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mercoledì 8 dicembre 2021

Fausta Cialente preferì concedersi soltanto alla letteratura intesa quasi come missione


L’ombra caduta sulla figura e sull’opera di Fausta Cialente <1, scrittrice giornalista e traduttrice italiana, è imputabile alla combinazione di molti eventi e continua ancora a sorprendere: nonostante il giudizio favorevole di molti critici del tempo, nonostante una carriera ricca di grandi intuizioni, di successi e riconoscimenti in Italia ed anche in Europa, in pochi la conoscono e l’hanno letta, e chi volesse farlo ai giorni nostri troverebbe difficoltà a reperire anche uno solo dei suoi titoli, pressoché spariti dal mercato. Domandarsi perché il silenzio si sia abbattuto così irreparabilmente sulla sua opera per tutti questi anni, non ha mai prodotto finora risposte definitive ma soltanto ipotesi e, in fin dei conti, anche ad ottenere le motivazioni più comprovate, esse risulterebbero ormai accessorie, inutili, talvolta persino insincere. Eppure i libri di Fausta Cialente incontrarono subito, già all’indomani della loro pubblicazione, un importante successo di pubblico e di critica, ciò a testimonianza del fatto che non fu certo per mancanza di valore che i suoi testi non raggiunsero l’agognato olimpo in cui si annoverano i “grandi scrittori”. Se, come affermò ironicamente Giuseppe Pontiggia, “In Italia è pieno di grandi scrittori, quel che manca sono gli scrittori”, la vicenda legata alla fortuna di Fausta Cialente probabilmente non aveva nulla a che vedere con le sue capacità scrittorie ma fu la somma di tutta una serie di contingenze che in questa sede cercheremo di analizzare.
Quella di Fausta Cialente, è stata una vita le cui pieghe essenziali sembrano delinearsi sin dalla sua infanzia, trascorsa tra una città e l’altra d’Italia, a seguito dei suoi genitori e del fratello maggiore. Il padre di Fausta era nato e vissuto a L’Aquila, in Abruzzo e, dopo essersi arruolato nell’esercito italiano, aveva intrapreso la carriera da ufficiale. Questa scelta lo portò a doversi spostare in molti luoghi d’Italia, dove la famiglia Cialente si sistemava per qualche tempo per poi ripartire nuovamente. Per questo motivo Fausta nacque a Cagliari, luogo dove allora suo padre stava prestando lavoro e visse poi con la famiglia a Teramo, Genova, Senigallia, Ancona, Milano, Firenze e altre città. La madre della Cialente invece, aveva invece origini triestine: ultima di quattro sorelle e proveniente da una famiglia molto benestante della borghesia locale, da ragazza Elsa Wieselberger aveva studiato canto lirico a Bologna (espatriando a quei tempi, essendo Trieste ancora annessa al regno austro-ungarico), passione che abbandonò in fretta, dopo aver sposato Alfredo Cialente.
Del rapporto castrante tra i suoi genitori, la scrittrice ebbe sentore da subito, soprattutto rintracciandone le sofferenze maggiori nei comportamenti della madre nei quali le sembrò sempre di percepire frustrazione e rimpianto per una vita sprecata. Sin da bambina, Fausta osservò e ascoltò il mondo adulto al quale si avvicinava silenziosamente e dal quale era irrimediabilmente attratta, e insieme a lei suo fratello maggiore Renato, futuro attore teatrale morto molti anni dopo a causa di un incidente stradale durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Poco più che ventenne, la scrittrice sposò il compositore ebreo Enrico Terni e con lui si trasferì nel 1921 in Egitto, dove visse tra Alessandria e Il Cairo fino al 1947, anno in cui divorziò da Terni e tornò a vivere in Italia.
Fu dall’altra sponda del Mediterraneo che la Cialente diede alle stampe la sua prima opera letteraria <2: scritta in Egitto nel 1927, uscì nel 1929 e si intitolava “Natalia” <3. Quello della Cialente fu un esordio ardimentoso e impegnativo: decise infatti di narrare, con la sua prosa raffinata e acuta, la storia d’amore omosessuale tra due donne, Natalia e Silvia. Nonostante il Premio dei Dieci, conferitole da Massimo Bontempelli già prima di essere pubblicato, la censura fascista non si fece sfuggire l’occasione di censurare un testo simile, per giunta scritto da una donna.
All’estero, diverse colleghe scrittrici della Cialente avevano già affrontato il tema dell’omosessualità ma in Italia, a parte alcune istanze primonovecentesche, perlopiù incentrate sul ruolo della donna, non era ancora apparso nulla di analogo.
Sin dai suoi esordi, la Cialente svolse naturalmente il ruolo di anticipatrice di tematiche sociali assai care al femminismo, prendendo posizioni molto decise all’interno dibattito tuttora in corso.
Tali naturali inclinazioni fecero ben presto della scrittrice un’intellettuale impegnata convinta che la letteratura non fosse né potesse essere un semplice divertissement.
Se la censura fascista e il cliché italiano piccolo borghese non permisero a “Natalia” una diffusione maggiore, il libro fu rivisto e ripubblicato in Italia soltanto nel 1982, quando ormai la Cialente era una scrittrice più che affermata.
La storia di Natalia, che scontò con un matrimonio forzato ed un figlio nato morto il suo amore scabroso per Silvia, si collocò da subito tra le anticipazioni di quella che sarebbe stata una lunga carriera letteraria impegnata sul rispetto dei diritti e sull’uguaglianza.
Nel 1930, la Cialente pubblicò “Marianna”, un racconto lungo inserito anni dopo nella raccolta del 1976, “Interno con figure” <4, che le valse un altro riconoscimento molto noto a quei tempi, il Premio Galante, assegnato alle sole scrittrici donne. Il racconto, ben accolto dalla critica e dal pubblico, narra le vicende della giovane e servizievole Marianna, malvista e talvolta odiata dai suoi fratelli per la diligenza dei suoi comportamenti, la cui sorte le riserverà un’esistenza evidentemente diversa da quella che i suoi familiari si erano prefigurati. Anche in questo caso, è attraverso il destino di una figura femminile che Fausta scelse di raccontare ai lettori i mille volti delle contraddizioni umane.
Nel 1936 con “Cortile a Cleopatra” <5, ripubblicato poi nel 1953, la Cialente aprì ai suoi romanzi di ispirazione levantina, ambientati nell’Egitto multiculturale e multietnico, terra in cui la scrittrice si era stabilita ormai da molti anni e dalla quale seguiva le vicende europee.
Il terzo libro della Cialente, non ottenne dalla critica, almeno all’inizio, la stessa attenzione dei primi due: la prosa ricca e variopinta della Cialente, che riusciva perfettamente a rendere sulla pagina le sfumature linguistiche e culturali della società multietnica a cui era ispirata, non fece breccia tra i lettori italiani, legati specie a quei tempi, alla cosiddetta prosa “rondista”.
In “Cortile a Cleopatra” il protagonista Marco, dopo la morte del padre torna ad Alessandria d’Egitto, la città dov’è nato vent’anni prima. L’incontro con la madre, la greca Crissanti, che di lui non aveva più chiesto né avuto notizia, avviene in maniera molto distaccata ma Marco decide ugualmente di restare in Egitto, conducendo un’esistenza oziosa e pigra, nell’affollato cortile del palazzo dove la madre vive da sempre, abbandonandosi solo alla lettura senza mai cercare un lavoro. L’amore per Dinah, ragazza di buona famiglia, non si concretizza soprattutto a causa delle disparità sociali, così altre donne entrano nella sua vita fino a quando, una di queste relazioni segnerà profondamente l’epilogo della sua vita.
Dopo la pubblicazione del romanzo, la seconda guerra mondiale era alle porte e la Cialente ne osservò effetti e conseguenze da Il Cairo. I ventisei anni di permanenza in Egitto, non furono soltanto il periodo in cui la scrittrice attinse alla biblioteca del marito, conobbe importanti intellettuali, lesse scrittori altrimenti sconosciuti e fondò il circolo culturale “Atelier”. Furono tempi di osservazione concreta della realtà vissuta e occasione di riflessione sulle disparità sociali che, nonostante il progresso economico, continuavano ad interessare paesi e continenti, in un trionfo di disumanità quotidianamente perpetrata.
Dal ‘36 in poi, la Cialente abbandonò la letteratura (ma non smise mai di scrivere) dedicandosi all’impegno civile: fu promotrice dell’antifascismo con il “Giornale d’Oriente”, diresse e condusse un programma su Radio Cairo in risposta alla radio ufficiale del partito fascista italiano, entrando in contatto con Togliatti e altri fuoriusciti e fondò la rivista “Fronte Unito”, poi mutata in “Il mattino della domenica”, un settimanale di informazione per prigionieri di guerra italiani distribuito in Egitto e in Tripolitania [...]
Negli anni successivi al suo ritorno in Italia nel ’47, tradusse “Le piccole donne” e “Le piccole donne crescono” di Louise May Alcott, “Quartetto di Alessandria” di Lawrence Durrel e “Giro di vite” di Henry James e riprese la sua attività giornalistica, occupandosi prevalentemente della situazione femminile in Italia, denunciando con coraggio numerosi casi di ingiustizie e disparità. Scrisse reportages di grande importanza sociale per giornali e riviste quali “L’Unità”, “Noi Donne”, e altri, occupandosi prevalentemente delle condizioni lavorative alle quali le donne sottostavano senza alcuna speranza di tutela e nell’indifferenza generale <6.
Inoltre Fausta fu una delle prime intellettuali che, a guerra finita, scrisse del grande contributo femminile nella lotta per la liberazione dal nazifascismo, argomento che ancora oggi, soffre di molte lacune da colmare.
Le sue protagoniste femminili (nei romanzi come negli articoli) rivelarono, ognuna a suo modo, le difficoltà che le donne affrontarono per ottenere un ruolo dignitoso nella società del tempo <7.
Dopo più di vent’anni trascorsi fuori dall’Italia, nonostante Fausta non avesse mai distolto lo sguardo dalle vicende storico-politiche nazionali, il ritorno nel suo paese fu un nuovo inizio o forse il vero inizio della sua carriera letteraria nel proprio paese. Stabilendosi tra la provincia di Varese e Roma, dopo aver molto viaggiato anche negli anni egiziani la Cialente si concentrò nuovamente sulla sua attività intellettuale che, come detto anche  nell’introduzione, non si alienò mai dal tempo che stava vivendo, dando spazio ad azioni concrete che potessero contribuire a risollevare la dignità delle persone, annientata dai fascismi e dalle oscenità del periodo bellico.
Anche dopo il suo ritorno in Italia, la personalità di Fausta Cialente si confermò sempre piuttosto riservata: poche le sue apparizioni nel fitto calendario di eventi letterari, a parte nelle occasioni necessarie, rare le dichiarazioni su questo o quel tema del momento o le posizioni su questo o quel dibattito importante, pochissime le amicizie note ed influenti, scaturite dall’ambiente letterario ed editoriale. Non si annidava in tale comportamento alcuna forma di snobismo o di eccentricità, piuttosto Fausta Cialente preferì concedersi soltanto alla letteratura intesa quasi come missione, come incarico, una letteratura che fosse testimonianza della storia e non una distrazione da essa.
[NOTE]
1 Clementelli Elena, Fausta Cialente, in Letteratura italiana. I Contemporanei, Milano, Marzorati, vol. IV, pp. 353-364.
2 Cialente Fausta, Natalia, Milano: Mondadori, 1982.
3 Consoli Valeria, Il Romanzo di Fausta Cialente, Milano, G. Miano, 1984
4 Cialente Fausta, Interno con figure, Roma Editori Riuniti, 1976.
5 Cecchi Emilio, nota introduttiva a Cortile a Cleopatra, Firenze, Sansoni, 1953
6 CIALENTE, Fausta (1951): “Faceva la rete anche la nonna”, Noi Donne IV: 9, p. 5.
7 Parson Maria Assunta e De Giovanni Neria, Femminile a confronto. Tre realtà della narrativa contemporanea: Alba de Cespedes, Fausta Cialente, Gianna Manzini, Bari-Roma: Lacaita Editore, 1984. 63-89.
Valentina Di Cesare (Fondazione Verga, Milano), Fausta Cialente, l’oblio italiano di una scrittrice europea, Studi di Genere in ambito lusofono e italiano: dibattito e riflessioni, CLEPUL, Lisbona, 2019 

Il Gruppo dei Dieci è un collettivo di scrittori fascisti creato a Roma da Filippo Tommaso Marinetti nel 1928, destinato, nelle intenzioni del suo presidente, a favorire lo sviluppo e la diffusione del romanzo italiano sotto gli auspici del regime fascista. L'atto fondativo del gruppo è un telegramma inviato a Mussolini il 24 maggio 1928:
Capo del Governo Benito Mussolini
Roma
Dieci romanzieri italiani et fascisti uniti da questa sera in Gruppo d’azione per
servire il Romanzo italiano in Italia ed all’estero devotamente salutano il Duce
meraviglioso augurando che dai romanzi dell’Era Fascista esca un giorno il poeta
della nuova epopea come già dalla storia sparsa del martirio in camicia rossa uscì
nella Marcia trionfale il creatore di una più grande Italia.
Beltramelli Bontempelli D’Ambra De Stefani Martini Milanesi Varaldo Viola
Zuccoli
Marinetti presidente
Morello presidente onorario
Roma, 24 maggio 1928
<25
Il giorno seguente «L'Impero» pubblica un articolo di Marinetti dal titolo Il Gruppo letterario dei Dieci, dove il progetto viene presentato come «una specie di Accademia Goncourt italiana destinata a giovare all'incremento e allo sviluppo del romanzo italiano e alla sua più grande diffusione nel mondo» <26. Il sodalizio coinvolge, insieme a Marinetti e Bontempelli, una compagnia piuttosto eterogenea di autori, dai giallisti Alessandro De Stefani (Cividale del Friuli 1891 - Roma 1970) e Alessandro Varaldo (Ventimiglia 1876 - Roma 1953) ai critici e autori teatrali Lucio D'Ambra (Roma 1877 - 1939), Fausto Maria Martini (Roma 1886 - 1931) e Cesare Giulio Viola (Taranto 1886 - Positano 1958), dallo specialista di racconti sentimentali Luciano Zuccoli (Calprino Canton Ticino 1868 - Parigi 1929) al popolare autore di romanzi e racconti di mare Guido Milanesi (Roma 1875 - 1956), fino all'Accademico d'Italia Antonio Beltramelli (Forlì 1879 - Roma 1930), amico personale di Mussolini. Oltre ad un diffuso eclettismo, che li porta a frequentare contemporaneamente la scrittura per il cinema e per il teatro, la critica e la narrativa, gli otto artisti condividono un duraturo successo di pubblico e una provata abilità nel creare efficace letteratura di consumo. In contrasto con il tono del telegramma e dell'articolo, il gruppo si dedica alla scrittura collettiva con uno spirito improntato all'ironia, allo sperimentalismo parodistico e al gusto dissacratorio. I due soli testi firmati dai Dieci sono Il Novissimo Segretario Galante (Roma, Sapientia. Edizioni dei Dieci, 1928), raccolta di 99 lettere d'amore fittizie che, in una sorta di Enciclopedia della seduzione, suggeriscono sempre nuove soluzioni stilistiche ad una medesima situazione sentimentale <27, e Lo Zar non è morto (Roma, Sapientia. Edizioni dei Dieci. 1929), singolare romanzo di fantapolitica costruito come vero e proprio divertissement letterario, abile combinazione dei più abusati cliché del genere esotico-erotico-avventuroso. Nella Prefazione al testo Marinetti dichiara il senso dell'operazione, un esperimento narrativo che non ricerca la fusione delle diverse sensibilità ma coltiva provocatoriamente il gusto della varietà e l'effetto straniante del contrasto <28.
[NOTE]
25 Telegramma di Filippo Tommaso Marinetti a Benito Mussolini, Roma 24 maggio 1928, Segreteria
Particola del Duce, Carteggio ordinario 1922-1945, fasc. 509.446, ACS.
26 Filippo Tommaso Marinetti, Il Gruppo letterario dei Dieci, «L'Impero», 25 maggio 1928, p. 2.
27 Il primo ed unico tomo è dedicato agli Approcci, ma sono originariamente previsti sei volumi per un totale di oltre 400 lettere.
28 «Soltanto alcuni scopi di patriottismo artistico (non raggiungibile in altro modo) hanno avvicinato e sodalizzato questi dieci scrittori italiani che appartengono alle più tipiche e opposte tendenze della letteratura contemporanea (futurismo, intimismo, ecc.). Questi sono e rimangono inconfondibili, dato che miliardi di chilometri dividono per esempio la sensibilità futurista di Marinetti dalla sensibilità nostalgica di F.M. Martini. Per offrire al pubblico lo spettacolo divertente di quei miliardi di chilometri, eccezionalmente, i Dieci hanno scritto i capitoli del romanzo: Lo Zar non è morto. Questa eterogenea collaborazione, una volta tanto, ad un romanzo di avventure non vuol dare nessuna direttiva artistica», Filippo Tommaso Marinetti, Prefazione all'edizione originale, in I Dieci, Lo Zar non è morto, Milano, Sironi, 2005, p. 431 (seconda edizione). L'operazione di divertita contaminazione stilistica si propone di coinvolgere e stimolare direttamente il lettore, sfidato in una sorta di caccia all'autore. Così una scheda numerata inclusa a margine del volume originale promuove un concorso a premi: «Regolamento del concorso. Ogni capitolo, in genere, è dovuto alla penna di vari autori: ci sono nel romanzo, tuttavia, alcuni capitoli dovuti ciascuno esclusivamente ad uno dei Dieci. I lettori sono invitati a indicare questi capitoli originali proponendo il nome del rispettivo scrittore e tenendo presente che ogni autore ha assunto la paternità di un solo capitolo in tutto il romanzo.» La scheda di adesione al concorso è riprodotta nell'edizione Sironi (p. 438).
Francesca Rubini, Narrare il Novecento. Il romanzo di Fausta Cialente, Tesi di dottorato, Sapienza Università di Roma, 2017

Una figura femminile spicca su tutte in maniera paradigmatica: Fausta Cialente, scrittrice e traduttrice, vincitrice del Premio Strega nel 1976 con Le quattro ragazze Wieselberger, autrice di numerosi romanzi influenzati dai paesaggi e dalla storia dell'Egitto, paese dove andò a vivere nel 1921 a fianco del marito, Enrico Terni, un agente di cambio. Le protagoniste dei suoi libri incarnano una femminilità indipendente e libera dalle prescrizioni sociali, indoli ribelli e partecipi della vita pubblica, proprio come fu la stessa Cialente, la quale tra il 1940 e il 1947 abbandonò il suo mestiere di scrittrice e la casa coniugale ad Alessandria d‘Egitto per trasferirsi da sola al Cairo, dove lavorò come giornalista nella sezione dello Special Operations Executive destinato alla propaganda britannica.
Nel fondo archivistico a lei dedicato presso il Centro manoscritti dell'Università di Pavia è conservato il suo diario di guerra: nove quaderni in cui Cialente racconta la sua avventurosa esperienza, che dall'ottobre 1940 al febbraio 1943 la vide scrivere e coordinare la trasmissione quotidiana di Radio Cairo Siamo italiani, parliamo agli Italiani, nata con l'obiettivo di spronare i cittadini della penisola a rialzare la testa, sbugiardando le notizie diramate in Italia e in tutto il bacino del Mediterraneo dalla Stefani. Evidentemente apprese bene il nuovo mestiere se fu incaricata dagli inglesi di dar vita ad altre due radio, che trasmettevano in Italia da Gerusalemme e dalla Marmarica. Negli anni Quaranta lavorò anche come giornalista per la carta stampata, scrivendo per il «Fronte Unito», il «Mattino della Domenica» e il «Corriere d‘Italia» che, pubblicato da marzo a dicembre del 1941, nasceva in sostituzione del già citato «Giornale d'Oriente». La voce più influente degli italiani d'Egitto cambiò così casacca, e, stando alla testimonianza della Cialente, ciò comportò anche una sostituzione delle agenzie di stampa di riferimento: ora le notizie non venivano più ricalcate sui lanci d‘agenzia della Stefani, bensì della Reuters, dell'Havas e dell‘Associated Press. Attraverso il lavoro per i microfoni di Radio Cairo e nelle redazioni dei quotidiani, Fausta Cialente entrò nella complicata trama del giornalismo cairota, tra spionaggio, diplomazia e propaganda, incrociando molteplici percorsi biografici e professionali: dall'ambasciatore del governo provvisorio francese a Mosca a Palmiro Togliatti, da Umberto Calosso, già speaker per Radio Londra, a Erika Mann, da Paolo Vittorelli a Laura Levi e a Renato Mieli, il già ricordato primo 'ufficioso' direttore dell'Ansa.
Stralci del diario di guerra della Cialente sono stati recentemente pubblicati da Donzelli a cura di Maria Serena Palieri, la quale si limita però a raccordarne le parti senza dare una tridimensionalità storiografica alla fonte, ma facendone un racconto scarsamente esplicativo e per certi versi appiattito sul documento stesso. A mio avviso il diario di Fausta Cialente meriterebbe invece di essere riletto all‘interno del quadro interpretativo che ho qui delineato, perché potrebbe offrire interessanti spunti di riflessione sul ruolo dei giornalisti in quanto agenti di informazione, capaci di influenzare la circolazione delle notizie sulla stampa europea ed egiziana a cavallo fra Ottocento e Novecento.
Anna Ferrando, Le vie della stampa: agenti e agenzie di informazione nello snodo egiziano tra XIX e XX secolo. Problemi e prospettive di ricerca in Intersezioni tra Oriente e Occidente LaVia della Seta dal (e verso il) Mediterraneo e altri itinerari, Atti del Convegno Internazionale Un itinerario tra Oriente e Occidente: la Via della Seta dal (e verso il) Mediterraneo, Il Cairo, 6-7 luglio 2019, stampato con il contributo dell'Istituto Italiano di Cultura Il Cairo (2020)

III.2.1 Fausta Cialente collaboratrice della rivista «Noi Donne»
La collaborazione di Fausta Cialente con «Noi Donne» <21 inizia nel 1949 e termina nel 1955. Fausta Cialente pubblica sulla rivista contributi di vario genere fornendo una collaborazione costante e assidua che si intensifica soprattutto negli ultimi anni. Nello specifico la sua produzione si può suddividere in: racconti e novelle, articoli di cronaca, rubriche librarie, recensioni di libri e articoli di letteratura, inchieste, recensioni di mostre d’arte, commenti a corredo di servizi fotografici.
Racconti e novelle
Fausta Cialente firma quattro racconti di cui tre inediti: <22 La serva fedele, che segna il suo esordio con la rivista nel numero 32 del 1949, Cronaca mondana e L’amore. Il quarto racconto Passeggiata con Angela, scritto nel 1937 e pubblicato per la prima volta nel 1938 su «Giornale d’Oriente», dopo la ripubblicazione su «Noi Donne» nel 1950 è stato incluso nella raccolta Interno con figure del 1976 con il titolo Canzonetta in una versione più ampia, come specificato da Cialente stessa nella introduzione alla raccolta. <23
Delle quattro novelle pubblicate, Paoletta, La donna nel palco, Le statue, Viaggio, le ultime due compaiono anche nella raccolta Pamela e la bella estate del 1962. Per Albertina, anch’essa riedita in Pamela nel 1962 con il titolo di La Principessa, manca nella rivista l’indicazione esplicita della collocazione nel genere letterario del racconto.
Articoli di cronaca
Nell’ambito degli articoli riferibili a fatti di attualità e di cronaca, l’attività di Cialente si svolge sia come redattrice che come inviata speciale in Italia e all’estero.
In Italia Cialente segue e descrive con passione le precarie condizioni del lavoro femminile e lo sfruttamento al quale le donne sono sottoposte, come riscontra per esempio nei suoi reportage tra le retaie di San Benedetto del Tronto, le mondine del Nord Italia e le conserviere di Napoli. Dall’arretratezza in cui versa ancora gran parte del Meridione Cialente prende spunto per dare voce alle donne che, a Matera, sostengono i propri uomini rivendicando il diritto al lavoro e alla proprietà delle terre coltivate.
Fausta Cialente si occupa anche di alcuni tra i più noti processi dell’epoca: il processo di San Severo, in cui delle braccianti sono ingiustamente incarcerate a causa di uno sciopero sindacale, e il processo Bellentani, che ha destato la morbosa curiosità dell’opinione pubblica per il suo movente passionale. Cialente, recandosi a Capri e Campione d’Italia, segue fatti di attualità denunciando il malcostume che alberga nella classe dirigente del paese, i cui comportamenti denotano una vita povera di valori morali, incurante delle reali condizioni economiche e sociali in cui versa buona parte della gente comune. I viaggi di Cialente sono volti anche a evidenziare aspetti positivi del nostro paese come il lavoro delle fioraie di Taggia, la ammirevole conduzione di una casa di riposo di Muggia, o l’elezione della nuova sindaca di Scandicci.
All’estero Cialente si reca come inviata a Varsavia per seguire i lavori del Congresso mondiale della pace nel 1949 e in Inghilterra, dove redige nel 1950 due corrispondenze per descrivere la vita delle donne inglesi e un articolo definito ‘pellegrinaggio letterario’ in cui visita la casa delle sorelle Brontë.
Alla produzione precedente si aggiungono articoli nei quali Cialente denuncia le condizioni sociali disagiate dell’infanzia in Italia, o che descrivono la vita dissoluta dei giovani, vittime di una società incapace di trasmettere loro valori positivi.
Rubriche librarie
A partire dal numero 33 del 1952 fino al termine della sua collaborazione Fausta Cialente cura quattro rubriche librarie promuovendo testi di recente pubblicazione, soprattutto di autori italiani. La direttrice Maria Antonietta Macciocchi <24 la incarica di seguire la prima di esse, la rubrica settimanale ‘Libri per voi’, firmando nell’anno solamente tre articoli. Nel 1953 intensifica la sua produzione con nove articoli per raggiungere il numero di venti nel 1954, il periodo di maggiore attività.
Sempre nel 1954 si aggiungono le tre nuove rubriche: ‘I libri’, ‘Libri ricevuti’ e ‘I nostri libri’ per le quali scrive un totale di circa quattordici recensioni [...]
[NOTE]
21 Per la storia della rivista e per il suo contributo alla storia culturale contemporanea si rimanda a: Laura Fortini, “Noi donne” dalla carta al web. Il progetto di digitalizzazione dell’Archivio storico della rivista “Noi donne” del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Roma Tre, in «Scaffale Aperto», 10 (2019), pp. 153-158, https://studiumanistici.uniroma3.it/ricerca/dhlab/progetti/noidonne/materiali-e-documenti/saggi-e-contributi, (01 marzo 2021).
22 Rubini, Fausta Cialente, p. 108, nota 30.
23 Cialente, Introduzione, in Interno con figure, Roma, Editori Riuniti, 1976, p. XVI.
24 Rubini, Fausta Cialente, p. 57.
Annabella Antonioli, Fausta Cialente e «Noi Donne» (1949-1955), Tesi di laurea, Università degli Studi Roma Tre, Anno accademico 2019/2020