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venerdì 17 settembre 2010

L'anatra messicana

I giornali hanno riportato notizie circa le imponenti manifestazioni del 15 settembre per il bicentenario del Messico (dalla data di inizio della guerra di indipendenza contro la Spagna). Alcuni hanno, nell'occasione, sottolineato lo spaventoso dramma segnato dallo strapotere criminale dei narcos, che miete ogni anno in quel paese migliaia di vittime, in gran parte innocenti. Qualche editorialista, in particolare, ha voluto rievocare la tragedia, maturata in quel clima spaventoso dove ogni sorta di orrendo delitto può verificarsi, delle centinaia di giovani donne, torturate, stuprate, uccise sulla strada dell'emigrazione clandestina verso l'America. Ed altre vicende tristemente similari, meno ampie per entità numerica, certamente non meno disumane. Non sono mancati, a completare le cronache, commentatori messicani che, in sostanza, hanno detto che la polvere va messa sotto il tappeto, a pena di fare mancare energie per tentare di uscire dalla corrente crisi economica. Un ritornello che si sente spesso anche dalle nostre parti, pure se in riferimento a situazioni non così allucinanti.

Avevo accennato in precedenti post a questo dramma smisurato, perché anticipato o rivissuto in dolenti pagine di partecipazione umana da una buona, alta letteratura, del tutto inane, ma non potrebbe essere diversamente, ad incidere positivamente. E non sono certo che l'opinione pubblica europea ne sia molto al corrente.

"Il potere del cane" di Don Winslow é un romanzo che, procedendo, a mio avviso, con grande respiro artistico, dipinge un affresco impressionante di questo Messico, nel quale risaltano altresì le complicità politiche locali. E le abbinate interferenze spionistiche e malavitose nordamericane di lunga data, le stesse viste in esercizio, ad esempio, in altri paesi centro-americani. Dopo di che, come già capitato a Panama, gli USA bandiscono sacre crociate, nelle quali tutto é permesso, per tentare di arginare all'estero, alle fonti, la produzione ed il grande smistamento della droga che dilaga al loro interno.

Anche il cinema ha provato con esiti molto alterni a parlare del Messico contemporaneo.

"L'anatra messicana" é, invece, un degno romanzo noir di James Crumley, che non affronta in toto la questione di questi narcos, ma per il modo con cui li mette in scena ne attesta parimenti la terribile, impunita efficacia criminale.

Altri libri, altre pellicole, lo ripeto sommariamente, hanno registrato negli anni lo sviluppo progressivo della spirale perversa in cui si dibatte oggi la nazione che fu' dei Maya e degli Aztechi.

Sono lontane, perse, le speranze di un giovane John Reed, che trepidava per la rivoluzione dei peones di Villa e di Zapata, del resto subito tradita, e di Eisenstein, che, poco tempo dopo, tentando di girare "Que Viva Mexico!", auspicava la continuità di quegli ideali. Lampi sul Messico, appunto, come qualcunò andò a titolare il prodotto dello scempio compiuto con il materiale girato, e precipitosamente abbandonato in quanto costrettovi, dal regista sovietico!

E, fatte le debite proporzioni, preso atto della situazione messicana, forse andrebbe fatta qualche riflessione sull'Italia, che di trame eversive, interferenze straniere, poteri criminali non si é fatta e non si fa' tuttora mancare nulla.