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mercoledì 21 agosto 2024

Francesco Biamonti svolse la sua relazione in un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti

Ospedaletti (IM)

La sede del Partito comunista ad Imperia era in Via Repubblica quando segretario provinciale della F.G.C.I., la Federazione Giovanile Comunista, era Lorenzo Muratore. Lorenzo Trucchi ha ben vivo il ricordo di quando, nei primi anni Sessanta, da Ventimiglia si misero in auto, una scassata utilitaria, per una assemblea che si svolgeva nel capoluogo lui, l'altro Lorenzo, Angelo Oliva ed un quarto giovanotto, che fece poi carriera a Roma, allontanandosi forse dalla politica, ma rimanendo sempre in contatto con Giorgio Loreti.
Erano tutti - i ragazzi cui sin qui si è accennato - amici di Francesco Biamonti, che non era ancora lo scrittore oggi ben noto, anche se qualche suo breve scritto era già apparso. Così come era avvenuto per Angelo Oliva, il quale subito dopo si sarebbe cimentato in ben altro genere di carte e di esperienze, ma di cui - sottolineatura di quanto si è appena detto - è stato di recente pubblicato a cura dell'Unione Culturale di Bordighera il racconto "Una grossa porcheria" in un opuscolo corredato da affettuose memorie di persone che lo avevano conosciuto bene.
Il viaggio citato probabilmente coincise con il congresso in cui venne eletto segretario provinciale della F.G.C.I. Mauro Torelli, futuro segretario provinciale del PCI e deputato, che nel suo libro di memorie politiche avrebbe dedicato righe intense non solo ai compagni di partito Trucchi (il curriculum di questo Lorenzo vede in ordine di tempo le cariche di segretario della Camera del Lavoro di Ventimiglia, segretario provinciale della C.G.I.L., consigliere regionale) e Muratore (assente o quasi, stranamente, Angelo Oliva, ma il ruolo "agli esteri" di quest'ultimo lo tenne sempre per i rapporti ufficiali lontano da questa Riviera), ma anche - per gli impegni culturali e sociali degli anni Sessanta - ai socialisti Loreti e Biamonti.
 

Giorgio Loreti era attivamente impegnato nell'Unione Culturale Democratica di Bordighera, ma anche, in Sanremo nella Federazione Giovanile del PSI, con altri giovani, tutti incoraggiati da Adolfo Siffredi, patriota antifascista (Fifo), che era stato il primo sindaco di Sanremo alla Liberazione. Loreti era molto preso in particolare dal redigere bollettini di informazione, tutti rigorosamente stampati a ciclostile, così da poter anche stampare in un'occasione i complimenti e le esortazioni a proseguire sulla strada imboccata, ricevuti dall'ex comandante partigiano Vitò.
 

Francesco Biamonti fu brevemente segretario provinciale del Partito socialista, quando la sede del PSI era in via Foce ad Imperia. Il suo discorso di commiato dalla carica venne sviluppato in un congresso che si tenne in un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti: fece un discorso dall'ampio respiro, molto colto, pressoché inusuale per gli astanti, cui minimamente poté competere per qualità quello di un insegnante di musica di Pieve di Teco.
 

Poco prima, allo svolta degli anni Sessanta, giovani democristiani di Ventimiglia, tutti universitari, si attrezzavano per le loro carriere professionali e politiche a venire in... feste danzanti - a capodanno indossando in genere berretti da goliardi -, intrattenimenti vari, pranzi e cene da post-sciate, escursioni in campagna, cacce al tesoro e così via, non disdegnando di accompagnarsi a veri figli e figlie del popolo.  
 

Alla svolta successiva, quella degli anni Settanta, usciva da una tipografia un periodico progressista, alla cui redazione partecipava almeno un dirigente locale democristiano, un altro amico di Francesco Biamonti, lo stesso che a gennaio 1973 insieme al Presidente Provinciale ACLI - anche questi abitante nella città di confine - si sarebbe dato molto da fare - insieme ad attivisti comunisti, socialisti ed indipendenti - per la buona riuscita della Marcia per la Pace in Vietnam, da Ventimiglia a Bordighera. Quella pubblicazione portava il nome di "La Goccia" e vedeva tra i suoi redattori anche il parroco di Airole: forse, risentiva di un clima particolare, contrassegnato anche un po' prima dalla presenza attiva tra Ventimiglia e Vallecrosia di preti e diaconi, nonché di una sorta di missionari laici, tutti impegnati nel sociale e tutti (o quasi) venuti da fuori, a titolo di paradigma chi dalla Lombardia, chi dalla Toscana, dei quali pochi ricordano qualcosa, se non una certa definizione riferita ad alcuni di loro, non si sa più se amichevole o irriverente, di "preti comunisti".
 

Adriano Maini

venerdì 12 gennaio 2024

Maria Pia Pazielli trasferiva da Bordighera a Sanremo la sua "Piccola Libreria"

Bordighera (IM): una vista dalla Via dei Colli

Irene Brin - nel ricordo dell'allora bambina - scendeva bella, elegante ed altera. Si accompagnava alla zia della testimone, altrettanto dotata di fascino, nel vialetto della casa dei nonni, dalle parti della curva del Giro d'Argento della Via dei Colli di Bordighera: il secondo conflitto mondiale era appena terminato, la vita - soprattutto quella brillante - riprendeva, gli ufficiali alleati a quel ricevimento intendevano divertirsi. 

In quel periodo, e poco lontano, invece, si trascinava stanca per spirito di servizio, forse perché glielo l'aveva chiesto l'amico Beppe Porcheddu, Lina Meiffret, a fare da segretaria a Garigue, governatore britannico della zona. L'eroica patriota, già seviziata dai nazifascisti e scampata quasi per miracolo alla prigionia in Germania, di sicuro ancora sconvolta per la morte del fidanzato Renato Brunati, suo sodale di lotta, fucilato come ostaggio al Turchino, certo non immaginava che pochi mesi dopo un altro partigiano avrebbe in un suo memoriale - presente nell'archivio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia - cercato in modo maldestro di incrinarne l'immagine ("La stessa dichiarò un giorno ad un suo intimo confidente di essere stata in contatto con elementi segreti del Comintern"), con il risultato, sul piano storico, di accrescerne caso mai la figura di combattente antifascista. In ogni caso, Lina Meiffret di lì a breve avrebbe trovato il secondo - ed ultimo - grande amore della sua vita, lasciando per Roma questa Riviera, dove negli anni a venire sarebbe tornata sporadicamente per minimi contatti con la famiglia.

La figlia del professore Raffaello Monti fu, invece, l'ultima persona a vedere in Bordighera Giuseppe Porcheddu poco prima che scomparisse nel nulla.



Esiste una fotografia, scattata da Beppe Maiolino e che Giorgio Loreti sta cercando di rinvenire nella versione originale, che, pubblicata indubbiamente rimaneggiata in una vecchia rivista, attesta - più che altro per via di un misterioso (in quanto di mano ignota) appunto in qualche maniera da collegarsi a quell'immagine - la presenza a quella che sembra la giornata conclusiva del Premio "Cinque Bettole" di Bordighera del 1957 (quello vinto dallo scrittore Fulvio Tomizza) di un trio formidabile di donne, Elsa De Giorgi, a quella data ancora molto legata a Italo Calvino, Marise Ferro, scrittrice e moglie di Carlo Bo, Emilia De Palma, moglie del poeta Carlo Betocchi.

Nel 1958 Maria Pia Pazielli trasferiva da Bordighera a Sanremo la sua "Piccola Libreria": di sicuro non mancarono di frequentarla nella nuova sede Francesco Biamonti, Luciano De Giovanni, Carlo Betocchi.

Adriano Maini

domenica 21 marzo 2021

La città è una delle tante della riviera dei fiori


Bordighera (IM), incrocio Via Romana - Via Coggiola: lavori... in corso alla data di questo 15 marzo

Bordighera (IM): scogli di Sant'Ampelio con vista sino a Capo Verde di Sanremo

Petite Fleur, estate che brucia
- racconto di Paolo del Monte
Oggi professorini e scrittoruncoli di Cloche Merie vogliono "fare l'avanguardia....." Ciò è ridicolo, e so cosa ne avrebbero pensato gli amici Tzara, Severini, Spazzapan.....
Paolo del Monte viveva scatenato e libero, nuovo ogni istante, gioia e disperazione erano il suo "double" crudele da cui non poteva uscire anche se gli riusciva di uscire da qualche rischiato suicidio, e la vita molteplice nei suoi fenomeni terrestri e infiniti lo riprendeva. Paolo detto Cocco non "voleva" scrivere, a volte in una vita disancorata e indifesa, doveva scrivere, non ne poteva fare a meno.
Le poesie sono bagliori, lampi incisi, densi e luminosi in ritmi scanditi e sicuri.
Potevamo pensare che avesse difficoltà a comporsi in prosa, in questo lungo racconto, si decompone e compone all'orlo di una catastrofe mai dichiarata ma sempre latente e resiste, si svincola e inventa un suo ritmo (che nasce dalla poesia) che gli offre ogni realtà mai integrata alla idiota società del consumo con la sua automazione tecnologica. L'equivoco più volgare, di basso colturismo nazionalautarchico è di confondere tra tecnica (necessaria alla sopravvivenza) e le scienze e la scienza dell'uomo. Già da anni scriviamo che la tecnica che si mangia la scienza dell'uomo e la causa d'ogni crisi e potrà segnare l'inizio d'ogni rovina, e il nuovo "double" infimo attuale dell'uomo "robot-scimmia". Paolo del Monte perfettamente consapevole di questa atroce dissociazione, nonostante tutto cerca vuole e a volte trova la vita, sia che immagini in fantasia terre lontane note ed ignote, sia che nelle blandizie della costa, trovi ogni stato d'animo possibile e impossibile, la sua pagina è ricca e intensa dove l'azione s'intreccia con gli stati d'animo vissuti sempre sino all'orlo di una catastrofe cosmica. Ora che tra noi e Paolo del Monte è tempo morto, Cocco ci raggiunge con le sue poesie con il suo Petite fleur, è vivo e sorridente, raffinato e incredulo verso ogni cretineria di vario colore, ma sempre oltre il bene e il male incerto, convinto che all'uomo occorra libertà integra e totale, ci raggiunge con la sublimazione e supremo-estremo riscatto in arte delle sue alienazioni, che sono poi quelle di un'epoca. Il gioco può sembrare "facile" ai pedanti lette rati italioti, ma Paolo del Monte conosce invece meglio di tanti pompieri della letteratura o delle pseudoavanguardie di paese e provinciali, non solo la vita aperta e misteriosa, ma anche la storiografia scientifica dell'epoca nostra di falliti girabulloni e ominidi.                                  Guido Seborga  - Bordighera, Settembre 1974

appunto non è nato l'uomo nuovo un'alternativa civile-socialista alla bestiale società del consumo di boches e gringos!

pp. 7,8

Bordighera (IM): Porta Sottana

Bordighera (IM): altri recenti lavori in corso, sulla Via dei Colli

La città [Bordighera (IM)] è una delle tante della riviera dei fiori, dall'aspetto un po' coloniale. Tolto il piccolo vecchio paese medioevale, il resto ha un aspetto di provvisorio ed artificiale: hotel, pensioni, affittacamere sono le attività principali della gente del posto. Eppure era nata bene questa città, fondata dagli inglesi: piccole ville in stile provenzale sommerse dal verde lussureggiante; "la città delle palme", era. Poi, gli inglesi vinsero la guerra e la sterlina perse valore. I lord e gli ammiragli in pensione divennero rari. Gli italiani, nella ricostruzione, in un delirio di cemento armato hanno smembrato i giardini, demolito le ville erigendo palazzi, alveari inumani. Ora per vedere il mare bisogna andare sulla battigia, le palme, se continua così, andremo al museo per vederle, e saranno di plastica. Per fortuna c'è la crisi edilizia, altrimenti si arrivava ai grattacieli sul lungomare. In compenso c'è il turismo di massa, una folla vociante, dialettale, provinciale e villana, rompe l'incanto dei lunghi silenzi notturni. Gli eroi del sabato sera e della domenica si sentono tutti corridori automobilistici. Il sangue ogni tanto sporca l'asfalto. Turisti, il salumiere di Pavia, la ragazza squillo di Biella, il tranviere di Milano e l'impiegato alla Fiat di Torino. Folla, folla anonima, uguale nei gesti, nel dire o tacere, visi smunti aggemellati dal lavoro a catena, robot rincretiniti dalla civiltà dei consumi, la propaganda dei prodotti di ogni genereli assorderà, accompagnandoli per tutta la vita. Vado sul lungomare in un tranquillo bar all'aperto, mi sdraio sulle apposite sedie, il mare mosso manda pulviscolo salmastro che la brezza diffonde nell'aria, le cactee hanno un brivido di carni verdi, l'ansimare profondo del mare mi culla come morbida nenia. Mi crogiolo al sole. Oh il sole! Lo porto nell'anima, mi entra nelle vene, sono un figlio del Sole. I miei pazzi antenati vennero dall'oriente solatio, dai deserti roventi. Poi un lungo vagare, cittadini del mondo per disperazione, dalla Spagna cacciati dalla cattolicissima Isabella siamo approdati qui, in questa povera Italia tollerante.
Passa il letterato Guido che saluta con un cenno della mano, incede con lunghi passi, è sulla pista di una femmina; come segugio segue la preda. Anche lui, è un sefardita dal profilo sumerico, ci vuole poco, per immaginarlo vestito in un certo modo, con una scimitarra al fianco: anche lui è un figlio del Sole. Sul mare di cobalto, lontano passa una nave bianca, bianchissima, miraggio pare, di moschea smagliante. Petite fleur, suona il sax del vecchio Sidney Bechet, è il disco nuovo dell'estate. Non ho niente da fare e sono contento di non fare niente, malgrado tutto sono innamorato della vita che mi sono costruito. Bevo un Bacardi, bianco rum di Martinica, che ricordo con tenerezza quasi dolorosa, laggiù, lontana come un sogno; Martinica, amore bruciante di Margot dalla pelle di vellutato ebano, laggiù, nel caraibico ombelico dell'America. Passa l'uomo delle ostriche, lo fermo. Questo vecchio pescatore dal viso scolpito dalle intemperie, il suo secchio di legno con le ostriche, il modo di staccare il mollusco con un coltello e porgerlo innaffiato di limone esercita nel mio intimo un fascino strano, tant'è, che rapito da questa visione mangio trenta delle sue ostriche piuttosto care. Tutto è avvenuto in silenzio come in un rito arcaico e civilissimo. Pago, e ci salutiamo con un cenno del capo. Guardo le azzurre alpi marittime, Nizza, Cannes, S. Tropez, vi tornerò, quando l'estate sarà bruciata. Petite fleur, ripete il disco nel sole abbacinante, chiudo gli occhi, quasi dormo, pervaso da un caldo e benefico torpore. Avverto ciò che mi circonda come cose lontane: sono un'isola beata; se Dio creò il sole è un Dio grande. Il bar è raggiunto da una comitiva di turisti tedeschi, braghe di cuoio, cappelli tirolesi. Questi tarchiati bavaresi vocianti sono sguaiati, e ridono, non per un motivo preciso, ridono per ridere, sì, ridono per niente o per colmo di imbecillità. Qualcuno mi ha detto che è il clima di qui che li fa uscire di senno i teutoni; mah, io so che o come truppa o come turisti, siamo sempre invasi. Sputo un'imprecazione tipicamente ligure, mi alzo, accendo la pipa e passeggio fendendo la folla. Mi siedo su di una panchina, arrivano due giovinastri con una radiolina a tutto volume; è inutile, la pace è avvilita; forse, sulla terrazza del Kursaal... No, è troppo presto; cammino, raggiungo il bar della Posta, entro; uffa, c'è la televisione! un tipo dal video sbraita non so cosa, l'unica è andare nel cesso a leggere il giornale.

pp. 14-17

Bordighera (IM): ex Casa Assandria; sulla sinistra, seminascosto, il citato Caffé della Posta

Il Ferragosto è esploso in un fragore di fuochi artificiali. Belli quest'anno, i fuochi artificiali, un milione andato in fumo, è la specialità dei paesi poveri, in Egitto ne fanno dei magnifici.
Scende languida la sera, in noi è la smania di vivere, di bruciare le tappe; domani può essere tardi. Domani mattina ci si sveglia con un regime di colonnelli, ciò non è improbabile; io lo sten lo tengo oliato, non si sa mai...
Incontriamo il pittore Pit con la sua donna di turno e...
- Ciao bastardo.
- Uh, la mia vecchia troia!
- Andiamo in Francia a prendere l'aperitivo? - Propongo io.
- Sì sì.
- In Francia in Francia! - Gridano le ragazze. Si parte per Menton al canto della marsigliese; è la presa della pastiglia! Di simpamina.
Menton è festaiola, è la Francia eternamente giovane, ed è bella la nuova generazione con i capelli lunghi e le facce da "me ne frego". È l'ora dell'aperitivo che tutti bevono. E' il pastis alla menta, alla granatina, o puro con una goccia d'acqua gelida. Colori morbidi di pastello, è la Francia dei francesi e di tutti gli altri, che non sono "stranieri" perché nessuno glielo ricorda, è un non so che, che mi entra nell'animo, una sensazione esilarante, un qualche cosa di invisibile e di palpabile nello stesso tempo, è una civiltà di cui mi sento partecipe. Qui, nessuno è escluso.
Entriamo per finire al Bar Golfo di Napoli. Ci uniamo al gruppo di gente che beve aperitivi col gomito sul banco e intavoliamo una discussione che pare serissima [...]

pp. 47,48

Bordighera (IM): Ville che si affacciano sulla Via Romana

Bordighera (IM): Villa e Torre sulla collina Mostaccini

Bordighera (IM): uno scorcio del Lungomare Argentina

Il numero 1 dei Quaderni dell'Unione Culturale Democratica, pubblicato nel Febbraio del 1974, è dedicato alle intense "Poesie" di Paolo Del Monte a meno di un anno dalla sua morte, avvenuta nell'Ospedale ancora ubicato sulla via Romana di Bordighera. Il secondo quaderno, avrebbe dovuto contenere il suo racconto "Petite fleur, estate che brucia" con la prefazione che Guido Seborga aveva appositamente scritto. Cosa che purtroppo non fu possibile realizzare. Trascorsi quattro decenni e più, ora finalmente col Quaderno numero quattro, viene dato alle stampe quel racconto la cui pubblicazione vuole essere un riconoscimento postumo delle qualità di Paolo Del Monte che, nella sua breve vita 'bruciata', nessuno aveva sospettato. Ma anche un 'reperto' di una Bordighera d'un tempo che sorprenderà i lettori per 'freschezza' e per attualità. A Bordighera, Paolo era un personaggio che non passava inosservato. Di corporatura esile, mobilissimo, 'naturalmente' elegante, lo si poteva incontrare in giro per la città o al banco di uno dei bar che era solito frequentare. Abitava stanze in affitto che ogni tanto cambiava ben pochi mezzi, non era molto considerato dai benpensanti che lo ritenevano un perdigiorno. Frequentava alcuni pittori, in particolare Enzo Maiolino cui si rivolgeva per ogni necessità e Gian Antonio Porcheddu col quale condivideva la passione per il jazz; era amico di scrittori e poeti, di Guido Seborga che più di tutti lo aveva capito e apprezzava la sua autenticità estemporanea; partecipava alle iniziative culturali cittadine, abitualmente a quelle della 'Buca', amico dei giovani dell'UCD di cui era socio. Con i suoi comportamenti, le sue ironiche osservazioni, le sue fantasiose 'invenzioni' divertiva chi anche occasionalmente lo frequentava e lui stesso era spesso l'argomento di conversazioni bonarie e allegre. Forse nessuno aveva capito la sua intelligenza, la complessità della sua esistenza, la sua visione tragica della vita che cercava di controllare con le 'sregolatezze' che conduceva e con la scrittura, come poi si è saputo. La sua improvvisa, prematura scomparsa a soli 41 anni, 'impoverì' dolorosamente il "paesaggio umano" di cui Paolo era parte. E coincise, anche se non la determinò, con la fine della fase più formativa di quei giovani che avevano dato vita all'Unione Culturale Democratica. Giorgio Loreti

pp. 65,66

Paolo del Monte alias Cocco, Petite fleur, estate che brucia (Racconto Sperimentale), Unione Culturale Democratica, Bordighera, novembre 2020

Borghetto San Nicolò e Sasso, Frazioni di Bordighera (IM)
 
Uno scorcio di Sasso, Frazione di Bordighera (IM)

Bordighera (IM): un esercizio turistico sul lungomare

Sulla costa la vita eterogenea con l'incrociarsi di non poche civiltà, a Bordighera il segno lasciato dagli inglesi, quando occupavano dopo l'altra guerra, quasi tutte le più eleganti ville di qui, e sentore di Francia vicina, e cadenze liguri dappertutto, di un popolo duro e rugoso, di poche parole che trasforma la sua proverbiale avarizia in economia pubblica e privata.
 
Ventimiglia (IM): le Rocche di Roverino, affacciate sulla Val Roia

Strati di turisti che si sono come innestati nella zona per desiderio di viverci, da una certa agiatezza tipo zucchero filato di San Remo, mecca di giocatori e mantenute, all'asprezza di Ventimiglia con la sua ampia valle della Roja, aperta d'aria e di sole.
Bordighera al centro, più dolce e silenziosa, le giornate attive nei lavori e nei bagni, le serate più lunghe e monotone, e il pubblico estivo di bordigotti e turisti che si riversa sullo splendido lungomare.
E sempre le valli e gli incantevoli paeselli del retroterra, Sasso, Vallebona, Dolceacqua, con le loro alte antiche torri di dove i liguri studiavano le mosse d'arrivo dei pirati saraceni, e i liguri partivano per scambiare le crudeli visite di vino e donne violate e rubate...
Guido Seborga, Riviera di Ponente, Il Lavoro Nuovo, 19 agosto 1951

sabato 27 febbraio 2021

Alba tenera ragazza dalla capigliatura nera

Fonte: Laura Hess

Giorgio Loreti ricorda quanto gli raccontava Guido Seborga di Alba Galleano [che divenne sua moglie].
Guido diceva più o meno così: "Venivo a Bordighera a trovare mia madre che era allora ospite di un pensionato di suore. Io alloggiavo in un cameretta di un albergo. Stavo in una specie di mansarda, vicino al municipio, dove comincia il Paese Alto. Alla mattina mi facevo la barba ad uno specchio accanto alla finestra e spesso e volentieri sotto, in strada, passava Alba. Lei mi chiamava, ci salutavamo ridendo, dandoci un appuntamento giù al mare".  
Fonte: Laura Hess

Fonte: Laura Hess

Fonte: Laura Hess

[...] Nata a Torino nel 1915, Alba Galleano ha trascorso, a causa di problemi di salute, gran parte dell’infanzia e dell'adolescenza tra Torino, Meana e Bordighera.
 

Fonte: Laura Hess

Fu a Bordighera che a 16 anni conobbe Guido Hess (Seborga) di cui s’innamorò immediatamente e che sposò nel 1939.
 

Fonte: Laura Hess

Frequentò Bordighera per tutta la vita, ma fino alla guerra ci furono anche Forte dei Marmi vicino a casa De Chirico e villa Trossi a Portofino.
Con Guido frequentò gli ambienti culturali e i gruppi antifascisti a Torino con Agosti, Galante Garrone, Ada Gobetti, Ciaffi, Navarro, Silvia Pons, Anna Salvatorelli, Raf Vallone, Giorgio Diena e a Bordighera con Porcheddu, Brunati, Lina Meyffret

<<[ E pure morì sotto il martirio nazista l’animatore d'una delle prime bande a Baiardo: Brunati, il partigiano poeta. E la trista Germania inghiottì Lina Meiffret, prima partigiana.
Italo Calvino, articolo apparso sul numero 13 de La voce della democrazia, uscito a Sanremo martedì 1° maggio 1945

Lina Meiffret, ritornata dai campi di concentramento della Germania... rinvenimento di alcuni dattiloscritti di Italo Calvino relativi ai racconti partigiani, poi raccolti in Ultimo viene il corvo, conservati tra le carte di Lina Meiffret, partigiana sanremese amica e sodale del giovane Calvino... Fonte: Lumsa

Rivedo Lina Meyfrett che pare sempre miracolosamente scampata ad un campo di concentramento e insieme ricordiamo Renato Brunati e Beppe Porchedddu...
Guido Seborga, Occhio folle occhio lucido, Graphot/Spoon river, Torino 2012 ]>>
 

Entrò [Alba Galleano] poi nella Resistenza e fu Azionista.
È restata "famosa" la sua arringa su un tavolo a Trofarello ai soldati sbandati invitandoli alla Resistenza.
Erano i giorni successivi all’8 settembre e stava tornando a Torino da Bordighera insieme a  Guido con l’ultimo treno da Bordighera prima che i tedeschi facessero saltare i ponti.

Fonte: Laura Hess

<<[...] ancora Loreti: "Anche sua moglie Alba era nella Resistenza, lo ha seguito e lo ha aiutato, quando i fascisti, i tedeschi, lo cercavano, lo nascondeva in soffitta.">>
 

Prima e dopo la guerra, insieme al marito, frequentò  Umberto Mastroianni, arrivato nel '28 da Roma, Luigi Spazzapan, Mattia Moreni, Oscar Navarro, Raf Vallone, Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano, Carlo Mussa, Giorgio e Rosetta Montalenti, Augusto e Luisotta Monti. Con Luisa Monti Sturani l’amicizia durò per moltissimi anni.

Fonte: Laura Hess

Nell’immediato dopoguerra scrisse su diversi giornali quali Il Ponte e Il Sempre Avanti dove, a differenza di Mario Gromo su La Stampa e Arturo Lanocita su Il Corriere della Sera fece una recensione molto favorevole a Paisà di Rossellini.


Fonte: Laura Hess

Avuti due figli, fu costretta a limitare la sua attività lavorativa, ma partecipò per tutta la vita alle esperienze del marito Guido Seborga sia come consigliera che curandone gli aspetti pratici e accettandone le lunghe assenze.
Fu suo il difficile compito di far quadrare i bilanci familiari e a tale scopo, utilizzando le sue competenze nel campo dell’antiquariato e dell’arte, aiutò molte signore torinesi nell’arredamento della propria casa.
 

Fonte: Laura Hess

Fino all’ultimo giorno della sua vita, che finì nel 1989, curò e diede sostegno a Guido, che la raggiunse nel 1990.

Laura Hess [figlia di Alba Galleano e di Guido Hess Seborga]

sabato 14 luglio 2012

Bordighera, Unione Culturale Democratica...


Rivedo infine di persona L., cui dedicai tempo fa un breve, amichevole ritratto. Parliamo anche di Guido Seborga. Il che mi suscita l'esigenza di riportare, per stralci, altre considerazioni, dedicate all'artista in questione dal nipote, Claudio Panella. 

Le metto qui di seguito:
Va sottolineato come i dibattiti, pubblici e privati, promossi da Seborga a Bordighera abbiano formato profondamente intere generazioni: alle diverse iniziative già messe in atto se ne aggiunse una nuova quando, alla fine degli anni '50, il giovane Giorgio Loreti e altri suoi colleghi chiesero aiuto anche a Seborga per la fondazione dell'Unione Culturale Democratica. Lo stesso nome del "circolo" fu suggerito da Seborga, che era stato tra i fondatori più impegnati dell'Unione Culturale a Torino e forse voleva così portar bene all'iniziativa. L'Unione ha un primo nucleo nel 1958 a Vallecrosia, ma solo nel 1960 promuove un convegno diretto da Guido Seborga dal tema "Perché leggi?" a Ventimiglia, iniziando attività regolari e la pubblicazione de "Il giornale" come Unione Culturale Edmondo De Amicis. La sede fu trovata a Bordighera in un sotterraneo sull'Aurelia, denominato "la Buca". Nel programma si dichiarava il desiderio di mettersi "alla testa delle forze giovanili d'avanguardia che intendono un rinnovamento in senso democratico e sociale dell'attuale situazione italiana e internazionale" .
Oltre alla pubblicazione del giornale, il circolo organizzava incontri e attività culturali. Alcune erano di formazione interna, come ad esempio le lezioni su Tommaso Moro e Tommaso Campanella tenute da Loreti nel dicembre del 1960, o quella di Enzo Maiolino su Cézanne. Altre si tenevano invece al Palazzo del Parco di Bordighera ed erano di maggiore rilevanza, come le mostre sui campi di sterminio nazisti e sulla Resistenza italiana o lo storico Convegno sull'Obiezione di Coscienza, che fu il primo in Italia, nel 1962, con interventi di Guido Seborga ed Aldo Capitini.
Dal 30 dicembre del 1960 "Il Giornale" è firmato Unione Culturale Democratica, viene meno il riferimento a De Amicis, ed è riformulato un programma più dettagliato.

E già a N., altro amico di gioventù - al quale talora accenno qui sul blog - ancora impegnato e lontano da anni dalla nostra zona, cui per forza di cose torna sporadicamente, avevo destato esigenza di approfondimento in merito, informandolo che Giorgio Loreti aveva da poco riavviato l'attività dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera (IM), di cui fu Presidente il professore Raffaello Monti.
La rivista dell'Unione Culturale Democratica fu quindi il banco di prova, il primo spazio libero per molti dei giovani, bordigotti e non, che poi si dedicarono alla scrittura, alla pittura, alla politica. Fin dai primi numeri vi scrissero con Giorgio Loreti, Beppe Maiolino, Angelo Oliva e in una delle sue poche uscite di questo tipo Francesco Biamonti. 

Sto procedendo con nette selezioni, perché almeno ad una persona operosa in quei tempi, Angelo Oliva, vorrei, sempre in attesa di raccogliere più adeguate memorie, dedicare un piccolo, ma degno pensiero.
Nel 1961, riuscirà (Seborga) a far ricominciare il premio "Cinque Bettole", dopo un anno di sospensione, riservandolo agli under 25 per  farlo ricrescere in quella "francescana povertà" che lo caratterizzava. E vi sarà coinvolto nuovamente Biamonti, facendo parte (con presidente Seborga) della giuria che premierà il ventunenne Angelo Oliva per il racconto.
Ad Angelo Oliva, sulla cui figura chiedo spesso testimonianze a Giorgio Loreti, abbiamo sovente pensato io e N.
È stato uno splendido compagno e un autentico amico, di cui ci mancheranno anche l'ironia, i momenti di buon umore, la confidenza e la sensibilità umana.
Mi permetto di riportare, come ho appena fatto qui sopra, su Angelo Oliva le parole conclusive di un articolo a lui dedicato nel 2004, poco dopo la sua prematura morte, da Giorgio Napolitano, di cui fu a lungo collaboratore. E gli anni giovanili di Angelo Oliva dovrebbero, non solo a mio avviso, essere indagati di più.

giovedì 7 giugno 2012

Quella Bordighera di Guido Seborga


Le linee più generali dei ricordi cui tra breve pervengo mi erano già state tratteggiate da alcuni amici più di quarant'anni fa, ma non rammento di aver raccolto in quel periodo testimonianze in proposito, rese dai protagonisti, quelli che allora conoscevo. Capita di recente che, da una mia curiosità su di un aspetto, in diversi mi facciano un quadro più preciso di quegli eventi. Soprattutto, avviene che io vada a leggere una testimonianza del nipote di Guido Seborga, Claudio Panella, da cui, intanto, attingo, per stralci:
Fin dagli anni '50 Bordighera è stato un centro culturale decisamente animato, e Guido Seborga passava spesso le sue giornate nei caffè del centro, intrattenendosi con coloro che diverranno i suoi compagni di una vita. Nei locali ormai scomparsi del Gran Caffè della Stazione, o del Caffè Giglio sull'Aurelia, poi del bar Chez Louis di C.so Italia (davanti all'allora sede del P.S.I), si è incontrata e formata più di una generazione di artisti liguri: oltre a quella di Seborga e dei pittori Balbo e Maiolino, che all'inizio degli anni '50 fondarono i premi delle "Cinque Bettole" per la pittura e per la letteratura, passando libri e stimoli a scrittori come Sanguineti e Biamonti, quella più giovane di Giorgio Loreti e Angelo Oliva, che insieme a Seborga scoprirono i poeti francesi, i surrealisti, gli esistenzialisti e la politica. Tutti i nomi sopra citati, e non solo, furono variamente influenzati dall'azione continua di formazione e incitamento all'organizzazione giovanile che Seborga portò avanti nella Bordighera di quegli anni. Nel 1956 Seborga, che già conosceva Francesco Biamonti e faceva parte della giuria delle "Cinque Bettole", lo indusse a parteciparvi con la speranza che si mettesse in luce ... Seborga citava "le pagine scritte da certi giovani come Oliva, Lanteri, Loreti, per non dire del romanzo "Colpo di grazia" di Biamonti, dimostrano ampiamente che un clima di ricerca intellettuale i migliori giovani hanno saputo creare"
E di Guido Seborga, forse, in questa occasione, può essere sufficiente citare, dalla stessa fonte cui sono partito, Edoardo Sanguineti:
Bordighera è legata al mio entrare nella conoscenza della scrittura, per esempio. Ecco, mi sedevo in un caffè, la mattina, e lì, lontano dalla confusione di oggi, leggevo, imparavo. Vi conobbi Guido Hess, un romanziere torinese … il quale aveva pubblicato qualcosa col proprio nome e, in seguito, con quello di Guido Seborga. Ebbe un momento di fama e poi fu ingiustamente dimenticato. Di lui ricordo un primo romanzo (si era nei primi anni '50) e un altro in versi. Era un personaggio singolare, una sorta di sperimentalista "ante litteram". Passeggiavamo sul lungomare di Bordighera e chiacchieravamo. Fu uno dei miei primi punti di riferimento culturale e mi fece conoscere Antonin Artaud, di cui mi prestò "Héliogabale".
Il racconto di Claudio Panella, va da sé, é maggiormente articolato e complesso. Cercherò di darne ancora conto, confidando di procedere, allora, a integrazioni augurabilmente suggeritemi dagli amici, che hanno vissuto quei momenti.

Fotografia di Bordighera.Amore.Mio/Facebook