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lunedì 12 giugno 2023

Campolonghi voleva polarizzare attorno alla sua persona tutto il movimento antifascista di Nizza

Nizza: Rue Bonaparte

La vita in provincia non arrestò la campagna giornalistica di Luigi Campolonghi. Grazie alla sua versatilità, riuscì infatti ad alternare collaborazioni da giornali come l'«Oeuvre» o «Le Petit Parisien» a fogli scritti parzialmente in italiano, vedi ad esempio «La France de Nice». Creò od animò giornali rivolti appositamente alla popolazione italiana come «La Libertà», «Il Mezzogiorno» - fondato da Alceste De Ambris - e «L'Attesa». I suoi contatti, alla luce della lunga professione, gli consentirono infine di scrivere anche in testate regionali del Sud-Ouest come «La Depeche de Toulouse» e «La France de Bordeaux» nelle quali non mancò di stigmatizzare il crescente zelo a favore del fascismo delle autorità consolari, contrapponendo ed esaltando l'antica amicizia franco-italiana. Non mancò mai di rimarcare il valore ed il significato - politico ed umano - che comportavano l'accoglienza e l'ospitalità della Francia.
L'importanza di queste testate - talvolta dalla vita molto breve - viene sottolineato dalla costante attenzione delle autorità impegnate a ridurne l'influenza agli occhi delle direzioni di polizia italiane, ma in realtà molto attente alle evoluzioni politiche dei gruppi antifascisti in Francia.
La diffusione ed i problemi attorno a «La France de Nice», ad esempio, sono osservati con attenzione dal Consolato Italiano di Nizza che nei suoi rapporti a Roma sottolinea con soddisfazione l'insuccesso di Campolonghi nel suo sforzo di costituire un Fronte unico antifascista <243.
Anche tenendo conto della parzialità della fonte, non può essere ignorato il dato della scarsa vendita del foglio, in gravi difficoltà economiche dopo un'iniziale raddoppio della tiratura dovuto al tentativo di Campolonghi di creare una testata bilingue.
Stigmatizzando la mancanza di professionismo dei redattori, ed in particolare di Leonida Campolonghi [n.d.r.: figlio di Luigi], le autorità consolari ne annunciano la futura rimozione dall'incarico. Lo sforzo unitario, che sarà una costante di Campolonghi durante il ventennio fascista, traspare chiaramente dalla disamina del Consolato: «Campolonghi voleva polarizzare attorno alla sua persona tutto il movimento antifascista di Nizza, realizzando il “Fronte Unico”. […] Venne a Nizza varie volte da Nérac e Parigi, ma non fu seguito. Anche in occasione della morte di Amendola ritentò, ma rimase solo a gridare. […] Come mestatore qui non ha avuto la fortuna che credeva e non l'avrà più» <244.
Cercando di ricondurre il suo operato ad un continuo fallimento: Campolonghi «si è logorato» <245, l'attivismo del Consolato di Nizza nella denuncia di attività antifasciste si contestualizza nella vicinanza al confine italiano. Per quanto venga ostentato lo scarso radicamento “sovversivo”, i ricorrenti viaggi di Campolonghi nella città sono fonte di preoccupazione.
La presunta incapacità di Leonida viene ribadita anche in rapporti successivi, fino al 1927. Luigi Campolonghi, proveniente da Draguignan, dove aveva tenuto una delle sue numerose conferenze, sarebbe stato gravemente redarguito da parte della Redazione de «La France de Nice», da dirigenti repubblicani e socialisti e della stessa LIDU «per l'azione svolta dal figlio, Leonida, sia come giornalista, sia come militante antifascista» ridottasi «ad un banale pettegolume su segnalazioni e fatti il più delle volte falsi ed inventati di sana pianta» <246. L'ingenuità di Leonida, che aveva all'epoca solo 25 anni, è al centro di un altro rapporto che getta un'ombra di complessità sull'attività dello stesso Luigi Campolonghi. Un fiduciario della Polizia Politica, introdottosi di nascosto nella stanza di Leonida a Nizza, riuscì a leggere una lettera indirizzatagli dal padre: «In essa il Campolonghi pregava il figlio di comunicargli tutti gli ordini del giorno, che erano stati approvati dai vari gruppi di operai italiani, residenti al sud di Nizza, dovendoli comunicare urgentemente a … (e qui si faceva il nome di un funzionario del Quai d'Orsay)» <247.
La notizia si sarebbe diffusa rapidamente in quanto Leonida, avendo scoperto la spia, avrebbe riferito l'aneddoto ai gruppi antifascisti, in particolare ai repubblicani mazziniani cui era molto vicino. La comunicazione continua di Campolonghi con il governo francese allarmò parte degli antifascisti della zona che avanzarono dubbi sulla sua affidabilità e buona fede <248.
Di sicuro il documento testimonia il persistere di un canale privilegiato - ininterrotto e trasversale - tra Luigi Campolonghi e le autorità governative francesi. I frequenti contatti con il Ministro dell'Interno Albert Sarraut, infatti, sono documentati per tutto il 1927 dal Consolato Italiano di Nizza.
Ritornando sul duplice viaggio a Draguigan di Campolonghi, il Consolato esprime preoccupazione per la sua attività e le sue ripercussioni sull'ordine pubblico in caso di successo «poiché l'adesione di masse di operai, darebbe all'agitazione antifascista […] ben altro carattere, facendo degenerare le abituali sparute riunioni in veri e propri comizi, con relative manifestazioni turbolente» <249. A Draguignan Campolonghi aveva presidiato ad un congresso della LIDU e pochi giorni dopo avrebbe incontrato a Nizza diversi esponenti dei partiti antifascisti, compreso il Partito Comunista <250.
La convergenza tra partiti antifascisti ed autorità francesi è confermata dalla presenza, alla citata conferenza antifascista di Draguignan, di Sindaco, Consigliere Generale e Segretario del Partito Socialista locale, oltreché di soci della LIDU.
«Il Campolonghi ha trattato del fascismo, della dittatura di S.E. Mussolini, della situazione di persecuzione instaurata in Italia e per la quale un numero considerevole di rifugiati trovano ospitalità della Francia, che chiama generosa, e ove essi possono vivere in libertà, organizzandosi in attesa di tempi migliori. Ha espresso la gratitudine dei fuoriusciti italiani per la Repubblica Francese, e termina affermando che i due popoli latini, che sono stati uniti per la grande guerra, non potranno che essere pure uniti nel comune ideale della fraternità sociale e della pace». Alla conferenza espresse un breve discorso anche l'Avvocato Thomas <251. Pessimo amministratore delle proprie finanze, il suo successo più grande fu senza dubbio l'opera di accoglienza degli italiani nella zona. Campolonghi si fece “cantore” dell'integrazione, sotto tutti i punti di vista, svolgendo azione pedagogica sugli immigrati, pur non arrivando mai a caldeggiare una completa naturalizzazione francese. Partigiano dell'istruzione pubblica nazionale, cercò, con successo, di sottrarre i figli degli immigrati all'influenza fascista e cattolica <252.
[NOTE]
243 Rapporto Console Generale in Nizza 30/07/1926, FLC, CPC, ACS.
244 Ibidem.
245 Ibidem.
246 Telespresso Consolato Generale Nizza 15/02/1927, FLC, CPC, ACS.
247 Appunto per Direzione affari generali e riservati, Divisione P.P., 26/01/1927, FLC, CPC, ACS.
248 Ibidem.
249 Telespresso Consolato Generale Nizza 21/02/1927, FLC, CPC, ACS.
250 Ibidem.
251 Telespresso Consolato Generale Nizza 17/02/1927, FLC, CPC, ACS.
252 Delpont, cit., pp. 38-39; cfr. Landuyt, cit., p. 480.
Mattia Ringozzi, La dignità degli sconfitti. Per una biografia di Luigi Campolonghi, Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2015/2016

La scena politica italiana in Francia fu dominata allora da capi carismatici come Andrea Costa o Oddino Morgari, venuti dalle file libertarie, o dai sindacalisti rivoluzionari Alceste De Ambris e Pietro Chiesa, o ancora da giornalisti destinati a divenire icone nazionali oltralpe come Luigi Campolonghi, figura-simbolo dell’esilio antifascista, o da dirigenti del calibro di Giacinto Menotti Serrati, legati indissolubilmente al nome di Marsiglia.
[...] La celebrità dei personaggi di Rosselli, della famiglia Campolonghi e di Trentin avrebbero valicato i confini, facendone le figure più note ed esplorate della produzione francese dedicata agli esuli italiani, come da Antonio Bechelloni, dal gruppo Cedei e dalla sua rivista «La Trace», tesa a dimostrare la portata europea della loro riflessione politica e dell’esperienza di militanza.
[...] Legato alla figura di Campolonghi è l’archivio della Lega dei diritti dell’uomo, che comprende i dossier nominativi di coloro che si rivolgevano all’associazione per riceverne l’assistenza, trovare un lavoro in Francia e ottenere di conseguenza un permesso di soggiorno; molti antifascisti si rivolsero alla Lidu per evitare l’estradizione, e fu soprattutto negli anni di crisi che la Lega si concentrò su questa attività. L’archivio comprende anche i fascicoli della sezione della Lidu tunisina, ma né in quelli francesi, né in quelli dell’Africa coloniale ho potuto riscontrare nomi di antifascisti liguri.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015

martedì 19 gennaio 2021

Beppe Porcheddu sa far suo, nel disegno e nei toni, il pensiero dello scrittore

Nello sviluppare la ricerca sulla Resistenza sulla costa del Ponente ligure, da Imperia al confine francese, ho incrociato la figura di Giuseppe Porcheddu, antifascista e pittore-grafico-illustratore di significativo rilievo, vissuto prima a Torino e poi a Bordighera.
La novità è giunta, invece, dalla scoperta che fu il casalese Leonardo Bistolfi a motivare e valorizzare l’artista Porcheddu. Non solo, attivando la dottoressa Varvello del Museo Civico Bistolfi di Casale Monferrato e il dott. Mantovani della Biblioteca Civica Canna, ho ritrovato il catalogo di una mostra di opere di Porcheddu avvenuta a Torino nel 1928, con una originalissima prefazione di Leonardo Bistolfi.
Giuseppe Porcheddu Beppe, nato a Torino il 1 maggio 1898 scomparve il 27 dicembre 1947 in una vicenda non ancora del tutto ricostruita; sardo di origini (il padre Giovanni Antonio era nativo di Ittiri, in provincia di Sassari; ingegnere molto noto per aver introdotto e sviluppato in Italia le tecniche del cemento armato, fu progettista anche del Lingotto di Torino e di vari silos al porto di Genova) fu pittore, incisore, scultore, grafico, fumettista ed illustratore di grande talento. Venne scoperto e incoraggiato da Leonardo Bistolfi già a Torino, dove viveva e studiò alla facoltà di architettura al Politecnico.
È noto per le bellissime illustrazioni del Pinocchio di Collodi edite nel 1942, per i disegni delle bambole Lenci, per i disegni e la creazione di personaggi di fumetti diffusi in tutta Italia. Molte sue opere sono oggi custodite e promosse dal Museo della Scuola e del Libro per l'Infanzia MUSLI di Torino e dalla Fondazione Tancredi di Barolo di Torino, sotto la direzione del prof. Pompeo Vagliani.
Accanto all’arte coltivò sempre la convinzione antifascista; promosse poi l’attività resistenziale fra Sanremo e Bordighera, divenne membro del CNL di Bordighera.
Porcheddu, con Renato Brunati, Renzo Rossi e Lina Meiffret, si era legato al gruppo torinese di Guido Hess Seborga, Ada Gobetti, Piero Bargis, Giorgio Diena, Vincenzo Ciaffi, Domenico Zuccaro, Raffaele Vallore, Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Musso. Nella sua villa di Bordighera, Porcheddu nascose la moglie Ada e la figlia Lidia del latinista Concetto Marchesi, esponente antifascista rifugiato in Svizzera. Ospitò pure gli ufficiali inglesi Michael Ross e George Bell, paracadutati in missione fra il Piemonte e la Liguria. Le vicende di Porcheddu a sostegno della Resistenza sono pienamente riscontrate nel recente libro di Michael Ross, The British Partisan, pubblicato da Pen & Sword, London 2019. Il nuovo libro è la riedizione aggiornata della prima pubblicazione del volume Michael Ross, From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy, Minerva Press, London, 1997. Nel volume del 2019 il nipote David Ross apporta alcune integrazioni, grafici e foto.
Beppe Porcheddu sparì da Bordighera e non diede più tracce dal 27 dicembre 1947. A Roma si stava realizzando una sua mostra retrospettiva di dipinti e disegni, curata dall'amico Piero Giacometti. Lasciò una lettera indirizzata alla sorella Ambrogia, con una frase enigmatica: "... la vita è un continuo tradimento. I più bei sogni... restano sogno. Chissà quando ci rivedremo".
Leonardo Bistolfi, a Torino, intuì il genio di Porcheddu, lo incentivò e lo promosse, ne coltivò amicizia e relazione artistica.
È sufficiente leggere alcuni tratti della prefazione per scoprire un Bistolfi anche critico d’arte: "... In un giorno lontano, quando l’autore delle visioni di bellezza qui raccolte aveva appena sette anni, il padre suo - animatore di geniali costruzioni, aspramente combattute al loro apparire, e diffuse ora in tutto il mondo - venne a me, portandomi alcuni disegni del piccolo Beppe. Erano paesaggi fantastici, strani aggruppamenti di figure umane, bizzarre scene di sapere fiabesco, trattate con mano già capace di esprimere le vicende delle forme e degli spazi. Chiesi come il fanciullo si esercitasse a copiare quelle figurazioni; ma le parole commosse del padre mi gridarono che tutti i disegni del suo Beppe erano esemplari di una spontanea e originale creazione, manifestata senza fatica e senza esitazioni. Così fu che io conobbi e seguii poi, nello svolgersi degli anni, l’arte di Beppe Porcheddu: fecondo suscitatore di sensazioni e di emozioni, creatore inesauribile di fisionomie fisiche e spirituali, immaginoso descrittore di ambienti e di anime. Arte che crea (come poche, forse, nel campo dell’illustrazione letteraria) l’atmosfera chiara e completa del momento psicologico; arte che, a primo aspetto, si presenta con forme che paiono caricaturali, ed è invece l’esaltazione della personalità umana precisata in tutte le caratteristiche esteriori ed interiori. Per questo le creature delle composizioni di Beppe Porcheddu nel loro silenzio lineare parlano ardentemente, e nella irrealtà del sogno vibrano di verità e di passione".
Bistolfi commenta le varie illustrazioni di Porcheddu, dedicate a personaggi letterari ed epici; richiama i tratti grafici e l’insieme delle figure. "Molti furono gli artisti che tentarono di rievocare in vaste opere aspetti di uomini e di cose appartenenti a tempi antichi o remoti - commenta Bistolfi - ma pochi riuscirono a raggiungere il senso intimo dell’essere... ogni opera di Porcheddu dà una vibrazione nuova. E questa vibrazione si esprime per mezzo di ignoti elementi tecnici, I quali traggono origine da quella che si potrebbe definire una esperienza improvvisa, volta alla volta suggerita o imposta dal significato del tema... tutte le opere di Porcheddu non sono già il frutto di studi scolastici, nè derivano sia pure lontanamente da opere preesistenti, ma nascono in modo esclusivo dal suo istinto, e sempre senza l’aiuto del modello umano... eccezionale procedimento creativo che sospinge l’artista alla più intensa ricerca di un’ideazione quasi esaltata... col procedere degli anni l’arte di Beppe Porcheddu ha acquistato una vigoria sempre più significativa... sia che realizzi un’ispirazione propria o sviluppi un argomento suggerito da uno scrittore, questo artista - come un musico sapiente - trova i modi sempre più adatti all’estrinsecazione dell’idea, e assume una facoltà rara e quasi unica per rivelare le immagini vere di quel determinato stato d’animo; e ciò non coi segni di una cifra personale, ma con uno stile conveniente in tutto e per tutto al carattere del motivo da sviluppare... codesta anzi della perfetta aderenza tra la visione del poeta e la realizzazione dell’illustratore costituisce indubbiamente una delle più belle doti di questo giovane artefice. I suoi disegni rivelano sempre uno studio lungo e paziente dello scritto che vogliono decorare... Beppe Porcheddu sa far suo, nel disegno e nei toni, il pensiero dello scrittore. Ma, nel tempo stesso, la sua illustrazione è sempre un quadro, vale a dire un’opera completa che può vivere, e vive a sè... ".
Il pensiero di Bistolfi su Porcheddu non è solo una prefazione di circostanza, ma assume il significato di convinto apprezzamento per la tecnica, la passione e l’innovazione dei disegni e illustrazioni di Porcheddu. È un Bistolfi critico d’arte, attento osservatore di un artista in affermazione. Siamo nel 1928, a Torino. Porcheddu diverrà poi in seguito e fino alla sua scomparsa nel 1947 un genio indicusso della grafica, delle illustrazioni.
Sergio Favretto, Come Leonardo Bistolfi scoprì e valorizzò il grafico e illustratore Beppe Porcheddu, Il Monferrato.it, 13 gennaio 2021
[Alcune pubblicazioni di Sergio Favretto: Con la Resistenza. Intelligence e missioni alleate sulla costa ligure, Seb27, Torino, 2019; Fenoglio verso il 25 aprile (Falsopiano, 2015); La Resistenza nel Valenzano. L’eccidio della Banda Lenti (Comune di Valenza, 2012); Resistenza e nuova coscienza civile. Fatti e protagonisti nel Monferrato casalese (Falsopiano, 2009; Giuseppe Brusasca: radicale antifascismo e servizio alle istituzioni (Atti convegno di studi a Casale Monferrato, maggio 2006); Casale Partigiana: fatti e personaggi della resistenza nel Casalese, Libertas Club, 1977]