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mercoledì 7 luglio 2021

Serra appare sempre sensibile al cromatismo


Una vista notturna di La Spezia - Fonte: Wikipedia

La città natale [La Spezia] assume un valore affettivo molto forte proprio perché finisce per coincidere con la figura materna, e il suo sconvolgimento definisce nel poeta [Ettore Serra] quasi una seconda perdita, come emerge dalle prime strofe de "La casa immaginaria!" (vv. 1-18, p. 49-50), uno degli ultimi testi della sezione <143:
Dopo tanto penare
e girovagare,
ho ritrovato
la mia città:
distrutta.
In quegli spazi
già inclusi nelle nostre care stanze,
respirava mia madre.
(Per l’azzurra
notte superstite,
come ne’ miei capelli
risento le sue
affilate carezze).
Tento ricostruirla, la mia casa,
con una geometria immaginaria:
incroci di righe invisibili,
labile fumo nell’aria,
di cui vanisce ogni traccia.

Questo testo rappresenta un unicum nel panorama della raccolta per il suo stile conciso (da contrapporre allo stile solitamente prolisso di Serra) e apparentemente asettico, dietro al quale, in realtà, si nasconde un forte coinvolgimento emotivo.
Inoltre, la sinteticità e il breve dispiegarsi del verso, dove il posizionamento di ogni singola parola risponde a una precisa strategia sul piano semantico - come accade soprattutto nell’esordio - stabiliscono un legame diretto (e visivo) con la costruzione dei testi ungarettiani de "Il porto sepolto".
La prima strofa si delinea grazie alla giustapposizione di versi brevi che, portatori di un nucleo autonomo di significato, vanno modellando progressivamente il messaggio.
I due versi iniziali sono rispettivamente occupati da due voci verbali all’infinito, che rispondono alla doppia funzione di fornire l’antefatto della narrazione e di presentare il protagonista: entrambe parasintetiche, la prima pone l’accento sullo stato d’animo di ‘pena’ del poeta, motivato poi nel secondo verso dal suo stile di vita da ‘girovago’ - immagine cara al poeta che già nell’esordio di "Esule", «col batticuore ho corso tutto il mondo», affidava la sua identificazione al viaggio <144. Ma al termine di questo viaggio il protagonista ritrova «la sua città: / distrutta», dove la forte pausa impressa dalla punteggiatura e dalla fine del verso crea un effetto di suspence che, oltre a conferire una grande forza espressiva al passo, isola il termine chiave ‘distrutta’ sottolineandone il forte valore connotativo.
[...] Allo spazio chiuso dell’abitazione si contrappone l’aria aperta della notte «azzurra» (Serra appare sempre sensibile al cromatismo), che si innalza sopra alle macerie e rispetto a esse è «superstite»: surrogato del respiro materno, la brezza notturna scompiglia i capelli del poeta con le sue «affilate carezze»; il gesto della ‘carezza’, intimo e delicato, è tratto distintivo della madre e appare ogni volta che il poeta la ricorda, come per esempio in "Sabbia nel porto" «ed era una carezza, / solo intravisto, quel bianco sì terso», (vv. 17-18, p. 39) o in "Verso l’ultimo approdo" «caldi della materna carezza la guancia» (vv. 4-5, p. 71).
[...] Se l’abitazione finisce per coincidere con l’infanzia, la sua distruzione corrisponde all’avvento dell’età adulta, come si legge nell’esordio della quinta strofa «ecco, e dal candido / limitare d’infanzia / qui mi sorprendo / sulle macerie» (vv. 24-27). Mentre il poeta è «quasi vegliardo», l’immagine della madre persiste «giovane ancora, bellissima» (v. 30), cristallizzata come fuori dal tempo; ma «nell’amoroso / sogno» che li lega, anche il poeta rimane «quel bimbo d’allora» (vv. 32-34), dove la venatura sensuale autorizza una sovrapposizione con la figura della moglie.
Questa raffigurazione ambigua, oltre a rintracciarsi in altri testi della raccolta come "Sabbia nel porto" (p. 39), sarà proficua all’interno dell’intera produzione dell’autore che, soprattutto in seguito alla malattia e dipartita della moglie, affiancherà spesso le due figure femminili.
Anche in Caproni si trova una sovrapposizione simile, come si legge, per esempio, ne "L’ascensore" dove mima un fidanzamento con la madre.
L’immagine conclusiva della tomba materna, sulla quale trascorre il vento «solingo», si contrappone alla vacuità e inafferrabilità del ricordo e riporta bruscamente il poeta sul piano del presente. Allo stesso modo anche nel sonetto "D’estate" ("presso una moschea") - analizzato nel capitolo precedente - l’atmosfera languida veniva turbata dall’affiorare lontano di una tomba spazzata dal vento; il camposanto ricorre anche in altri due testi della sezione dedicati alla città natale - "Pianto di madre sul mondo" e "Alla Spezia" - sempre con la funzione di controbilanciare lo slancio del ricordo.
Rispetto a "Pianto di madre sul mondo", datata «La Spezia, Gennaio 1946» e dal taglio fortemente patetico, "Alla Spezia" appare più interessante come testimonianza delle sfumature stilistiche rintracciabili all’interno della raccolta.
L’ode per la città ligure, scritta a Marsiglia nel 1948, è composta da una strofa unica di sessantotto versi dal metro vario (in prevalenza settari ed endecasillabi) e viene pubblicata per la prima volta tra le pagine de "La casa in mare"; attraverso la dedica intrecciata, «A Manara Valgimigli / in memoria di Severino Ferrari / della Spezia amatissimo», Serra intende nobilitare la sua città e allo stesso tempo giustificare il suo intento di lode. Infatti, come precisa nelle "Note" poste in chiusura del volume, entrambi gli intellettuali furono profondi estimatori della città ligure: il grecista Manara Valgimigli fu insegnante alla Spezia tra il 1903 e il 1905 nel medesimo liceo dove, alcuni anni prima, fu impiegato anche il poeta Severino Ferrari, il quale dedicò alla Spezia una corona di sei sonetti (Serra ne riporta il primo, "Fonte") <145.
143 Tra le Note conclusive della raccolta (p. 90), Serra puntualizza che la prima pubblicazione de "La casa immaginaria" avvenne, «con qualche mutazione», tra le pagine della «Fiera Letteraria» nel 1951.
144 Nella scelta della voce verbale «penare» si può rintracciare una ripresa della presentazione che a sua volta fa di sé l’autore del "Porto sepolto" nella lirica "Pellegrinaggio": «Ungaretti / uomo di pena», vv. 11-12, p. 46. L’edizione di riferimento per l’opera di Ungaretti è "Vita d’un uomo" (1969), cit.; per eventuali altri richiami ci si limiterà a riportare solo il riferimento alla pagina.
145 E. Serra, "Note" a "La casa in mare" (1959), cit., pp. 91-92.

Simona Borghetti, “Un amore a lungo termine”: Ettore Serra poeta tra i poeti, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno accademico 2012/13