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sabato 24 agosto 2013

S. Agostino a Ventimiglia


Il Chiostro di Sant'Agostino a Ventimiglia (IM).
Il Convento, come tale,  non c’è più da tanto tempo.


Una parte della costruzione, più strettamente istituzionale, sussiste ancora, adiacente a levante della Chiesa.

Succede che, quando si è adolescenti, ma anche già da giovani, le vicende storiche non appartengano ad un vissuto molto profondo. Per cui impressionano di più fatti contingenti. E questo mi è capitato.

Un aneddoto, ad esempio, che riferivo qualche sera fa ad un amico studioso, vero esperto dei temi più grandi che qui solo sfioro. Concerne una persona che abbiamo conosciuto a Nervia, perché aveva attività in quella frazione della città di confine. Secondo una certa vulgata, quell’uomo, pur di non pagare, per principio, una modesta ammenda aveva passato una notte nel carcere allora ubicato tra le mura dell’edificio in questione: sul serio, sotto diversi aspetti, altri tempi!

Potrei aggiungere altri episodi ed altre situazioni, tutti riferiti a pregresse attività tra quegli spazi: fugaci, ma significativi incontri, con religiosi dediti ad attività sociali, ricchi di umanità e di curiosità intellettuale, incontri cui mi ero prestato inizialmente, io tuttora rigorosamente laico, per compiacere alcuni cari compagni di scuola; aule decentrate di un Liceo Classico allora, prima del recente crollo verticale di iscrizioni, in piena espansione di frequenze; un istituto professionale; vari uffici a valenza pubblica.

C’é stato da non molto un discreto restauro dell’ala orientale, quella al fondo della quale Angelico Aprosio (1607-1681), frate agostiniano, ma, ancor più, grande erudito, avido di conoscenza, aveva collocato la sua prestigiosa Libraria, prima Biblioteca Pubblica in Liguria, in gran parte - più di 6000 volumi, alcuni dei quali rarissimi - oggi conservata in una palazzina del centro storico - o Città Alta - di Ventimiglia.

Tornando a quando ero ragazzo, devo specificare che non sapevo - anche se ne ho sempre sospettata l’antichità - fosse opera in qualche modo connessa al complesso del Convento di S. Agostino la torre a margine della stazione ferroviaria.

Ben distante - centinaia e centinaia di metri - dal nucleo del prisco insediamento di frati di Nostra Signora della Consolazione.

In quel raggio, potrebbero essere sepolti i resti dell'anfiteatro romano, che si suppone esistesse al tempo dell'antica Albintimilum.

Il fatto é che, come un link specifico spiega meglio, arrivati a Ventimiglia a fine XV secolo gli Agostiniani svolsero e condussero intense azioni, specie a carattere agricolo, dispiegate in quasi tutta l’area, all’epoca paludosa, ma in buona misura bonificata a loro cura, tra il fiume Roia, a ponente ed il torrente Nervia, presso cui sorgeva un tempo la città romana di Albintimilium, i cui resti cominciarono ad affiorare in età barocca proprio in costanza di sterri e di piantumazioni. Rimangono echi in denominazioni di stradine e di zone, Sottoconvento, Asse e così via. Sopravvivono ancora, in quello che attualmente è il centro urbano di Ventimiglia, ulteriori testimonianze di edifici - altre torri, magazzini, case coloniche -, voluti dai frati, ma ormai profondamente mimetizzati, per cui nulla, o quasi, eccezione sicura fatta per la Chiesa Conventuale, è possibile rinvenire dei dettagli di splendide stampe della prima metà del XIX secolo, che magari idealizzavano alquanto la Ventimiglia vivibile allora dalle pendici delle colline circostanti: lo stesso osservatorio naturale di Ugo Foscolo quando transitò da queste parti.

Resiste tuttora il luogo di culto, da tanto tempo sede della Parrocchia - di Sant'Agostino, appunto - più importante di Ventimiglia. Con quel tanto di restauri, non compromettenti, invero, dovuti non tanto per le incurie del tempo, quanto per i danni cagionati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, i quali, per triste associazione di idee, fanno pensare ad altre pesanti vicende belliche che, soprattutto nel 1700, coinvolsero questo sito, in ispecie la parte di Convento, in cui era ospitata la Libraria Aprosiana.

Ma la storia, si sa, anche nelle piccole località come Ventimiglia può assumere aspetti singolari…


giovedì 28 febbraio 2013

L'Aprosio e la sua terra























Posso immaginare che abbia visti ruderi simili a questi della fotografia, che sono, invero, ormai in qualche modo sistemati, ruderi che affioravano appena dalle sabbie accumulatesi con il tempo a Nervia di Ventimiglia (IM), il religioso ed erudito Aprosio a metà 1600, che trasse dalla sua scoperta non solo la convinzione di avere individuato la sepolta città romana, ma anche, con l'enfasi tipica della sua epoca barocca, l'ispirazione di paragonare quegli scomparsi antenati alla dimensione mitica di antichi troiani.























Ci fu chi, considerato allora insigne dotto da quelle - queste mie! - parti, contestò simili affermazioni di un Aprosio appena tornato in zona dopo decenni passati altrove - importante, ad esempio, il periodo di Venezia per le conoscenze là maturate -, rinfacciandogli che la presenza quirite si era, invece, affermata sul promontorio del successivo sviluppo medievale di Ventimiglia. Passarono più di due secoli perché si desse ragione al Nostro.

Già una riflessione di questa natura rende interessante, a mio avviso, la figura di Aprosio (al secolo Ludovico; Angelico come eremitano di S. Agostino; nato a Ventimiglia nel 1607 e ivi morto nel 1681). Io stesso ho considerato a lungo il fondatore della prima Biblioteca Pubblica della Liguria, che da lui prende il nome, solo un collezionista di libri, che si dilettava di artifici letterari barocchi, per l'appunto. Man mano che leggo della sua vita, dei suoi contatti con un certo mondo intellettuale, non solo italiano, ed anche di certe sue opere, la figura dell'Aprosio assume ai miei occhi una nuova dimensione, di uomo che ardeva dal desiderio di conoscere e che talora fu pavido per non soccombere a facili, ai suoi giorni, accuse di eresia. Per dire, fu anche Vicario dell'Inquisizione, ma molti indizi fanno supporre che avesse cercato quella carica soprattutto per poter leggere, in funzione della sua insaziabile curiosità, libri messi all'Indice. 
Conobbe Gian Domenico Cassini, il futuro grande astronomo.























Cassini che fece i primi studi, quelli di base, nella parrocchia di Vallebona.























E del quale mi piace, aprendo una divagazione, pensare che dalla natia Perinaldo passasse spesso da questo crinale, che comunque incombe su Vallebona e sulla Valle del Borghetto.

Fu l'Aprosio a mettere in contatto Cassini con un nobile di Genova, che per il giovane rappresentò una sorta di trampolino di lancio verso la successiva, luminosa attività.

C'é un particolare, tipico in quel secolo, che sottolinea il rapporto tra l'anziano agostiniano e l'astronomo, di lì a poco amico di Cristina di Svezia, ma soprattutto in seguito beniamino del Re Sole: il Cassini ormai emigrato mandò all'anziano religioso in dono un quadro che lo ritraeva, un segno preciso, nel simbolismo di quella società, di stima e di considerazione.

In quello che era ormai il suo eremo in Ventimiglia - il Convento nella piana tra il fiume e il torrente, che ospitava, mercé anche qualche accorgimento rispetto alle regole vigenti, quale dichiararla aperta al pubblico, la sua poderosa "Libraria" -, l'Aprosio aveva anche l'animo di sollevare lo sguardo da sue residuali incombenze e ancor più dalla sua fitta corrispondenza epistolare con il mondo della cultura a lui contemporaneo per accorgersi di dolenti aspetti di umanità intorno a lui, come la povertà dei pescatori di Bordighera, costretti a vendere il frutto delle loro dure fatiche a prezzi imposti su piazza a Ventimiglia...



domenica 10 febbraio 2013

Qualcosa ancora su Perinaldo


La storia di Perinaldo ha un particolare fascino. Il Santuario di Nostra Signora della Visitazione, una chiesa campestre, ad esempio, sarebbe stato eretto nel Seicento sulla linea del meridiano, suggerita dal grande astronomo Gian Domenico Cassini, nativo di quel borgo. E quella definizione, Madonna del Poggio del Rei, che talora riaffiora, riporta ai secoli bui del diritto intermedio, prima della Rivoluzione Francese, quando i condannati da un diritto crudele dovevano sfilare in corteo intorno a questa costruzione, indossando infamanti abiti da penitenti.


Qui sopra il cosiddetto Castello Maraldi, lato meridionale dell'edificio dove vide la luce il Cassini. Vi soggiornò anche Napoleone, lasciando vivida traccia nella memoria locale.

Una parte della Zona del Giuncheo, importante a livello agricolo nel Medio Evo. Là anche Santa Giusta, dove sostavano in antico viandanti e pellegrini. Dietro le colline, Negi, che é ancora Perinaldo. 


E poi, Cristiai-Peverei.























Il "Convento" dovrebbe essere facilmente identificabile in questo scatto dalla Chiesa di S. Antonio da Padova.


Prossimi a questo edificio sacro anche la nuova sede del Municipio e l'Osservatorio Astronomico Comunale "Gian Domenico Cassini".

Ma penso a tante persone - molte non ci sono più -, alla loro ospitalità, ai loro litigi di paese, da cui in buona misura mi tennero fuori, ai loro racconti di allora, soprattutto sugli sforzi di lunga data per forme di cooperazione solidale. Un borgo di sinistra, a lungo solida roccaforte del vecchio P.C.I. Lo stesso sindaco per più di quarant'anni, a partire dal dopoguerra. Salivano personaggi importanti a trovarlo. Alcuni si fermavano per vacanze più o meno lunghe, come altre volte ho già accennato. Fece installare - così mi dicevano gli anziani - una sirena perché le ore canoniche venissero scandite a chi lavorava nei campi da un segnale acustico laico, del Comune, non solo dalle campane. Sul piano umano ricordo il suo giusto orgoglio per essere stato in gioventù un valido ciclista sulle strade in particolare della Costa Azzurra. Si chiamava Emilio Croesi. Un documentato cultore delle testimonianze, come ho appreso meglio tardi, dopo la sua scomparsa, della storia recente del paese, dalla costruzione della strada carrozzabile al commercio - agli inizi del 1900 - del legname di quei boschi, che aveva come destinazione finale l'imbarco da un pontile ormai scomparso di Vallecrosia.
Dovrei dire, andando in ordine cronologico e in modo approssimativo, dei Conti di Ventimiglia per quanto attiene l'Alto Medio Evo, dei Doria di Dolceacqua, del Ducato di Savoia e del Regno di Sardegna, dei benefattori di fine 1800 che finanziarono scuole pubbliche, della Resistenza. Sul piano delle bellezze naturali della superba chiostra delle Alpi Marittime, visibili a nord di Perinaldo nelle giornate di buona luce. Ed altro su monumenti, case, caruggi.
Solo che scrivere di Perinaldo mi procura sempre qualche emozione, che mi porta a intraprendere la via dei ricordi personali.


martedì 24 luglio 2012

Incontri, memorie

Mi apprestavo a fotografare il Santuario di Nostra Signora delle Grazie a Isolabona, quando un cortese ristoratore del paese, interrompendo le sue commissioni, si fermava a parlare amichevolmente, rammentando, tra l'altro, a me, del tutto dimentico, che ci conosciamo dai lontani anni giovanili di più intensa partecipazione civile e sociale, citandomene, tra l'altro, momenti puntuali.
A Seborga volevo fermarmi, prima di scendere all'ormai abituale ritrovo nel bosco, solo i pochi minuti necessari a qualche significativo scatto, quando mi incontra G., grazie al quale posso anche realizzare l'immagine di cui sopra, ma soprattutto parlare di tante cose. E visitare velocemente la nuova sede, ormai istituzionale, della sua raccolta storica di strumenti musicali, oltre duecento, che io avevo ammirato solo in itinere in anni lontani e alla quale devo proprio dedicare al più presto qualche attenzione su questo blog.
A Ventimiglia, all'ex-Caserma Umberto I, detta anche Forte (o Convento) dell'Annunziata, più precisamente nella Sala Polivalente adiacente al Museo Romano, é ancora in corso per una settimana, mentro stendo queste righe, la Mostra dell'89° Reggimento di Fanteria, tema cui avevo già accennato. Volevo riparlarne qui, con maggiore dovizia di documentazione. Ma già mi é sembrato significativo, sempre in merito, incontrare, il giorno dell'inaugurazione dell'evento, alcune persone amiche: la figlia dell'ufficiale, che ha lasciato un diario ancora inedito della spedizione in Russia; il nipote del fotografo, dalla cui attività derivano la gran parte delle immagini di carattere locale; l'ex-combattente, che non conoscevo come tale, ma di cui ricordavo testimonianze su alcuni bombardamenti aerei che avevano colpito durante la guerra la città di confine.
Sulla collina di Collasgarba in Frazione Nervia a Ventimiglia, invece, da cui si possono pure scorgere nell'ordine Camporosso, Vallecrosia e Bordighera, ho incontrato il fantasma di quella che era la mia memoria. Da lungo tempo non vi ero più risalito in modo tale da poter prestare attenzione anche ai particolari. Ed é vero che le tante nuove costruzioni, visibili anche dal basso, hanno alterato il sito. Ma di quella modesta altura, già teatro di tante pagine - le cui tracce non sono più riscontrabili in loco - di storia degna di essere tramandata, soprattutto luogo, quando era ancora pressoché abbandonato, di scorribande di tanti adolescenti della zona, ho dovuto riscontrare che, a parte tratti sussistenti di vegetazione mediterranea, riconoscevo per colpa mia, al netto delle trasformazioni apportate, ormai ben poco.