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venerdì 23 novembre 2012

Alla ricerca di mappe antiche


Pedemontanae vicinorumque regionum auctore Iacobo Castaldo descript. Anversa, 1598 ca., vale a dire Carta geografica della riviera di ponente da Portofino a Monaco, che comprende la parte del Piemonte fino alla Valle d´Aosta, tratta dal "Theatrum Orbis Terrarum" di Abraham Ortelius, disegnata da Jacopo Gastaldi (incisione in rame. 374x497 mm.), come l'ho desunta da qui.

Ero alla ricerca sul Web di icone antiche o antiquarie relative alla Liguria, quando, una volta rinvenuta la mappa, che già conoscevo, di cui qui sopra, mi si é aperto un percorso affascinante, che qui di seguito riproduco in modo parziale

Una mappa con scene di animali dell'Asia da "Cosmographia" di Sebastian Münster (cartografo) pubblicata a Basilea da Henricus Petri nel 1628.


Isola Cocos in Oceania. Del 1719 da una descrizione del mondo curata da Allain Manesson Mallet. pubblicata a Francoforte.

Non ho potuto fare a meno di pensare, a quel punto, a La Pérouse, di cui ho già parlato, e agli altri coraggiosi navigatori dell'epoca, non solo francesi.
























Infatti, a mio modesto avviso, non poteva che essere opera di un transalpino una mappa del 1780 di Tahiti: per la precisione di  M. Bonne, ingegnere e idrografo.

Sin qui le immagini, eccezione fatta, come ho già sottolineato, per la prima, sono state tratte da questo interessante sito.


























Ho cercato Bonne su Wikipedia. Ho notato un altro ingegnere e idrografo, Rigobert Bonne (1727–1795), che ha disegnato questa mappa (fonte, va da sé, Wikipedia), che rammenta gli interessi francesi dell'epoca in Asia.


























Volendo rinvenire una carta dell'Africa, che segnasse le basi usate nel 1700 dai transalpini, ho trovato, invece, sempre su questo sito, questa icona più antica, al cui fascino non ho saputo resistere: si tratta di Africae Tabula Nova di Abraham Ortelius - cui, pertanto, si torna ancora una volta -, pubblicata ad Antwerp nel 1592, come parte del già mentovato, famoso atlante, con testo latino, "Theatrum Orbis Terrarum".



venerdì 3 agosto 2012

Un gesuita di Taggia che nel Seicento viaggiò in Estremo Oriente

Nasce nel 1608 nel territorio della Serenissima Repubblica di Genova, a Taggia, di cui qui a fianco si può vedere una fotografia dello storico ponte, Giovanni Filippo De Marini, gesuita e missionario in Estremo Oriente. 

Entra nella Compagnia fondata dal Loyola nel 1625. Dopo 13 anni, nel corso dei quali matura ed affina le doti potenziali di missionario, s'imbarca per le Indie nel 1638. 

Prima tappa, il Tonkino, di cui, come accennerò tra breve, lascia per iscritto vivi ricordi di attuale efficacia espessiva.

Incontra in breve tempo il favore dei superiori, se abbastanza presto gli viene affidato l'incarico di Rettore del Collegio Gesuitico di Macao.

Senza dimenticare che é pur sempre uomo del suo tempo, connota una sua originale curiosità, sulla falsariga di altri missionari gesuiti, il più famoso dei quali è certo Matteo Ricci.

E' in Italia, a Roma più precisamente, nel 1660, ma prova un'incontenibile nostalgia per l'Asia, nella quale, per l'esattezza in Giappone, torna definitivamente nel 1674.


Durante l'ultimo suo soggiorno nella penisola, compare il suo scritto più importante, l'Istoria e relazione del Tunkino e del Giappone, del 1663, ma di cui si ricorda un'edizione veneziana del 1665. Un'opera di sicuro di rilievo per una comprensione storica delle conoscenze geografiche dell'epoca, un libro anche agile, nonostante certe pesantezze dell'inevitabile barocco.

Prima di accennare alle sue convinzioni più profonde - il De Marini é pur sempre un religioso, missionario per giunta -, voglio produrre almeno un esempio della sua attenzione più umana: assistendo ad una gara locale di voga, da lui descritta in modo plastico, se ne esce con un vivido paragone mutuato oggettivamente dalle sue esperienze di adolescente che vide il mare ligure.

Il De Marini scrive anche un celebre "Elogio di Confucio", che la dice lunga su certo sincretismo operato in Oriente da tanti esponenti della sua Compagnia. Là, mi permetto di dire io, i Gesuiti non sono così filantropi come con gli indios del Paraguay. Più semplicemente cercano di essere realisti a cospetto di grandi potenze statuali. La Cina lo é ancora in quel momento. Certa spregiudicatezza intellettuale della Compagnia, per sua implicita connessa invasiva arroganza, la stessa di altri ordini religiosi operanti a quelle latitudini, non le evita, come noto, periodi alterni di scontri con le popolazioni, ma anche di persecuzioni  da parte di autorità locali.

Tornando al De Marini, occorre aggiungere che in Giappone, nonostante la complessità dei tempi, sa come al solito destreggiarsi. Muore, esempio di un certo pendolarismo professionale, a Macao nel 1682.

In definitiva, potrei sostenere che De Marini é semplicemente una gloria - faccio per dire, perché poco nota! - locale. Ma, a mio avviso, avendo fatto le sue missioni, in cui profondamente credeva, con sensibilità umana, e avendo trasmesso cospicua documentazione sui suoi soggiorni in Estremo Oriente, é anche una figura interessante sotto molti riguardi.


venerdì 2 dicembre 2011

Dai “Viaggi in Asia” di Alexander Burnes

Carta generale dei “Viaggi in Asia” di Alexander Burnes (Tipografia Giachetti, Prato, 1842).
Le immagini che seguono sono sempre dello stesso libro.

L'Afghanistan, allora.

Vicino a Kabul.

Kabul, più di 170 anni fa.

Questo disegno rende ancora più triste il pensiero delle bieche distruzioni compiute in loco dai Talebani.

All'epoca della pubblicazione italiana di questi suoi itinerari, Burnes era già morto da qualche mese: le sue relazioni con donne, anche sposate, del posto causò il linciaggio suo e del fratello e determinò l'inizio della famosa rivolta che scacciò dall'Afghanistan gli inglesi.

Ho, in conclusione, ripreso una volta di più da Cultura-Barocca delle fotografie. A questo link del medesimo sito la digitalizzazione dell'opera di Burnes richiamata.