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sabato 14 luglio 2012

Bordighera, Unione Culturale Democratica...


Rivedo infine di persona L., cui dedicai tempo fa un breve, amichevole ritratto. Parliamo anche di Guido Seborga. Il che mi suscita l'esigenza di riportare, per stralci, altre considerazioni, dedicate all'artista in questione dal nipote, Claudio Panella. 

Le metto qui di seguito:
Va sottolineato come i dibattiti, pubblici e privati, promossi da Seborga a Bordighera abbiano formato profondamente intere generazioni: alle diverse iniziative già messe in atto se ne aggiunse una nuova quando, alla fine degli anni '50, il giovane Giorgio Loreti e altri suoi colleghi chiesero aiuto anche a Seborga per la fondazione dell'Unione Culturale Democratica. Lo stesso nome del "circolo" fu suggerito da Seborga, che era stato tra i fondatori più impegnati dell'Unione Culturale a Torino e forse voleva così portar bene all'iniziativa. L'Unione ha un primo nucleo nel 1958 a Vallecrosia, ma solo nel 1960 promuove un convegno diretto da Guido Seborga dal tema "Perché leggi?" a Ventimiglia, iniziando attività regolari e la pubblicazione de "Il giornale" come Unione Culturale Edmondo De Amicis. La sede fu trovata a Bordighera in un sotterraneo sull'Aurelia, denominato "la Buca". Nel programma si dichiarava il desiderio di mettersi "alla testa delle forze giovanili d'avanguardia che intendono un rinnovamento in senso democratico e sociale dell'attuale situazione italiana e internazionale" .
Oltre alla pubblicazione del giornale, il circolo organizzava incontri e attività culturali. Alcune erano di formazione interna, come ad esempio le lezioni su Tommaso Moro e Tommaso Campanella tenute da Loreti nel dicembre del 1960, o quella di Enzo Maiolino su Cézanne. Altre si tenevano invece al Palazzo del Parco di Bordighera ed erano di maggiore rilevanza, come le mostre sui campi di sterminio nazisti e sulla Resistenza italiana o lo storico Convegno sull'Obiezione di Coscienza, che fu il primo in Italia, nel 1962, con interventi di Guido Seborga ed Aldo Capitini.
Dal 30 dicembre del 1960 "Il Giornale" è firmato Unione Culturale Democratica, viene meno il riferimento a De Amicis, ed è riformulato un programma più dettagliato.

E già a N., altro amico di gioventù - al quale talora accenno qui sul blog - ancora impegnato e lontano da anni dalla nostra zona, cui per forza di cose torna sporadicamente, avevo destato esigenza di approfondimento in merito, informandolo che Giorgio Loreti aveva da poco riavviato l'attività dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera (IM), di cui fu Presidente il professore Raffaello Monti.
La rivista dell'Unione Culturale Democratica fu quindi il banco di prova, il primo spazio libero per molti dei giovani, bordigotti e non, che poi si dedicarono alla scrittura, alla pittura, alla politica. Fin dai primi numeri vi scrissero con Giorgio Loreti, Beppe Maiolino, Angelo Oliva e in una delle sue poche uscite di questo tipo Francesco Biamonti. 

Sto procedendo con nette selezioni, perché almeno ad una persona operosa in quei tempi, Angelo Oliva, vorrei, sempre in attesa di raccogliere più adeguate memorie, dedicare un piccolo, ma degno pensiero.
Nel 1961, riuscirà (Seborga) a far ricominciare il premio "Cinque Bettole", dopo un anno di sospensione, riservandolo agli under 25 per  farlo ricrescere in quella "francescana povertà" che lo caratterizzava. E vi sarà coinvolto nuovamente Biamonti, facendo parte (con presidente Seborga) della giuria che premierà il ventunenne Angelo Oliva per il racconto.
Ad Angelo Oliva, sulla cui figura chiedo spesso testimonianze a Giorgio Loreti, abbiamo sovente pensato io e N.
È stato uno splendido compagno e un autentico amico, di cui ci mancheranno anche l'ironia, i momenti di buon umore, la confidenza e la sensibilità umana.
Mi permetto di riportare, come ho appena fatto qui sopra, su Angelo Oliva le parole conclusive di un articolo a lui dedicato nel 2004, poco dopo la sua prematura morte, da Giorgio Napolitano, di cui fu a lungo collaboratore. E gli anni giovanili di Angelo Oliva dovrebbero, non solo a mio avviso, essere indagati di più.

giovedì 7 giugno 2012

Quella Bordighera di Guido Seborga


Le linee più generali dei ricordi cui tra breve pervengo mi erano già state tratteggiate da alcuni amici più di quarant'anni fa, ma non rammento di aver raccolto in quel periodo testimonianze in proposito, rese dai protagonisti, quelli che allora conoscevo. Capita di recente che, da una mia curiosità su di un aspetto, in diversi mi facciano un quadro più preciso di quegli eventi. Soprattutto, avviene che io vada a leggere una testimonianza del nipote di Guido Seborga, Claudio Panella, da cui, intanto, attingo, per stralci:
Fin dagli anni '50 Bordighera è stato un centro culturale decisamente animato, e Guido Seborga passava spesso le sue giornate nei caffè del centro, intrattenendosi con coloro che diverranno i suoi compagni di una vita. Nei locali ormai scomparsi del Gran Caffè della Stazione, o del Caffè Giglio sull'Aurelia, poi del bar Chez Louis di C.so Italia (davanti all'allora sede del P.S.I), si è incontrata e formata più di una generazione di artisti liguri: oltre a quella di Seborga e dei pittori Balbo e Maiolino, che all'inizio degli anni '50 fondarono i premi delle "Cinque Bettole" per la pittura e per la letteratura, passando libri e stimoli a scrittori come Sanguineti e Biamonti, quella più giovane di Giorgio Loreti e Angelo Oliva, che insieme a Seborga scoprirono i poeti francesi, i surrealisti, gli esistenzialisti e la politica. Tutti i nomi sopra citati, e non solo, furono variamente influenzati dall'azione continua di formazione e incitamento all'organizzazione giovanile che Seborga portò avanti nella Bordighera di quegli anni. Nel 1956 Seborga, che già conosceva Francesco Biamonti e faceva parte della giuria delle "Cinque Bettole", lo indusse a parteciparvi con la speranza che si mettesse in luce ... Seborga citava "le pagine scritte da certi giovani come Oliva, Lanteri, Loreti, per non dire del romanzo "Colpo di grazia" di Biamonti, dimostrano ampiamente che un clima di ricerca intellettuale i migliori giovani hanno saputo creare"
E di Guido Seborga, forse, in questa occasione, può essere sufficiente citare, dalla stessa fonte cui sono partito, Edoardo Sanguineti:
Bordighera è legata al mio entrare nella conoscenza della scrittura, per esempio. Ecco, mi sedevo in un caffè, la mattina, e lì, lontano dalla confusione di oggi, leggevo, imparavo. Vi conobbi Guido Hess, un romanziere torinese … il quale aveva pubblicato qualcosa col proprio nome e, in seguito, con quello di Guido Seborga. Ebbe un momento di fama e poi fu ingiustamente dimenticato. Di lui ricordo un primo romanzo (si era nei primi anni '50) e un altro in versi. Era un personaggio singolare, una sorta di sperimentalista "ante litteram". Passeggiavamo sul lungomare di Bordighera e chiacchieravamo. Fu uno dei miei primi punti di riferimento culturale e mi fece conoscere Antonin Artaud, di cui mi prestò "Héliogabale".
Il racconto di Claudio Panella, va da sé, é maggiormente articolato e complesso. Cercherò di darne ancora conto, confidando di procedere, allora, a integrazioni augurabilmente suggeritemi dagli amici, che hanno vissuto quei momenti.

Fotografia di Bordighera.Amore.Mio/Facebook



venerdì 9 dicembre 2011

Far West di Ponente


"Il ricordo più antico che ho dell’estremo ponente ligure appartiene a una specie di far west. Vedo il lungo corridoio della stazione di Ventimiglia, quello al fondo del quale si “passa” in Francia, attraverso una porta custodita dai frontalieri. Sono lì, in braccio a mia madre, sulle panche, in attesa di un treno proveniente dalla Francia, perché mio padre lavora in uno stabilimento balneare di Sainte-Maxim o Saint-Raphaël. Sono gli anni Sessanta. Non ci ho mai pensato, non che non abbia mai pensato a questo ricordo, ma a un’altra cosa, quella per cui ho deciso di scrivere queste pagine.
Dov’erano in quel tempo Guido Seborga, Elio Lanteri e Lorenzo Muratore?
"

Così afferma Marino Magliani in riferimento al dossier Scritture di Ponente, contenuto nella rivista "Atti Impuri", vol. 3 (No Reply, 2011). Scritture di Ponente comprende un racconto introduttivo di Marino Magliani, due racconti dello scrittore Guido Seborga (1909-1990), due ‘fiabe’ del ponentino Elio Lanteri (1929-2010) e una prosa del ventimigliese Lorenzo Muratore (1941). I testi, finora tutti inediti, sono espressione di tre percorsi di scrittura diversi tra loro, maturati però in quel “far west” assai fecondo di vocazioni artistico-letterarie che è il Ponente ligure. Il dossier è inoltre corredato da una serie di ritratti firmata dall’artista Sergio "Ciacio" Biancheri di Bordighera (IM).

Sono doverose, in attesa di una mia futura ripresa, alcune parole su Magliani, intanto, che é della Val Prino, sopra Imperia, a qualche decina di chilometri da questa ex-frontiera con la Francia e che, pur scrivendo quasi sempre di Liguria, soggiorna di più, dopo avere "vissuto a lungo in America Latina e in Spagna", sulla costa olandese. La sua ultima fatica è - in apparente contraddizione con quanto ho appena asserito - "Amsterdam è una farfalla" - Ediciclo 2011: rispetto a questa mutuo da Angelo Ricci parole della sua recensione "Vero e proprio metaromanzo Amsterdam è una farfalla trasferisce sulla carta la lezione di La nuit americaine di Truffaut e ci regala una storia che ha per trama il work in progress di un altro romanzo, romanzo dove il tempo e i tentativi di misurarlo (fermarlo, forse) si intersecano con la storia delle meridiane.  ... Lo stesso Autore si presenta come doppelganger di se stesso e di quel Gregorio Sanderi progettista di meridiane e di orologi solari che, protagonista di quel romanzo in fieri ambientato nel 2100 e che non sarà mai scritto, è, al contempo, personaggio che compare anche in altri romanzi di Magliani.

Con la mia passionaccia per la storia dovrei aggiungere qualcosa almeno su un'altra opera dell'autore Magliani, "L'estate dopo Marengo". Ma, come sopra promesso, proverò a riparlare di lui.
Dovrei anche rammentare il garbato ritratto, di persona solare, anticonformista ed estroversa che me ne fece un'amica di famiglia. O ricordare che é sodale di diversi blogger, che gli hanno dedicato post intrinsecamente più validi del mio.

Solo che tra recenti riletture, discussioni e incontri, quel dossier curato da Magliani rappresenta per me l'ultimo stimolo in ordine di tempo per tentare - come qui annuncio - di fare prossimamente luce sul dibattito culturale pregresso e più recente di questa zona di confine, cui hanno concorso e concorrono pure altre persone.
Anche se in proposito mi viene in mente una brutta metafora preventiva: come già in Italia, ancor più da queste parti il vero Far West è quello di giacche blu che costringono nelle riserve gli intellettuali.


Ed ecco com'è oggi l'ormai desueto corridoio di ingresso alla vecchia dogana passeggeri della stazione ferroviaria di Ventimiglia.