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lunedì 16 settembre 2024

Camicie con la seta dei paracadute

 

Bordighera (IM): la spiaggia ai Piani di Borghetto

Un ex ragazzo dell'epoca, Giulio B., ricordava di come avesse contribuito in tempo di guerra a "fare il sale" con il sistema dell'ebollizione dell'acqua di mare. Si vantava del fatto che talvolta con un suo amico, compagno di avventura, riuscisse a produrre anche cinquanta chili al giorno del prezioso alimento, destinato, pertanto, anche ad essere rivenduto con evidente beneficio economico per le loro famiglie, dunque, non solo per stretto consumo casalingo. Questo capitava ai Piani di Borghetto di Bordighera, quasi al confine con Vallecrosia, e gli attori per andare in scena e procurarsi la materia prima attraversavano con pericolo evidente spiagge minate dai tedeschi. Di più: smontavano alcuni dei citati micidiali ordigni esplosivi - ed un altro pericolo incobente era quello di incappare nella sorveglianza - per estrarre la polvere pirica con cui avviavano al meglio le fiamme per i loro calderoni, in effetti rozzi vasconi fatti con metalli recuperati di fortuna.
Si trattava peraltro di una pratica molto diffusa, non solo nel ponente ligure. Altri racconti hanno fotografato come sede di produzione del sale il settore di sbocco a mare della Galleria degli Scoglietti di Ventimiglia.

Giulio parlava anche del riutilizzo - soprattutto per fare camicie - della seta di paracadute, raccolti frettolosamente, in questo caso non solo da lui, paracadute caduti in gran numero perché trasportavano bengala, quei bengala che in altri racconti ritornano come il terrore di tante persone, timorose di imminenti bombardamenti aerei che, in effetti, in quell'inizio di estate del 1944 - la notte dei bengala -, diversamente, purtroppo, dal prima e dal dopo, poi, stranamente, non ci furono.

Altri ex ragazzi hanno raccontato, rispetto al tormentato periodo bellico, di loro incontri con brigatisti neri della Repubblica Sociale di Salò.
Chi, maltrattato in casa a Vallecrosia, insieme ai genitori, da miliziani che cercavano il fratello maggiore impegnato nelle azioni della locale squadra di azione patriottica (Sap).
Chi, trovatosi con il padre ed il loro accompagnatore del luogo in altura - zona San Martino - tra Vallebona e Soldano alla raccolta di olive - copiose in quell'ultima stagione di guerra - venne fermato con i due adulti da una squadra di brigatisti neri alla ricerca di partigiani. I grandi furono sospettati di connivenza con i ribelli, sennonché un saloino, riconosciuto quel genitore, garantì per tutti, ponendo termine alla brutta disavventura.

Terminato il conflitto, Giulio lavorò anche allo sminamento, ormai logicamente praticato su larga scala e remunerato, impegno che gli venne prontamente inibito dalla madre appena ne venne a conoscenza, e l'ex milite fascista, che aveva tolto dai guai i raccoglitori di olive, trovò occupazione presso una nota distilleria di profumi della zona.

Adriano Maini

mercoledì 11 settembre 2024

C'era un bar...

Vallecrosia (IM): la zona del "Ponte"

C'era un bar sul "Ponte" di Vallecrosia, dapprima ubicato a settentrione, poi spostato dall'altra parte della Via Aurelia. Nell'ultima sistemazione aveva nel seminterrato una sala che a lungo rappresentò per quella cittadina l'unica occasione per riunioni di carattere politico, sociale e culturale, tanto è vero che è tuttora ben ricordata dagli animatori dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera, che tra quelle mura mosse i suoi primi passi. Ma anche quell'esercizio ebbe tra i clienti più assidui alcuni protagonisti della più normale vita sociale della zona.

Via Dante a Ventimiglia, da molte persone ancora adesso chiamata Via Regina, fornisce talora l'occasione, in quanto pregresso sito di residenza, per fare ritrovare qualche vecchio amico, magari rientrato in vacanza da fuori regione. Più spesso questo appuntamento viene dato non proprio in loco, ma la motivazione scaturisce sempre dalla vecchia appartenenza a quella strada o alle sue immediate vicinanze. Come sovente capita in questi casi, un punto di riferimento per le pregresse frequentazioni era un pubblico esercizio, all'inizio una latteria, presto affiancata da un vero e proprio bar, gestito dalla famiglia di due dei nostri personaggi. Anche questi ultimi si esibirono nei gruppi musicali degli anni Sessanta, con altri giovani del posto o del comprensorio, in genere con buoni risultati di carattere locale, messi in evidenza, al pari di altri aspetti qui riferiti, ad esempio, da Gaspare Caramello in un suo scritto di quasi venti anni fa. Non poteva mancare, infatti, in Via Regina, né poco lontano, qualche capannone per la costruzione di carri per la Battaglia di Fiori, in cui si diedero da fare quasi tutti i richiamati ragazzi, mentre altri tra di loro preferirono affinare le competenze da carristi in altre parti della città.

C'era un bar a Nervia di Ventimiglia, l'unico bar in pratica della località sino agli inizi degli anni Sessanta, ma che aveva la singolarità di essere stato dotato da subito di un televisore. A detta di una persona della famiglia di quella proprietà fu proprio la presenza di quell'apparecchio a determinare notevole affluenza a quel locale. Vista la variegata composizione dei clienti, provenienti anche da Bordighera, viene da dubitare della serietà di quella affermazione, ma rimane il fatto che gli echi di quelle frequentazioni sono sparsi per tutto il comprensorio intemelio. Non mancavano tra quegli avventori gli ideatori di memorabili scherzi, giocati pure alle spalle di ignari vigili urbani, né gli animatori di una compagnia di carristi della Battaglia di Fiori. Quando per ripicca alle ennesime vibranti proteste della padrona per il chiasso prodotto da quelle allegre compagnie i capifila di una di queste decisero che era ora di aprire un nuovo esercizio dall'altra parte della Via Aurelia questo venne fatto: con il risultato che, come quasi sempre in casi del genere, qualcuno prese ad alternare la sua presenza tra i due locali, ma che il teatrino - non solo goliardico - si era definitivamente spostato.

C'era un bar ai Piani di Borghetto in Bordighera, la cui squadra di calcio - all'epoca composta rigorosamente da non tesserati alla Federazione, tra i quali un noto ristoratore, appassionato di musica melodica, un valente commercialista, diversi floricoltori, più o meno fortunati - vinse almeno un torneo estivo a metà degli anni Sessanta, un periodo in cui alcuni giovani frequentatori potevano già essere annoverati tra i carristi de I Galli del Villaggio.

Ci sono stati in questi luoghi di confine, come in tutte le parti del Paese, bar, osterie, bettole (e non sempre vere e proprie: il pregresso Premio - artistico e letterario - "Cinque Bettole" di Bordighera aveva un titolo alquanto autoironico). Oggi sempre meno, con prevalenza, forse, di pub e di semplici punti di ristoro. Resiste a Ventimiglia il caffè delle elites cittadine, ma da decenni è chiuso quello, posizionato a fianco del (ormai ex) Mercato dei Fiori e preferito da tanti operatori, tra i quali Libero Alborno, il Libero rivisitato in chiave di fantasia da Nico Orengo nel suo "La curva del Latte". Altri esercizi si sono trasformati nel senso sopra indicato. Non ci sono più - o quasi -  ritrovi di artisti e di letterati.

A tornare, in ogni caso sfiorandola, in una dimensione di cultura più popolare sono utili ulteriori esempi, che prescindono, tuttavia, da bar che sono stati semantici di sindacato e di politica progressista. Quando si tornò ad organizzare la Battaglia di Fiori di Ventimiglia - oggi di nuovo sospesa - si fece quasi vorticoso il passaggio di carristi, anche per la rapida chiusura di compagnie e per la formazione di nuove, da un gruppo all'altro. E qualcuno tornava da fuori, prese le ferie, per dare una mano, quella già affinata in gioventù. Ci sono pensionati che si emozionano a vedere fotografie ormai ingiallite che ritraggono in una tipica osteria di Bordighera, ormai scomparsa, persone vicine di casa o comunque un tempo note. Si possono citare - sempre a titolo indicativo - tra i tanti clienti dei bar indicati le persone che con il passare degli anni sono diventate chi collezionista di fumetti e chi di dischi, chi disegnatore di argute vignette satiriche, chi bravo coltivatore di orchidee, chi dirigente di circolo velico, chi scrittore di romanzi polizieschi, chi stimato storico, chi ricercatore di vicende locali con l'occhio attento all'individuazione di fotografie in tema.

Adriano Maini

giovedì 5 settembre 2024

Ventimiglia e la seconda guerra mondiale...

Ventimiglia (IM): la lapide che nella piazzetta della Chiesa di Nervia ricorda le 67 vittime del bombardamento aereo del 10 dicembre 1943, tra le quali quattro ostaggi esposti dai nazifascisti

Due cugini, nati in provincia di Parma, emigrati a Ventimiglia, perirono, uno alpino, l'altro del genio ferrovieri, nel rogo dell'infame campagna di Russia voluta da Mussolini nella seconda guerra mondiale.
La famiglia dell'alpino, finito il conflitto, andò ad abitare in prossimità delle rovine - affacciate sul fiume Roia - provocate dai terribili bombardamenti che squassarono la città di confine, in modo particolare quello del 10 dicembre 1943.
All'altra famiglia toccò in sorte di ricevere - a morte già avvenuta del congiunto - una cartolina postale  (uguale a decine di altre, con la sola variante dei destinatari e del nome proprio del subordinato), firmata dal maggiore del Battaglione, un biglietto che augurava il Buon Natale e che assicurava che il loro caro stava bene.
Nella zona di residenza di questa famiglia, Nervia di Ventimiglia, un anno dopo, proprio in quel 10 dicembre 1943 già citato, una ragazzina assistette da vicino all'inferno scatenato dagli aerei statunitensi con tale evidente timore sì da voler spesso ricordare da insegnante adulta in classe ai suoi allievi il tragico episodio.
Sempre in quel giorno si prodigò all'estremo per soccorrere feriti e per dare conforto spirituale il parroco, che anni dopo dalla sua nuova destinazione di Riva Ligure si trovò spesso in stazione con l'opportunità di rivedere e salutare affettuosamente almeno un ferroviere, in questo caso fratello del geniere defunto, del novero dei giovincelli da lui già conosciuti a Nervia.
Si affrettarono anche dal centro città madre e figlio di dieci anni in cerca del padre che dalle parti di Nervia aveva un lavoro: per loro fortuna il capofamiglia si era trovato oltre il punto critico, ma il bambino da grande avrebbe rammentato i morti da lui visti con sofferta umanità ancor più per il fatto che era destinato a frequentare tanti sopravvissuti.
Sempre da Nervia era partito per la guerra un altro ragazzo, che conosceva quasi tutte le persone - di alcune era anche amico! - qui menzionate e che affondò al largo dell'isola Asinara con la corazzata Roma il 9 settembre 1943.
Finirono in trappola Ettore e Marco Bassi, padre e figlio, commercianti ebrei di Ventimiglia, benefattori non solo degli ebrei stranieri in fuga, ma anche benemeriti della città e del comprensorio, per essere poi falcidiati nell'inferno degli stermini nazisti.
Ferrovieri antifascisti di Ventimiglia vennero uccisi nelle rappresaglie del Turchino e di Fossoli, ma i più trovarono la morte nei lager tedeschi: tra loro anche il compagno di lotta capitano Silvio Tomasi, già reduce dalla campagna di Russia.
Da Ventimiglia qualche familiare è riuscito negli anni a recarsi in Germania per visitare la tomba di un loro caro, deceduto quale Internato Militare.
Una lapide nel cimitero centrale di Ventimiglia a Roverino commemora i partigiani caduti: impressionante pensare a come furono massacrati a Sospel dalla furia nazifascista undici garibaldini (tra i quali un ventimigliese, Osvaldo Lorenzi; un altro ventimigliese, Sauro Bob Dardano, era già morto con l'assalto nemico) e quattro appartenti al maquis.
Nella strage nazista di Grimaldi perirono anche tre bambini molto piccoli; in quella di Torri due persone molte anziane e due cinquantenni.
Sono solo alcuni esempi, uno spaccato non esaustivo: certamente è impressionante verificare che solo la piccola città di Ventimiglia abbia avuto centinaia e centinaia di vittime di guerra.
 

Adriano Maini

martedì 3 settembre 2024

Sciamavano numerosissime le lucciole



C'è un pino marittimo a Bordighera, ultracentenario, che poteva essere una delle perle di un progetto di valorizzazione dell'alberatura storica della Via Romana (comprensiva di un tratto anche in Vallecrosia), progetto di cui non si è saputo più nulla.
L'albero in questione, oggi forse non molto distinguibile per la successiva crescita lì vicino di qualche suo simile, si trova pressoché all'incrocio - una rotonda - della richiamata arteria con la strada per Vallebona, ma un tempo fiancheggiava i pilastri del cancello d'ingresso alla sovrastatante, ormai scomparsa, Villa Cappella, pilastri ancora visibili alla svolta degli anni Sessanta.
A fianco di quel pino veniva eretto a quel tempo - un po' prima, un po' dopo - il capannone dove veniva realizzato per la Battaglia di Fiori di Ventimiglia il carro della compagnia "I Galli del Villaggio", destinata a vincere molti concorsi, ma anche a vedere qualche sua opera squalificata perchè - a termini di regolamento - troppo grande.
Accorrevano in quei casi ad aiutare per infilzare con spilloni i garofani destinati a dare colore ai carri ragazzini della limitrofa - a ponente - regione Cabane (in una carta del Touring Club degli anni Venti del secolo scorso Regione Luco), ma anche del complesso Gallinai, posto al lato di nord-est della zona, destinato in oggi ad essere assorbito in un'operazione edilizia ventilata da tempo, complesso meritevole per la sua pregressa storia di considerazioni a parte.
Dirigevano le operazioni adulti, alcuni di grande esperienza, anche di Vallecrosia, anche un affabile geometra di Ventimiglia, disegnatore delle figure dei carri.


Tra questi chi - come testimonia una vecchia fotografia - si era fatto le ossa da giovane con una compagine, che aveva forse agito in un'unica occasione, ma pur sempre operante nelle vicinanze.
Difficile sapere se in quegli operosi momenti qualcuno ricordasse che Villa Cappella, requisita dal regime fascista ad una vedova inglese, era pur stata durante la guerra sede di un reparto di SS tedesche, ma degli eventi bellici almeno un episodio uno di quegli attivisti si sarebbe ricordato tanti anni dopo, quello riguardante l'apparecchio da caccia statunitense che, colpito dalla contraerea, si era abbattutto nella non lontana collina dei Mostaccini.  


Sciamavano numerosissime le lucciole nel lato - di levante - di Via Romana adiacente l'orto giardino di Villa Pendice per la gioia dei già citati ragazzini dei Gallinai e di altri loro amici, tutti impegnati a giocare a nascondino: nei ricordi di tanti sembra che questo accadesse dopo la Battaglia di Fiori e le infiorate delle ringhiere del ponte Bigarella (scomparso per la copertura vastissima del torrente Borghetto) per la processione dedicata a Sant'Antonio da Padova, quindi a giugno inoltrato, mentre più di recente chi ha avuto la fortuna di ammirare nel ponente ligure i piccoli luminosi messaggeri ne sottolinea una precoce apparizione, ma forse potrebbe trattarsi di un fenomeno come quello che riguarda la fioritura delle jacarande, vale a dire conseguenze di un anticipo di calura estiva.

Adriano Maini

mercoledì 21 agosto 2024

Francesco Biamonti svolse la sua relazione in un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti

Ospedaletti (IM)

La sede del Partito comunista ad Imperia era in Via Repubblica quando segretario provinciale della F.G.C.I., la Federazione Giovanile Comunista, era Lorenzo Muratore. Lorenzo Trucchi ha ben vivo il ricordo di quando, nei primi anni Sessanta, da Ventimiglia si misero in auto, una scassata utilitaria, per una assemblea che si svolgeva nel capoluogo lui, l'altro Lorenzo, Angelo Oliva ed un quarto giovanotto, che fece poi carriera a Roma, allontanandosi forse dalla politica, ma rimanendo sempre in contatto con Giorgio Loreti.
Erano tutti - i ragazzi cui sin qui si è accennato - amici di Francesco Biamonti, che non era ancora lo scrittore oggi ben noto, anche se qualche suo breve scritto era già apparso. Così come era avvenuto per Angelo Oliva, il quale subito dopo si sarebbe cimentato in ben altro genere di carte e di esperienze, ma di cui - sottolineatura di quanto si è appena detto - è stato di recente pubblicato a cura dell'Unione Culturale di Bordighera il racconto "Una grossa porcheria" in un opuscolo corredato da affettuose memorie di persone che lo avevano conosciuto bene.
Il viaggio citato probabilmente coincise con il congresso in cui venne eletto segretario provinciale della F.G.C.I. Mauro Torelli, futuro segretario provinciale del PCI e deputato, che nel suo libro di memorie politiche avrebbe dedicato righe intense non solo ai compagni di partito Trucchi (il curriculum di questo Lorenzo vede in ordine di tempo le cariche di segretario della Camera del Lavoro di Ventimiglia, segretario provinciale della C.G.I.L., consigliere regionale) e Muratore (assente o quasi, stranamente, Angelo Oliva, ma il ruolo "agli esteri" di quest'ultimo lo tenne sempre per i rapporti ufficiali lontano da questa Riviera), ma anche - per gli impegni culturali e sociali degli anni Sessanta - ai socialisti Loreti e Biamonti.
 

Giorgio Loreti era attivamente impegnato nell'Unione Culturale Democratica di Bordighera, ma anche, in Sanremo nella Federazione Giovanile del PSI, con altri giovani, tutti incoraggiati da Adolfo Siffredi, patriota antifascista (Fifo), che era stato il primo sindaco di Sanremo alla Liberazione. Loreti era molto preso in particolare dal redigere bollettini di informazione, tutti rigorosamente stampati a ciclostile, così da poter anche stampare in un'occasione i complimenti e le esortazioni a proseguire sulla strada imboccata, ricevuti dall'ex comandante partigiano Vitò.
 

Francesco Biamonti fu brevemente segretario provinciale del Partito socialista, quando la sede del PSI era in via Foce ad Imperia. Il suo discorso di commiato dalla carica venne sviluppato in un congresso che si tenne in un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti: fece un discorso dall'ampio respiro, molto colto, pressoché inusuale per gli astanti, cui minimamente poté competere per qualità quello di un insegnante di musica di Pieve di Teco.
 

Poco prima, allo svolta degli anni Sessanta, giovani democristiani di Ventimiglia, tutti universitari, si attrezzavano per le loro carriere professionali e politiche a venire in... feste danzanti - a capodanno indossando in genere berretti da goliardi -, intrattenimenti vari, pranzi e cene da post-sciate, escursioni in campagna, cacce al tesoro e così via, non disdegnando di accompagnarsi a veri figli e figlie del popolo.  
 

Alla svolta successiva, quella degli anni Settanta, usciva da una tipografia un periodico progressista, alla cui redazione partecipava almeno un dirigente locale democristiano, un altro amico di Francesco Biamonti, lo stesso che a gennaio 1973 insieme al Presidente Provinciale ACLI - anche questi abitante nella città di confine - si sarebbe dato molto da fare - insieme ad attivisti comunisti, socialisti ed indipendenti - per la buona riuscita della Marcia per la Pace in Vietnam, da Ventimiglia a Bordighera. Quella pubblicazione portava il nome di "La Goccia" e vedeva tra i suoi redattori anche il parroco di Airole: forse, risentiva di un clima particolare, contrassegnato anche un po' prima dalla presenza attiva tra Ventimiglia e Vallecrosia di preti e diaconi, nonché di una sorta di missionari laici, tutti impegnati nel sociale e tutti (o quasi) venuti da fuori, a titolo di paradigma chi dalla Lombardia, chi dalla Toscana, dei quali pochi ricordano qualcosa, se non una certa definizione riferita ad alcuni di loro, non si sa più se amichevole o irriverente, di "preti comunisti".
 

Adriano Maini

mercoledì 14 agosto 2024

A Nervia c'era ancora il passaggio a livello?

Ventimiglia (IM): l'abitazione un tempo dei custodi del passaggio a livello di Nervia

Storie più nervine che ventimigliesi degli anni Cinquanta del secolo scorso, una o due più recenti.

A quanto pare verso il 1954 il cavalcavia di Nervia non era ancora stato ricostruito se è vero che le studentesse e gli studenti diretti a Ventimiglia centro si rallegravano dei congrui ritardi procurati alle loro corriere dagli abbassamenti delle sbarre del passaggio a livello.

Capitava che in Chiesa - la Parrocchiale di Cristo Re - a Nervia - levante di Ventimiglia - entrasse talora a fare le sue devozioni un'anziana donna che viveva in una casa diroccata dai bombardamenti dell'ultima guerra, ubicata tra l'ormai dismesso deposito locomotori - detto Campasso - e l'Officina del Gas, anche questa reperto di archeologia industriale: inopinatamente il termine per designare la signora era quello di "barbona".

Per associazione di idee verrebbero in mente sussurri e grida su prelati - e ambienti democristiani, compreso un autorevole ministro - noti ormai solo a pochi eletti.

Al piano di calpestio di ogni pianerottolo della palazzina (deposito personale viaggiante) dove capitreno e conduttori di Ventimiglia si recano a prendere gli ordini di servizio e a consegnare le note dei loro viaggi si poteva anche inciampare in strani oggetti, sorta di larghi piatti di metallo dipinti di bianco sporco e pieni di sabbiolina di pari colore, definiti sputacchiere, a tutti gli effetti ben capaci posacenere.

La matura signora si autoconvinse di avere risolto taluni suoi malanni fisici col bere un po' di acqua di Lourdes, che aveva mal pensato di chiedere ad un ferroviere, vicino di casa di sua figlia a Nervia, sperando che l'uomo potesse intercettare alla bisogna qualche ben disposto pellegrino di ritorno in convoglio speciale dal Santuario dei Pirenei, ma il birbante si era tolto l'impaccio attingendo a qualche rubinetto di servizio della stazione ferroviaria.  

Troppo risaputa per rivisitarla appieno - anche perché non unica nel suo genere - la vicenda della locomotiva a vapore di manovra che, uscita dal citato Campasso e lasciata poco dopo la partenza momentaneamente incustodita dai suoi due addetti scesi a terra per chiacchierare con altri colleghi, arrivò lentamente sbuffando in stazione, all'ultimo dirottata su binario morto.

Adriano Maini

lunedì 5 agosto 2024

Studenti di Ventimiglia e di Sanremo a cavallo della seconda guerra mondiale

Sanremo (IM): l'edificio (già Monastero delle Monache Turchine) che fu sede del Liceo Classico frequentato da Italo Calvino

Qualche anno prima dell'ultimo conflitto mondiale un giovane orfano di Ventimiglia per completare il curriculum scolastico antecedente l'Università, alla quale non sapeva ancora se sarebbe stato in grado di iscriversi, fu costretto a entrare in Seminario a Bordighera: era per lui lungi da venire una non facile esperienza - cattedra ricoperta come supplente di un titolare in distacco perché a lungo parlamentare - di insegnante di lettere alle superiori, di esperto di latino e di Pirandello, di preside - quest'ultimo un incarico in posizione infine stabile -.

In quel torno di tempo scendevano a piedi a Ventimiglia per le richiamate esigenze di frequenza scolastica due ragazzi di paeselli vicini di Val Roia, uno destinato a diventare avvocato di nome e sindaco della città di confine, l'altro vocato, prima di accedere all'insegnamento, ad essere capitano di mare.

Si trovava nella stessa classe liceale di Italo Calvino a Sanremo la futura insegnante, la quale, appena finita la guerra, impartiva ripetizioni al ragazzo destinato a ripercorrere con onore una strada di famiglia diventando un celebre fotografo. La ragazza non poteva vaticinare che avrebbe insegnato alle medie inferiori di Ventimiglia né che tornata nella sua vecchia scuola anche lì avrebbe svolto il suo ruolo, ma in una sede che ormai fisicamente era di Ragioneria: meno che mai che in tempi ancora più recenti certi suoi metodi autoritari sarebbero stati aspramente criticati su libello dal colto e brillante divulgatore, ma anche severo fustigatore di costumi, che si chiama Marco Innocenti.

Con Calvino e la non avvenente fanciulla - ed Eugenio Scalfari ed altri nomi risonanti nella storia della Sanremo bene, certo - c'era anche, come attesta una non del tutto nota fotografia, il futuro ingegnere - con radici in Bordighera - di Ventimiglia, che ben prima di poter esercitare dovette, arrestato quale patriota antifascista, passare per le forche caudine di un campo di concentramento nazista.

Appena finiti gli eventi bellici, per affrontare al meglio il liceo classico a Sanremo, dopo la forzata interruzione degli studi, prendeva lezioni da un personaggio qui già citato, che all'epoca era appena entrato nella vita politica, un giovanotto destinato a diventare un illustre giurista e poi, anche lui, un reggitore a livello centrale della cosa pubblica.
Tra i tanti meriti del suo mentore, tuttavia, si è ritrovata - per via di uno strano caso di quelli che a volte capitano - almeno una nota stonata: la copia di una lettera con cui nel 1958 aveva cercato - invano, si può aggiungere, con il senno di poi - di impedire l'assegnazione di una casa popolare ad un attivista comunista, già partigiano, come sottolineava proprio lo scrivente, a quel punto del tutto dimentico di aver fatto parte di un C.L.N. locale. 

Rimane indeterminato il periodo nel quale un maestro di Ventimiglia, sposata una collega di Apricale - un borgo natio di intellettuali, nonostante vecchie dicerie - venne convinto dalla moglie a perfezionare gli studi, così da diventare, da laureato e da docente, anche un esperto della lingua dell'antica Roma e, successivamente, preside del latinista già menzionato.

Ed altri passi ancora si sono incrociati, anche se non per tutti, tra politica, docenze, relazioni sociali.

Adriano Maini

mercoledì 31 luglio 2024

Quelli che usavano Netscape


A quella Fiera in Roverino di Ventimiglia nel 1996 a collaborare erano insieme una Associazione ed una neonata ditta, per pubblicizzare il Web. Per abbattere i costi telefonici - all'epoca notevoli - si stese un cavo dalla vicina sede del server allo stand, cavo che in qualche modo attraversava... la strada statale 20 del Colle di Tenda.

Ma questo lo avevo già raccontato, magari in forma più estesa.

Nel 2019, invece, uno di quegli ex giovani imprenditori creava su Facebook il gruppo “Internet in Riviera”. Tra le prime righe che pubblicava pesco le seguenti: "AAA CERCHIAMO gli internettiani della prima ora in RIVIERA, quelli che si collegavano con il modem 14.4, che scrivevano nei guestbook, che usavano Netscape e Trumpet WinSock, che si collegavano a Ftp.funet.fi, che scaricavano file importanti con l’FTPBATCH, quelli che… insomma gli EROI visionari che hanno vissuto la partenza di internet…". In effetti, non mi sembra che l'operazione tentata abbia avuto, purtroppo, un grande seguito.

E Flavio Palermo, che aveva con me sperimentato addirittura un BBS, ci svela oggi certi suoi arcani: "Con il Videotel mi collegavo già dal 1989 con il commodore 64. C'è un articolo "SPRITE 6499" che mi hanno pubblicato sulla rivista mc microcomputer del 1989 , dove spiego come modificare il software in linguaggio macchina del modem (6499) del commodore 64 per aggiungere uno SPRITE (freccia che si muoveva con il joystick) per navigare sul Videotel..."

Ancora pensando a Flavio, mi sorge spontanea una domanda: oggi come oggi si sarà mai messo ad indagare ed a operare su "esperienze" (per me, almeno) più difficili, con la possibilità che - come ai tempi - ne venga qualche ricaduta utile per i suoi corrispondenti, "esperienze" quali "Github", "ActivityPub", "OStatus"?

Adriano Maini

domenica 28 luglio 2024

Quelle linee elettriche senza filobus


Ventimiglia (IM): uno scorcio del "Borgo"

Arrivando per caso nella zona di Ventimiglia detta "Borgo" tornano in mente pregresse vicende e situazioni. A rammentare i filobus sono rimaste - stranamente - solo le linee elettriche aeree. Il raddoppio - con tanto di curve - del finitimo ponte stradale sul fiume Roia ne ha impedito - sembra - la continuazione del servizio, del resto in oggi abrogato su tutto il resto del tragitto sino a Sanremo. Non erano i mezzi pubblici più frequentati dai tanti studenti dell'Istituto Professionale per il Commercio ai tempi allocato nel vicino centro storico di Ventimiglia Alta, i quali, invece di affrontare la discesa, preferivano attendere lassù gli autobus provenienti dalla frontiera di Ponte San Luigi. Ma se l'orario giornaliero era di quattro ore - uscita alle 12.30 - molti loro colleghi delle scuole del centro gradivano fare quattro passi sino al piazzale capolinea di quel sito. Magari fermandosi anche a degustare le deliziose limonate servite nel bar oggi occupato da una tabaccheria.
 
Viene giocoforza ripensare al fatto che i citati cavi, non più utilizzati per i filobus, sono tuttavia rimasti al loro posto da Ventimiglia a Sanremo.
 
Qualche esempio.

Ventimiglia (IM): Chiesa di Sant'Agostino

A Ventimiglia, davanti alla Chiesa di Sant'Agostino. 



A Vallecrosia.  


A Bordighera.

Bordighera (IM): Chiesa della Madonna della Ruota

Davanti alla Chiesa (privata) della Madonna della Ruota a Bordighera.

Ospedaletti (IM): Villa Cicalina

Ci si imbatte in quei fili anche a Capo Nero, tra Ospedaletti e Sanremo, sempre che si voglia guardare bene Villa Cicalina che ospitò Elsa De Giorgi ed Italo Calvino in una calda estate di quasi settant'anni fa.

Sanremo (IM): rotonda all'incrocio di Corso Matuzia con Corso Inglesi

Sanremo (IM): all'inizio di Corso Imperatrice

Sanremo (IM): la statua della Primavera in Corso Imperatrice

Si possono vedere a Sanremo in vari punti di Corso Imperatrice.

Sanremo (IM: Villa Mi Sol

Accarezzano - per così dire - anche Villa Mi Sol.

E, se qualche mese fa potevo scrivere che forse si poteva ancora sperare per l'estremo ponente della provincia di Imperia nel ripristino dei filobus, oggi che è iniziato lo smantellamento dei relativi residui impianti stradali bisogna proprio abbandonare ogni speranza!

Adriano Maini

 

domenica 21 luglio 2024

Coincidenze (2)

Latte, Frazione di Ventimiglia (IM), vista da Zona Ville

Nello Pozzati mi disse in un’occasione che aveva letto "Meridiano di sangue" di Cormac McCarthy, come forse gli avevo suggerito io: solo che non so ripetere con la sua lucida precisione la trama con cui mi descrisse la filosofia, da lui intesa, sottesa a quel romanzo, che pur mi aveva tanto affascinato per quella che a me è sembrata una plastica commistione di paesaggi selvaggi e di crude vicende storiche poco note del sud-ovest nord-americano di circa due secoli fa.
E non potevo dubitare che, quando conobbe Nico Orengo, autore anche de “La curva del Latte”, Nello gli rammentasse che, certo, anni dopo quell’ambientazione romanzesca, nella campagna condotta dal protagonista lui ci aveva lavorato da bracciante, prima di emigrare a Milano, diplomarsi, laurearsi e vincere importanti concorsi in comuni dell'hinterland.
Nello, che in gioventù tirava tardi a discutere con Francesco Biamonti davanti al Bar Irene di Ventimiglia, esercizio ormai chiuso, mentre doveva alzarsi di lì a poche ore per tornare al suo lavoro, all’epoca, ancora agricolo, non ricordava, invece, molto del professor Raffaello Monti, già amico e corrispondente di Aldo Capitini. Eppure ai nostri vent’anni era stato lui a riferirmi citazioni di quella più vecchia Bordighera dell’Unione Culturale Democratica (tuttora operante grazie alla grande tenacia di Giorgio Loreti), che vide impegnati, tra gli altri, Francesco Biamonti, Guido Seborga, Angelo Oliva, Luciano De Giovanni, i pittori Enzo Maiolino, Sergio Biancheri, Joffre Truzzi, Sergio Gagliolo e chissà quanti altri personaggi di rilievo che io sto dimenticando.

Dalla lettura del significativo libro di Sergio Favretto, Partigiani del mare. Antifascismo e Resistenza sul confine ligure-francese, Edizioni SEB27, Torino, aprile 2022, vengo ad apprendere che Raffaello Monti era riuscito a frequentare, seppur brevemente, Giuseppe Porcheddu anche nell'immediato secondo dopoguerra.

Fravretto si sofferma pure sull'operato da partigiano di Pietro Giacometti, che compare anche nell'opera "Lina, partigiana e letterata, amica del giovane Calvino", scritto da Daniela Cassini e Sarah Clarke. Giacometti, il cui operato appare in diverse documentazioni storiche in modo frammentato, dunque, difficile da ricomporre, era il nonno del marito della signora Clarke. Senonché, a Sanremo, quando due anni fa venne presentato il citato libro, sono venuto a sapere che la famiglia Giacometti a cavallo della guerra abitava in Villa Olga a Nervia di Ventimiglia: a poche centinaia di metri dove, più a levante, qualche tempo dopo sono nato io, ma dove in quel periodo cruciale abitavano già i miei nonni.

Alcuni fatti storici o, al limite, solo alcune conferme, sono stati appurati (anzitutto per Giacometti) in ordine ai due libri appena accennati dalla pubblicazione di quello che io definisco il "Memoriale Porcheddu", prima inedito, in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019. Mi emoziona tuttora sapere che una radioricetrasmittente affidata da Punzi ad un altro degno antifascista, perché probabilmente destinata a Beppe Porcheddu, era transitata dal garage Chiappa, padre e figli, una volta esistente a pochi metri dalla mia attuale abitazione. O, ancora, avere appurato in modo incontrovertibile in quale casa di Marina San Giuseppe di Ventimiglia avvenne l'agguato vile e feroce che costò la vita al capitano Gino, un uomo, già ufficiale di carriera, venuto a morire dalle nostre parti dopo aver tentato di intessere una rete antifascista in provincia, aver combattuto con i partigiani francesi ed essere tornato a cercare contatti con i nostri partigiani anche nella veste di agente dell'Oss statunitense.
 
Adriano Maini

lunedì 15 luglio 2024

A Vallecrosia c'è ancora la vecchia casetta...

A Vallecrosia c'è ancora la vecchia casetta da cui si proiettavano un tempo le pellicole di un cinema all'aperto: anzi, è ancora conservato il foro adattato allo scopo.


Gli spettacoli avevano luogo a ridosso dell'ormai demolito Mercato dei Fiori, situato in pratica sul confine con Camporosso.


A Ventimiglia una rinomata enoteca nello stesso posto esisteva già negli anni Trenta del secolo scorso, probabilmente meno elegante di oggi, perché allora era una semplice osteria o giù di lì, mentre adesso si presenta come un locale alla moda, molto alla moda: si raccontava di una mula che si fermava da sola davanti all'esercizio per consentire al conduttore - non proprietario - di bersi colà in santa pace un bel bicchiere di vino. Quanti avvenimenti sono accaduti e quante persone si sono avvicendate tra quelle mura! In proposito, Gaspare Caramello vi ha proprio ambientato gran parte di un suo racconto, molto interessante e assai divertente.


Sempre a Ventimiglia, il Mercato dei Fiori c'è ancora come denominazione - riportata con orgoglio sul frontone di ingresso - ma da tanto è un mercato annonario, anzi, un mercato coperto attrezzato: anche volendo, non vi si potrebbero più tenere le favolose serate danzanti di cui si tramanda ancora l'eco.
 

A Bordighera almeno una delle storiche fontane - quella di zona Villa Ortensia - è stata spostata, anche per più di cento metri, in prossimità di dove sorgeva il capannone per la costruzione dei carri, destinati a sfilare alla Battaglia di Fiori di Ventimiglia ed approntati dalla compagnia "I Galli del Villaggio": non ci sono più in loco - o non possono più aspirare ad essere tali - utenti alla ricerca di acqua fresca, forse sorgiva...
 

... sorgiva di sicuro nel caso della vecchia fontana - e già abbeveratoio per animali - di Via Romana, in prossimità della Civica Biblioteca Internazionale, sempre meta di appositi pellegrinaggi di squisiti intenditori del prezioso liquido.

Adriano Maini

martedì 9 luglio 2024

Peglia e dintorni...





Località  Peglia di Ventimiglia (IM), a nord del ponte della ferrovia per la Francia.
C'era un po' più in su una pista di go-kart con annesso pubblico servizio: un'area molto frequentata ed oggi molto rievocata in tante memorie. Con base di partenza e di arrivo da quel sito e con deviazione su sentieri sull'addomesticato greto o solo su quel cemento - si tenne almeno in un'occasione (anno di grazia 1966) una sorta di pre-selezione (sub-provinciale) dei campionati studenteschi di corsa campestre.
A valle della strada ferrata l'area forse ha un altro nome, ma un tempo aveva una maggiore interconnessione con la precedente: c'erano anche anche delle piccole peschiere; il vecchio mattatoio; un po' a ponente, a fianco della strada che attualmente concede solo un minimo accesso a Peglia, ai suoi vecchi mulini, alla Bocciofila del Dopolavoro Ferroviario, c'era una fabbrica di liquirizia, un edificio purtroppo devastatato dallo scoppio di una caldaia agli inizi degli anni '70, con la conseguenza di gravi danni alle persone, soprattutto con la morte di una giovane ragazza che frequentava il Bar Irene, vero centro sociale e culturale dell'epoca nella città di confine. Ed ancora un camping sempre molto affollato d'estate...
Sino a tutti gli anni Sessanta alcuni carri della Battaglia di Fiori, una volta finita la manifestazione, venivano portati, o riportati, davanti al mattatoio.
La via principale per Peglia, che passava per un varco del ponte della ferrovia, è stata resa intransitabile in quel proseguimento per motivi di sicurezza rispetto alle piene del limitrofo fiume Roia.
Per arrivare all'altra Bocciofila (quella storica ed affiliata al CONI), ai campi da tennis, ai rettangoli verdi del calcio occorre adesso sottoporsi ad un lungo giro.
Il campo di calcio di Peglia forse venne realizzato man mano che veniva dismesso quello vecchio in Piazza d'Armi a Camporosso (IM), ancora utilizzato nel 1964.

Adriano Maini

mercoledì 3 luglio 2024

Villa Azzurra


"Via del Campo c'è una graziosa / Gli occhi grandi color di foglia / Tutta notte sta sulla soglia / Vende a tutti la stessa rosa" così cantava Fabrizio De André in una sua memorabile canzone.
"Via Palazzo" era invece un tempo un'espressione quasi in codice per indicare le stesse "avventure" in quel di Sanremo.
Un po' come dire "Rue de France" per Nizza.
Invece, con buona pace del nostro beneamato cantautore l'avviso in gergo riguardante Genova era "Via Pre'".
"Villa Azzurra" a Ventimiglia era una denominazione che, decifrata, portava ad una specifica situazione locale di quelle eliminate dalla Legge Merlin. Rievocata, inoltre, nel romanzo "Il conformista" di Alberto Moravia.
Le cronache dei giornali da allora ad oggi si sono, tuttavia, sin troppo occupate di scoperte di case clandestine di appuntamenti nella città di confine.
Villa Azzurra rimane ancora - si dice - con altro nome e con altra destinazione in Via Asse.
Sussistono ancora due aspetti da sottolineare: che quasi nessuno sa più con precisione quale sia l'edificio incriminato e che la zona - in Via Asse di levante -, la quale a palmi, più o meno memorizzati i discorsi dei vecchi, si può raffigurare come ubicazione della casa in questione, è oggi una delle più brutte di Ventimiglia. Nonostante la prossimità ad un antico mulino ben restaurato ed il fatto che leggermente più a ponente in quella stradina permanga qualche traccia di un'antica bellezza - muri in pietra, intonaci liguri caratteristici, fiori, piante - di quando tutto era campagna coltivata. Si salva solo la zona dove la stradina sbocca al mare.

Adriano Maini

venerdì 21 giugno 2024

Di aerei e di colline nella zona Ventimiglia-Bordighera durante l'ultima guerra

Bordighera (IM): uno scorcio di Piazza del Popolo

Un gruppo di bambini, mentre giocava vicino alle sponde del torrente Borghetto in prossimità della Via Romana di Bordighera, vide cadere un aereo in collina. Si affrettarono a salire, spinti dalla pericolosa curiosità, naturale in quella fase della vita umana, ma furono respinti dai soldati tedeschi accorsi ben prima sul sito dell'impatto. Riuscirono, tuttavia, a capire che il pilota era rimasto immolato con l'apparecchio; forse, addirittura, riuscirono a scorgerlo da lontano. Un recente articolo, apparso sulle pagine locali di un noto quotidiano nazionale, rispolvera la vicenda, fornendo diverse informazioni tecniche e storiche, reperite dal giornalista, ma non indica il punto preciso della conclusione di quel disastro. D'altronde, le scarse notizie reperibili sul Web sino a pochi giorni fa erano - e rimangono - contraddittorie. Fuori discussione  la data del tragico evento, 12 settembre 1944, il nome della vittima, Lewis K. Foster, il tipo di aereo, Republic P-47D-23-RA Thunderbolt, la nazionalità di entrambi, statunitense, la località di partenza, Poretta, Corsica, la squadriglia, il gruppo e così via. Una fonte sostiene che il caccia in questione - di questo tipo di apparecchi si trattava - "si schiantò mentre mitragliava il bersaglio ad un miglio a nord est di Bordighera"; un'altra, quella più ricca di dettagli, mentre conferma la precedente asserzione, aggiunge che l'aereo "era stato visto l'ultima volta ad un miglio, un miglio e mezzo a nord ovest di Bordighera". In effetti, nell'articolo citato ci sono ampi riferimenti al rapporto di un altro pilota, di cui si fa pure una breve storia di quella e di altre avventure di guerra, un pilota, il tenente John M. Lepry, che, mentre la squadriglia era in picchiata, aveva sentito dietro di sé l'esplosione del mezzo guidato da Foster, senza poterne capire le cause. Il giornalista fa ruotare il suo pezzo intorno al fatto che si sia persa la memoria di questo tragico evento. 

Eppure, qualcuno nella vicina Vallebona ancora ricorda che un compaesano parlò diverse volte di essere accorso, mentre lavorava in un appezzamento di terreno dalle parti della collina Mostaccini di Bordighera, sul luogo di un disastro aereo, riuscendo anche a vedere il cadavere straziato del pilota, di cui raccontava anche particolari raccapriccianti. Il Notiziario, invece, della fascistissima Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) aveva comunicato il 1° ottobre ai capoccia di Salò che il mezzo incursore 'precipitava in località "Camporosso". Un pilota caduto e l'altro, ferito gravemente, è stato catturato'. C'è da dubitare che sul singolo aereo i piloti fossero stati due. Millantato credito?

Anche Mario Armando, all'epoca del fatto quindicenne, visse più o meno l'episodio come i bambini di cui sopra. Nel suo racconto, pubblicato qualche anno fa in Paize Autu, Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”, appare anche un preciso riferimento ai colpi di mitraglia - forse quelli decisivi - sparati dalla torre di avvistamento (il Semaforo) approntata dai tedeschi in Piazza del Popolo nel centro storico (Paese Alto) di Bordighera. Armando quel giorno stava proprio lì a giocare con degli amici a pallone, un pallone messo a disposizione da una recluta austriaca di 17 anni, per combinazione addetto a quella postazione e che in quel frangente non poteva certo unirsi come d'abitudine ai compagni di calcio. Questi ultimi - dunque, partendo da levante - cercarono di arrivare sul luogo dell'impatto del caccia, ma vennero anche loro respinti dai soldati tedeschi.

In quel torno di tempo, più o meno, a distanza in direzione ovest di circa due chilometri lungo la linea di costa, sulla piccola collina di Collasgarba, divisa tra Ventimiglia e Camporosso, anche questa affacciata su di un torrente, in questo caso il Nervia, un gruppo di bersaglieri della repubblica fascista di Salò, capeggiati dal sergente Bertelli, stava maturando la convinzione di disertare, ma alcuni patrioti li convinsero a rimanere al loro posto per aderire in modo clandestino alla Resistenza: con la discesa al mare ad un presidio in Vallecrosia questa loro scelta si rivelò molto utile per il buon esito di diverse missioni di contatto dei partigiani con gli alleati insediati nella vicina Francia.

Non si sentiva molto sicuro - racconta il figlio Massimo - Stefano Leo Carabalona, mentre si trovava a bordo di un apparecchio a compiere una ricognizione su Pigna e dintorni, forse foriera dei bombardamenti di fine dicembre 1944 su questo centro della Val Nervia, che dovevano colpire obiettivi militari strategici - secondo lo storico Giorgio Caudano eliminare - uno scopo fallito - il generale Lieb, comandante della 34^ Divisione dell'esercito tedesco, quella di stanza nel ponente ligure -, ma che uccisero, invece, cinque donne ed una bimba di 21 mesi e causarono vari danni, pesanti per un piccolo paese. Non si sentiva sicuro Carabalona, non perché temesse la contraerea tedesca, probabilmente installata in seguito, ma per la fragilità del mezzo. Eppure Carabalona era stato coraggioso - e decorato con due medaglie di bronzo al valor militare - in guerra come ufficiale del Regio Esercito, un eroe partigiano nella difesa di Rocchetta Nervina, un protagonista delle battaglie di Pigna - e verso l'epilogo di queste riusciva a dare precise indicazioni alla Missione FLAP - battaglie che portarono alla costituzione della Libera Repubblica democratica dalla vita, purtroppo, breve, ed era appena sbarcato in Francia come responsabile del collegamento della V^ Brigata partigiana "Luigi Nuvoloni" con i comandi alleati di Nizza. Neppure immaginava che, appena rientrato in Italia, sarebbe stato gravemente ferito a febbraio 1945 in un agguato a Vallecrosia e che sarebbe occorso quasi un mese perché i sappisti del Gruppo Sbarchi Vallecrosia riuscissero via mare a portarlo definitivamente in salvo per avere infine le cure del caso a Nizza.

Del resto, la lunga strada per la Liberazione passò anche in provincia di Imperia, da un capo all'altro, per bombardamenti aerei e navali - anche con artiglierie di terra in prossimità del confine - , non sempre mirati su obiettivi militari, sempre con effetti devastanti sulla popolazione civile.

Adriano Maini

martedì 18 giugno 2024

La donna, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi

Bordighera (IM): Villa Cava

Le cronache dei giornali e delle testate web in provincia di Imperia ogni tanto si occupano di vecchie storie di spionaggio, ambientate da queste parti di ponente di Liguria, in genere riferite agli anni della seconda guerra mondiale.
Di recente la presentazione di un libro dedicato a taluni risvolti italiani dell'ultimo conflitto avrebbe svelato la presenza a Bordighera di un agente italiano facente capo al servizio segreto francese, la cui rete nel 1942 sarebbe stata smantellata.
Ci sono opere dedicate al SIM (Servizio Segreto Militare Italiano) di quel periodo ed alla figura del suo capo di allora, Cesare Amé, che rammentano - così come almeno un memoriale di Amé stesso - una positiva azione di controspionaggio condotta in Tolone con l'ausilio della potente antenna radio di Sanremo, che era stata utile per intercettare i radiomessaggi inviati al nemico - compresi i partigiani del maquis, con i quali e con i cui "complici" non si può fare a meno di simpatizzare -, un'azione che non riuscì, tuttavia, a portare all'arresto del sottufficiale della Regia Marina che aveva "lavorato" per i francesi, dileguatosi in Riviera.
Esiste poi, presso IsrecIm, IstitutoStorico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, una piccola memoria - rintracciata dallo storico locale Giorgio Caudano - di fine 1945, in cui un partigiano, forse una partigiana, dal nome di battaglia di Carmelita, intese indicare in Renato Brunati, che abitava prima di essere arrestato a Bordighera, martire antifascista fucilato al Turchino, un agente del Deuxième Bureau: se tale aspetto risultasse confermato - cosa quasi impossibile ormai - aggiungerebbe caso mai altro onore alla figura di Brunati, che si sarebbe trovato in ottima compagnia, come quella, ad esempio, più famosa di Adriano Olivetti, che i contatti per concretare la sua congiura antifascista li cercò, invece, con i britannici del Soe, ma per il tramite di uomini dell'Oss americano.
Risulta, invero, difficile ritrovare nei libri di storia e nei documenti più correnti tracce di spionaggio classico in Bordighera, mentre abbondano informazioni relative alla presenza di militari e agenti nazisti, in qualche caso già prima dell'8 settembre 1943.
Come avviene con taluni fascicoli statunitensi, per lo più desecretati dalla CIA intorno al 2007, anche se un po' tutti indugiano, come nel caso già evidenziato di Karl Weilbacher, su attività comuni, in qualche caso di criminalità minore, contrabbando, ecc.
Fioravante Martinoia di Vallecrosia a marzo 1944 venne assunto come autista dal comando SD (servizio di sicurezza delle SS) di Sanremo, dietro raccomandazione di una signora tedesca abitante a Bordighera: Martinoia, nonostante i suoi ripetuti dinieghi, proprio per via delle sue mansioni ebbe parte attiva in diverse operazioni di repressione contro i partigiani.
Il già citato Weilbacher lavorava per un'azienda di esportazione di fiori con sede a Bordighera quando nel 1940 conobbe Werner Vohringer, un collaboratore dell’Abwehr (servizio segreto militare tedesco): ebbe con quest'ultimo diversi successivi contatti di carattere non ben precisato. Già nel 1934 o nel 1935 un agente della filiale di Sanremo di una compagnia di assicurazioni aveva chiesto a Weilbacher informazioni su alcuni stranieri presenti a Sanremo e di lì a breve gli procurava un incontro con il suo "capo", incontro che avvenne in un albergo situato davanti alla stazione ferroviaria di Bordighera, allo scopo di aiutarlo (non viene svelato per quale organizzazione o corpo dello stato fascista agisse il "capo". L'OVRA? La polizia? I carabinieri? I servizi segreti?) a scoprire una organizzazione che nella città dei fiori operava per l'annessione dell'Alto Adige all'Austria. Weilbacher avrebbe dato delle informazioni su alcuni individui, ma pochi giorni dopo, senza subire noie, si defilò da un compito che non gradiva.
Un altro documento americano si dedica ai fratelli Asiani, Alberto (nato nel 1905) ed Augusto (nato nel 1906), che abitavano a Bordighera, allo stesso indirizzo del padre, Lodovico, della madre, Teresa Sassi, e della sorella, Angela, di 42 anni. Un'altra sorella, Maria, di 43 anni, risultava sposata con l'avvocato Gino Vota: entrambi residenti a Bordighera. Viene riportato anche il nome del figlio di Augusto, Cristiano, indicato come vedovo. Conobbero, tra l'altro, Weilbacher e Vohringer. A maggio o giugno 1945 vennero arrestati a Bordighera dai carabinieri perché due lettere anonime li accusavano di pregressa collaborazione con i tedeschi: tenuti in stato di fermo per 25 giorni, furono infine rilasciati perché le accuse loro mosse vennero ritenute infondate. I fratelli Asiani, sospettati di collaborazione attiva con i tedeschi a Montecarlo e in Liguria, vennero segnalati come persone già a contatto con Olga Meier in Henneman, "agente SD che causò l'incendio di Molini di Triora e la morte di diversi partigiani in provincia di Imperia". E Olga Meier aveva aiutato "in modo disinteressato" Angela Asiani a recuperare dei beni sequestrati a Bordighera alla famiglia ad aprile 1944 da agenti SS di stanza ad Imperia e riconsegnati presso la Casa dello Studente di Genova. "Verso aprile 1944, addetti delle SS di Imperia, si recarono a casa degli Asiani chiedendo dei due soggetti. Essendo questi già a Montecarlo, essi perquisirono la casa ed asportarono vino, liquori, commestibili vari, vestiti ecc. Il tutto per circa un milione e mezzo di valore. Saputo il fatto i due fratelli sono venuti a Bordighera per vedere cosa era successo e qui conobbero la suddita tedesca Henneman", così recita la parte in italiano del documento americano. Che aggiunge qualche pagina dopo: "La Henneman venne a Genova e si recò alla Casa dello Studente unitamente alla sorella. Qui esse parlarono con un ufficiale tedesco, il quale disse che era stato un sopruso e che la roba tolta sarebbe stata restituita. Dopo 15 giorni la sorella Angela, come era rimasta d'accordo, ritornò alla Casa dello Studente ed ebbe in restituzione un baule, che però non conteneva che alcuni smoking ed altre cose varie, rappresentanti una minima parte di quello che era stato asportato. La Hennemann per questo suo intervento non chiese nulla, né da allora ella ebbe altri rapporti con i fratelli Asiani". Alberto ed Augusto erano stati poi imprigionati in un campo di internamento di Nizza all'arrivo (fine agosto 1944) delle forze armate alleate in Costa Azzurra: a Bordighera erano tornati clandestinamente e ritrovarono i genitori e la sorella Angela, ma incapparono nella trafila che portò ai loro interrogatori. Ripercorrere le vicende di questi due fratelli rappresenterebbe uno spaccato non secondario di vita vissuta ai tempi di guerra, anche perché la loro permanenza a Bordighera non fu di lunga durata: i genitori erano rientrati in Italia dall'estero nel 1939, quando i due figli maschi lavoravano ancora al Casinò di Venezia, un lavoro perso con lo scoppio della guerra. Con gli Asiani vengono riportati altri nominativi di persone abitanti a Bordighera, ma senza particolari comunicazioni in proposito. Angela Asiani era nata a Bordighera nel 1903, ma all'età di dieci anni si era trasferita a Montecarlo con i genitori, che nel Principato avevano aperto un negozio di vini e liquori, dove sino al 1930 avevano collaborato anche i fratelli maschi. Nel 1939 il negozio, non rendendo più, venne chiuso e Angela con i genitori raggiunse Alberto ed Augusto a Venezia, dove lavoravano al Casinò mercé una segnalazione di un certo Spadoni che avevano conosciuto a Monaco Principato. Sempre Spadoni mise i suoi buoni uffici per evitare che a fine 1943, ormai rientrati a Bordighera, la Kommandatur inviasse i fratelli Asiani maschi in Germania per il lavoro forzato. Ci si sofferma ancora su Angela Asiani perché dalla vicenda del suo recupero parziale dei beni di famiglia sottratti (nei relativi incartamenti si afferma che non se conoscono i motivi o per lo meno così affermano alcune donne chiamate in causa) si evincono i nomi di alcune donne, appunto - ad esempio, il nome della proprietaria della villa dove stavano in affitto gli Asiani, signora Ferrari - e si apprende che una di queste per il richiamato buon fine aveva procurato ad Angela un incontro a Sanremo "con un tale Reiter", di cui ben si sa, invece, che era il responsabile del locale ufficio SD, ufficio che si occupava principalmente di repressione delle bande partigiane e dei reati di natura politica e di repressione del mercato nero.
Ernest Schifferegger, già italiano altoatesino, il quale in occasione del referendum del 1939 aveva optato, come tutti i membri della sua numerosa famiglia, per la nazionalità tedesca, poi SS (già presente a Roma e partecipe della strage delle Fosse Ardeatine), interprete, segnalava che un certo Boccabella di Bordighera era diventato collaboratore delle SS di Imperia e di Sanremo dopo essere stato incarcerato per rapina a mano armata. Boccabella accompagnò Reiter ed una sua squadra a Bordighera a cercare benzina nascosta in un garage e ad indagare su liquori detenuti da un privato, infine ritenuti, tuttavia, di legittima proprietà. Si procedette, invece, al sequestro di un deposito di carburante celato a Seborga, paese dell'immediato entroterra di Bordighera. Può anche essere che dagli indagati venissero più facilmente ammesse colpe per reati comuni anche per sviare l'attenzione degli inquisitori dalla ricerca di imputazioni più gravi.
Alcune carte rinvenute da Paolo Bianchi di Sanremo presso l'Archivio di Stato di Genova, attinenti processi presso le CAS, Corti d'Assise Straordinarie del dopoguerra, deputate all'epurazione del fascismo, aggiungono tasselli a questo  mosaico.

Bordighera (IM): la collina Mostaccini sovrasta la zona di Via Coggiola

Il conte Pietro Di Masio Civalieri Inviziati, nato nel 1872, sposato dal 1936 con Sibilla Von Armin "di origine tedesca" in un interrogatorio di polizia del 23 giugno 1945 risulta residente in Bordighera presso l'Albergo Belvedere. Dalle sue dichiarazioni messe a verbale si apprendono diverse notizie, alcune curiose: che dalla data del matrimonio sino all'ottobre 1944 aveva abitato - in affitto - in Villa dei Pini in Via dei Mostaccini a Bordighera; che, sempre a Bordighera, aveva rifiutato di ricoprire cariche politiche; che non aveva mai ricevuto in casa sua un ufficiale della Polizia tedesca, ma solo un ufficiale dell'esercito che intendeva omaggiare sua moglie, appartenente ad una famiglia nobile; che era stato amico del principe austriaco Schwatgenhagg, proprietario di Villa La Cava a Bordighera, arrestato ad ottobre 1943, portato a Genova dalle SS, ma di cui - sempre per notizie avute da una cugina del principe, la principessa russa Galitzin - poteva affermare che era poi stato lasciato libero a Vienna (questo fatto venne confermato anche dall'avvocato Amalberti di Ventimiglia - di Vallecrosia, secondo Von Armin -); che il 10 ottobre 1944 due soldati tedeschi lo arrestarono e lo portarono al comando di Villa Rosa, da cui venne prelevato per essere tenuto in ostaggio per quattro giorni presso l'Albergo Excelsior, sempre a Bordighera. La moglie del conte, Sibilla Von Armin, interrogata il 25 giugno 1945 presso il campo di concentramento di Sanremo, rivelava il nome del capitano dell'esercito tedesco che fu talora ospite della famiglia, Behr, da lei conosciuto gà vent'anni prima, e adombrava come causa dell'arresto del principe austriaco il fatto che egli fosse nipote di una persona a suo tempo implicata nelle vicende del cancelliere austriaco Dollfuss. Senonché, nella sua denuncia del 30 giugno 1945 Bernardo Biancheri, padre dei partigiani Bartolomeo ed Ettore, fucilati a Forte San Paolo di Ventimiglia, segnalava i coniugi Civalieri tra i delatori che avevano portato la morte ai suoi figli, in quanto "ai tedeschi dei quali sia lui che la moglie erano quasi sempre a contatto... ai tedeschi, al soldo dei quali doveva sicuramente agire sia lui, uomo capace di tutto e senza scrupoli, che la moglie, originaria tedesca... i tedeschi dovevano essere stati informati dal Civalieri stesso, il quale se non ha potuto avere le informazioni che all'uopo richiedeva al Lorenzi, per non essersi questo prestato, indubbiamente deve averle attinte da altre persone portando così a termine il suo compito di spia". A maggio 1946, per il processo davanti alla Cas, l'avvocato Nino Bobba di Sanremo citava come testimoni a discarico dei coniugi Civalieri quattro persone. Il dottor Gianni Cristel di Sanremo, che aveva conosciuto il maggiore Beer (Behr nel verbale della Von Armin) quale perseguitato politico. Otto Geibel (console tedesco di Sanremo sin da prima della Grande Guerra, che aveva aiutato diversi ebrei a sfuggire alle persecuzioni) che avrebbe potuto sostenere che il principe austriaco (il cui cognome in questa circostanza viene trascritto come Schwarzenberg) era stato lungamente controllato dai nazisti presenti in Riviera. Liesel Richer, abitante a Villa Luisa a Bordighera che avrebbe potuto spiegare i veri motivi per cui alla Von Armin erano stati rilasciati diversi permessi di viaggio. La Baronessa Flugge di Villa Oliveto in Via Romana a Bordighera che "sa che l'imputata e il di lei marito rimasero costernati alla notizia dell'arresto del Principe; insieme studiarono e fecero tutto il possibile per venirgli in aiuto".
Elda Casaroli, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi "avendo provocato la cattura di due patriotti che poi vennero fucilati e di Buccella Orlando, guardia di finanza, che aveva disertato": negò di avere contribuito alla cattura dei fratelli Biancheri, ma venne condannata il 7 settembre 1945 a otto anni e quattro mesi di reclusione e alla confisca dei beni, una pena che si può presumere - come quasi tutte quelle similari - successivamente in appello ampiamente ridotta. Risulta istruttivo leggere ancora nella motivazione della sentenza che "lo spionaggio praticato in favore del nemico ostacolò i movimenti di liberazione... Chi si accinge a tali imprese a danno della Patria è spesso il delinquente senza fede e senza scrupoli... donna dedita ai facili amori, come può dirsi dell'imputata... invitata ad assistere al passaggio delle persone rastrellate, essa assiste fumando vicino al cap. Borro... fa segni di assenso o dissenso per l'arresto che doveva essere compiuto...".
Azioni vere di spionaggio in zona vennero compiute dai partigiani delle SAP, dei SIM di brigata e di divisione, del CLN di Bordighera, ma queste assumono un rilievo del tutto particolare, a sé stante.
Adriano Maini