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giovedì 21 marzo 2024

Girovagando

Buggio, Frazione di Pigna (IM): al centro il Mulino "Basciàn"

Recandomi non molti anni fa - ancora per lavoro - a Cipressa (IM), ritrovai un caro sodale di gioventù, perso di vista da sin troppo tempo. Nell'occasione mi fece dono di due superbi opuscoli di storia locale, di cui uno dedicato alla Frazione Lingueglietta.

Immancabilmente a Buggio, Frazione di Pigna (IM), Alta Val Nervia, quando sono in procinto di tornare a casa, incrocio I., che per l'ennesima volta mi invita a passare la prossima volta a trovarlo, non fosse altro che per prendere un caffé insieme. Puntualmente me ne dimentico.

In località Cian de Ca' di Camporosso (IM), una persona incontrata lì per lì, dopo gli scambi di informazioni sulle reciproche relazioni sociali, mi si metteva a disposizione per farmi da guida "turistica" del posto per una prossima occasione, che io non ho tuttora colto.

In località Massabò di Perinaldo (IM) abita una persona che aveva conosciuto mio zio materno. La stessa cosa mi diceva un gentile, ma indaffarato signore, impegnato nel suo giardino in collina a Vallebona (IM). Ed un altro, dimorante in una traversa di Via dei Colli di Bordighera (IM), il quale mi aggiungeva per soprammercato di conservare un ottimo ricordo anche del nonno, deceduto ormai da decenni.

Ero fermo a fotografare su di una sorta di balconata sull'Alta Val Verbone, forse ancora in territorio di Soldano, forse già in quello di Perinaldo. Sopraggiungeva in auto F., un po' preavvertito che forse mi avrebbe potuto trovare da I., che avevo visto poco prima, più in basso, e dal quale mi ero fatto raccontare alquante memorie di famiglia, di cui almeno due componenti erano stati cari colleghi di mio padre. F. si raccomandava, salutandomi, che non scendessi, dato lo stato della carrareccia, per Dolceacqua (IM). Cosa che, invece, per sbaglio, poi ho fatto. Scoprendo nuove, per me, zone. Ne ho fatto derivare un tormentone a danno di diversi amici, compreso il primo, ogni volta che l'ho rivisto, per conoscere i nomi più precisi di quelle località.

Solo da poco ho scoperto che il vincitore dell'edizione del 1966 dei campionati provinciali studenteschi di corsa campestre (io arrivai secondo, ben distanziato!) è un vecchio amico, noto personaggio pubblico di questa provincia.

Un amico mi ha raccontato di vecchie partite a livello amatoriale di “balùn”, il pallone elastico o, ancora, palla pugno, che si facevano un tempo a Sasso, Frazione di Bordighera: preso dalla sua conferma di coloriti trasporti popolari per questo sport e dal racconto di episodi, come quello di un giocatore del posto in grado, alla battuta, di squarciare la palla, mi sono dimenticato di chiedere quante reti di protezione, data la conformazione di Sasso - paese molto raccolto, ubicato sul crinale tra due valli -, usassero allora stendere...

Adriano Maini

mercoledì 24 gennaio 2024

Tanti immigrati alla costruzione delle strade militari nell'estremo ponente ligure

Magauda, Frazione di Camporosso (IM): una zona circondata a suo tempo da strade militari

Come è ben noto, durante la Grande guerra a Ventimiglia vennero adibiti a ospedali militari l'Orfanotrofio San Secondo e l'Ospizio di Latte; a Bordighera vennero adattati a simile scopo il nuovo Casinò e diverse ville private, anzi, fu persino impiantato un nosocomio attendato; e così via. Del personale inglese (infermiere, ufficiali, soldati) passato in zona si conoscono alcune vicende di battaglia, ma poco risulta scritto dei fatti d'arme che coinvolsero uomini di questa zona del ponente ligure (da segnalare nel contesto il bel lavoro di Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019, ma, trattandosi di una rassegna di quasi tutti i combattenti della zona intemelia partiti all'epoca per il fronte, le relative informazioni per forza di cose, fatte salve alcune eccezioni, sono necessariamente molto sintetiche), per cui in proposito nel secolo più o meno appena trascorso sono girati alcuni racconti orali, all'apparenza scarni ed imprecisi, anche quelli compiuti da successivi immigrati.

Alla metà degli anni Trenta - ed ancora poco prima - alla costruzione delle strade militari, che sarebbero dovute servire da infrastruttura alla cosiddetta (e presunta) Maginot fascista delle Alpi Marittime, parteciparono in prevalenza come operai e manovali tanti e tanti immigrati - non tutti provvisori - da altre parti d'Italia. Dovette occuparsene anche il poeta Salvatore Quasimodo, allora quadro del Genio Civile di Imperia.

Scoppiato il secondo conflitto mondiale, il regime pensò di prodursi in un altro gesto di propaganda dei suoi, facendo (obbligando a) rientrare tredicimila tra bambini e ragazzini, figli di connazionali trapiantati in Libia, da far vivere poi tra edifici di colonie estive, alberghi, costruzioni varie (in genere pertinenze della Gioventù Italiana del Littorio, la G.I.L.). Secondo il compianto presidente dell'ANPI di Bordighera, Vincenzo Ridi, che nel 2013 ne promosse la memoria, ben quattromila dimorarono a Bordighera. Diversi anche nella vicina Sanremo, ma chi scrive non ha ancora trovato cifre in merito. In ogni caso, su questa drammatica vicenda, poiché si trattava di piccoli lontani dalle famiglie, dei quali molti perirono sul suolo nazionale e tanti altri non rividero più i loro cari, ha ben scritto da adulta una protagonista, Grazia Arnese Grimaldi, nel suo "I tredicimila ragazzi italo-libici dimenticati dalla storia" (Marco Sabatelli Editore, Savona, 2012).

In alcuni diari di nostalgici, in genere bersaglieri repubblichini, dei loro trascorsi di guerra nei pressi di questo confine con la Francia emergono memorie goliardiche, ed anche sporadiche retoriche commemorazioni di camerati caduti, ma non risultano mai parole di pietà per le loro vittime.


Esempi di documentazione O.S.S.


Non saranno tutti così i documenti pertinenti in materia, contenuti negli archivi statunitensi, i N.A.R.A., ma da quello che si rinviene desegretato dalla CIA in Rete, tra interrogatori in italiano condotti - si presume - per le Corti d'Assise Straordinarie (C.A.S.) del secondo dopoguerra, confluiti in atti O.S.S. (antesignana della CIA) ed altri appunti della medesima Organizzazione, tutti afferenti in qualche modo la provincia di Imperia, non difettano, accanto alle certificazioni di efferatezze nazifasciste (qui, qui e qui qualche esempio), aspetti secondari che sconfinano nel pettegolezzo: non solo la presenza ridondante di amanti donne, cui si è fatto già cenno altra volta, ma anche azioni da profittatori di guerra, coinvolgimento in trame di contrabbando e di borsa nera di alcuni commercianti di fiori, incombenze pressoché usuali di domestici, albergatori ed autisti (con viaggi a destra e a manca, soprattutto attraverso il confine con la Francia, sinché non divenne il fronte, con meta prevalente - guarda caso! - Montecarlo), quasi a dimostrazione del fatto che da accusati e testimoni non si intendesse ricavare molto di più.

Adriano Maini

venerdì 29 dicembre 2023

Nizza e dintorni...


Quella volta Enzo, da me interpellato circa un qualcosa relativo al capoluogo delle Alpi Marittime, mi rispose parlandomi delle riunioni di anarchici cui colà aveva partecipato ed intonandomi la dolce nenia di "Nissa la Bella", che io all'epoca non conoscevo affatto.

Questa cosa l'ho già raccontata, ma mi serve come introduzione a quanto segue.

I miei interlocutori locali del partito comunista francese, da me sufficientemente frequentati nel corso degli anni '70 del secolo scorso, ma ancora nei primi '80, pur non avari nel dare notizie anche di folclore, molte faccende se le erano dimenticate o non le sapevano o non le ritenevano abbastanza interessanti: non solo la canzonetta da me citata, ma anche, pescando a caso, l'esistenza di un Fra Marco da Nizza (difensore dei nativi americani - come a suo tempo già attestato da Bartolomé de Las Casas nel suo libro "Brevissima relazione della distruzione delle Indie" per l'impressionante documentazione prodotta in una lunga relazione riguardante le atrocità commesse dai conquistatori spagnoli in Sud America, dove il religioso partito dall'attuale Costa Azzurra aveva svolto in precedenza le sue missioni -, esploratore suo malgrado del Texas e di altri limitrofi stati nordamericani e, come tale, ampiamente ricordato con solennità da quelle parti e nello stesso Messico), la leggenda di Caterina Segurana, le denunce di Graham Greene circa la Baia degli Angeli, la contemporanea grande rapina di Nizza, trascritta da Ken Follett in tempo reale e ripresa da Arturo Viale nel suo Oltrepassare.

In proposito di anarchici, non è molto che Silvia mi ha raccontato della grande amicizia - altro aspetto a me in precedenza ignoto - che legava a mio padre un suo zio, un anarchico, per l'appunto, da tanti anni trasferito nella città della Promenade des Anglais, una persona che ai suoi ritorni frequenti a Ventimiglia non mancava mai di passare a salutare il Maini senior: mi dispiace non averlo conosciuto, ma sono in attesa di vedere tramite la nipote una parte del suo grande archivio di libri, giornali, documenti, carte.

Tra i pochi rimpianti che ho riguardo Nizza uno è di sicuro non essere più salito a La Madonette a trovare gli amici di origine italiana.

Il compianto Giuseppe Mac Fiorucci, invece,  con le sue trascrizioni di testimonianze di partigiani del mare - Gruppo Sbarchi Vallecrosia -, azioni temerarie di collegamento tra i patrioti di questo estremo ponente ligure ed i loro referenti alleati, insediati in Costa Azzurra, azioni che spesso facevano perno su Nizza,  mi trascina tuttora nella dimensione più che mai attuale dei valori dell'antifascismo.

Venendo a momenti più recenti, Nizza per me é stata soprattutto il Palais Exposition. Avevo pubblicato per motivi del tutto professionali una fotografia relativa ad un certo evento, cui partecipavo per lavoro: qualcuno mi fece notare, celiando sulla supposta importanza che intendevo darmi, che compariva pure, ricoprendo ancora altra carica, il tuttora sindaco di Nizza, che in quel frangente era anche ministro della Repubblica Francese, ma io di tutto ciò non mi ero affatto accorto. Ed in effetti mi emozionò di più in un precedente caso sotto le volte della richiamata grande costruzione fare conoscenza e conversare con due espositori che abitavano nella frazione di Gorizia, dove avevano casa e campagne alcuni cugini di mia madre.

C'è ancora qualche persona che non ha tuttora messo a fuoco la presenza dell'ultima montagnola o promontorio - qualche anziano del luogo definiva il sito "gobba del cammello" (il quale ne ha due, però...) - che conclude la visione della costa francese al nostro occidente di ponente di Liguria. Talvolta, salendo tra Nizza e Villafranca per imboccare l'autostrada, o a Seborga da Bordighera dopo un bell'acquazzone, mi sembra di avere visto anche più in là, ma oggi non ne sono più tanto sicuro. Di sicuro ho già narrato di come abbia chiesto ripetutamente a diverse persone, presunte esperte di mare, perché use alle barche  a vela, senza ottenere precisa risposta, di quale punto geografico si tratti. Mi chiedevo pure dove avessi messo o perso il bel portolano che mi era stato regalato, che forse mi sarebbe stato utile per decifrare quel perdurante mistero. Una certa ironia dei fatti vuole che di recente un post pubblicato su Facebook con tanto di fotografia, nomi e frecce lascia intendere che si tratta di una modesta altura a ridosso di Frejus...

Adriano Maini

martedì 26 dicembre 2023

Venne a Bordighera un ufficiale della Milizia Confinaria a prelevarmi con un'autovettura per trasportarmi a Ventimiglia

Bordighera (IM): Piazza Eroi della Libertà

A Ventimiglia in ambienti che gravitavano intorno alla stazione ferroviaria si formò una rete clandestina con l’obiettivo di sabotare i trasporti tedeschi e difendere le infrastrutture ferroviarie e stradali in concomitanza di un’eventuale sbarco alleato. A questa organizzazione aderirono una decina di ferrovieri assieme a carabinieri, poliziotti, civili. Il gruppo, che assunse il nome di Giovine Italia, riuscì a collaborare con un’altra organizzazione legata al partito comunista di Bordighera, la quale in clandestinità forniva documenti falsi a militari sbandati e antifascisti ritenuti sovversivi dalle autorità della Repubblica Sociale. Gli ufficiali dell’esercito e i carabinieri che aderirono avrebbero dovuto stabilire il controllo dell’ordine pubblico una volta il territorio fosse stato liberato. A causa di un incauto approccio da parte di Olimpio Muratore, tentato con due suoi compagni di scuola arruolatisi nella GNR ferroviaria, Carlo Calvi e Ermanno Maccario, questi rivelarono l’esistenza dell’organizzazione al loro comandante. Iniziarono subito le indagini portate avanti dalla G.N.R. e dal Commissario Capo della Polizia Repubblicana di Ventimiglia, Pavone. All’alba del 23 maggio 1944 una retata portò alla cattura di una trentina di persone, ventuno delle quali consegnate ai tedeschi, e di queste tredici furono successivamente inviate a Fossoli e poi a Mauthausen: Airaldi Emilio, Aldo Biancheri, Antonio Biancheri, Tommaso Frontero, Stefano Garibaldi, Ernesto Lerzo, Amedeo Mascioli, Olimpio Muratore, Giuseppe Palmero, Ettore Renacci, Elio Riello, Alessandro Rubini, Silvio Tomasi, Pietro Trucchi e Eraldo Viale. Solamente Elio Riello, Tommaso Frontero, Amedeo Mascioli, Aldo e Antonio Biancheri sopravvissero alla deportazione. Emilio Airaldi, invece, già sul carro merci destinato in Germania, riuscì a scardinare un finestrino del carro e a gettarsi di notte nel vuoto nei pressi di Bolzano: venne aiutato da ferrovieri che lo aiutarono a nascondersi e quindi a ritornare a casa dove giunse dopo 3 mesi. Giuseppe Palmero e Ettore Renacci furono fucilati a Fossoli, Olimpio Muratore, Silvio Tomasi, Alessandro Rubini, Eraldo Viale, Ernesto Lerzo e Pietro Trucchi morirono nel campo di Mauthausen. Di Antonio Biancheri - salvatosi dagli stenti e appena tornato dal campo di concentramento di Mauthausen - esiste all'Archivio di Stato di Genova (per l'informazione si ringrazia Paolo Bianchi di Sanremo) la denuncia presentata al locale C.L.N. in Bordighera il 6 luglio 1945 contro Salvatore Moretta già milite della Guardia Nazionale Repubblicana, nel documento siglata come G.R.F. anziché G.N.R. come più usuale. Il Moretta, in effetti, era stato molto attivo nel quadro delle operazioni che portarono all'arresto di Biancheri nella notte tra il 22 ed il 23 maggio 1944. Sottolineava, infatti, Biancheri che un mese circa prima del suo arresto, allorquando si trovava nell'attuale Corso Italia di Bordighera in compagnia di Stefano Garibaldi - un altro patriota antifascista, che a luglio 1945 all'amico sembrava ancora detenuto in Germania, mentre, in effetti era già deceduto -, si era accorto del pedinamento effettuato a suo danno dal Moretta: entrati nella farmacia del corso ebbero piena conferma dell'appostamento effettuato dal miliziano repubblichino. Per quanto attiene le modalità del suo arresto, Biancheri specificava i nomi degli uomini della G.N.R. intervenuti, tra i quali, logicamente, compariva il Moretta, ma anche un appuntato dei carabinieri della stazione di Bordighera. In questa circostanza, mentre Biancheri era riuscito in qualche modo a far sparire i documenti per lui più compromettenti, gli agenti sequestravano tutta la sua corrispondenza personale, anche quella vecchia di quattro anni. All'alba, Antonio Biancheri veniva portato - presente sempre il Moretta - nella sede G.N.R. in Piazza della Stazione [oggi Piazza Eroi della Libertà], accanto agli uffici delle Poste e Telegrafi, dove, circa un'ora dopo, venne un ufficiale della Milizia Confinaria a prelevarmi con un'autovettura per trasportarmi a Ventimiglia; e così ebbe inizio la mia lunga e terribile odissea che mi portò a  Mauthausen. In seguito Antonio Biancheri fu molto attivo in seno al Partito socialista, ma reticente - come tanti reduci dalle tragiche odissee del secondo conflitto mondiale - a parlare delle vicende personali più dolorose. Di lui tramanda un vivo ricordo Giorgio Loreti, dinamico animatore dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera.

Adriano Maini

sabato 23 dicembre 2023

Certe idee...


Viene risparmiata all'occasionale lettore la sequenza completa di fotografie di avvenimenti successi intorno alla rotonda dei Piani di Borghetto in Bordighera qualche mattina fa.
Si ritrovarono a districarsi a quel crocevia - in un caso con l'assistenza di un appartenente al corpo di polizia urbana - gli autisti di due pullman turistici, dei quali non è dato sapere se avessero ignorato il divieto di introdurre nella città delle palme automezzi pesanti dal casello autostradale, posto in collina e collegato al centro urbano da strade piene di curve (ed una anche molto stretta), o se fossero stati indotti in errore da qualche gps, che li aveva indirizzati a qualche giro tortuoso.


La gentile signorina su monopattino elettrico si era fermata per consentire al fotografo amatoriale (molto amatoriale!) di inquadrare un soggetto di sicuro da lei non identificato: non poteva immaginare che quel tipo non aspettava altro che riprenderla da tergo, là sul Lungomare Argentina di Bordighera!


Certe idee forse possono essere venute ritrovando e rivisitando scatti compiuti per distrazione in un'altra passeggiata a mare, quella di Vallecrosia.


Così, già ad ottobre scorso in regione Arziglia di Bordighera...


Per non dire di novembre, sugli scogli di Sant'Ampelio, sempre a Bordighera.


Tratto il dado, al mercatino di inizio dicembre, a Bordighera, lungomare...


Un angolo di una strada di campagna di San Biagio della Cima induce a pensare a qualche forma di composizione di arte moderna.


In una rassegna del genere non ci si può privare della visione di almeno una coppia di ciclisti amatoriali.


Poteva, poi, per parità di genere, mancare un altro monopattino?


Lavori in corso, invece, sulla Passeggiata Trento e Trieste a Ventimiglia.
 

 
 






Nelle vicinanze, per la precisione, in Lungomare Varaldo, quel tale giorno di due settimane fa ci si poteva anche imbattere in tarda mattinata in ragazze a spasso, ciclisti amatoriali e non, amabili conversari in riva al mare, confidenze tra vicini di quartiere (ancorché separati da una staccionata), convenevoli da pubblico esercizio.

Adriano Maini

martedì 19 dicembre 2023

Hotel Angst - Posto degli sfollati - Terzo Piano 109 - Bordighera

Bordighera (IM): l'ex Hotel Angst

Roberto Muratore scriveva in una data non precisata, alla vigilia della sua esecuzione, alla moglie Antonietta Lorenzi una breve missiva così carica di dignità personale e di affetto per i suoi cari, che meriterebbe di essere citata tra le "Ultime Lettere dei Condannati a Morte della Resistenza Italiana".
Essa, tuttavia, non risulta sinora pubblicata nel sito "ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana".   
Ci sono diverse annotazioni da effettuare in proposito.
La prima consiste nel fatto che il documento in questione - rinvenuto da Paolo Bianchi di Sanremo - è conservato nell'Archivio di Stato di Genova insieme ad altri incartamenti riferiti a processi di epurazione antifascista dell'immediato secondo dopoguerra: se ne può dedurre, per analogia, ma anche alla luce di quanto segue, che lo scritto corrisponda alle ultime volontà di una vittima della furia nazifascista e non di un deliquente qualsiasi, che, anzi, difficilmente in quei tempi oscuri veniva perseguito.
La seconda che per quante altre ricerche - via Web, va da sè - si siano fatte, come nel caso degli elenchi delle persone morte a qualsiasi titolo nel conflitto, realizzati a suo tempo dal Comune di Ventimiglia, i cognomi Muratore e Lorenzi (tipici della città di confine e delle sue Frazioni) non appaiono o come nel caso del memoriale dei Martiri della Strage del Turchino, per la quale le vittime furono barbaramente selezionate tra detenuti nelle carceri di Genova (e nella quale vennero trucidate tre persone di Camporosso, un uomo di Olivetta San Michele, un partigiano di Oneglia ed il patriota antifascista Renato Brunati, che aveva la residenza alla Casa del Mattone di Bordighera). In verità, nell'archivio online dell'Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea "Raimondo Ricci", appare un Roberto Muratore, ma come partigiano della 4a Brigata Val Bormida Giuliani Divisione Autonoma Fumagalli: un caso a parte, dunque.
Ancora. Il biglietto di Roberto Muratore venne scritto a macchina con molti errori di ortografia e di grammatica. Ad esempio, la lettera era indirizzata a "Lorenzi Antonietta - Otel Lans Posto degli sfollati - Terzo Piano 109 - Bordighera". Viene il dubbio - dato il tragico contesto - che sia stato compilato da un'altra persona: si potrebbe persino supporre un furiere tedesco.
Sembra giusto riportarne qualche brano un po' aggiustato in italiano. "Cara moglie mi hanno fatto il processo e mi hanno condannato a morte... la colpa della mia pena è di tuo padrino che ha raccontato tutto quello che ha voluto per salvarsi lui stesso... io di male non ho mai fatto nulla come ben sa tutto il nostro paese. Noi siamo stati disgraziati perché la nostra vita di matrimonio é stata molto breve, ma pensa al bambino che ti conforta. Sono gli ultimi Saluti e baci a te ed al mio piccolo Tino che non ha potuto conoscere suo padre e che ha avuto la medesima sorte di me che non ho conosciuto la mamma. Saluti al fratello e al Padre..."

Uno stralcio del documento qui citato. Fonte: Archivio di Stato di Genova, come da ricerca effettuata da Paolo Bianchi di Sanremo (IM)

Segnalazione di un agente della polizia ausiliaria in data 14 giugno 1945 dello stato di arresto di Onorio Lorenzi, compiuto dagli Agenti di Polizia del Comitato di Epurazione di Ventimiglia, a seguito della denuncia fatta dalla signora Antonietta Lorenzi. Fonte: Archivio di Stato di Genova, come da ricerca effettuata da Paolo Bianchi di Sanremo (IM)

Per essere la signora con il figlioletto sfollata in albergo a Bordighera i coniugi dovevano per forza essere abitanti di un borgo della zona Ventimiglia-Bordighera. Forse di Villatella, Frazione di Ventimiglia (IM), stante l'accusa ("... di aver deposto contro di lui alla G.N.R. di Ventimiglia tanto da farlo fucilare...") fatta, finita la guerra, dalla vedova Antonietta Lorenzi a carico di tale Onorio Lorenzi, residente in quel paese. A Bordighera venivano fatti trasferire gli abitanti delle zone di confine con la Francia (quelli della val Roia addirittura anche a Torino, inoltre con marce forzate). Nelle strutture turistiche requisite furono, del resto, ricoverati gli abitanti della Città delle Palme che avevano avuto le case colpite dai bombardamenti, in genere navali. Tutto ciò lascia inquadrare la possibile data della missiva in oggetto nel periodo compreso tra l'assestamento (settembre 1944) delle forze armate alleate sulla vecchia linea di confine italo-francese e la fine della guerra.
La tragica vicenda di Roberto Muratore forse lascia aperto un altro interrogativo, assodata l'attuale giacenza in Genova del nominato biglietto: quello del suo arrivo o meno fra le mani della moglie e degli oggetti lì segnalati, la fede nuziale, l'orologio e le cento lire.

Adriano Maini

martedì 12 dicembre 2023

Sbiaditi racconti ed altri inediti di guerra

Richiesta alla Corte di Assise Straordinaria di Imperia da parte del governatore alleato Garigue per un rinvio di presenza in processo della teste Lina Meiffret. Documento in Archivio di Stato di Genova. Ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo (IM)

Il giovane, inibito dall'Ovra rispetto allo sfollamento di tutta la popolazione locale, al terzo giorno di guerra riusciva ad eclissarsi su uno dei pochi treni in partenza da Ventimiglia (IM) in direzione - logicamente! - levante.

Sopra Bolzano in quell'estate del 1940 passavano anche aerei italiani diretti a nord: a bombardare l'Inghilterra?

L'ex coscritto della Regia Marina narrava da anziano di una deriva per mare di giorni e giorni, prima che egli e lo sparuto gruppo di compagni superstiti all'affondamento venissero tratti in salvo.

Nel viaggio in treno, che lo riportava alla nave di ritorno dalla breve licenza in Nervia di Ventimiglia, il furiere vedeva le fumanti rovine di una Genova appena colpita da uno dei terribili bombardamenti di quel conflitto. Forse doveva ancora assistere dalla plancia di comando della corazzata alla prima battaglia navale della Sirte, che non fece, invero, grandi danni.

Il futuro maresciallo di polizia, scampato alla ritirata di Russia, prima di andare ancora una volta in partenza, questa volta per cercare di unirsi agli Alleati in Costa Azzurra, ebbe la casa distrutta da ordigni  scagliati dall'alto.

Un semplice fante, neppure ferito, dal nord Africa in Italia rientrò misteriosamente in aereo poco prima che avvenisse la resa delle forze dell'Asse su quel teatro.

Non si commuoveva al ricordo della campagna di Russia, forse tenendo ben presente la fotografia che lo ritraeva in quelle lontane lande atletico ufficiale eretto superbamente a cavallo, ma nel rievocare il suo viaggio a piedi, iniziato ad Alessandria al momento dell'armistizio, per rientrare in famiglia in Irpinia, qualche luccicone agli occhi ad un Luigi ormai anziano veniva sul serio.

Dalla corazzata che prendeva il largo i marinai vedevano arrivare sulla banchina del porto di Pola i primi mezzi tedeschi: non potevano immaginare che di lì a breve gli stukas avrebbero tentato, senza riuscirci, di colpirli. In una certa saga familiare si vociferava di un ammutinamento di ufficiali affinché quella flotta dell'Adriatico andasse sul serio a consegnarsi agli inglesi a Malta.

Dopo l'8 settembre 1943 l'addetto, nei recessi dell'incrociatore Raimondo Montecuccoli, continuava imperterrito a sfornare pane, adesso mentre la superba nave faceva trasporti per conto degli Alleati.

Anche in Magauda di Bordighera era stato realizzato un rifugio artigianale antiaereo.

La seta dei paracadute dei bengala era un provvidenziale dono del cielo per i civili che riuscivano ad impossessarsene.

Alcune amanti dei gerarchetti nazisti di Sanremo in quel torno di tempo abitavano a Bordighera: per questo via vai si produceva un grande impegno di autisti, anche italiani, delle SS.

E sempre da Sanremo una spia dell'Abwehr da privato riusciva anche ad occuparsi della tentata vendita di un quadro del Tintoretto, attirando su di sé e sui suoi complici l'attenzione delle autorità doganali, ancora sussistenti, perché il dipinto in questione era transitato dal Principato di Monaco attraverso la frontiera francese con l'Italia.

D. del suo partigianato raccontava solo che una volta, dovendo raccogliere con un compagno del materiale, si erano divertiti a scivolare sulla neve sino a finire dentro ad un cumulo di letame, da loro erroneamente scambiato per un covone ammantato di bianco.

Una scena accaduta innumerevoli volte, ma era sempre della zona intemelia la madre che stringeva la figlioletta al seno, dove aveva nascosto documenti compromettenti, dinanzi a nazisti che cercavano il marito.

Padre e figli, proprietari di noto garage in Bordighera, collaboratori del capitano Gino, accorrevano allarmati per verificare a poche decine di metri dal loro luogo di lavoro come stessero le donne e la bambina dell'appartamento colpito dal mare, non sapendo che erano già sfollate.

Lina Meiffret, trattenuta da impegni di lavoro al governatorato alleato provinciale, doveva più volte giustificare alla corte d'assise straordinaria di Imperia i suoi impedimenti a poter testimoniare contro la persona, un tempo amica, che aveva contribuito a scatenare l'inferno contro di lei e contro il martire della Resistenza Renato Brunati.

La similare istanza giudiziaria di Sanremo condannava a pena blanda, solo per "furti" e non per partecipazione a rastrellamenti, un milite del Distaccamento di Bordighera della XXXII^ Brigata Nera Padoan, nato a Ventimiglia, ivi residente.

Il professore Mario Calvino, padre del più illustre Italo, attestava, finito il secondo conflitto mondiale, che un dattilografo della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana della R.S.I.) di Imperia, costretto a tale mansione dagli eventi, in realtà aveva passato clandestinamente svariate utili informazioni ai patrioti.

La polizia partigiana di Ventimiglia doveva inoltre registrare molte denunce di persone che intendevano riottenere certi loro beni affidati a dei vicini o a dei conoscenti nelle occasioni delle loro precedenti fughe, più o meno precipitose.

Adriano Maini

venerdì 8 dicembre 2023

Francesco Biamonti sapeva di trovare spesso Sergio "Ciacio" Biancheri sul lungomare di Bordighera

Bordighera (IM): il Lungomare Argentina

Si racconta che Bruno Fonzi avesse preso in carico una borsa di svariati appunti, tutti di Giacomo Ferdinando Natta, una volta defunto quest'ultimo, con l'impegno di condividere, in funzione di future occasioni di valorizzazione, il materiale per così dire ereditato con diversi attori dei cenacoli letterari ed artistici che facevano perno anche su Bordighera: da quel lontano 1960 si sono perse, purtroppo, le tracce di quel prezioso retaggio.

Francesco Biamonti sapeva di trovare spesso Sergio "Ciacio" Biancheri sul lungomare di Bordighera intento ad abbozzare talune delle sue splendide "Marine": capitava altrettanto di sovente che chiedesse ed ottenesse in dono dall'amico pittore alcuni degli schizzi di prova, che al futuro scrittore di San Biagio della Cima sarebbero in seguito serviti per atti delicati di galanteria in ambito femminile.

Un altro amico pittore di Biamonti, Ennio Morlotti, introdotto casualmente in quella compagnia (i nomi che qui corrono ed altri ancora che non verranno citati animarono irripetibili stagioni culturali di Bordighera, talvolta anche della zona e del ponente) da Guido Seborga, trovò nella vicina Ventimiglia un mecenate molto discreto che, ospitandolo vicino a Porta Marina, gli diede l'occasione di studiare con calma i paesaggi, in particolare quelli aspri, e la natura del ponente ligure.

Guido Seborga, dal canto suo, non pago di avere già suscitato alti pensieri e valorizzato giovani di intelletto, una volta dedicatosi anche alla pittura, ben volentieri impartiva in Bordighera, sul finire degli anni Sessanta, disinteressate lezioni in materia, molto apprezzate da freschi virgulti.

Nico Orengo, il vero scopritore di Francesco Biamonti, quando presente nella zona di Ventimiglia e Bordighera, si teneva in genere più defilato in prossimità del confine francese e in Val Nervia, in località che furono per lui (come noto) grandi fonti di ispirazione.

Di Lalla Romano e di Francesco Biamonti esiste una fotografia che li colse in un intenso, plastico conversare. La scrittrice - ed artista - che già in gioventù aveva frequentato la Riviera, segnatamente Sanremo, cui in seguito la legarono anche altri affetti, nella sua intensa vita, conclusa in un luogo altamente evocativo, quale Brera in Milano, fu anche una grande amica di Bordighera, come tante tracce lasciate ancora documentano. A Lalla Romano in Bordighera è stata intestata una viuzza pressoché di campagna, a settentrione di regione Due Strade, non discosto dalla Frazione Borghetto San Nicolò.

Quasi a chiudere un minuto racconto, non si può dimenticare che Enzo Maiolino, sodale apprezzato da tanti personaggi, qui menzionati e non,  e da sempre al fianco di Luciano De Giovanni, il quale non disdegnava, pertanto, frequentazioni di Bordighera, meditava ancora poco prima della morte, sulla base di scritti che forse si illudeva di ritrovare ancora, e proprio nella città delle palme, di realizzare un'opera altamente compiuta sulla figura di Giacomo Natta, a cui, peraltro, aveva continuamente dedicato forte attenzione sotto forma di saggi critici e, addirittura, di cura di ristampa di talune opere.

Adriano Maini

lunedì 31 luglio 2023

Biamonti divenne amico di Ennio Morlotti


Il poco che l'autore ci ha lasciato dell'ultimo libro, testimonia un cambiamento, confermato dallo stesso Biamonti: «[…] potenzierò la trama, ma abbandonerò la natura come consolazione. Nei miei romanzi la natura va dalla vita alla morte, dalla morte alla vita, è completamente metaforica, lo spazio è inficiato, il tempo è malato, il mondo è su un abisso. Però molti si consolavano con le mie descrizioni delle nuvole, del cielo, del mare. Ora non voglio più offrire questa consolazione voglio che diventi un ulteriore pungolo all'angoscia che investe tutta la nostra coscienza». <105
Il paesaggio che, per Biamonti fu sempre ragione di conforto, motivo di consolazione, nell'ultimo libro sparisce. Nelle poche pagine rimaste non accade a nessun personaggio di perdersi nella contemplazione della natura.
Nei quattro romanzi la natura è lo scenario e con le sue suggestioni domina intere pagine delle narrazioni.
Biamonti parla di paesi, strade, sentieri, rocce, mare, cielo, luce. Nel descrivere il paesaggio usa una prosa lirica, sintetica ed essenziale, sospesa sull'abisso, influenzata e sorretta dalla pittura, dalla poesia e dal legame con la terra, il mare, il cielo, eternamente presenti.
Durante un'intervista affermò: «Il cielo che si stinge nel mare e viceversa, le rocce che scompaiono, le cose polverizzate dalla luce rispondono sempre allo stesso progetto di rappresentare un'umanità che fugge, un mondo che si dilegua». <106 Lo scenario partecipa, così, alla narrazione. Accoglie in sé il mondo malato, morente abitato da un'umanità che fugge. Il paesaggio, anch'esso franante, è la sola consolazione che resta.
Nell'opera di alcuni pittori Biamonti trovò una soluzione, un'alternativa, una vicinanza di intenti. Amante dell'opera di De Stael e di Cézanne, divenne amico di Ennio Morlotti <107. Questa amicizia fu di grande importanza per entrambi gli artisti, innamorati del paesaggio ligure e dei suoi movimenti. Impressionati dagli scenari ne rimasero entrambi catturati.
Biamonti, raccontando di una passeggiata con l'amico pittore, disse: «Un giorno si passeggiava sul mare, c'era un tramonto ad occidente tutto fiammeggiante sull'acqua, rosso, molto rumoroso. Poi arrivati in fondo alla passeggiata a mare di Bordighera ci siamo tirati indietro a oriente. C'era un blu già pieno di tenebra con delle venature strane. Ha detto questo: “Ecco dipingerei questo <108 più questo silenzio, che la parte rumorosa del cielo”». <109
È evidente la somiglianza dei due artisti che, con strumenti diversi, espressero la loro formazione e il loro legame all'esistenzialismo. Questa formazione di Morlotti è confermata da Biamonti, che scrisse: "Nell'arte di Morlotti la soggettività individuale umana non cerca la fusione con l'assoluto, ma rappresenta il suo dramma in uno scenario ordinario e nei fenomeni sensibili porta sempre un'interiorità sostanziale. Si direbbe ch'essa proceda a cuore terrestre spezzato al di là della naturalità e dentro i confini del finito dell'esistenza. Gli oggetti dei quadri sono rappresentazioni esistenziali, il correlativo di una emozione profonda; tale correlativo tende a restringersi; v'è infatti nei quadri un'esistenzialità crescente, maggiore asprezza, anche se l'emozione non si affievolisce. (l'emozione si mostra come lato negativo del sentimento di unità e di alta felicità; come sentimento della contraddizione fenomelogica che consiste nell'abbandono, nella sospensione della personalità, senza perdita dell'indipendenza: contraddizione che costituisce l'essenza dell'eros, dove trova il suo riassorbimento eterno.) Tutta strutturata su angosce ed ossessioni, sparge i suoi stillicidi temporali su un fondo di finitudine la coscienza di Morlotti; mentre sempre in situazione, e non essendo statua o estasi, l'esistenza non si identifica, tranne nell'eros (solo forse parzialmente rappresentabile) né con sé stessa, né col mondo, ma sparge dentro le cose del mondo, i suoi segni di intelligibilità e di individualizzazione". <110
Come scrive Paolo Zublena: «La tesi di fondo di Biamonti riconosce, con piena ragione, in Morlotti una struttura di base cézanniana nella visione della natura come apertura all'essere e un tentativo di marca esistenzialista di sfida all'assurdo, lettura tra il freudiano (a livello dell'io e dell'es) e il fenomenologico eracliteo». <111
I due artisti, uniti dall'amicizia, ma soprattutto dai gusti artistici, crescono parallelamente e lavorano affascinati dal paesaggio e dalla sua forza interiore. Biamonti, scrittore, lavora con l'occhio di un pittore, come scrive Paolo Zublena: "Per Biamonti la sorgente dell'ossessione per il paesaggio è senz'altro la pittura, e - più ancora - la specificità percettiva dello sguardo pittorico. È d'altronde Biamonti stesso che enuncia a lettere chiarissime una tale istanza: «Posso dire che la visione di Cézanne, de De Stael e della pittura moderna, mi aiuta a rapportarmi velocemente con il paesaggio. Perché nel pittore c'è già tutto stilizzato. Spesso scrivendo mi dico, quando sono in una impasse, in un vicolo cieco e vedo che s'affastellano troppe parole e non si vede più niente: “Come vedrebbe Cézanne?”».
Si trova qui in ultimo detto a chiare lettere quello che traspariva dall'analisi dei testi: "Biamonti guarda il paesaggio attraverso la mediazione della pittura (di Cézanne, di De Stael, aggiungiamo pure di Morlotti). Il paesaggio della narrativa di Biamonti è un paesaggio dipinto, guardato con l'occhio e con il pennello di Cézanne. […] Abbiamo insomma dei forti indizi che Biamonti scomponga e «ritragga» in parole il paesaggio con l'occhio del pittore. Ma in che forme avviene questa - diciamo così -verbalizzazione dello sguardo? Principalmente attraverso la resa del movimento, che può avvenire in diverse modalità. In genere l'agente del movimento è la luce, lunare o più spesso solare, ciò che dimostra l'analogia con il modus visivo di un pittore, Cézanne o Morlotti in primo luogo". <112
Le sue descrizioni sono laconiche ma piene di passione per la terra, per il mare, la luce, le rocce dove ricerca un appiglio, un appoggio.
Nella sua opera, anche le cose vivono, partecipano, ascoltano, tacciono <113, si muovono. Come scrive Merleau-Ponty ne il visibile e l'invisibile: «Non siamo noi a percepire, è la cosa a percepirsi laggiù, - non siamo noi a parlare, è la verità a parlarsi in fondo alla parola - Divenire natura dell'uomo che è il divenire uomo della natura - il mondo è campo, e a questo titolo sempre aperto». <114
Il paesaggio è un personaggio «gremito di luce», una luce che vive ed agisce sulle cose, svelandone la vera condizione, l'autentica consistenza.
Come scrive Vittorio Coletti: "Nella narrativa degli ultimi anni, tra gli eredi liguri di Calvino, il paesaggio gioca un ruolo di primo piano in due autori come Nico Orengo e, soprattutto, Francesco Biamonti. Fin dall'Angelo di Avrigue, Biamonti ha affidato al paesaggio ligure la parte di un vero e proprio deuteragonista delle sue storie. È un paesaggio gremito di luce, abbagliato da colori intensi e scavato da sotterranee memorie letterarie, poetiche, narrative, persino trobadoriche. Questo paesaggio è dunque vivo, sente, partecipa, secondo un modulo che fu già di Pavese […] La torsione lirica si fa suggestionare anche da Montale. […] Il paesaggio sfrutta così la sua opposizione istituzionale al movimento temporale della narrazione e contrappone alla malattia del tempo le immobili solennità del suo resistere; la gravità cosmica del male è rivelata perciò proprio dalla penetrazione della temporalità nel recinto “arcaico” degli spazi: «C'è in ogni terra… il seme della morte»."
Per Biamonti il paesaggio è vivo, è ciò con cui i suoi protagonisti si confrontano costantemente e continuamente, è un «appoggio», un «appiglio» che resiste quando tutto frana. L'autore lo descrive e, con estremo lirismo, lo dipinge. Coglie i paesaggi nell'attimo in cui nascono, nell'istante in cui l'uomo vi pone lo sguardo. Con poche parole esprime l'impressione che la natura esercita su di lui. Talvolta si tratta di descrizioni sospese, spezzate dai dialoghi o dal silenzio, altre volte l'autore si dilunga, ma non si perde nel naturalismo, come Morlotti dà pennellate piene di materia con cui ghermisce la realtà. Ne descrive i rumori, le ombre, i colpi di luce e i silenzi. La solitudine dell'uomo è in questi silenzi e in questi colpi di luce. Si potrebbe pensare che nella pittura di Morlotti <115 stia la risposta ai silenzi di Biamonti e che le sue opere siano il sottofondo musicale alle opere del pittore. Indubbiamente vi è una profonda vicinanza tra i due artisti e le loro produzioni. Nei romanzi il paesaggio interagisce con i personaggi e suggestionandoli li induce a riflessioni, rievocazioni del passato, alla contemplazione silenziosa. In queste descrizioni l'autore tematizza il silenzio che è nel mondo, nel paesaggio come negli uomini.
Ecco alcuni esempi tratti dai testi:
"Il sole, l'azzurro diffuso e sospeso, i tronchi silenziosi… Gli venivano in mente i calzolai, le scarpe chiodate [P N 22].
- Che silenzio! - Lei disse.
- La Liguria è bella quando è silenziosa. [P N 26].
Uscirono e guardarono in silenzio, allineati come monaci. Il cielo, a oriente, s'andava espandendo. La valle non usciva ancora dal buio. Ma il paese a nord, su un crinale sottile, era tutto una tastiera. Luceva casa per casa. E lì, intorno a loro, sulla rupe di Beragna, la terra si muoveva. Comparivano ulivi intonati ai muri e muri intonati alle rocce. [P N 81].
L'alba, come una falena bianca si affacciava sulla terraferma. Rimbalzava su isole rocciose, decapitava qualche scoglio, nel porto vuoto sfiorava un peschereccio, con le sue tenebre argentate. Poi apparve un paese in una sorta di dolina discosta dalle rive.» [A M 85].
C'è in ogni terra, - pensava, - il seme della morte, si vede bene in piena luce…ci sono colpi di sole su terre appese. [A M 114].
Aùrno, sei case, aveva tre grandi scalinate di terrazze, fra le rocce, di buona terra, né troppo calcarea né troppo acida: un'argilla di medio impasto, che manteneva un'umidità senza ristagni. Una volta soltanto - quasi tre anni senza piovere - l'avevano vista gemere sulla vena senza sgorgare. Per pochi giorni. Era bastato un temporale sul Mercantur per farla di nuovo irrobustire. Alto, riparato a nord da una muraglia naturale, Aùrno era ventoso; ma i venti, che lo flagellavano, passavano sul mare che li mitigava; abbastanza lontano perché il vento depositasse per strada il salino che poteva bruciare. Di rado si vedeva il sale sui lentischi e sui rami d'ulivi. La strada carrozzabile non saliva da Luvaira ma molto più lontano, da Airole. Nelle sue strettoie, nei punti rocciosi, solo un motofurgone riusciva a passare. Lo usava solamente per portare giù il raccolto: rami di mimosa, sacchi d'olive. Se no scendeva a Luvaira a piedi. Le case, disabitate, andavano in rovina. Dorate dal silice ferroso, splendevano nella sera. Se Luvaira era in decadenza, Aùrno era morta. Luminosa per via dell'altura, delle rocce e del sole; ma ormai tenuta in mano dai «signori delle tenebre». Se ne andavano anche i segni cristiani: «madonnette» sbreccate e ròse, e croci, sui bricchi, inclinate dal vento. Gli ulivi, carichi di seccume, anziché folto argento, s'illuminavano di un viola scarno, che precedeva il buio della fina. Varì era l'ultimo testimone di una vita che se ne andava. [V L 11-12].
Adesso la luce era potente, a blocchi, e, più che tremare, sembrava rotolare sull'altopiano. Era una luce che divorava i suoi stessi riflessi e lasciava le cose nette: le rigide spighe dal color esiguo, un mandorlo dalla nera corteccia «Non ha le rughe degli ulivi, ma quasi!», un campo di grano. [V L 53].
Ripensò al mare, duro campo d'arenaria… [A A 9].
Si svegliò prima dell'alba, nella mattina rauca di brezza. Mentre prendeva un caffè emersero dall'oscurità il bosco di querce e l'uliveto. Un mondo vigoroso. Ma poi la piena luce ne rese visibile anche l'aspetto malato: l'ulivo con la lumaggine nera, il limone col cancro. [A A 19].
- In quelle solitudini, tra quei grandi venti monotoni… Posso immaginare cosa diventeresti. [A A p 47].
L'autore è presente in scena, investe di sue impressioni il protagonista ed i personaggi. Lui che ha passeggiato sulle vie dei passeur e che è cresciuto tra rocce ed ulivi, che conosce il mare, descrive le sue suggestioni, la sua contemplazione, i suoi silenzi davanti alla natura, i rumori ed i silenzi del paesaggio che gli vive intorno, con parole incisive ed essenziali, con descrizioni asciutte ma piene di lirismo. Fino alla fine, quando toglierà all'uomo ogni appiglio, e non saprà più su cosa appoggiarsi: «Adesso c'era silenzio. […] Adesso c'era silenzio e nulla su cui sperare»." <116
[NOTE]
105 Intervista di A. Viale, in “Il Secolo XIX” del 21 settembre 1999.
106 Intervista di F. Improta, in “La Gazzetta di San Biagio”.
107 Testimoniato in diverse occasioni. Ricordiamo: Intervista, in Paola Mallone, Il paesaggio è una compensazione. Itinerario a Biamonti. Con appendice di scritti dispersi, Genova, De Ferrari 2001, p. 50.
108 Ho ripreso l'intervista così come era scritta, probabilmente si tratta di un errore nella redazione o trascrizione dell'intervista e «questo» va eliminato.
109 Fulvio Panzeri, Francesco Biamonti, il mio amico Morlotti, “La provincia di Como”, 13 agosto 1998, p.26.
110 F. Biamonti, Ennio Morlotti, con commento iconografico di Renzo Modesti, Milano, 1972, Club amici dell'arte, pp. 7-14.
111 P. Zublena, Lo sguardo malinconico sullo spazio-evento. Biamonti, Morlotti e il paesaggio dipinto, cit, p 451.
112 P. Zublena, Lo sguardo malinconico sullo spazio-evento. Biamonti, Morlotti e il paesaggio dipinto, cit, p 451.
113 «Meglio che non mi metta a dialogare con la notte». [P N 17]. […] i tronchi silenziosi… [P N 22].
114 Maurice Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, Bompiani, Milano, 1999, p.202.
115 Eccetto l'ultima fase, da cui Biamonti ha preso le distanze, sia in F. Biamonti, Amo solo il vero, ma ormai il muro della natura è crollato, “Tuttolibri”, XVI, 758, 13 luglio 1991, p. 7; che nelle vesti di Leonardo, protagonista di Le parole la notte, che appare insofferente verso Eugenio, il pittore che, nel romanzo, ricorda Morlotti in P N 192.
116 F. Biamonti, Il Silenzio, Einaudi, Torino, 2003, p.4.
Coletta Venza, Le figure del silenzio e della reticenza nei romanzi di Francesco Biamonti, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2003-2004

martedì 27 luglio 2021

In memoria dei partigiani Lina Meiffret e Renato Brunati


Un gruppo, che confluì dopo la guerra nel partito socialista ma che sorse autonomo intorno al 1939 ed ebbe come centro Bordighera, fu quello che fece capo a Guido [Hess] Seborga, un giovane il quale cominciò a osteggiare il fascismo fin dalla guerra d'Abissinia (lo disse ai compagni di scuola e fu "pestato" per tali sentimenti "anti-patriottici"). Attorno a Seborga si raccolsero numerosi giovani: Renato Brunati (poi garibaldino e trucidato dai tedeschi), Lina Mayfrett [Meiffret], deportata in campo di concentramento, Beppe Porcheddu (il quale si suicidò nel '47 per la delusione che l'assetto politico scaturito dalla Resistenza provocò in lui). Questo gruppo lavorava anche in contatto con i torinesi Alba Galleano, Giorgio Diena, Vincenzo Ciaffi, Domenico Zucàro, Raffaele Vallone, Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Musso e altri. Il gruppo svolse soprattutto attività di propaganda di collegamento tra le regioni, di diffusione di libri proibiti e, quando giunse il momento della lotta aperta, i suoi principali esponenti, allora "azionisti", militarono nelle formazioni partigiane di "Giustizia e Libertà" e della "Matteotti".
Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Garzanti, 1971

... nel ‘39 si formò a Bordighera un gruppo orientato verso i partiti della classe operaia e in particolare verso il partito socialista guidato da Guido Seborga, coadiuvato da Renato Brunati, Lina Mayfrett [Meiffret] e Beppe Porcheddu.
Gli aderenti stabilirono contatti a Torino con il gruppo di Alba Galleano, Giorgio Diena, Vincenzo Diena. Tra gli altri Domenico Zucaro, Raf Vallone, Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Mussa…
Pietro Secchia - Enzo Nizza, Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, Milano, La Pietra, 1968

La prima pagina del manoscritto Porcheddu cit. infra

La propaganda antifascista e antitedesca fu praticata nella zona di Bordighera da Renato Brunati e da me in un contempo indipendentemente, senza che nemmeno ci conoscessimo: ma nel 1940 ci incontrammo e d’impulso associammo i nostri ideali e le nostre azioni, legati come ci trovammo subito anche da interessi intellettuali ed artistici.
La vera azione partigiana s’iniziò dopo il fatale 8 settembre 1943, allorchè Brunati e la sig. Maiffret [Lina Meiffret] subito dopo l’occupazione tedesca organizzarono un primo nucleo di fedeli e racimolarono per le montagne, sulla frontiera franco-italiana e nei depositi, armi e materiali: armi e materiali che essi vennero via via accumulando a Bajardo in una proprietà della Maiffret, che servì poi sempre di quartier generale in altura, mentre alla costa il luogo di ritrovo e smistamento si stabiliva in casa mia ad Arziglia e proprio sulla via Aurelia. Nei giorni piovosi di settembre ed ottobre 1943 i trasporti d’armi e munizioni, furon particolarmente gravosi: occorreva (ai due capi) far lunghissimi rigiri per evitar le pattuglie ed i curiosi, sempre pronti alle indiscrezioni e delazioni: così i nostri patrioti conobbero a fondo l’asprezza e le insidie della zona Negi, Monte Caggio, Bajardo […] L’armamento della banda, ormai numerosa di circa 40 elementi, raggiunse i 30 moschetti e le 5 mitragliatrici, più bombe a profusione e forti riserve di munizioni. Verso la metà di novembre due ufficiali inglesi, fuggiaschi del campo di ferma vennero a capitar nella zona di Bajardo, ricoverati e confortati dai nostri, sistemati poi nottetempo in un casolare di vetta  […] Purtroppo il 14 febbraio 1944 Brunati e la Maiffret, venivano definitivamente presi dai repubblicani, su denuncia di (……) Garzo partigiano traditore, ex camicia nera rientrato nella guardia repubblicana per inimicizia coi 2 eroici capi: la denuncia era tale da comportar pronta esecuzione capitale, ma l’intervento d’un agente bene intenzionato, faceva sospender le condanne e vi sarebbe riuscito del tutto se il console Bussi vigliaccamente non avesse distratto le pezze a scarico, consegnando i 2 capi alla S.S. tedesca. Sappiamo dolorosamente che Brunati e la Maiffret vennero bestialmente seviziati: il 1° fu poi fucilato il … maggio a … la seconda deportata in Germania ove languì per 10 mesi: ora essa è salva, il che ha del miracoloso.
Giuseppe Porcheddu, manoscritto (documento IsrecIm) edito in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019  

Nei primi di ottobre 1943 Bruno "Erven" Luppi dopo varie peripezie raggiunge la sua abitazione a Taggia [...] In quel periodo entra a far parte del Comitato di Liberazione di Sanremo, come rappresentante insieme al Farina del PCI, con l’incarico di addetto militare. Organizza pure il CLN di Taggia. Il gruppo prende pure contatto con la banda armata di Brunati, dislocata a Baiardo e con altre formatesi in Valle Argentina.                                           
Francesco Biga in Atti del Convegno storico Le Forze Armate nella Resistenza, venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, edito dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora)

Baiardo (IM)

[…] l’eroica Meiffret, nella cui villa di Baiardo si costituirono le prime bande armate della zona e che in seguito doveva subire la tortura e gli orrori del campo di concentramento in Germania; il giovanissimo poeta Brunati spentosi nelle prigioni di Genova [n.d.r.: in effetti dalle carceri prelevato per essere fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino] […] il pittore Porcheddu; il Maggiore Enrico Rossi […] Chi potrà enumerare gli episodi infiniti, talvolta veramente eroici, di cui questi uomini, ai quali era solo compenso la coscienza del dovere adempiuto, furono i protagonisti nei lunghi mesi del terrore nazifascista? Le riunioni segrete sotto l’incubo della delazione […]                            
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Friedrich Wilhelm Konrad Siegfried Engel nasce a Warnau an der Havel il 3 gennaio 1909.
A soli 15 anni si iscrive ad un’organizzazione giovanile nazista e nel 1931 entra nella Gioventù Hitleriana.
Laureato in Filosofia, diventa menbro delle SS dal 28 gennaio 1936 e poi entra a far parte del Servizio di Sicurezza delle SS (Sicherheitsdienst). Da qui ha inizio la sua carriera militare: il 12 settembre 1937 è nominato Sottotentente, il 9 novembre Tenente e il 30 gennaio 1939 Capitano.
Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale viene inviato a Oslo dove opera dal 25 aprile al 1° dicembre 1940.
Tornato dalla Norvegia occupata, il 29 gennaio 1941 viene nominato Maggiore e dal 5 gennaio 1944 diventa capo dell’Aussenkommando Sipo-SD a Genova dove il 30 gennaio 1944, “in considerazione dei buoni risultati conseguiti in ogni ambito”, viene promosso Tenente Colonnello.
Negli anni dell’occupazione tedesca in Italia Engel, divenuto noto come “il boia di Genova”, si macchia di numerosi crimini. Sua è la responsabilità per la strage della Benedicta (147 fucilati tra il 6 e l’11 aprile 1944), per la strage del Turchino (59 fucilati il 19 maggio 1944), per la strage di Portofino (22 fucilati il 2 e 3 dicembre 1944) e per la strage di Cravasco (20 fucilati il 23 marzo 1945), nonché per le torture e le violenze ordinate ed eseguite ai danni di antifascisti e partigiani rinchiusi nella Casa dello Studente a Genova.
Per questi reati Engel è stato indagato e giudicato dalla procura militare italiana presso il Tribunale Militare di Torino. Condannato all’ergastolo in contumacia il 15 novembre 1999 in Italia e a sette anni dalla procura tedesca presso il Tribunale di Amburgo, Engel è morto all’età di 97 anni nel 2006 senza aver mai scontato un giorno di carcere per i suoi crimini.
Bibliografia e approfondimenti:
- I dati biografici di Friedrich Engel sono tratti dagli atti del processo ai criminali nazisti.
Redazione, Friedrich Wilhelm Konrad Siegfried Engel [n.d.r.: il boia di Genova], memorieincammino.it

Nella zona di Bussana [Sanremo, a est di Capo Verde] costituirono un gruppo di resistenza i professori e cugini Calvini Giovanni Battista (Nanni) e Calvini Nilo.
[...] Entrano pure in contatto con le seguenti persone:
- Renato Brunati (che risiedeva a Bordighera);
- sig.na Meiffret (che risiedeva in Sanremo, ma lavorava per l'antifascismo particolarmente in   collegamento con Renato Brunati)
[...] Nell'ottobre del 1943 Calvini Nanni partecipa, in Sanremo, alla formazione di un comitato interpartitico, di cui fanno parte lo stesso Calvini Nanni, Bruno Luppi («Erven»), la sig.na Meiffret, l'avv. Nino Bobba, Umberto Farina.
[...] Calvini Nanni fu tradotto dapprima nelle carceri mandamentali di Oneglia, indi a Marassi (Genova), alla V Sezione. A Marassi, in un rifugio delle carceri, ebbe occasione di incontrare ancora una volta il Brunati [nell'opera qui sopra citata di Mario Mascia Calvini lasciò scritte vibranti parole sulla figura di Brunati ... Ben poco potemmo dirci... eri ispirato nel tuo ideale... Il tuo sacrificio non fu e non sarà sterile mai, amico Brunati, compagno nei bei giorni della lotta... altruista, quale io ti lasciai in quel triste pomeriggio invernale della quarta sezione, in cui le nostre mani nella caldissima stretta che le univa...], che pochi giorni dopo verrà ucciso al Turchino, come si è già detto, per rappresaglia, con altri 58 ostaggi.
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

 

La pagina finale del documento, da Archivio di Stato di Genova, firmato dal maresciallo Ferrero, cit. infra

Il nominato in oggetto [Quinto Garzo], camicia nera scelta della ex G.N.R., si è reso responsabile della fucilazione della fulgida figura dello scrittore Renato Brunati, e dell'arresto e della conseguente deportazione in Germania della Signorina Lina Meiffret, nota idealista, nemica dichiarata in campo aperto del fascismo e del nazismo. Il Garzo... nell'ottobre 1941 venne presentato alla Signorina Meiffret dallo scrittore Guido Hess [Guido Seborga], noto antifascista ed antinazista... Meiffret lo presentò allo scrittore Renato Brunati, il quale si interessò subito e molto del Garzo al punto da considerarlo come un fratello...
Egidio Ferrero, Maresciallo di Polizia, nella comunicazione dell'Ufficio di Polizia Politica alle dipendenze dell'A.M.G. di Bordighera, prot. 35, Bordighera, lì 8 giugno 1945, al Pubblico Ministero presso la Corte d'Assise Straordinaria di Imperia - Ufficio di Sanremo -, documento rinvenuto da Giorgio Caudano   [  Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016  ]

[n.d.r.: senonchè, poche settimane dopo anche il maresciallo Ferrero era sotto processo per i suoi trascorsi nella Guardia Nazionale Repubblicana (GNR)]

Lina (Emanuela Maria Angela) [Meiffret], nata nel 1917, apparteneva ad una agiata famiglia sanremese e avrebbe potuto condurre una vita spensierata, dedita al divertimento e ai rapporti sociali gratificanti come fecero molte ragazze borghesi degli anni trenta, senza chiedersi cosa stesse succedendo intorno a lei. Invece Lina aveva uno spessore culturale, morale e politico che le chiedeva impellentemente di agire contro la barbarie nazi-fascista che stava dilagando in tutta Europa.
Parlava correntemente inglese, tedesco e francese, amava la poesia, la filosofia, la natura e aveva frequentazioni non di poco conto, come Italo Calvino, il prof. Amoretti, espulso dal liceo di Imperia per aver rifiutato la tessera fascista, ed altri antifascisti come Aurora Ughes e Dino Giacometti
[...] Iniziò così la sua attività clandestina di partigiana durante la quale agì insieme a Renato Brunati, un giovane scrittore poeta e filosofo, che aveva svolto già in precedenza attività politica recandosi in Spagna per il “Soccorso rosso” (organizzazione internazionale a  fini umanitari che forniva  assistenza a coloro che, durante le rivolte operaie, erano imprigionati per il loro ruolo nella ribellione, organizzando anche campagne per l’amnistia ai prigionieri condannati a morte).
I due giovani, accomunati dalla passione politica, artistica e letteraria, si legarono anche affettivamente e all’indomani dell’8 settembre si attivarono per cercare basi in cui organizzare la resistenza. Lina mise a disposizione la sua villa di Baiardo, distante dieci chilometri da Sanremo, dove venivano raccolte le armi che si riuscivano a reperire e trovavano riparo i fuggiaschi. Fu con questa organizzazione che salvarono anche due ufficiali inglesi sbandati.
Quando furono arrestati, il 14 febbraio del ’44, furono condotti prima ad Imperia dove per diciassette giorni furono torturati dagli aguzzini fascisti ben noti ai partigiani. Lina non scorderà mai né riuscirà mai a far tacere nella sua mente le urla di Renato durante gli interrogatori. Portati poi al carcere di Marassi a Genova, furono separati per sempre.
Renato ne uscì a maggio per essere fucilato, nella zona del passo del Turchino, insieme ad altri 59 prigionieri politici come rappresaglia per l’uccisione di cinque militari tedeschi.
Lina, il 13 aprile, fu mandata in un campo di lavoro in Germania. L’inferno di Marassi, dopo le torture subite ad Imperia, aveva contributo a debilitarne il fisico per la fame (il rancio giornaliero era costituito da acqua calda, un cucchiaio di pasta nera  e quattro pezzi di rape) e gli estenuanti interrogatori a cui era sottoposta.
Tutto questo mentre i campi venivano bombardati e nonostante i tentativi di evasione falliti di cui era riuscita, probabilmente, ad informare la famiglia vista la preparazione nel dicembre del 1944 di un documento falso con la sua foto [...]
Rosanna Conte, La gattara di Frontone (seconda parte), Ponza Racconta, 17 marzo 2021 

 

Pagina del Notiziario GNR cit. infra - Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

Imperia - Giunge ora notizia che il 5 corrente la G.N.R. dopo lunghe e laboriose indagini ha arrestato il maggiore Enrico ROSSI, il tenente Alfonso TESTAVERDE e il tenente Angelo BELLABARBA. I tre ufficiali, provenienti dal servizio permanente dell'ex esercito regio, avevano tenuti contatti con la professoressa Emanuela MAIFRETT [Meiffret] e con l'amante di lei, Renato BRUNATI, già arrestati dalla G.N.R. il primo marzo c.a. e consegnati alle S.S. di Genova, perché responsabili di attività sovversiva [...] i tre arrestati distribuivano stampati di licenza illimitata ad ex militari non in regola, arruolavano persone per un costituendo battaglione "Principe di Piemonte", sovvenzionavano ex militari, facevano parte del comitato direttivo di liberazione nazionale. I tre ufficiali sono stati consegnati alle S.S. germaniche di Imperia. Le indagini proseguono per scoprire eventualmente altri correi.  
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 11-06-1944, p. 27
, Fondazione Luigi Micheletti  

Nel campo di Stoccarda Lina Meiffret incontrò, finalmente, un medico umano che le fece ottenere un foglio di trasferimento a Vienna per motivi di salute: un bombardamento aveva distrutto il locale dove erano conservati i dossier degli internati e la prigioniera politica Meiffret poté risultare, secondo il certificato medico, una lavoratrice volontaria, come i tanti che erano partiti dall’Italia per andare a lavorare nella grande Germania pensando ad una collaborazione col popolo tedesco e che invece si ritrovarono ad essere trattati alla stregua di prigionieri, anche se potevano usufruire, per motivazioni eccezionali, di qualche garanzia.
Le conoscenze che Lina aveva a Vienna le consentirono, corrompendo un ispettore dell’Organizzazione Todt che installava bunker e faceva lavori connessi ai disastri della guerra, di ottenere un libretto di lavoro per la cittadina italiana di Dobbiaco dove Lina non si fermò, ma, proseguendo, giunse  in Brianza. Qui si fermò presso amici fino alla liberazione, quando tornò a Imperia.

Rosanna Conte, La gattara di Frontone (terza parte), Ponza Racconta, 21 marzo 2021  

Ohé ragazza che passi/ Con la cesta dei fiori/ Lascia un garofano sulla tomba di Renato.
Guido Seborga

E pure morì sotto il martirio nazista l’animatore d'una delle prime bande a Baiardo: Brunati, il partigiano poeta. E la trista Germania inghiottì Lina Meiffret, prima partigiana.
Italo Calvino, articolo apparso sul numero 13 de La voce della democrazia, uscito a Sanremo martedì 1° maggio 1945

Lina Meiffret, ritornata dai campi di concentramento della Germania... rinvenimento di alcuni dattiloscritti di Italo Calvino relativi ai racconti partigiani, poi raccolti in Ultimo viene il corvo, conservati tra le carte di Lina Meiffret, partigiana sanremese amica e sodale del giovane Calvino... Fonte: Lumsa

Rivedo Lina Meyfrett che pare sempre miracolosamente scampata ad un campo di concentramento e insieme ricordiamo Renato Brunati e Beppe Porchedddu
Guido Seborga
, Occhio folle, occhio lucido, Ceschina, Milano, 1968, ristampa Graphot Spoon-River, Torino, 2012, pag. 45 

Fonte: Laura Hess

Plan Gardena, 27 gennaio 1942
Mia madre mi ha scritto che hai mandato le foto prese da "Paideuma": spero siano riuscite bene.
[...] Tradurrei volentieri delle poesie di Eliot, ma dove trovarle?
Forse Pound potrebbe dare indicazioni.
Come va il lavoro?
Un mio amico tedesco, che va spesso a Parigi e a cui avevo dato l'incarico di prendere dei libri di Breton, mi ha assicurato di avere girato una ventina di librerie senza trovarli: sono esauriti.
Ho cercato a Milano "Il messaggio dell'Imperatore" di Kafka: anche questo è easurito: se a Torino ci fosse sarei ben contenta se me lo mandassi a Sanremo.
Saluti ad Alba [Alba Galleano, moglie di Guido Seborga]. Cordialmente.
Lina
Lettera di Lina Meiffret a Guido
Seborga in Archivio Laura Hess, figlia di Guido Seborga
 

Fonte: Laura Hess

Bordighera, 30 luglio 1943
Carissimo Guido
ricevo con gioia particolare la tua cartolina in data 28 c.m., Anno I° di Libertà [n.d.r.: riferimento alla caduta di Mussolini e del fascismo di pochi giorni prima: doveva, però, ancora  arrivare l'8 settembre...]!
Qua tutto calmo, meno qualche piccolo fatto personale senza alcuna importanza per noi!
Lavoro sempre con Lina a produrre e tradurre.
Solo in questi ultimi giorni il lavoro ha subito un piccolo, logico arresto. Abbiamo pensato molto a te e ai comuni amici, e saremmo naturalmente felici di abboccarci per una "messa a punto" del nostro pensiero [n.d.r.: proseguire nella strada della cospirazione libertaria].
[...] E la stampa come va? Noi la seguiamo ora attentamente, con occhio clinico [n.d.r.: il governo Badoglio in effetti praticava la censura sui giornali]. Ma rimane ancora molto, quasi tutto da fare [parole profetiche]!
L'importante è di trovarci tutti d'accordo per la ripresa, in un "blocco di pensiero e di volontà" [n.d.r.: Brunati presagiva in effetti la Resistenza] che non esiterei a definire "Viribus unitis"! [...]
Lettera di Renato Brunati, con firma di saluto di Lina Meiffret, a Guido Seborga in Archivio Laura Hess, figlia di Guido Seborga

Nel 1946 il curatore del Museo di Grenoble inviò a Guido Seborga, quale presidente dell'Unione Culturale Democratica di Torino, una lunga lettera nella quale si soffermava sulla figura di Lina Meiffret.
Nel dopoguerra, all’epoca del suo soggiorno a Roma, Guido Seborga incontrò Lina Meifrett e parlarono di Renato Brunati e di Beppe Porcheddu.
A Renato Brunati Guido Seborga restò fedele nell’affetto: lo fece rivivere nel personaggio di Renato Bruni del “Figlio di Caino” [
n.d.r.: Mondadori, 1949, ristampa Graphot, 2006].
Giorgio Buridan ha citato Lina Meiffret come una signora francese con cui aveva discusso a lungo a suo tempo a Rapallo e come traduttrice dei The Cantos di Pound in Ezra Pound e l'osteria del porto, (da Fatti e persone della mia vita di Giorgio Buridan, Caraglio 1998, ristampa Nerosubianco, 2021).
Laura Hess, figlia di Guido Seborga, email del 25 luglio 2021