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Visualizzazione post con etichetta Vallecrosia (IM). Mostra tutti i post
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lunedì 6 ottobre 2025

Altre sfumature di azzurro

 


 

Data la prossimità della zona di Ventimiglia con il dipartimento francese delle Alpi Marittime è quasi inevitabile fare emergere di tanto in tanto altri - rispetto a precedenti note - pertinenti fatti curiosi.

Su tutto campeggiano - a saperli cercare - i racconti di Gianfranco Raimondo, imperniati non solo su zingarate compiute oltre frontiera da persone nostrane, ma anche risvolti significativi, come la lunga partecipazione al Festival del Cinema di Cannes come giornalista, decano, infine, di Angelo Maccario di Ventimiglia.
 

Gianfranco Raimondo, ad esempio, ha rammentato in almeno un'occasione che André Vanco, già partigiano, sindaco comunista di Beausoleil dal 1977 al 1986, impiegato di Radio Montecarlo (molto frequentata ai tempi da Gianfranco) aveva organizzato nella sua zona diverse conferenze di un valente fotografo, Gian Butturini, per la presentazione di un libro di fotografie di Fidel Castro.

L'incanto della Cappella della Pace a Vallauris, dipinta da Picasso, illumina questa cittadina di ceramisti autorizzati dall'artista in persona a riprodurre certe sue ispirazioni nei loro vasi ed altri casalinghi, la cui vendita in Italia non ebbe mai, tuttavia, grande fortuna.
E, tornando a Picasso, si può sottolineare che avesse donato alquanti suoi disegni, litografie ed acquarelli a sedi ed uffici popolari.

La marcia contro le miniere di uranio nella Valle delle Meraviglie nel 1979 fu un avvenimento molto articolato e partecipato, coronato anche da successo. Per alcuni partecipanti di Ventimiglia il ritorno avvenne, sempre in pullman ma scendendo prima su Nizza: uno stagionato figlio dei fiori, prossimo - a suo dire - a rientrare in India intonava con discreta voce, accompagnandosi con la chitarra acustica, anche una versione tradizionale della canzone "The House of the Rising Sun", nota al largo pubblico per il disco di "The Animals".


Il sindaco di Ventimiglia in quel 1994 appariva un po' stralunato all'inaugurazione in Nizza della sede di rappresentanza di un'associazione di categoria imperiese.


Un suo non subitaneo successore, dell'area di centro-destra, ebbe tempo dopo occasione di chiedere delucidazioni al già citato ufficio.


Un'altra associazione di categoria aveva molto premuto con istituzioni imperiesi per l'apertura dalle parti di Nice Etoile di un centro promozionale di piccole imprese della provincia, rivelatosi presto un fallimento.


Alla Fiera di Nizza - nei primi anni 2000 - fu in qualche modo presente in alcune occasioni anche l'Accademia della Comunicazione Verbale, condotta con caparbietà dal milanese Davide Oscar Andreoni, in quel periodo abitante di Vallecrosia, il quale scattò alcune immagini che sarebbero in seguito risultate alquanto significative, come quella concernente un futuro sindaco e ministro.
Del resto, Andreoni non si era neppure risparmiato di tenere lezioni specifiche del suo sodalizio anche presso un ente pubblico di Saint-Laurent-du-Var o di collaborare con associazioni culturali di Breil sur Roya.


P.S.

Nel titolo si gioca con l'aggettivo azzurro, azuréenne, molto usato in Costa Azzurra, a proposito, come per il Museo della Resistenza della Costa Azzurra, e, forse, talora, a sproposito.

Adriano Maini

mercoledì 1 ottobre 2025

L'orologiaio di Olivetta San Michele aveva un viso aguzzo

 





Uno spazio attrezzato come quello della Piazza Erio Tripodi in Vallecrosia avrebbe fatto comodo anni fa per lo svolgimento di una Festa de l'Unità, che, in effetti, ebbe luogo tante volte in quell'area, dove non era ancora stato eretto il Memoriale dedicato ai detenuti del campo di transito per ebrei e prigionieri politici, aperto dalle autorità fasciste della Repubblica di Salò per diversi mesi del 1944, e dove il bar in concessione pubblica era situato in una posizione più defilata.

L'argomento "Feste de l'Unità", oggi molto rare, a prescindere da altri rivoli di possibili racconti, può essere un appiglio - ma ce ne sono altri - per rivisitare aspetti minuti e in larga misura diversi della politica di un tempo.

Ad Airole. Fonte: Lorenzo Rossi

Ancora ad Airole. Fonte: Salvatore Alfano

Non sarà inusuale che un sindaco, presente o futuro, o un assessore o un semplice consigliere comunale partecipi direttamente ad eventi sportivi, anzi, forse appariva più strano decenni fa.

Fioccavano, nella zona tra Bordighera e Ventimiglia e relativo entroterra, i soprannomi: i sindaci "Pippo" e "Miliu", il referente comunista "quello del bue" e così via, in un'allegra confusione di parole e suoni dialettali.

Olivetta San Michele (IM)

L'orologiaio di Olivetta San Michele aveva un viso aguzzo con baffi sottili, quasi un sosia di Sergio Tofano, quest'ultimo creatore per il Corriere dei Piccoli delle avventure del Signor Bonaventura, attore, uomo di teatro, regista, scrittore, che qualcuno ricorderà, dotato di barba e capelli bianchi fluenti, intrigante interprete dell'abate Faria nella molto datata riduzione televisiva de "Il Conte di Montecristo".
L'artigiano in questione, già anziano, provvedeva in loco al tesseramento del Partito comunista, concernente ben poche persone, alla presenza alle riunioni tenute nel bar trattoria del paese eponimo ed ai comizi, a poco altro ancora: una situazione diffusa, prima dei successi elettorali comunisti del 1975 e del 1976, in tanti borghi di valle, di collina e di bassa montagna, della zona di frontiera - con la grande eccezione di Perinaldo -, per non aggiungere di tutto l'Imperiese.
Tornando direttamente al personaggio, viene da supporre, ad usare un eufemismo, che, pur essendo conosciuto e stimato, come si vide in occasione del suo funerale, non avesse, appiedato com'era e data la discreta estensione territoriale di quel comune, soverchie occasioni di fare attività nelle frazioni di Fanghetto e di San Michele in Val Roia né in quella e nelle case sparse di Val Bevera. E, con ogni probabilità, date le citate premesse, neppure tanti clienti.

A Dolceacqua (IM). Archivio Moreschi

A Dolceacqua (IM). Archivio Moreschi

In sostanza, una situazione tipica, allora, di tanti paesi, in quanto negli anni Settanta erano retti tutti, con l'esclusione già vista di Perinaldo e della vicina Soldano, dove il sindaco era socialdemocratico, da primi cittadini democristiani, ancorché eletti in liste civiche, indubitabili protagonisti di svariate cerimonie, come quelle fotografate intorno al 1969 da un gruppo di amici di Sanremo, ricercatori di realismo e conservate da Alfredo Moreschi.

In quel periodo un assessore democristiano di Ventimiglia, quando si recava a Roma per compiti istituzionali, non mancava di procurarsi un appuntamento con il suo vecchio compagno di scuola Angelo Oliva, all'epoca vice responsabile della Sezione Esteri del Partito comunista, il quale fece conoscere all'amico tutti i migliori ristoranti della Suburra e diversi risvolti, anche confidenziali, ma non troppo, della sua attività in giro per il mondo.

Adriano Maini

mercoledì 10 settembre 2025

Un ufficiale britannico tra i partigiani del ponente ligure

 

Vallecrosia (IM): il punto di imbarco del penultimo tentativo, fallito, di Bell e di Ross

Michael Ross, nel suo From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy, Minerva Press, London, 1997 (aggiornato di recente dal figlio, David Ross, in The British Partisan, Pen & Sword, London, 2019), raccontò in modo dettagliato la permanenza sua e di Bell tra i partigiani imperiesi.
Dei patrioti non fece mai nomi veri o di battaglia, ad eccezione di Giuseppe Porcheddu e della sua famiglia, presso cui i due ufficiali britannici, che dopo l'8 settembre 1943 erano riusciti a fuggire dal loro campo di prigionia di Fontanellato in provincia di Parma, trovarono ospitalità clandestina per circa un anno, eccezione fatta per alcuni brevi periodi di più prudente collocazione in altri luoghi; di Renato Brunati, martire della Resistenza, e Lina Meiffret (tornata salva dalla deportazione in Germania, ma minata nel corpo e nello spirito per le tante sevizie cui venne sottoposta in carcere ad Imperia e a Genova, per tanti altri patimenti subiti, per i due falliti tentativi di lasciare la Germania e soprattutto per la perdita dell'amato Brunati), i quali per primi sul finire del 1943 diedero rifugio ai due ufficiali in Baiardo; di Vito (Vitò, Ivano, Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della II^ Divisione d’Assalto Garibaldi "Felice Cascione"); di Achille, cioé Achille "Andrea" Lamberti del Gruppo Sbarchi Vallecrosia, quest'ultimo tra gli organizzatori della loro esfiltrazione definitiva verso gli alleati con arrivo in barca a remi (a marzo 1945) a Montecarlo.
Del libro di Michael Ross può essere interessante citare alcuni fatti immediatamente antecedenti la fuga finale di Bell e di Ross, fatti successivi al definitivo e necessario abbandono della casa di Porcheddu. Una volta arrivati di nuovo sulle alture della guerriglia, i due rischiarono di essere passati per le armi a causa della profonda, bellicosa diffidenza di un capetto partigiano, ricordato con il nome di Bruno: per loro fortuna tale iniziativa non poteva essere fatta senza l'assenso di Vito (Vitò), il quale, ricorso ad un breve interrogatorio condotto da piloti statunitensi, ebbe modo di appurare definitivamente che si trattava di ex prigionieri dell'Italia fascista e di apprestare loro le misure necessarie al loro viaggio verso la Costa Azzurra.
Per tre volte, a seguito delle comunicazioni via radio fatte dal telegrafista dell’ufficiale di collegamento alleato, il capitano del SOE britannico Robert Bentley, un sommergibile inglese si avvicinò alla costa vicino a Taggia, forse alla Curva del Don di Riva Ligure, già altre volte pensata per simili missioni.
Per due volte la scorta dei partigiani ed il gruppetto degli alleati - tra cui Erickson e Klemme, sui quali esiste una discreta letteratura, piloti alleati caduti con i loro apparecchi in Piemonte ed arrivati in Riviera dopo diverse peripezie - che dovevano imbarcarsi dovettero fuggire perché trovarono i tedeschi che li mitragliarono con l’ausilio di bengala.
All’ultimo appuntamento i nazisti attesero invano, perché nel frattempo i garibaldini avevano individuato la spia che aveva messo in allarme il nemico, una giovane donna, di probabile origine iugoslava, prontamente giustiziata, per giunta con la pistola di un pilota alleato.
Risultarono dispersi, poco prima della loro partenza, due partigiani e due americani, indicati come Ricky e Reg.
Alla fine si compose la squadra che, formata da Ross, Bell e due piloti alleati, sfuggiti alla cattura da parte nazifascista, marciò attraverso l’entroterra di Sanremo, Negi di Perinaldo, Vallebona verso Vallecrosia, punto clandestino di imbarco per la Francia.
 

Giovanna Porcheddu ed il marito Michael Ross. Fonte: The Telegraph
 

Diversi anni dopo Michael Ross, quando si trovava a Bordighera (dove alla fine si era ritirato con la moglie Giovanna, figlia di Giuseppe Porcheddu) passava spesso a salutare Achille Lamberti o si spostava nell'entroterra insieme all'amico Vincenzo Manuel Gismondi, il patriota antifascista che si era recato a Genova per acquistare - con fondi messi a disposizione da Dino Giacometti di Ventimiglia, dove abitava a Villa Olga, grande amico di Porcheddu - un motore fuoribordo da applicare alla barca che, trafugata da Villa Donegani di Bordighera, avrebbe dovuto trasportare (sembra di capire alla fine del 1943) lo stesso Manuel Gismondi, gli amici suoi e di Porcheddu Moraglia ed Assandria, Bell e Ross in Corsica nel primo dei tanti tentativi falliti di rientro nelle linee alleate compiuti dai due ufficiali britannici: in questo caso per una falla della barca che a duecento metri dalla riva affondava. Questo episodio è attestato ("...  a stento i fuggiaschi raggiunsero la costa rifugiandosi poi da me, fradici ed avendo salvato solo il motore") da un memoriale di Giuseppe Porcheddu, che purtroppo all'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia si trova solo in fotocopia, mentre secondo David Ross quel viaggio non venne neppure tentato perché all'ultimo il pescatore che avrebbe dovuto condurre quel natante si sottrasse all'impegno preso.
Anche il penultimo tentativo - del Gruppo Sbarchi - di trasferire Bell e Ross e gli altri alleati (sempre a marzo 1945 e dopo che era già saltato - testimonianza di Renato Dorgia - l'appuntamento o con un motoscafo o con un altro sommergibile provenienti dalla Francia) via mare da Vallecrosia in Costa Azzurra fu bersagliato dalla sfortuna: per la seconda volta un'imbarcazione colò a picco e fu grosso lo sforzo di riportare a riva Bell, che non voleva sbarazzarsi dell'ingombrante cappotto, appesantito dall'acqua, sforzo fatto da Achille Lamberti, che nell'occasione se ne uscì con la frase che negli anni avrebbe ancora tante volte pronunciato: "Tùti in tu belin a mi!" (Renato Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, IsrecIm, 2007). 

Adriano Maini

giovedì 7 agosto 2025

Ridondanze



Alla palestra ex G.I.L. di Ventimiglia su questo blog si è fatto alcune volte riferimento. Come per il giovanotto che si presentava scalzo al premilitare del passato regime fascista, perché sapeva che sarebbe stato rimandato a casa. O per la mensa popolare tenuta dal Sindacato nell'immediato secondo dopoguerra in quell'edificio. Inoltre, per l'area aperta, oggi adibita a parcheggio, per le selezioni interne in atletica leggera degli allievi degli Istituti Superiori in vista della partecipazione ai campionati provinciali studenteschi e per tante gare di pallavolo della medesima cifra.

Si compie questa premessa per sottolineare che su queste colonne si possono sempre verificare ripetizioni di temi e produrre ridondanze, non sempre necessarie, talora dovute a distrazione.

Si fornisce qui di seguito qualche esempio, si spera intonato al genere brillante.

A Ventimiglia (IM)

A Bordighera (IM)

Ancora a Bordighera

A Soldano (IM)

Ad Ospedaletti (IM)

Sui ciclisti amatoriali torna spesso l'attenzione, perché sembra un fenomeno in costante crescita.

A Vallecrosia (IM)

Ad Ospedaletti

Non tutti vanno pedalando su due ruote bardati con indumenti tecnici, ma sovente è così. E non c'è il rischio di intravedere magliette e pantaloncini che richiamino alla memoria le epoche di Binda, Bartali, Coppi, Bobet, Gimondi, Merckx.



Non tutte le panchine di questa zona hanno avuto qualche rilievo letterario, ma Lungomare Oberdan a Ventimiglia vedeva un tempo panchine costruite come pertinenze di un muretto di protezione adorno di bei disegni su piastrelle di ceramica, di cui rimane qualche eco a Marina San Giuseppe: in ogni caso quelle attuali sono abbastanza graziose.



A Bordighera ci sono anche nuove panchine tipo "chaise longue".

Vallecrosia

Le panchine con schienali - e sedili - a listelli tubolari sono abbastanza diffuse.

Ventimiglia, in zona Nervia

Un po' dappertutto panchine senza schienali.

Bordighera: Lungomare Argentina

Ma qualche panchina più tradizionale si trova ancora.

Il carro "Maja" del 1958

Il carro "Barone di Münchhausen" - Compagnia "A Mar Parà" - 1967

Per quanto concerne la Battaglia di Fiori di Ventimiglia si possono, invece, ancora rinvenire interessanti fotografie.

Adriano Maini


martedì 10 giugno 2025

Un comizio stranamente ben riuscito ad Airole

 

Airole (IM): uno scorcio della Piazza antistante la Parrocchia

In quella vigilia di Natale il vescovo di Ventimiglia si affacciava sulla soglia della Cattedrale per intrattenersi brevemente in amabile conversare con il capogruppo comunista in consiglio comunale, che si era accompagnato sin là con i militanti del suo partito, che distribuivano a chi usciva dalla Messa volantini che chiedevano la cessazione dei bombardamenti aerei statunitensi sul Vietnam del Nord.

Il torrente Bevera a Torri

Nel corso della campagna elettorale del 1972 il sindaco democristiano di Ventimiglia si avvicinava, tra lo stupore evidente di molti compaesani, per dare un saluto cordiale, un vero e proprio benvenuto - e proprio a metà del ponticello sul torrente -, al segretario della Federazione Provinciale comunista, che era in procinto di essere eletto deputato e che stava per tenere un comizio in quella piccola frazione di Val Bevera.

Vallecrosia (IM): la Via Aurelia

Sicuramente immaginava cosa sarebbe successo, ma un uomo della sinistra democristiana di Ventimiglia, impegnato nella redazione della pubblicazione di cattolici del dissenso "La Goccia", su questo blog menzionata in precedenza, avutane notizia, non si peritò di accompagnarsi, avendoli invitati, a due giovani comunisti per assistere nel salone di un Istituto religioso di Vallecrosia alla prolusione elettorale di una deputatessa piuttosto conservatrice di Genova, la cui caratteristica aveva suscitato una certa considerazione nel personaggio, tanto è vero che dei due suoi amici il segretario della Sezione comunista di Ventimiglia Centro nel successivo dibattito, che forse senza il suo intervento non ci sarebbe neanche stato, prese a subissare di domande e considerazioni politicamente aggressive la povera signorina. Quest'ultima anni dopo - ironia della storia! - sarebbe approdata ai banchi progressisti del Consiglio Regionale della Liguria.

San Biagio della Cima (IM): uno scorcio

L'onorevole Gino Napolitano, già famoso comandante partigiano, proprio in quel periodo ogni tanto rammentava ai suoi interlocutori gli anni in cui i comizi comunisti nell'entroterra della provincia di Imperia erano praticamente tenuti nel vuoto, tutt'al più con qualche rara persona che orecchiava da dietro le imposte, come gli era capitato in un'occasione a San Biagio della Cima quando doveva parlare insieme alla moglie di Alessandro Natta.

L'idea partì da due ex partigiani del "Gruppo Sbarchi di Vallecrosia", Achille Lamberti (Andrea) e Pietro Marcenaro (Gireu), e venne lanciata in una riunione del direttivo comunista locale di Sezione, ma quando si svolse a gennaio 1973 la Marcia Ventimiglia-Bordighera per la Pace in Vietnam la preparazione e lo svolgimento risultarono ampiamente unitari.
Si è ormai persa la memoria di varie tappe decisionali ed organizzative, ma rimangono fuori dubbio che a guidare (e a metterci) l'automobile per gli annunci tramite altoparlante fu l'esponente già citato della sinistra democristiana e che a tenere l'unico discorso, conclusivo, della manifestazione si volle il Presidente Provinciale A.C.L.I.

In occasione del suo comizio a difesa della legge sul divorzio ad Airole, durante la campagna referendaria del 1974, fu grande lo stupore del giovane funzionario comunista a trovarsi da un momento all'altro la piazza completamente gremita, ma, finito l'intervento, l'arcano gli venne svelato sotto forma di interruzione dello svolgimento di un'importante celebrazione religiosa, che aveva in ogni caso convogliato i partecipanti su quel sito. Mentre parlava, qualche dubbio all'oratore era pur già venuto, perché si sentiva continuamente osservato con sorriso ironico da una sua ex insegnante delle Superiori, donna notoriamente molto devota e non certo di sinistra. Non sapeva due cose all'epoca il nostro: che l'episodio in qualche modo sarebbe stato sottolineato da Lorenzo Rossi nel suo Airole 500 anni. La storia di un paese nella cronaca di cinque secoli (Comune di Airole,  1998) - e questo non poteva certo indovinarlo! - e che la sua professoressa era cugina della laica e molto aperta Lorenza Trucchi, grande figura di critica d'arte e di giornalista.

Pompeiana (IM)

Al reduce di quell'episodio accaduto in Val Roia sarebbe ancora capitato di incontrare un largo pubblico per un'arringa della campagna elettorale del 1976, ma questa volta un po' più lontano dalla zona intemelia, precisamente a Pompeiana: non ebbe, tuttavia, notizie di processioni e fatti similari come veicoli promozionali, né potè fornirsi una spiegazione basata solo sul vento in poppa di quell'anno per il Partito Comunista, perché in tanti altri paeselli le affluenze rimasero modeste.

Adriano Maini

venerdì 14 marzo 2025

Ghepeu, l'uomo che faceva saltare i ponti

 

Sanremo (IM): un angolo di Via Romolo Moreno

"Ghepeu", al secolo Sergio Grignolio, nato a Vallecrosia (e già questa circostanza meriterebbe qualche approfondimento) il 2 luglio 1926, ma soprattutto fiero abitante di Sanremo, fu un partigiano che godette di una discreta letteratura, a cominciare dalla lunga intervista rilasciata a Mario Mascia per "L'epopea dell'esercito scalzo" (ed. ALIS, 1946), primo libro di storia sulla Resistenza Imperiese, e dalla coincidenza della sua figura - come ribadito in alcune occasioni con colorite sottolineature dallo stesso protagonista - con il personaggio di "Lupo Rosso" ne "Il sentiero dei nidi di ragno" di Italo Calvino. Del resto Calvino si era ritrovato incarcerato con Grignolio quando questi effettuò la prima delle sue due rocambolesche fughe da una prigione nazi-fascista. Mascia mise in evidenza "Ghepeu" come il “bridge blower”, cioè l'uomo che fa “saltare i ponti”, aspetto ripreso da diversi scrittori.
Non evoca, invece, nulla di avventuroso, a ben guardare, la denuncia presentata dallo stesso Grignolio a Liberazione avvenuta, precisamente il 28 agosto 1945, contro una ragazza di Sanremo, dove era nata il 28 marzo 1927, quindi, minorenne, la quale aveva, per timore - per sua ammissione - di essere ritenuta complice, aveva segnalato alle Brigate Nere che nell'abitazione di famiglia di Via Romolo Moreno (nel centro storico della Pigna), abbandonata dai componenti perché sinistrata a seguito dei bombardamenti, pernottavano saltuariamente, tra dicembre 1944 e gennaio 1945, alcuni partigiani, tra cui "Ghepeu". 
 
Copia della pagina qui citata del brogliaccio delle Brigate Nere di Sanremo

Le ispezioni dei militi repubblichini non avevano avuto esiti positivi, ma il loro brogliaccio individuava il comportamento dei garibaldini, che avrebbero utilizzato la casa quale base momentanea, senonché, questi saloini, da inguaribili guardoni, come si evince da altre pagine del loro diario, non potevano trattenersi da usare frasi pittoresche a loro care quali l'attribuire - aggiungendo solo "pare" - a questi patrioti - il "fare baldoria" in un appartamento della limitrofa Via Rivolte prima di passare al già citato rifugio.
Il documento qui richiamato, al pari di quelli quasi tutti menzionati qui di seguito, è una copia, frutto di una ricerca effettuata nell'Archivio di Stato di Genova da Paolo Bianchi di Sanremo.

A Vallecrosia avevano visto la luce anche alcuni collaborazionisti, dei quali si è già detto.

Tra le testimonianze che incrociano "Ghepeu" e Italo Calvino - Pietro Ferrua (in "Italo Calvino a San Remo", Famija Sanremasca, 1991): "Italo Calvino trascorre circa tre notti fra Villa Giulia o Villa Auberg e il carcere di Santa Tecla paventando una fucilazione che lo risparmierà ma mieterà altre vittime. Durante questa breve detenzione si imbatte in Sergio Grignolio..." -, ma anche i fratelli Sughi, Pietro (Pier delle Vigne o della Vigna) e Juares (Leone), partigiani che con il futuro scrittore e con Grignolio avevano condiviso diverse esperienze di vita alla macchia, compresa la breve permanenza nella grotta scavata dal padre di Calvino nella sua campagna di San Giovanni di Sanremo, ce ne sono, pertanto, alcune di Pietro Ferrua, notevole personalità del pacifismo, dell'anarchia libertaria e della cultura, che tuttavia a proposito di un certo O., a distanza di tanti anni dalla fine del conflitto, non si era ancora accorto che si era trattato di una spia fascista, come del resto messo in evidenza anche in un rapporto del 2 giugno 1947 redatto dall’OSS statunitense, contenente verbali degli interrogatori subiti da Ernest Schifferegger (altoatesino, interprete, ex sergente SS), ma quest'ultimo è un atto solo da poco desecretato, mentre altri avrebbero dovuto essere noti da tempo..

Da una fonte occasionale diversa si è di recente avuta la conferma dell'identità del commerciante di Ventimiglia - al quale si è già accennato in un precedente post - in forza con la sigla "VEN.38" - non è chiaro se come agente o se come confidente - all'U.P.I. (Ufficio Politico Investigativo) della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) del regime di Salò.

Aveva la residenza a Bordighera la donna traduttrice (ed interprete) per gli occupanti tedeschi, per i quali lavorò prima a Sanremo, poi ad Ospedaletti: da quest'ultima località avrebbe fornito utili informazioni ad un resistente della città delle palme.

Adriano Maini

lunedì 9 dicembre 2024

Ombrellaio!!!

Ventimiglia (IM): il carro del Dopolavoro di Nervia transita davanti al Teatro Romano per l'edizione 1938 della Battaglia di Fiori. Fonte: Diego Pannoni

C'era una casa, a Nervia di Ventimiglia, più o meno insistente sull'attuale ingresso dell'antico Teatro Romano, demolita concluso il secondo conflitto mondiale, una costruzione che ospitava anche un panificio, dove diversi ragazzi dell'epoca impararono il mestiere. Si fermava spesso ai tempi in quell'operoso laboratorio un ferrivecchi, arrivato da non molto dalla lontana Calabria. Tra l'ospite e gli addetti al forno l'atmosfera era sempre gioiosa, le conversazioni erano sempre amichevoli, gli spuntini erano frequenti. Ma era anche irresistibile la tentazione per gli indigeni di giocare qualche tiro all'immigrato, mettendosi a parlare in dialetto stretto: il divertimento era comunque assicurato per tutti, trattandosi di persona di spirito, destinata di lì a breve a diventare un noto ristoratore della città di confine.

Arturo Viale nel suo "Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio" (Edizioni Zem, 2022) si sofferma su di sergente dei granatieri, alto un metro e novanta, il quale, per arrotondare la paga raccoglieva ferro ed ossa (di animali, si suppone!): "il ferro serviva per qualche fucina e le ossa tritate diventavano concime", ma, finita la guerra, riapprodato a Ventimiglia, "aveva deciso di sfruttare l’altezza e si era messo a costruire i pergolati di cannicci per coltivare il verde e le serre in legno".

In quel periodo operava nella zona intemelia di frontiera anche un guaritore, una figura su cui Odovindo Del Bona ha incentrato il suo romanzo "Il mago e le streghe. Vicende dell'estremo Ponente Ligure" (Youcanprint, 2019).
In effetti l'autore (un noto imprenditore del ponente ligure che per l'occasione ha inteso celarsi sotto un nome d'arte) ha innestato dei raccordi di fantasia sulla rievocazione di molte vicende reali della vita del nonno materno (e di questo ramo della sua famiglia): un'opera che merita, invero, qualche successiva specifica presentazione critica più dettagliata.
Qui preme sottolineare due situazioni, estrapolate dal contesto.
L'imposizione fatta al protagonista, nonché a sua moglie ed alla figlioletta, di sopportare la presenza forzata del "comandante Kasper" e di un drappello di soldati tedeschi al piano terra della propria abitazione, un casale parzialmente appena ristrutturato, situato non lungi dal cimitero di Vallecrosia, e di questi e di altri teutonici nel suo terreno adibito ad uso agricolo, ancorché in quei giorni tormentati praticamente abbandonato, un terreno ben presto devastato per l'allestimento di un'officina di riparazione di mezzi pesanti germanici.
E la richiesta del comandante garibaldino Vittò (al secolo Giuseppe Vittorio Guglielmo), quando Pigna era una zona libera partigiana, di curare un suo caro amico che versava colà in gravi condizioni. Il guaritore, che attraversava di continuo gli spazi di patrioti e di nazifascisti in quanto molto richiesto per le sue prestazioni, in quel caso si sentì sul serio incapace allo scopo, ma, con sua somma sorpresa, il suo tentativo ebbe successo: al ritorno fu molto attento a non fare accenni di questa vicenda all'uomo della Wehrmacht, che, anche se riconoscente per la terapia praticata alla sua sciatalgia, era sempre molto sospettoso circa gli spostamenti di chi malvolentieri lo ospitava.

In molti, specie donne, allora ed anche dopo, praticavano rimedi e medicamenti, per lo più con decotti di erbe, per malanni vari: ad esempio, si prestava attenzione ai bambini per i cosiddetti "vermi" (la tenia) ed ai più grandi per slogature, storte alle caviglie ed altri acciacchi muscolari, rispetto ai quali alcuni veri "maghi" sapevano ripristinare condizioni ottimali con la semplice (si fa per dire!), misteriosa imposizione delle mani.

Ma ambulavano, inoltre, da queste parti, come nel resto del Paese, chi sporadicamente, chi più sovente, zampognari (che la mentalità popolare individuava come nunzi di maltempo), arrotini, spazzacamini, pescivendoli (brutto termine ma di uso corrente). In genere si annunciavano con forti strilli in gergo. Un grido, forse, è rimasto più impresso in una certa memoria collettiva, quello di "Ombrellaio!!!". Mestieri in larga misura superati dalle tecniche moderne, comprese quelle che producono beni "usa e getta". Qua e là, tuttavia, si esibiscono ancora colleghi degli amici acrobati e ballerini di Mary Poppins, non del tutto sorpassati dal progresso.

E dalle spiagge si sente pure adesso qualche volta il quasi ancestrale, cantilenante annuncio "Cocco fresco, cocco bello!". Ma anche un più recente - così, almeno, sembra! - "Co! Co! Co! Cocco bello!".

Meriterebbero un capitolo a parte i carretti dei gelati, ma poche parole di una nota canzone intonata da Lucio Battisti hanno già fatto giustizia in merito.

Adriano Maini

sabato 23 novembre 2024

Un po' prima dei carri de "I Galli del Villaggio"


Capita di riprendere in mano un vecchio libro sulla Battaglia di Fiori di Ventimiglia per cercare almeno il nome della compagnia di carristi con la quale aveva collaborato nei primi anni Sessanta - addirittura potendo usufruire di una specifica licenza dal servizio militare di leva - un vecchio conoscente, smemorato, ma nostalgico. Si risolve parzialmente il quesito, individuando il gruppo, ma non - salvo due - i carristi. Ci si è arrivati anche incrociando i dati ricavati dalla lettura con quelli emersi da conversazioni con persone che ben conoscono la strada dove era ubicato il capannone.

A questo punto è doveroso citare il ponderoso volume "Battaglia dei Fiori" di Danilo Gnech, Franco Miseria e Renzo Villa (Dopolavoro Ferroviario di Ventimiglia, Cumpagnia d'i Ventemigliusi, Civica Biblioteca Aprosiana - 1987). Si tratta di una vera e propria miniera di informazioni, che non può, tuttavia, essere del tutto esauriente, proprio per la massa sterminata di notizie, concernenti le brevi analisi di decine di edizioni della manifestazione (dal 1921 al 1938; poi l'interruzione per la guerra; quindi, dal 1948 sino al 1969; poi, le due, una del 1984, l'altra del 1985) e la pubblicazione di centinaia di fotografie, desunte quasi tutte dallo storico archivio di Foto Mariani di Ventimiglia.

Accade che in occasione della mentovata ricerca, venga, altresì, in mente di tentare di appurare le specifiche di carri che, considerate le fotografie - focalizzate sulle persone ritratte, con inquadrature, dunque, solo parziali dei carri - portano a propendere per riferimenti a Bordighera e per una datazione talora risalente ai primi anni Cinquanta.


Ci si inizia, però, a distrarre. Sono troppi i particolari curiosi che si riscoprono nella grande mole di documentazione, solo sfogliata negli anni per parziali consultazioni, o che si notano per la prima volta.
Diventa irresistibile la tentazione di citare alla rinfusa, senza neppure risalire a prima dell'ultimo conflitto, periodo foriero di tanti altri eventi, partigiani e reduci della recente guerra impegnati in qualche modo con i carri; personaggi noti ed altri meno noti, ma caratteristici; carri non solo provenienti da Bordighera - ma questa circostanza è scontata - da Camporosso, da Vallecrosia, cittadine limitrofe della zona intemelia, ma anche, in almeno in un caso da Nizza - o costruito in loco per conto del capoluogo del dipartimento delle Alpi Marittime.
Viene spontanea una divagazione su Vallecrosia, suscitata dalla reminiscenza del racconto di una ex staffetta partigiana, che a suo tempo, per contribuire finanziariamente alla costruzione del carro del suo gruppo, aveva rinunciato a comprarsi l'agognato ciclomotore: i garofani per infiorare all'epoca erano gratuiti - congiuntura sulla quale qualcuno ha scritto pagine molto belle, che sarebbe d'uopo rivisitare - per cui era sufficiente andare a raccoglierli, ma qualche spesa pur sussisteva e, se non si vincevano premi, rimborsi pubblici, anche parziali, pare non fossero previsti.
Anche a Vallecrosia si cimentarono sodalizi ispirati da riviste dell'area comunista; anche da Vallecrosia salirono sui carri belle ragazze e gagliardi giovanotti, compreso il negoziante più anarchico che comunista, fine intellettuale che conosceva tutti (tra questi Angelo Oliva, Francesco Biamonti, gli animatori dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera). Nel libro "Battaglia dei Fiori" vengono poi citati i fratelli Tardito di Vallecrosia come gruppo carrista: in sostanza, una didascalia a corredo di uno scatto abbastanza buffo del quale basta dire che riprende un motociclo più o meno infiorato, con più persone a bordo, di cui una chiaramente è un uomo travestito (male!) da donna, il tutto per ricreare un soggetto da sfilata dal titolo emblematico (oggi lo si definirebbe molto scorretto) "Le zitelle". Quasi sicuramente gli autori hanno inteso menzionare Elio ed Ivo Tardito, i quali ben conoscevano il commerciante di cui si è già detto, ma di loro va anche rammentato il grande impegno successivamente profuso nel Cine-Foto Club di Vallecrosia, altra associazione che meriterebbe qualche appropriata rievocazione.

Tornando all'argomento dei carri di Bordighera ad inizio anni Cinquanta si sottolinea, a mero titolo indicativo, che nel 1948 avevano già partecipato alla Battaglia di Fiori l'opera "Omnibus dell'Ottocento" della compagnia - o gruppo - Anzio-Sasso, nel 1949 il carro "India" (Sicilia-Parmeggiani) e quello "Corbeille" (Azienda Autonoma Turismo), nel 1950 "Il sedile dei pensieri" (sempre Sicilia-Parmeggiani).  


Con "Tempio proibito" (Giuseppe Tomatis) del 1954 si è, forse, arrivati al primo riscontro positivo tra una fotografia e gli atti, per così dire, ufficiali della Battaglia di Fiori: nell'immagine si vede almeno un protagonista dei futuri trionfi (anni Sessanta) dei carri de "I Galli del Villaggio". Si fa notare di passaggio che si sono fatti scomodare nell'indagine alcuni interlocutori, autorevoli in materia, comunque, rimasti presi alla sprovvista.
Ai carristi de "I Galli del Villaggio" di Bordighera ha reso per lo meno onore Renato Ronco con l'articolo intitolato per l'appunto "I Galli del Villaggio", compreso in (a cura di) Pier Rossi, Racconti di Bordighera - 2, Alzani Editore, 2018.

Rimangono, rispetto ad immagini attinenti la Battaglia di Fiori e Bordighera, altri inediti da appurare, probabilmente, anche errori da rimediare.
Del resto, quello relativo alla desueta manifestazione popolare ventimigliese è un romanzo che ogni persona interessata scrive per conto suo.
Forse, per molti motivi, una storia irripetibile, ma sempre foriera, per chi interessato, di ulteriori spunti narrativi.
E, forse, è meglio che restino ancora nell'alone del mistero le prime due fotografie qui pubblicate, la prima delle quali potrebbe anche essere fuori lo stretto tema.

Adriano Maini

venerdì 4 ottobre 2024

... il Gruppo Sbarchi Vallecrosia

Vallecrosia (IM): la zona del rio Rattaconigli, al confine con Bordighera, teatro di molte operazioni del Gruppo Sbarchi

La conferenza di venerdì 10 maggio 2024 a Sanremo, di presentazione del libro di Giorgio Caudano (con Paolo Veziano), Dietro le linee nemiche. La guerra delle spie al confine italo-francese 1944-1945 (Regione Liguria - Consiglio Regionale, IsrecIm, Fusta editore, 2024), introdotta con un breve cenno alla figura del capitano Gino Punzi, ha focalizzato le complesse vicende - tristemente esemplari - di tre esponenti dei servizi segreti tedeschi di stanza nella città dei fiori, il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia, i SIM (Servizio Informazioni Militare) dei partigiani del ponente ligure, l'avidità di spie e delatori, ma il lavoro in questione è di sicuro molto più esauriente.

Il milite della GNR G.B. Cotta, in permesso a Libri, Val Roia, aveva proceduto - come testimoniato in seguito dal maresciallo di finanza Efisio Loi e da due guardie, al fermo con sevizie di due ufficiali inglesi, arrivati da quelle parti perché fuggiti dal campo di concentramento di Fontanellato (PR) e trasferiti per tappe successive sino ad Imperia: con ogni probabilità i due britannici furono tra le tante persone scomparse nel nulla in quel tragico periodo, mentre al Cotta, imputato di altri reati, spettò un premio di 500 lire.

Alipio Amalberti era zio di Pietro Gerolamo Marcenaro, uno dei responsabili del Gruppo Sbarchi Vallecrosia, e fu in contatto con il gruppo di patrioti animato da Lina Meiffret e da Renato Brunati. A danno di Amalberti nel corso della perquisizione fattagli in casa a Vallecrosia il 24 maggio 1944 Giovanni Gallerini, altro milite della GNR, si impossessò "reato commesso con altri... di un marengo d'oro, di 2.950 lire in denaro, di una penna stilografica, di un orologio da tasca in metallo, marca Roscof, convertendo il frutto in proprio profitto". Gallerini partecipò a diversi altri misfatti compiuti dai fascisti repubblichini, ma qui adesso occorre sottolineare che condusse entro pochi giorni (il 5 giugno 1944) dal suo furto alla fucilazione in Badalucco Alipio Amalberti ed altri tre giovani partigiani, dopo averli seviziati, così come percosse brutalmente Meiffret (anzi, con lei fu particolarmente efferato) e Brunati in carcere ad Oneglia. Gallerini ebbe anche a che fare con il maggiore Enrico Rossi, arrestato dalla Guardia Nazionale Repubblicana il 5 giugno 1944 insieme al tenente Alfonso Testaverde ed al tenente Angelo Bellabarba perché tutti ritenuti complici di Meiffret e Brunati, mentre a quella data Brunati era già stato fucilato al Turchino. Il Gallerini risulta condannato all'ergastolo dalla Corte di Cassazione, ma non è dato sapere cosa gli successe dopo, se cioè, come quasi sempre, non vide ben presto ampiamente scontata la sua pena.

Si è fatto sin qui ampio riferimento a dispositivi di sentenze della Corte d'Assise Straordinaria di Sanremo (presidente Vincenzo Montulli), nelle copie di Paolo Bianchi di Sanremo di documenti depositati presso l'Archivio di Stato di Genova: è d'uopo aggiungere che colpisce in queste carte il notevole spazio dedicato a risibili motivazioni giuridiche, veri e propri esercizi da azzeccagarbugli.

Finita la guerra il padre di Bellabarba si rivolse tra gli altri (Emilio Biancheri e Tommaso Frontero di Bordighera) anche a Pietro Marcenaro per ottenere la certificazione di patriota del figlio, deceduto a Monaco di Baviera appena liberato dal lager.

Il 21 luglio 1945 il Gruppo Sbarchi, invero, la SAP di Vallecrosia, ed il CLN, sempre di Vallecrosia, a firma rispettivamente di Achille Lamberti (Andrea) e di Annibale Vedovati - come da attestazione conservata da Arturo Viale - annoverava tra i suoi collaboratori anche il tenente Mario Pecollo, che in precedenza aveva militato tra i partigiani autonomi del maggiore Enrico Martini (Mauri).

Adriano Maini

lunedì 16 settembre 2024

Camicie con la seta dei paracadute

 

Bordighera (IM): la spiaggia ai Piani di Borghetto

Un ex ragazzo dell'epoca, Giulio B., ricordava di come avesse contribuito in tempo di guerra a "fare il sale" con il sistema dell'ebollizione dell'acqua di mare. Si vantava del fatto che talvolta con un suo amico, compagno di avventura, riuscisse a produrre anche cinquanta chili al giorno del prezioso alimento, destinato, pertanto, anche ad essere rivenduto con evidente beneficio economico per le loro famiglie, dunque, non solo per stretto consumo casalingo. Questo capitava ai Piani di Borghetto di Bordighera, quasi al confine con Vallecrosia, e gli attori per andare in scena e procurarsi la materia prima attraversavano con pericolo evidente spiagge minate dai tedeschi. Di più: smontavano alcuni dei citati micidiali ordigni esplosivi - ed un altro pericolo incobente era quello di incappare nella sorveglianza - per estrarre la polvere pirica con cui avviavano al meglio le fiamme per i loro calderoni, in effetti rozzi vasconi fatti con metalli recuperati di fortuna.
Si trattava peraltro di una pratica molto diffusa, non solo nel ponente ligure. Altri racconti hanno fotografato come sede di produzione del sale il settore di sbocco a mare della Galleria degli Scoglietti di Ventimiglia.

Giulio parlava anche del riutilizzo - soprattutto per fare camicie - della seta di paracadute, raccolti frettolosamente, in questo caso non solo da lui, paracadute caduti in gran numero perché trasportavano bengala, quei bengala che in altri racconti ritornano come il terrore di tante persone, timorose di imminenti bombardamenti aerei che, in effetti, in quell'inizio di estate del 1944 - la notte dei bengala -, diversamente, purtroppo, dal prima e dal dopo, poi, stranamente, non ci furono.

Altri ex ragazzi hanno raccontato, rispetto al tormentato periodo bellico, di loro incontri con brigatisti neri della Repubblica Sociale di Salò.
Chi, maltrattato in casa a Vallecrosia, insieme ai genitori, da miliziani che cercavano il fratello maggiore impegnato nelle azioni della locale squadra di azione patriottica (Sap).
Chi, trovatosi con il padre ed il loro accompagnatore del luogo in altura - zona San Martino - tra Vallebona e Soldano alla raccolta di olive - copiose in quell'ultima stagione di guerra - venne fermato con i due adulti da una squadra di brigatisti neri alla ricerca di partigiani. I grandi furono sospettati di connivenza con i ribelli, sennonché un saloino, riconosciuto quel genitore, garantì per tutti, ponendo termine alla brutta disavventura.

Terminato il conflitto, Giulio lavorò anche allo sminamento, ormai logicamente praticato su larga scala e remunerato, impegno che gli venne prontamente inibito dalla madre appena ne venne a conoscenza, e l'ex milite fascista, che aveva tolto dai guai i raccoglitori di olive, trovò occupazione presso una nota distilleria di profumi della zona.

Adriano Maini

mercoledì 11 settembre 2024

C'era un bar...

Vallecrosia (IM): la zona del "Ponte"

C'era un bar sul "Ponte" di Vallecrosia, dapprima ubicato a settentrione, poi spostato dall'altra parte della Via Aurelia. Nell'ultima sistemazione aveva nel seminterrato una sala che a lungo rappresentò per quella cittadina l'unica occasione per riunioni di carattere politico, sociale e culturale, tanto è vero che è tuttora ben ricordata dagli animatori dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera, che tra quelle mura mosse i suoi primi passi. Ma anche quell'esercizio ebbe tra i clienti più assidui alcuni protagonisti della più normale vita sociale della zona.

Via Dante a Ventimiglia, da molte persone ancora adesso chiamata Via Regina, fornisce talora l'occasione, in quanto pregresso sito di residenza, per fare ritrovare qualche vecchio amico, magari rientrato in vacanza da fuori regione. Più spesso questo appuntamento viene dato non proprio in loco, ma la motivazione scaturisce sempre dalla vecchia appartenenza a quella strada o alle sue immediate vicinanze. Come sovente capita in questi casi, un punto di riferimento per le pregresse frequentazioni era un pubblico esercizio, all'inizio una latteria, presto affiancata da un vero e proprio bar, gestito dalla famiglia di due dei nostri personaggi. Anche questi ultimi si esibirono nei gruppi musicali degli anni Sessanta, con altri giovani del posto o del comprensorio, in genere con buoni risultati di carattere locale, messi in evidenza, al pari di altri aspetti qui riferiti, ad esempio, da Gaspare Caramello in un suo scritto di quasi venti anni fa. Non poteva mancare, infatti, in Via Regina, né poco lontano, qualche capannone per la costruzione di carri per la Battaglia di Fiori, in cui si diedero da fare quasi tutti i richiamati ragazzi, mentre altri tra di loro preferirono affinare le competenze da carristi in altre parti della città.

C'era un bar a Nervia di Ventimiglia, l'unico bar in pratica della località sino agli inizi degli anni Sessanta, ma che aveva la singolarità di essere stato dotato da subito di un televisore. A detta di una persona della famiglia di quella proprietà fu proprio la presenza di quell'apparecchio a determinare notevole affluenza a quel locale. Vista la variegata composizione dei clienti, provenienti anche da Bordighera, viene da dubitare della serietà di quella affermazione, ma rimane il fatto che gli echi di quelle frequentazioni sono sparsi per tutto il comprensorio intemelio. Non mancavano tra quegli avventori gli ideatori di memorabili scherzi, giocati pure alle spalle di ignari vigili urbani, né gli animatori di una compagnia di carristi della Battaglia di Fiori. Quando per ripicca alle ennesime vibranti proteste della padrona per il chiasso prodotto da quelle allegre compagnie i capifila di una di queste decisero che era ora di aprire un nuovo esercizio dall'altra parte della Via Aurelia questo venne fatto: con il risultato che, come quasi sempre in casi del genere, qualcuno prese ad alternare la sua presenza tra i due locali, ma che il teatrino - non solo goliardico - si era definitivamente spostato.

C'era un bar ai Piani di Borghetto in Bordighera, la cui squadra di calcio - all'epoca composta rigorosamente da non tesserati alla Federazione, tra i quali un noto ristoratore, appassionato di musica melodica, un valente commercialista, diversi floricoltori, più o meno fortunati - vinse almeno un torneo estivo a metà degli anni Sessanta, un periodo in cui alcuni giovani frequentatori potevano già essere annoverati tra i carristi de I Galli del Villaggio.

Ci sono stati in questi luoghi di confine, come in tutte le parti del Paese, bar, osterie, bettole (e non sempre vere e proprie: il pregresso Premio - artistico e letterario - "Cinque Bettole" di Bordighera aveva un titolo alquanto autoironico). Oggi sempre meno, con prevalenza, forse, di pub e di semplici punti di ristoro. Resiste a Ventimiglia il caffè delle elites cittadine, ma da decenni è chiuso quello, posizionato a fianco del (ormai ex) Mercato dei Fiori e preferito da tanti operatori, tra i quali Libero Alborno, il Libero rivisitato in chiave di fantasia da Nico Orengo nel suo "La curva del Latte". Altri esercizi si sono trasformati nel senso sopra indicato. Non ci sono più - o quasi -  ritrovi di artisti e di letterati.

A tornare, in ogni caso sfiorandola, in una dimensione di cultura più popolare sono utili ulteriori esempi, che prescindono, tuttavia, da bar che sono stati semantici di sindacato e di politica progressista. Quando si tornò ad organizzare la Battaglia di Fiori di Ventimiglia - oggi di nuovo sospesa - si fece quasi vorticoso il passaggio di carristi, anche per la rapida chiusura di compagnie e per la formazione di nuove, da un gruppo all'altro. E qualcuno tornava da fuori, prese le ferie, per dare una mano, quella già affinata in gioventù. Ci sono pensionati che si emozionano a vedere fotografie ormai ingiallite che ritraggono in una tipica osteria di Bordighera, ormai scomparsa, persone vicine di casa o comunque un tempo note. Si possono citare - sempre a titolo indicativo - tra i tanti clienti dei bar indicati le persone che con il passare degli anni sono diventate chi collezionista di fumetti e chi di dischi, chi disegnatore di argute vignette satiriche, chi bravo coltivatore di orchidee, chi dirigente di circolo velico, chi scrittore di romanzi polizieschi, chi stimato storico, chi ricercatore di vicende locali con l'occhio attento all'individuazione di fotografie in tema.

Adriano Maini