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sabato 25 settembre 2010

America!

Avevo intenzione da tempo di scrivere questo post, che con lo sdegno provato per la barbara esecuzione di ieri mattina (ora italiana) in Virginia di Teresa Lewis, una donna insana di mente e conseguentemente e logicamente innocente, potrei anche titolare "Contro la pena di morte. Senza se e senza ma" e comporre con parole diverse da quelle che avevo da prima in mente, ma, dopo avere subito imprecato su Twitter contro quell'assassinio "legale" (altro non é la pena capitale!), mi sono detto che almeno un momento di riflessione lo dovevo mandare avanti.

Ho idealmente destinato alla grande maggioranza degli statunitensi, che si tengono cara quella atroce consuetudine, che non si chiedono se ci sia qualcosa di sbagliato nell'avere una popolazione carceraria di tre milioni di rei (un cittadino ogni cento, dieci volte di più che in Italia!) in uno stato dove si vendono armi a tutti come se fossero noccioline e che vivono una vita fredda ed arida, fiocamente illuminata dall'evoluzione storica delle sdolcinate commediole hollywoodiane, quella colorita e volgare espressione che nella versione inglese tutti in tutto il mondo imparano subito. E che James Ellroy usò qualche anno fa a a marchiare quella barbara istituzione di sicuro nel caso specifico in conclusione di un suo agile libretto, nel quale, ricostruendone la tragica vicenda, spiegava come dall'alto della sua ormai acquisita fama di autore avesse inutilmente cercato di impedire l'esecuzione di un giovane di colore da lui ritenuto non colpevole. Solo che, da quel poco che so dell'attuale vita privata di Ellroy, dubito che sia in ogni occasione veramente contro la pena di morte

Ho da sempre sinceramente, ad usare un eufemismo, provato grande difficoltà, ma qualcosa del genere ho sempre nutrito anche per tante vicende e per tante rappresentanze ufficiali del consesso umano, a ritenere la nazione americana autenticamente civile, come ripetutamente viene affermato da fonti autorevoli in rapporto a leggi, consuetudini, comportamenti ufficiali per quanto attiene democrazia e legalità: e non solo per la sadica soddisfazione di governanti e governati di quel grande paese ad applicare proterviamente la pena di morte.

Da tempo mi tornano alla memoria due immagini contradditorie, forse in termini moderni maggiormente emblematiche di tanti travagli. L'interpretazione distorcente dell'inno americano fatta dalla chitarra di Jimi Hendrixx, oggetto subito di tanto scandalo, ma forse atto d'amore artistico per la propria terra natale. E la scena finale de il film "Il cacciatore" di Cimino, in cui quel gruppo di amici, pensando a due di loro morti perché diversamente travolti dalla follia della guerra in Vietnam, ascoltano la versione ufficiale di quella marcia musicale, ma non so (ambiguità della settima musa?) se si sentono stranieri e addolorati perché di origini slave o invece acriticamente inquadrati nella "american way".

Alcuni autori hanno sostenuto che il genere western sia una potente metafora dell'amore per la natura e per la libertà individuale: sentimenti condivisibili di sicuro, ma poi un pensiero moderatamente civile corre subito al massacro dei nativi, che gli americani già iniziarono a perpetrare quando erano ancora sudditi di sua maestà britannica e che il loro cinema ha iniziato a compiangere solo da poco.

La storia e gli atti formali degli Stati Uniti, dalla Dichiarazione d'Indipendenza al contributo enorme arrecato per stroncare nella seconda guerra mondiale la minaccia nazi-fascista, sono ineludibili e chiari nei loro significati profondi. Ma altrettanto ineludibili e chiari sono o sono stati su un versante negativo altri fattori, quali (a trascurare un pregresso imperialismo che nella unilaterale guerra all'Iraq e nella cinica lotta ai narcos - l'altro giorno é stato ucciso con raffinati mezzi di guerra moderna il capo delle Farc colombiane, responsabile tra l'altro del sequestro della Betancourt - e ai terroristi ha trovato i suoi colpi di coda) un apartheid, conseguente all'abolizione della schiavitù, durato in pratica sino ai nostri giorni, e un'esaltazione sfrenata di un competizionismo sociale ed economico, magnificato anche da filosofi e da storici dell'economia, nel quale probabilmente affonda le radici l'insensibilità diffusa, popolare ed istituzionale, con rare eccezioni, verso gli emarginati e i derelitti di ogni etnia.

Difficile sfuggire al fascino di certo cinema, di certa letteratura, di certa musica, anche di certa arte figurativa nordamericani. Ripensandoci, le ispirazioni più autentiche derivano dalle interpretazioni date alle incommensurabili contraddizioni di quel grande paese.

Amore e grande critica, se non, talora, odio, allo stesso tempo allora verso gli americani. Grande attenzione, sempre, comunque!

Così é la vita!