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venerdì 31 marzo 2023

Sulla genesi del progetto di "2001: Odissea nello spazio"


Nel 1957, Alexander Walker intervista Kubrick nell'appartamento di New York in occasione dell'uscita di "Orizzonti di gloria". In quel momento arriva una consegna di film da visionare. Il critico nota che si tratta di un gruppo di film di fantascienza giapponesi <1. Sette anni dopo, durante un pranzo al Trader Vic's con Roger Caras della Columbia Pictures, Kubrick dichiara la sua intenzione di fare un film sugli extraterrestri. In questo momento il regista non ha ancora uno sceneggiatore ma sta leggendo tutti i principali scrittori di fantascienza. Il 1964 è l'anno di svolta nella carriera artistica e nella vita privata del regista. Anche il suo aspetto esteriore inizia a mutare: in un profilo pubblicato sul «New Yorker», il fisico e giornalista Jeremy Bernstein descrive un Kubrick dall'aspetto bohémien di un baro da crociera o di un poeta rumeno <2. Kubrick e Arthur C. Clarke si incontrano il 23 aprile <3, giorno di apertura della Fiera mondiale di New York, del 1964. Clarke propone al regista "La sentinella" <4, un racconto che aveva scritto per un concorso della Bbc durante le vacanze di Natale del 1948. Kubrick opta per un modo non convenzionale di stendere una sceneggiatura da lui concepita “la forma di scrittura meno comunicativa mai concepita”. Una stesura su carta era indispensabile dal momento che la Mgm si dimostrò interessata al progetto. Il regista propone a Clarke di scrivere insieme un romanzo da cui trarre un copione. La stesura del progetto avviene nella suite 1008 del Chelsea Hotel, al centro di Manhattan, dove lo scrittore prende residenza. Il problema della raffigurazione degli extraterrestri è imminente. Clarke suggerisce a Kubrick di parlare con il giovane scienziato Carl Sagan, astrofisico allo Smithsonian Astrophysical Observatory di Cambridge nel Massacchusetts. Sagan fu invitato da Kubrick a una cena-colloquio nel suo attico; la conversazione fu centrata su quale poteva essere l'aspetto delle creature extraterrestri. Secondo Kubrick la creatura doveva avere sembianze umane, Clarke era contrario. Sagan sconsiglia vivamente qualsiasi tentativo di raffigurare gli alieni. Martedì 23 febbraio 1965 la Mgm, dai suoi uffici al 1540 di Broadway a New York, diffonde un comunicato stampa che annuncia l'intenzione di produrre con Kubrick "Journey Beyond the Stars", un titolo di lavorazione usato per vendere l'idea. Il progetto sarebbe stato realizzato a colori e in Cinerama. Gli interni sarebbero stati girati negli studi Mgm di Londra. Nell'aprile 1965 Tony Masters si trasferisce da New York all'Inghilterra e viene assunto come scenografo. Nella primavera dello stesso anno Kubrick trasferisce la sua unità produttiva presso gli studi Mgm a Boreham Wood, ventiquattro chilometri a nord di Londra. Stanley e Christiane traslocano con tutta la famiglia in un grande appartamento al Dorchester Hotel di Londra. Come era avvenuto per "Lolita" e "Il dottor Stranamore", Kubrick sceglie l'Inghilterra. Grande attenzione è riservata al reparto dei giovani modellisti che, guidati da Wally Veevers - supervisore degli effetti speciali - si occupavano della creazione delle astronavi e dei pianeti. La produzione impiegava centotre modellisti con competenze diverse: Kubrick aveva convocato costruttori di barche, studenti di architettura, disegnatori, scultori, litografi, metallurgici e perfino alcuni intagliatori di avorio appena sbarcati da una baleniera. Ognuno era assunto con brevi contratti a termine e il ricambio era frequente. Per la documentazione Kubrick visiona film sullo spazio prodotti in tutto il mondo, programmi televisivi, cortometraggi, documentari, film realizzati per la Fiera Mondiale, film sperimentali. In questo modo viene scoperto "Universe", un cortometraggio prodotto nel 1960 dal National Film Board of Canada <5 che dimostrava al regista come una macchina da presa poteva diventare un telescopio puntato sui cieli. "Universe" era una produzione della Unit B del Canadian Film Board. Colin Low e Roman Kroitor, da sempre affascinati dalla cosmologia, creano questo progetto, nato cinque anni prima dello Sputnik, come proposta per un film scolastico <6. Kubrick non riesce ad assicurarsi l'intera squadra che aveva creato le immagini per il film - Colin Low, Sidney Goldsmith e Wally Gentleman - ma riesce ad avere quest'ultimo per parecchie settimane di lavoro preliminare salvo dare le dimissioni per motivi di salute. I collaboratori responsabili per gli effetti speciali di "2001" sono stati: Wally Veevers, Douglas Trumbull <ll7, Con Pederson e Tom Howard. È importante ricordare alcune date che segnano le tappe fondamentali per l'evoluzione iconografica del progetto. Il 28 maggio 1964 Clarke suggerisce a Kubrick l'idea che “they” - gli extraterrestri - potrebbero essere macchine che considerano la vita organica come una malattia orribile <8. Stanley accetta favorevolmente l'idea e la considera la base per ulteriori sviluppi narrativi. Il rapporto macchine/esseri organici sembra trovare proprio qui l'origine dell'interesse che Kubrick svilupperà pienamente con il progetto per "A.I.". Tre giorni dopo Clarke annota un'idea, di cui non è specificata la paternità, che poi viene scartata: diciassette alieni - piramidi nere - guidano auto cabrio lungo la Fifth Avenue circondati da poliziotti irlandesi. Questa densa iconografia rimanda a tre elementi importanti: la scorribanda in auto, New York e i poliziotti irlandesi. In "Arancia meccanica" e in "A.I." si ripresenta l'immagine di folli corse in automobile (e in motocicletta per i bikers di A.I.). La Fifth Avenue è un esplicito richiamo a New York, città amata dal regista e scelta come set per "Il bacio dell’assassino", "Eyes Wide Shut" e "A.I." l'avere specificato “poliziotti irlandesi” è un possibile riferimento alla New York degli anni 1945-1950 e al servizio fotografico scattato per la rivista «Look» del 27 settembre 1949 intitolato “Paddy Wagon”. “Paddy” è un soprannome irlandese che trae origine dal gaelico Pádraic, o Partick. Dato che la maggior parte dei poliziotti di New York aveva origini irlandesi, lo stesso nome, in modo un po' sprezzante, era stato utilizzato per etichettare il cellulare, il mezzo adibito al trasporto degli arrestati. Il 6 agosto Stanley decide che il computer sarà un femmina e porterà il nome di Athena. Il 17 ottobre Stanley ha la bizzarra idea - secondo Clarke - di “slightly fag robots” che creano un'ambiente vittoriano per mettere i protagonisti della storia a loro agio. Per il giorno di Natale del 1964 il romanzo era quasi terminato. In realtà è più opportuno parlare di una bozza che copriva i due terzi dell'intero sviluppo narrativo e che terminava proprio nel punto di massima suspense: Bowman alle soglie dello Star Gate senza sapere cosa sarebbe accaduto dopo se non in termini estremamente generali. L'8 marzo Clarke annota nel suo diario: "Fighting hard to stop Stan from bringing Dr. Poole back from the dead. I'm afraid his obsession with immortality has overcome his artistic instincts" <9. La dichiarazione di Clarke conferma che gli interessi di Kubrick circa il rapporto esseri umani/computer, mortalità e immortalità hanno origine in questi anni dedicati a letture e studi di scienza, astronomia, antropologia e fantascienza. Il 2 maggio Clarke termina il capitolo intitolato “Universe” per il quale il regista gli comunica approvazione in special modo per la sequenza “Floating Island”. Si noti come “Universe” sia un termine ricorrente nella fase di pre-produzione del progetto. L'influenza del film canadese è rintracciabile anche tra gli altri titoli pensati in alternativa a quello comunicato dalla stampa <10: "Universe", "Tunnel to the Stars" e "Planetfall" <11. Un'altra “Floating Island” molto amata dal regista compare nei disegni di Chris Baker per "A.I.", in specifico per il progetto dell'istituto di cariogenesi. Nel settembre 1965 Kubrick decide che la missione della Discovery non doveva andare su Giove ma su Saturno per sfruttare le possibilità visive degli anelli del pianeta. I tre mesi di preparazione per il progetto su Giove sembrano tempo e denaro sprecato ma presto il regista indirizza nuovamente la Discovery verso Giove insoddisfatto della resa su pellicola degli effetti speciali per la visualizzazione degli anelli. Clarke decide, il 25 agosto 1965, che il romanzo deve terminare con Bowman in piedi accanto a un'astronave aliena ma Kubrick non è soddisfatto. Solo in ottobre Stanley si concentra sul problema del finale. Il 3 ottobre Clarke, al telefono con Kubrick, gli propone Bowman che regredisce all'infanzia: “Lo vedremo come un bambino in orbita” <12. Il 15 ottobre Stanley decide di liberarsi di tutto l'equipaggio ad eccezione di Bowman <13. Il 18 novembre Clarke si reca al cinema a Londra e annota poche righe che, nella loro essenzialità, danno una spiegazione all'intero progetto: "Feeling rather stale - went into London and saw Carol Reed's film about Michelangelo,'The Agony and the Ecstasy'. One line particularly struck me - the use of the phrase: “God made Man in His own image”. This, after all, is the theme of our movie" <14.
Il 26 dicembre 1965 Kubrick dichiara di non amare il dialogo, trova il copione verboso e vuole che "2001" si basi più su immagini e suono che sulle parole. Il canadese Douglas Rain, già voce narrante di "Universe", era stato preso per la narrazione prevista dalla prima versione del copione, quella che Kubrick aveva chiesto a Clarke di scrivere per la sequenza che apriva il film, “l'alba dell'uomo”. Il testo viene poi eliminato e l'attore ha il compito di dare voce ad Hal. L'animazione dei modellini, affidata alla supervisione di Harry Lange che traduceva i suoi disegni in prototipi, e la sua visualizzazione su pellicola sono assimilabili alla metodologia artistica dell'artista americano contemporaneo Bill Viola. Per ottenere la giusta profondità di campo, in modo da creare l'illusione di un'astronave a grandezza naturale, il diaframma dell'obiettivo doveva essere aperto al massimo; affinchè le parti mobili dei modellini si muovessero in modo fluido, i motori che guidavano i meccanismi erano regolati al minimo, in modo che il movimento creato fotogramma per fotogramma fosse impercettibile. Kubrick racconta a Herb Lightman di «American Cinematographer»:
"Era come guardare la lancetta delle ore di un orologio. Abbiamo girato la maggior parte di queste scene usando esposizioni lente di quattro secondi a fotogramma, e se stavi sul set non vedevi nulla in movimento. Anche la gigantesca stazione spaziale, che sullo schermo ruotava a una discreta velocità, sembrava immobile durante le riprese delle scene. Per alcune inquadrature, come quelle in cui sulle astronavi si aprivano o chiudevano delle porte, un movimento di dieci centimetri richiedeva cinque ore di riprese. Non era possibile notare un movimento irregolare, se c'era qualche irregolarità, fino a quando non si vedeva la scena sullo schermo, e anche gli ingegneri non potevano mai essere sicuri circa il punto esatto dove l'irregolarità si fosse prodotta. Questo tipo di cosa implicava infiniti tentativi ed errori, ma i risultati finali sono un tributo alla grande precisione dell'officina meccanica della Mgm inglese" <15.
Il Natale del 1965 viene ricordato da Clarke come un periodo di intenso lavoro. L'immenso set del TMA1, contenente il monolito trovato sulla Luna, è stato allestito negli Shepperton Studios a sud-est di Londra. Stanley aveva solo pochi giorni per girare dato che la prima settimana del nuovo anno un'altra produzione avrebbe occupato lo studio. Il monolito occupa molte righe nei ricordi di Clarke per la difficoltà nella sua concezione, per la costruzione e l'adeguata illuminazione e tecnica fotografica: "My diary records that first day in some detail: December 29, 1965. The TMA 1 set is huge - the stage is the second largest in Europe, and very impressive. A 150 x 50 20-foot hole, with equipment scattered around it. ( E.g. neat little electric-powered excavators, bulldozers, etc. which could really work on the Moon!). About a hundred technicians were milling around. I spent some time with Stanley, reworking the script - in fact we continued through lunch together. I also met the actors, and felt quite the proper expert when they started asking me astronomical questions. I stayed until 4 p.m. - no actual shooting by then, but they were getting near it. The spacesuits, back packs, etc. are beautifully done, and TMA 1 is quite impressive - though someone had smeared the black finish and Stanley went on a rampage when I pointed it out to him".
[NOTE]
1 Vincent Lo Brutto, Stanley Kubrick. L’uomo dietro la leggenda, Il Castoro, Milano, 2009, p. 268.
2 Ivi, p. 270.
3 Si incontrano al Trader Vic's, popolare bar del Plaza Hotel.
4 Il racconto non vince premi. Scott Meredith lo vende alla rivista «Ten Story Fantasy» che lo pubblica nel 1951 con il titolo originale Sentinel of Eternity.
5 “È risaputo che Kubrick conosceva la produzione dell'ONF e dopo avere visto Very Nice, Very Nice, aveva chiesto a Arthur Lipsett di realizzare il cartellone pubblicitario de Il dottor Stranamore. Meno noto invece, il fatto che il regista avesse intravisto la possibilità di realizzare il suo capolavoro negli studi dell'Office a Saint-Laurent. In un'intervista rilasciata a Marc Glassman e Wyndham Wise, pubblicata la scorsa primavera sulla rivista «Take One», Colin Low, figura storica dell'ONF, racconta del suo incontro con Kubrick a New York. Aveva visto Universe, il celebre documentario sul sistema solare realizzato da Low e Roman Kroitor. Kubrick rimane impressionato dagli effetti speciali realizzati nel cortometraggio e vuole saperne di più in previsione del progetto che stava portando avanti con Clarke. Kubrick dichiara a Low: "Non ho intenzione di fare questo film a Hollywood. Potrei farlo in Inghilterra ma non è ciò che desidero davvero. Cosa ne pensate dell'idea di produrlo all'ONF?" Low risponde che l'ONF non aveva mai portato avanti progetti di quel calibro ma che si sarebbe potuto fare. Tornato a Montreal, Colin Low cerca di convincere Grant McLean, l'allora direttore di produzione, ad accettare la sfida. McLean raffredda gli entusiasmi di Low:"il lungometraggio di fiction non è di nostra competenza. Inoltre costerà un occhio della testa". Kubrick ingaggia Wally Gentleman, uno degli specialisti di effetti speciali dell'ONF e tenta di coinvolgere Sydney Goldsmith che preferisce rimanere a Montreal. Il resto è storia”, traduzione dal francese, Marcel Jean, ‘2001: A Space Odyssey’ aurait pu être un film de l’ONF, «24 images», n.100, inverno 2000, p. 43.
6 Si noti ancora una volta come Kubrick tragga ispirazione da forme artistiche che creano progetti specifici per la didattica: per il Napoleon è stata analizzata a fondo l'opera di “Job” e i suoi rapporti con i programmi educativi della scuola nella prima metà del Novecento.
7 Il membro più giovane del gruppo, Douglas Trumbull era un americano di ventitré anni. La sua formazione di architetto si arresta quando la Graphic Films Corporation di Hollywood vede il suo portfolio di illustrazioni spaziali e lo assume a capo del settore sfondi. Dopo Lifeline in Space per la Usaf e Space in Perspective per la Nasa, Kubrick scopre il suo nome nei titoli di To the Moon and Beyond, un film in Cinerama 360 prodotto per la Fiera Mondiale del 1964 e attraverso la Graphic Films gli commissiona alcuni disegni di sfondo; Kubrick gli assegna il compito di risolvere alcune delle principali difficoltà di 2001, inclusa la sequenza della Porta delle Stelle che conclude il film.
8 Arthur C. Clarke, The Lost Words of 2001, Sidgwick and Jackson Limited, London, 1972, p. 32.
9 Arthur C. Clarke, The Lost Words of 2001, op. cit., p. 36.
10 Journey Beyond the Stars.
11 Arthur C. Clarke, op. cit., p. 32.
12 Vincent Lo Brutto, op. cit., p.287. Kubrick a Jerome Agel: “Il finale fu alterato poco prima di girare. Nell'originale non c'era la trasformazione di Bowmann. Egli si limitava a girare per la stanza e alla fine vedeva l'oggetto. Ma non ci sembrava una soluzione abbastanza soddisfacente o interessante, e continuammo a cercare nuove idee, finchè ci venne in mente il finale che conoscete”.
13 Douglas Trumbull dichiara che la paternità dell'idea è sua: “[…] At an early stage, all the astronauts were to make it to the room in the penultimate scene. I told Stanley to kill all except Bowman, and he told me I was ridiculously stupid”, Stephanie Schwam (selected by), The Making of 2001: A Space Odyssey, Modern Library, 2000, p. 134.
14 Arthur C. Clarke, op. cit., p. 39.
15 Vincent Lo Brutto, op. cit., p. 292. 

Laura Matiz, Stanley Kubrick e le Arti visive. Da 2001: Odissea nello spazio a Eyes Wide Shut, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Ferrara, 2009