Giulia Zanocco, I personaggi femminili nella narrativa di Italo Calvino: stereotipizzazione e complessità, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2019-2020
Tra il 1956 e il 1958, tra le Fiabe e l’uscita dei Racconti, gli avvenimenti della vita di Calvino sono numerosi: tra questi, l’uscita dal Pci, Il barone rampante, La speculazione edilizia, La nuvola di smog e molti racconti de Gli amori difficili, e si tratta della produzione calviniana più compromessa con l’autobiografia. Vale la pena quindi di fare una preliminare analisi testuale ravvisando i collegamenti tra questi testi e i motivi accennati nei brani delle lettere oltre alle somiglianze tra i personaggi inventati nelle opere e le figure della sua vita. Individuando e interpretando la peculiarità della scrittura calviniana si può dire che si tratta quindi di racconti in cui Calvino rielabora spunti autobiografici e si racconta senza freni, mostrandosi nella più cruda debolezza del suo percorso intellettuale ancora in fieri, pur non assumendosi direttamente la responsabilità del genere mediante l’identità di autore, narratore e protagonista. Se ci domandiamo quindi quanto delle lettere sia stato sviluppato nelle opere e quanto di Calvino sia stato mostrato nelle lettere, in entrambi i casi la risposta è ‘molto’.
Proprio mentre sta lavorando alle Fiabe scrive alcune lettere in cui scende così nel profondo da entrare in crisi sulla sua capacità creativa. Calvino oscilla, per quanto concerne la propria vocazione letteraria, tra momenti di entusiasmo e momenti di sconforto.
"È un momento in cui mi sento più che mai senza prospettive, non so cosa sarà di me (…), ho girato per due giorni per le stanze come una belva in gabbia , convincendomi che nessuna delle idee che ho in testa sono capace a sviluppare in una narrazione. Ho puntato troppo alto, ho disperso le mie forze, ora non ho nemmeno quella mano sicura, quell’inclinazione dell’occhio anche limitata, parziale, che permette a uno scrittore di continuare il mondo, a far piccole scoperte. <115
(…) un fiume quasi secco. Dovrei fare un’operazione coraggiosa: rinunciare decisamente alla narrativa e mettermi a fare solo il saggista, il critico. Ma non ho il coraggio di rinunciare a una strada intrapresa e così non faccio né uno né l’altro; m’impegno in lavori che sono solo degli alibi, come queste Fiabe. Ecco, mi viene fuori solo una lettera triste come questa, e voleva invece essere una lettera per essere più vicino a te, combattere la tristezza degli ostacoli". <116
Lo scrittore si lamenta sul suo “continuo cambiar di genere, dalla fiaba all’autobiografia, dalla secchezza neorealistica all’aura simbolistica” e così le Fiabe inizialmente gli paiono un alibi, si ritrova diviso tra l’esigenza di far critica e una necessità di creazione; solo dopo, con l’impegno assiduo di un anno, il lavoro delle Fiabe lo conquisterà a tal punto da assorbirlo totalmente, tanto da domandarsi: “riuscirò a rimettere i piedi sulla terra?” <117.
Le Fiabe sono state dedicate a Raggio di sole, certo, ma non è solo una dedica a R.D.S, una dedica all’amata, è di più: è un orientamento a nuove tematiche, come l’amore e come la bellezza, delle quali non aveva sentito un richiamo così forte fino ad ora. È proprio nel mezzo di questo cambiamento che si inserisce una polemica di Calvino contro il disinteresse nei confronti valore estetico da parte di uno studio critico, talvolta troppo altero e lontano dal riconoscere un istinto archetipico nell’uomo che lo porta ad avere esigenza, da sempre, di inserire il reale all’interno di una cornice fantastica. È una logica antica, eterna e perduta che l’uomo moderno ha estrema necessità di riscoprire e recuperare. Calvino tratteggia i limiti e i doveri di chi dovrebbe fare la letteratura e su come si dovrebbe farla e da dei consigli efficaci sulla “retorica” del saggista-conferenziere sulla necessità di:
"(…) nascondere tutto l'apparato libresco, e far parere che tutti i giudizi, gli aforismi, i paradossi ti vengano fuori come fischiettando (…). Questa è l'arte dei saggisti "artisti", dei pensatori d'ingegno e di stile, e quel che li distingue dal professorone, il quale invece per ogni ideuzza scomoda mezza storia della filosofia (…) <118
Mi piacerebbe riflettere, cosa che tutti questi professori non fanno, sul perché della fortuna di certi motivi, sul perché si affondano più in certi luoghi che in certi altri, cioè sulle ragioni prime della poesia, del bisogno poetico e fantastico degli uomini. L’indifferenza al fatto estetico da parte di questi studiosi mi pare il più grande limite delle ricerche di questo tipo". <119
[NOTE]
115 “cara Paloma, il mio Visconte è un libro freddo, meccanico”: le idee, le crisi, gli errori dello scrittore Calvino nelle lettere a Elsa de’ Giorgi di Paolo Di Stefano del 11/08/2004
116 M. Corti, Un eccezionale epistolario d’amore in Vuoti del tempo, Bompiani, Milano 2003 p.144 (contenuto anche in G. Bertone, Italo Calvino: a Writer for the Next Millennium. Atti del Convegno Internazionale di Studi)
117 Introduzione alle Fiabe in I. Calvino, Fiabe Italiane, raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino, Einaudi, Torino 1956
118 “cara Paloma, il mio Visconte è un libro freddo, meccanico”: le idee, le crisi, gli errori dello scrittore Calvino nelle lettere a Elsa de’ Giorgi di Paolo Di Stefano del 11/08/2004
119 M. Corti, Un eccezionale epistolario d’amore in Vuoti del tempo, Bompiani, Milano 2003 p.145 (contenuto anche in G. Bertone, Italo Calvino: a Writer for the Next Millennium. Atti del Convegno Internazionale di Studi)
Eugenia Petrillo, Italo Calvino ed Elsa De Giorgi: l’itinerario di un carteggio, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2014-2015