marittime. Era un comunista, come, anche per le elezioni politiche, la maggioranza degli elettori, compresi tanti abitanti emigrati nella vicina Costa Azzurra, i quali, tuttavia, in massa tornavano a votare nel borgo natio quasi solo per l'indiretta conferma, tramite le amministrative, del loro beneamato primo cittadino.
Era una situazione che durò a lungo, dal secondo dopoguerra sino a poco dopo la morte del Croesi, in pratica sino all'avvento della cosiddetta Seconda Repubblica.
Al personaggio in questione ha dedicato alcune righe anche Arturo Viale nel suo "Vite Parallele", mutuando ricordi di un suo amabile interlocutore. Emerge così non solo la figura di un caparbio amministratore, ma anche quella del produttore di un Rossese, un vino, il suo, apprezzato anche da fini intenditori quali Veronelli e Mario Soldati. Viale coglie l'occasione per non trascurarne neppure i discreti trascorsi di ciclista professionista vissuti in gioventù nell'anteguerra.
A vivacizzare il sommario ritratto di Viale contribuisce la dialettica tra il puro e duro comunista e l'anarchico, genuino artefice della narrazione, che abitava lassù in collina, e quella, talora, con i parroci, che portò all'installazione sul Municipio di una sirena "laica" - tuttora in funzione - atta a scandire i tempi di lavoro e di riposo dei contadini nei campi in diretta concorrenza con analoga funzione svolta dalle campane della limitrofa parrocchia.
Dalle affabulazioni raccolte non emergerebbero, tuttavia, contrapposizioni come tra un Peppone e un Don Camillo nostrani, anche perché i parroci a Perinaldo si sono succeduti in diversi e qualcuno appare anche sorridente in vecchie fotografie insieme al sindaco, in occasione, ad esempio, della premiazione di alcuni bambini.
Senonché, indagando di più su di una certa tradizione orale, adesso viene fuori che almeno nel caso proprio del parroco citato da Viale, ma che tale non era ancora, sussisteva qualche affinità con il prete di Brescello inventato da Giovanni Guareschi - e interpretato al cinema dal grande Fernandel -, perché questo religioso (non proprio casto, ma questo aspetto lo riporta anche Viale) procedeva immancabilmente, indisturbato, a staccare i manifestini, veri e propri gazebo ante litteram, "contenenti attacchi velonosi contro il parroco ed il curato" del paese, affissi da militanti comunisti nei pressi della Fontana ai piedi della salita che porta alla chiesa: staccava, leggeva e metteva in tasca. Di questo futuro parroco di Perinaldo si può ancora sottottolineare che "i chierichetti erano solo vittime delle sue sberle, quando li trovava a chiacchierare, perché faceva tutto da solo: provvedeva direttamente a passare il messale da una parte all'altra dell'altare e si serviva da solo nel versare acqua e vino nel calice".
Non solo. La vulgata tramanda pure che, a detta di un altro prelato, a Perinaldo un tempo c'erano tanti comunisti perché gli abitanti erano soprattutto anticlericali...
 
Adriano Maini

lunedì 30 dicembre 2024

Nico Orengo si complimentò anni fa con Arturo Viale

Una vista da Zona Ville di Ventimiglia (IM): a destra uno scorcio della Piana di Latte; al centro Punta Mortola; in fondo uno scorcio di Francia

Arturo Viale ha infine localizzato il terreno in cui venne introdotta - come racconta nel suo "Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio" (Edizioni Zem, 2022) - "a Latte, frazione di Ventimiglia, la coltivazione industriale dei fiori, producendo rose e garofani".
Spetta in modo evidente a lui rendere noto in dettaglio tale aspetto, eventualmente con un suo nuovo libro.

Archivio di Arturo Viale

Nico Orengo si complimentò anni fa con Arturo Viale per il suo "Mezz'agosto" (del 1994). Nel biglietto di congratulazioni lo scrittore si soffermò sulla "giuggiola dai Tremayne. Non ho più trovato quell’albero. Ce n’è ancora uno a Latte, all’inizio della via Romana, prima del cavalcavia. Caro Viale, il suo raccontare mi ha tenuto una affettuosa e sincera compagnia per una sera, tempo fa. Ma il ricordo è ancora vivo, le parole hanno ancora alone".
Si dà il caso che la citata pianta della Via Romana oggi non sia più visibile, perché attorniata da tanti altri alberi, ma quasi in compenso ci sono diverse piccole - larghe ciascuna più o meno un palmo - giuggiole sulla vecchia arteria, spuntate ai piedi del muraglione di sostegno della Via Aurelia.

Vladi Orengo, padre di Nico, fu anche un regista di documentari cinematografici. Nel 1955 gliene "bocciarono" alcuni. Tra questi, "Porta Canarda" (con un po' di fantasia anche sentinella di Latte in altura, da levante, in zona Ville), "inchiesta sul contrabbando in una zona nei pressi di Ventimiglia, al confine con la Francia. Le parole di protesta del regista, vittima di una vera e propria crociata da parte dei censori, erano le stesse di tutti coloro che credevano nel documentario e nella sua vocazione a trattare argomenti d’impegno civile, anche se scottanti. Contro quest’ambiziosa visione, però, si scontrava - e il più delle volte prevaleva - l’idea di chi relegava il documentario a sottoprodotto culturale, impedendogli di evolversi e di affermarsi autonomamente". Così recita un passo della Tesi di Dottorato di Mariangela Palmieri "La propagaganda della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano negli anni della guerra fredda attraverso i documentari cinematografici (Università degli Studi di Salerno, Anno accademico 2010-2011). Si aggiunge, per una migliore comprensione, che Vladi Orengo aveva affidato le sue critiche alla rivista «Cinema Nuovo» e che si può capire il senso dell'esclusione dal mercato delle menzionate pellicole ancora con il ricorso alle parole usate da Mariangela Palmieri: "tantissimi documentari d’indiscusso valore e pluripremiati in festival e rassegne sono stati costretti, praticamente, alla scomparsa definitiva dalla circolazione, poiché altre soluzioni di sopravvivenza, al di fuori dell’area del sostegno dello Stato, in Italia in quegli anni non ve n’erano".

Riaffiorano ancora, in questo lembo di ponente ligure, racconti di antiche vicende di pescatori contrabbandieri. Anche con la pronuncia di termini specifici, "fenicotteri", ad indicare le persone che si volevano trasportare via mare clandestinamente verso la Francia: vocaboli, nella storiografia e non solo, per lo più usati ad indicare i militanti comunisti che sotto il regime fascista facevano il percorso inverso, di ritorno in Italia, per ritessere contatti con la vecchia base, venendo quasi subito irrimediabilmente arrestati. Tornando ai pregressi avventurieri nostrani occorre aggiungere che a loro piaceva anche usare la parola "neri". Si tramanda che, sotto l'incombere del probabile intervento di poliziotti transalpini, talora venisse buttato a mare qualche passeggero. Che in rare occasioni questo accadesse per depredare le vittime. Non si sa, tuttavia, quanto di vero ci sia mai stato in questi racconti di frontiera.

Adriano Maini

lunedì 9 dicembre 2024

Ombrellaio!!!

Ventimiglia (IM): il carro del Dopolavoro di Nervia transita davanti al Teatro Romano per l'edizione 1938 della Battaglia di Fiori. Fonte: Diego Pannoni

C'era una casa, a Nervia di Ventimiglia, più o meno insistente sull'attuale ingresso dell'antico Teatro Romano, demolita concluso il secondo conflitto mondiale, una costruzione che ospitava anche un panificio, dove diversi ragazzi dell'epoca impararono il mestiere. Si fermava spesso ai tempi in quell'operoso laboratorio un ferrivecchi, arrivato da non molto dalla lontana Calabria. Tra l'ospite e gli addetti al forno l'atmosfera era sempre gioiosa, le conversazioni erano sempre amichevoli, gli spuntini erano frequenti. Ma era anche irresistibile la tentazione per gli indigeni di giocare qualche tiro all'immigrato, mettendosi a parlare in dialetto stretto: il divertimento era comunque assicurato per tutti, trattandosi di persona di spirito, destinata di lì a breve a diventare un noto ristoratore della città di confine.

Arturo Viale nel suo "Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio" (Edizioni Zem, 2022) si sofferma su di sergente dei granatieri, alto un metro e novanta, il quale, per arrotondare la paga raccoglieva ferro ed ossa (di animali, si suppone!): "il ferro serviva per qualche fucina e le ossa tritate diventavano concime", ma, finita la guerra, riapprodato a Ventimiglia, "aveva deciso di sfruttare l’altezza e si era messo a costruire i pergolati di cannicci per coltivare il verde e le serre in legno".

In quel periodo operava nella zona intemelia di frontiera anche un guaritore, una figura su cui Odovindo Del Bona ha incentrato il suo romanzo "Il mago e le streghe. Vicende dell'estremo Ponente Ligure" (Youcanprint, 2019).
In effetti l'autore (un noto imprenditore del ponente ligure che per l'occasione ha inteso celarsi sotto un nome d'arte) ha innestato dei raccordi di fantasia sulla rievocazione di molte vicende reali della vita del nonno materno (e di questo ramo della sua famiglia): un'opera che merita, invero, qualche successiva specifica presentazione critica più dettagliata.
Qui preme sottolineare due situazioni, estrapolate dal contesto.
L'imposizione fatta al protagonista, nonché a sua moglie ed alla figlioletta, di sopportare la presenza forzata del "comandante Kasper" e di un drappello di soldati tedeschi al piano terra della propria abitazione, un casale parzialmente appena ristrutturato, situato non lungi dal cimitero di Vallecrosia, e di questi e di altri teutonici nel suo terreno adibito ad uso agricolo, ancorché in quei giorni tormentati praticamente abbandonato, un terreno ben presto devastato per l'allestimento di un'officina di riparazione di mezzi pesanti germanici.
E la richiesta del comandante garibaldino Vittò (al secolo Giuseppe Vittorio Guglielmo), quando Pigna era una zona libera partigiana, di curare un suo caro amico che versava colà in gravi condizioni. Il guaritore, che attraversava di continuo gli spazi di patrioti e di nazifascisti in quanto molto richiesto per le sue prestazioni, in quel caso si sentì sul serio incapace allo scopo, ma, con sua somma sorpresa, il suo tentativo ebbe successo: al ritorno fu molto attento a non fare accenni di questa vicenda all'uomo della Wehrmacht, che, anche se riconoscente per la terapia praticata alla sua sciatalgia, era sempre molto sospettoso circa gli spostamenti di chi malvolentieri lo ospitava.

In molti, specie donne, allora ed anche dopo, praticavano rimedi e medicamenti, per lo più con decotti di erbe, per malanni vari: ad esempio, si prestava attenzione ai bambini per i cosiddetti "vermi" (la tenia) ed ai più grandi per slogature, storte alle caviglie ed altri acciacchi muscolari, rispetto ai quali alcuni veri "maghi" sapevano ripristinare condizioni ottimali con la semplice (si fa per dire!), misteriosa imposizione delle mani.

Ma ambulavano, inoltre, da queste parti, come nel resto del Paese, chi sporadicamente, chi più sovente, zampognari (che la mentalità popolare individuava come nunzi di maltempo), arrotini, spazzacamini, pescivendoli (brutto termine ma di uso corrente). In genere si annunciavano con forti strilli in gergo. Un grido, forse, è rimasto più impresso in una certa memoria collettiva, quello di "Ombrellaio!!!". Mestieri in larga misura superati dalle tecniche moderne, comprese quelle che producono beni "usa e getta". Qua e là, tuttavia, si esibiscono ancora colleghi degli amici acrobati e ballerini di Mary Poppins, non del tutto sorpassati dal progresso.

E dalle spiagge si sente pure adesso qualche volta il quasi ancestrale, cantilenante annuncio "Cocco fresco, cocco bello!". Ma anche un più recente - così, almeno, sembra! - "Co! Co! Co! Cocco bello!".

Meriterebbero un capitolo a parte i carretti dei gelati, ma poche parole di una nota canzone intonata da Lucio Battisti hanno già fatto giustizia in merito.

Adriano Maini

sabato 2 novembre 2024

Marché aux fleurs

Nizza: Marché aux fleurs, Boulevard Jean Jaurès. Fonte: Rachel Koin

Un fotografo di Ventimiglia fu in quell'occasione molto fortunato. Dopo ore e ore di appostamento su di un albero al di fuori del muro di cinta di quella villa di Saint-Tropez, la famosa attrice, impietosita, lo ricevette e gli concesse un reportage che fece scalpore.

La nota che qui subito segue non può prescindere dalla fotografia che correda questo post, fotografia alla cui didascalia si rimanda per gli appropriati accrediti. La sosta a Nizza in prossimità di un mercato di fiori all'aperto - ma quella che si cercava era una fontanella - in quel lontano 1970 del pullman che, partito da Sanremo per raccogliere partecipanti anche nella zona più di confine, portava a Grasse l'allegra comitiva, fece rivivere ad alcuni la scena in cui Cary Grant nel film "Caccia al ladro" finisce tra ceste del variopinto prodotto e viene colpito alla testa da un innocuo mazzo, agitato da un'alterata anziana venditrice: rivisitazioni di immagini del film e confabulazioni di decenni dopo fanno proprio propendere per tale ambientazione (sempre che Alfred Hitchcock non fosse ricorso, con il semplice ausilio di qualche fondale, al classico studio hollywoodiano), anche perché la citazione fatta dell'episodio nel romanzo "54" dei Wu Ming non aiuta molto in proposito.

Un altro fotografo, in questo caso di Bordighera, bazzicava spesso in veste professionale il noto ritrovo "Le Pirate" di Cap Martin, indirizzo mitico degli anni '60 e '70, ma al momento non è ancora dato sapere dove reperire qualche suo relativo scatto.

Franco Giordano, ex partigiano, nel suo "Le historiae del Contahistoriae" ha dedicato un discreto spazio non solo alle sue attività imprenditoriali in Costa Azzurra, ma anche a episodi di vita brillante e mondana, che di tutta evidenza non aveva condotto solo nella sua natia Sanremo.

Da pochi mesi è stato pubblicato il nuovo libro di Arturo Viale, "I Sette Mari". Nell'ennesima fatica letteraria di questo autore del ponente ligure non potevano mancare pagine che spaziassero anche nel Nizzardo, per cui chi lo leggerà potrà, ad esempio, approfondire le sue conoscenze sulla leggenda di Santa Devota, patrona del principato di Monaco, sul capitano Bavastro, corsaro di Napoleone, sull'emigrazione di una famiglia siciliana di cui almeno una componente fece tappa anche nella città natale di Garibaldi, sulla nave che portò Grace Kelly in sposa al "suo principe".

Adriano Maini

sabato 25 maggio 2024

Quando si passava la sabbia nel fiume

Ventimiglia (IM): il ponte della ferrovia sul fiume Roia a settembre 1955

Di tutti i personaggi che affollano i racconti che i suoi due anziani amici hanno fatto ad Arturo Viale di Ventimiglia (IM) in ViteParallele (ed. in pr., 2009), c’è n’è uno il cui funerale, avvenuto nella città di confine quando era ancora relativamente giovane, vale a dire nei primi anni Cinquanta, fu invero molto partecipato. Quell’uomo, insieme ad uno degli affabulatori di cui sopra - ideatore dell’azione che segue -, ed a un terzo amico, era arrivato da questa zona di confine sino a St. Raphael in un gozzo spinto dai tre a remi il 10 settembre 1944 per consegnarsi agli americani della flotta alla fonda da quelle parti per portare informazioni importanti sotto il profilo bellico: un rapporto della marina da guerra statunitense (U.S. Atlantic Fleet, Task Force 86 Operations and Action of the Support Force Eighth’ Fleet During Invasion Of Southern France) conferma l'episodio "Il 10 settembre tre patrioti italiani arrivarono dall'area di Ventimiglia a 0645A... Più tardi nostre navi spararono, con il supporto di aerei da ricognizione, su alcuni obiettivi indicati da questi patrioti italiani".

Lasciò un figlio, quell’ardito che era morto troppo presto, un figlio che abitava con la nonna paterna in Via Giudici a Ventimiglia, di fronte alla Piazzetta delle Erbe.

Un figlio che fu a sua volta un baldo giovanotto, che ammaliava il vicinato quando tornava in licenza dal servizio miltare con la sua bella divisa da marinaio. Una volta congedato, aveva cercato un lavoro, e non avendo trovato di meglio, si era messo come tanti a “passare” nel fiume Roia la sabbia. Con reti metalliche, in genere, di vecchi letti ormai in disuso, messe un po’ dritte, in posizione trasversale, con il sostegno di un qualche bastone, di modo che da una parte cadessero i sassi ed altre scorie, e, dall’altra, quella giusta, fine rena molto utile per un’edilizia già in crescita. E quanta fatica in quegli anni per quegli spalatori, che di sicuro erano costretti a lavorare in modo illegale!

In città, a monte e a valle dei due ponti (e della passerella) sul fiume, erano ancora le lavandaie, per conto terzi o per conto proprio, che utilizzavano quelle acque correnti: figure in genere pittoresche. A volte, in dimensione casalinga, si procedeva anche all’immersione della lana dei materassi…

Un giorno, però, l’ex marinaio di leva si procurò, agendo, come tutti quei “manovali”,  a piedi nudi, un profondo taglio ad un piede con un vetro rotto purtroppo sfuggito alla sua attenzione: gli toccò, allora, giacere abbastanza a lungo fermo con vistosa fasciatura nel lettino all’ingresso della modesta abitazione che condivideva con l’affannata ava.

Il nostro aveva, poi, come zio, fratello del defunto padre, chi si era trovato una bella scusa per scansare il premilitare fascista d’anteguerra: giovane pescatore, uno di quelli che aiutava gli ebrei stranieri, dannati dal regime con le leggi razziali, a fuggire in barca dall’Italia verso la Francia nella tormentata stagione 1938-’39 [in proposito, di Paolo Veziano, Ombre al confine. L’espatrio clandestino degli Ebrei dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra 1938-1940, ed. Fusta, 2014], in futuro valente floricoltore, che si presentava al premilitare fascista a piedi nudi, sostenendo che in casa non si avevano soldi per comprargli le scarpe: al che il capomanipolo o centurione, il brutto ceffo in camicia nera, insomma, che dirigeva la situazione, lo mandava via, con tacita soddisfazione del nostro personaggio, che di tutta evidenza aveva ottenuto, almeno una volta, il suo scopo.

Adriano Maini

domenica 3 dicembre 2023

C'é una Torre nella Piana di Latte...

Ventimiglia (IM): una vista parziale della Piana di Latte

Persiste un gran scrivere - per non dire un gran pontificare - sulle ville storiche di Latte, Frazione di ponente di Ventimiglia. E non solo su quelle - per lo più situate nella Piana -, ma anche su altre, non molto lontane.

Spiace solo che un bel dibattito non ci sia mai stato sui rischi corsi - ancora nel recente passato - di ulteriore cementificazione, né su ristrutturazioni, che almeno in un caso si dice sia consistita in uno sventramento completo con successiva ricostruzione. Come aveva paventato ne "Gli spiccioli di Montale" Nico Orengo, di cui non si sa se si sia mai rallegrato di qualche relativa salvaguardia pur conquistata in zona.


Conviene rifugiarsi nell'aneddotica.

C'è una Torre - una delle cinque, se non aggiuntiva, delle superstiti strutture di avvistamento, come da elenco stilato da competente persona del posto - adagiata al muro di cinta - lato di ponente, affacciato sulla foce del torrente Latte - del parco di una vestusta magione del novero di quelle già menzionate, una Torre che in una stanzetta al pianterreno negli anni - quelli Ottanta - di fulgore di sagre popolari e Feste de l'Unità - ma anche dell'Amicizia (Democrazia Cristiana) - ospitava materiali utili a tali accadimenti: a fianco, talora, all'aperto, si tenevano incontri conviviali, qualche volta rallegrati dal passaggio di qualche vispo porcospino. L'edificio oggi dovrebbe essere di proprietà diversa da quella dell'intero complesso padronale, ma, invero, questo aspetto risulta poco interessante.

La stretta Via Romana, infrastuttura di accesso a molte delle già dette dimore, attraversa la località da una parte parallela al mare, dall'altra alla ferrovia, prima in un senso, poi, in un altro, mediante un cavalcavia pedonale, sì da congegnare un'arteria carrozzabile strozzata quasi a metà. Allo stato attuale ci sono discreti parcheggi a ponente. All'epoca di tante feste popolari era uno spettacolo vedere invaso di automobili e di motocicli l'ampio greto del rio, compresi tratti del corso - asciutto d'estate! -. Per chi arrivava - ma anche adesso - sussisteva l'obbligo di prestare sempre attenzione al fatto che non ci sono quasi mai due sensi di marcia. 

Ventimiglia (IM): un classico tratto di levante della Via Romana a Latte

Una situazione che probabilmente disegna da sola tante storie.

Ad esempio, diversi anni fa Nico Orengo scrisse - dopo averne letto "Quaranta e mezzo" - un biglietto di congratulazioni ad Arturo Viale  (che lo ha pubblicato nel suo ultimo "Punti Cardinali: da capo Mortola a capo Sant'Ampelio", Edizioni Zem, 2022), in cui, tra l'altro, menzionava l'albero di giuggiola presente prima del cavalcavia della Via Romana, aggiungendo: "Caro Viale, il suo raccontare mi ha tenuto una affettuosa e sincera compagnia per una sera, tempo fa...".

Ventimiglia (IM): il cavalcavia della Via Romana a Latte

Neanche a farlo apposta appena attraversata quella passerella - o poco prima, se si arriva da un'altra direzione - sorge Villa San Gaetano. Dalla fitta ringhiera sovrastante la ferrovia si intravvede a malapena l'abside della Chiesetta dallo stesso nome, che sorge di fronte: i colori sono belli ed intensi, mentre la facciata è grigia e smorta. A quella Cappella a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta erano usi recarsi per depositare fiori due ferrovieri in pensione, lieti di rendere in tale modo felice una signora più anziana di loro, impossibilitata a  muoversi. A Villa San Gaetano Maria Pia Urso, di recente purtroppo scomparsa, ha dedicato un bel libro di memorie - sue e di famiglia -, uno spaccato di grande livello sociale e morale. "... l'intensa esperienza di vita, la gioventù spensierata al mare, gli ideali, i gusti culturali, le curiosità e le molteplici iniziative nella comunità", sottolineava una presentazione dell'opera (Maria Pia Urso, Villa San Gaetano, youcanprint, 2015).

Spostandosi verso ponente si possono scorgere la casa a lungo abitata ed i resti delle campagne per pari periodo coltivate a fiori - rose, soprattutto - con passione e competenza - il tutto rigorosamente in affitto - da Libero Alborno, il Libero de "La curva del Latte" e di altri romanzi di Nico Orengo.

Ventimiglia (IM): uno spazio verde a complemento di un parcheggio nella zona di ponente della Via Romana a Latte

Si narra, inoltre, di episodi - accaduti in qualche punto della Piana - di pura goliardia ai quali lo scrittore si sarebbe lasciato andare con compagni sì di modesta statura intellettuale, ma che si beavano contraccambiati della sua presenza e che non si sono mai sognati di dedicargli pensieri scritti.

Ventimiglia (IM): la zona di Latte, vista dalle vicinanze di Villa San Gaetano

Da quelle parti ha abitato a lungo un floricoltore, per nulla vanesio, ma del quale ancora oggi si raccontano da terze persone grandi avventure di pesca, vissute negli anni, da quella - ripetuta - al pescespada, affrontata sempre con un piccolo guscio, non con mezzi professionali, a quella - che si tramanda ancora - di una mirabolante imbarcata di bianchetti, che, forse, non era già del tutto lecita, stanti i divieti in materia. Il fratello, forse sodale, forse più pronto ad uscire in mare con altri, ridimensionava, invece, in una datata conversazione gli esiti di una ricerca di branzini, di cui si era, invece, tramandata una bella storia, storia, inoltre, costellata di riferimenti a inconsueti, di solito rocciosi, rialzi del fondale, al massimo a pelo d'acqua, teatri a volte, per i conoscitori di quegli arcani, di cospicui risultati e talora muti conservatori di relitti misteriosi, spesso piratescamente trafugati. Non sempre i gozzi sono partiti o tornati dalle spiagge della Piana di Latte, ma spesso, per un risvolto o l'altro, lì si torna. 

D'altronde, i racconti di pesca - a fare inizio dallo stesso Nico Orengo - abbondano per tutto il ponente di Ventimiglia, da Punta della Rocca al confine con la Francia.

Adriano Maini

sabato 1 aprile 2023

Le storie di Nico vivono dell’aria che scende dal Grammondo e del salino di baia Begliamin

Mortola, Frazione di Ventimiglia (IM): uno scorcio

Nico [Orengo] è nato nel 1944 ed è morto nel 2009 a Torino. Ma la tomba è nella sua Mortola dove è interrato in un cimitero luminoso, senza cipressi nel quale anch’io vorrei un posto per il mio ultimo riposo.
All’ombra di un grande pino il suo tumulo è segnato da quattro ciappe di ardesia messe di costa a contorno e da una lapide in verticale con scolpite le due date, il nome preceduto dal titolo di marchese e in fondo l’indicazione di poeta.
Di fronte, poco lontano all’ombra dello stesso albero, riposa il padre marchese Vladi che suo nonno materno chiamava Volodja. Sua mamma Valentina faceva infatti di cognome Tallevich, era figlia di un ufficiale russo che nella seconda metà dell'Ottocento si era trasferito a Sanremo. Nel 1912 su un terreno situato all'inizio della passeggiata già dedicata alla imperatrice russa, ed acquistato da un comitato appositamente costituito a nome del Tallevich, venne posata la prima pietra della chiesa russa ortodossa di Sanremo.
Già nel 1864 la zarina Maria Aleksandrovna per prima scelse Sanremo per "svernare", aprendo la strada al turismo della nobiltà russa, attratta dal clima mite e dai posti incantevoli.
Prima della chiesa di Sanremo gli ortodossi frequentavano la chiesa di Mentone che esisteva dal 1892. Racconta Vladi che in quel periodo la sua famiglia festeggiava i due Natali, quello cattolico a Sanremo il venticinque dicembre e quello ortodosso a Mentone il sette gennaio, basandosi sul calendario Giuliano. Arrivavano per le feste Vittorio e Momò da Ginevra, Cirillo e Pepino da Parigi, Sergio da Oxford, Olga dal collegio di Dresda.
Finché Valentina abbracciò il cattolicesimo ad insaputa del padre e i rapporti si raffreddarono. Solo molti anni dopo, quando il piccolo Vladi fu presentato al grande nonno, ci fu la riconciliazione. Ma fu l'unica volta che nonno e nipotino si incontrarono.
Al cimitero della foce di Sanremo, a ridosso del muro di cinta, c'è ancora la tomba del numeroso ramo russo della famiglia.
Tra le prime cose Nico Orengo pubblicò Miramare edito da Marsilio, la casa editrice fondata pochi anni prima da Toni Negri. Luigi Malerba ne scrisse la prefazione. Poi seguirono oltre cinquanta libri tra poesie e romanzi, forse qualcuno di troppo.
Le storie di Nico vivono dell’aria che scende dal Grammondo e del salino di baia Begliamin. In un biglietto che mi aveva scritto mi racconta della pianta di giuggiole che c'è a Latte all'inizio della via Romana vicino alla casa del Vescovo e ricorda che all'osteria da Bataglia c'era il più buon condiglione che avesse mai mangiato; e poi mi spiega che becìciùre* chiede due accenti, sulla prima i e poi sulla u.  Io a casa Bataglia ci sono nato, sono cresciuto a condiglione e coniglio e conosco tutte le piante di carrubo e giuggiole e i cespugli di lavanda che ci sono in zona e so dove a Pasqua fioriscono le becìciùre. Quest'estate sono passato da quelle giuggiole e le ho rubate con gusto per Nico. Il legno di giuggiolo, più duro del bosso, si presta molto bene a lavori di scultura. Raccontava mio padre di quel paesano che, inginocchiato davanti ad un Cristo scolpito nel legno di giuggiolo, dopo averlo supplicato in silenzio esclamava: "… pensare che ti ho conosciuto quando eri ancora Zizura".
*muscari [La muscari è una bulbosa perenne che fiorisce in primavera con fiori azzurri. Di facile coltivazione. La specie lampascione è commestibile. Da tuttogreen.it]
Arturo Viale, 1. Nico e Vladi in Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2018 

Altri libri di Arturo Viale: Punti Cardinali, Edizioni Zem, 2022; La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; L'ombra di mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi; Mezz'agosto; Storie&fandonie; Ho radici e ali.
Adriano Maini

domenica 13 dicembre 2020

I Bassi di ebrei ne hanno fatti sconfinare molti verso Francia

Ventimiglia (IM), Largo Ettore e Marco Bassi,  a fianco del negozio che era stato della famiglia

Con gli anni si dorme di meno e Pierin ne ha ottantasette e la sera da un po’ di tempo fa fatica a prendere sonno.
E poi c’è quella scena che gli viene in mente tutte le sere.
Sono a cena da Tornaghi, il commissario Pavone è passato con la scusa di bere una volta; ha avvertito Marco Bassi che il giorno dopo passerà a prenderlo, arrestarlo, lui e suo padre Ettore.
Li avvisa per dar loro l’ultima occasione per fuggire, in un certo senso sono tutti amici, compagni di ribotte.

I Bassi di ebrei ne hanno fatti sconfinare molti verso Francia e stavolta dovrebbero scappare loro.

Pierin ha capito al volo ed ha subito pensato alle valli di Cuneo, già in mano ai partigiani ed ai contrabbandieri, alla possibile salvezza a Caraglio, a Castelmagno dove conosce molti amici.
E’ pronto col tassista Cavallotti per portarli via, padre e figlio.
Anche Marco ha capito, ma il padre è già anziano e non vuole lasciarlo solo; la mamma l’hanno già sistemata con l’aiuto dei Notari alla clinica Moro, sulla via Romana.
Sono lì e si guardano indecisi; Marco si toglie dal polso l’orologio d’oro di marca e lo offre in ricordo a Pierin che tentenna, vuole ancora convincerlo a scappare.
Così l’orologio lo prende la Giretto, che gestiva il negozio dei Bassi.
Quell’orologio gli manca da più di sessant’anni e quel gesto è l’ultimo che gli viene in mente ogni sera prima di addormentarsi. E prendere sonno è sempre più difficile.

Arturo Viale (3), ViteParallele, 2009

(1)  [ristorante in Ventimiglia (IM), vicino alla stazione ferroviaria]

(2) [I commercianti ebrei Bassi, Ettore, il padre, e Marco, il figlio, benefattori non solo degli ebrei stranieri in fuga, a causa delle Leggi Razziali del 1938, tramite Ventimiglia e zona verso la Francia nel periodo 1938-1939, ma anche benemeriti della città e del comprensorio, i Bassi, arrestati a Ventimiglia il 26 novembre 1943, incarcerati a Milano e deportati ad Auschwitz, da dove non fecero più ritorno. In proposito degli ebrei stranieri: Paolo Veziano, Ombre al confine. L’espatrio clandestino degli Ebrei dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra 1938-1940, ed. Fusta, 2014].

(3) [  Arturo Viale, La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; Arturo Viale, Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2019; Arturo Viale, L'ombra di mio padre, 2017; Arturo Viale, Quaranta e mezzo; Arturo Viale, Viaggi; Arturo Viale, Mezz'agosto; Arturo Viale, Storie&fandonie; Arturo Viale, Ho radici e ali  ]