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domenica 16 settembre 2012

Cartoline vecchie di Tunisi che mi fanno divagare...


Tunisi più di un secolo fa'. Forse anche prima. Credo che la data approssimativa si intuisca visivamente dalle stesse caratteristiche tecniche di questa cartolina.
A me, a suo tempo, il periodo in esame era rimasto labilmente fissato nella memoria per parole dette nell'occasione della mia prima occhiata a immagini similari a questa, oggi in casa nostra. Ma anche perché a lungo mi era rimasto impresso il fatto di avere letto dei saluti, di logica riportanti a un preciso anno, su una di queste "carte postale".


Mahdia.
Solo che, una volta aperta la scatola dove sono contenute, mi sono accorto che di fotografie della Tunisia di quell'epoca ce ne sono veramente tante. E di Tunisi in particolare. Non le ho ancora viste tutte. Mi é rimasto alquanto sospeso il proposito di fare un piccolo excursus più che altro di carattere storico, corredato di alcuni di quegli scatti.



Se già la scoperta del quantitativo, l'ormai lontana causa - altra trama che sarebbe da narrare! - di quel dono e il vedere l'"ancient" Tunisi non mi avevano rievocato ricordi, Cartagine - qui sopra - mi riporta a quando a otto anni, fresco di studi alle elementari di storia romana, appresi da un'altra cartolina mandataci da un vicino di casa (colà in "congedo" - di cui oggi non so spiegarmi l'autorizzazione - temporaneo dalle ferrovie per un'esperienza da marconista su una nave mercantile, che a noi fratelli fruttò anche due tartarughine: altra vicenda) che la grande città punica era ben risorta dalle ceneri cui l'aveva condannata il Senato dell'Urbe.


St. Raphael in Costa Azzurra con la Tunisia c'entra poco. E' vero. Solo che nel piccolo archivio in parola ho ritrovato anche qualche vecchia cartolina di questa località. 
E per singolare coincidenza ho appena letto una testimonianza raccolta da Arturo Viale - alla quale devo pur dedicare qualche riga più attenta al più presto - che parla di tre giovani uomini di Ventimiglia che nel settembre 1944 si muovono in barca verso St. Raphael per provare a convincere gli alleati a non bombardare - e non mietere ulteriori vittime civili - l'estremo Ponente Ligure, perché sguarnito di acconce difese. Persone inascoltate - va da sé! - che hanno vissuto un'esperienza riportata con avvincente scrittura da Arturo. Uno di questi uomini l'ho conosciuto e, senza esserne mai stato intimo, posso confermarne la singolare e calda carica umana. Di un altro, che so deceduto poco dopo la guerra, ho conosciuto e conosco la famiglia in senso largo. Soprattutto, sino ai miei sei anni inoltrati, quando ci perdemmo di vista per il nostro trasloco, mi fu molto cara la madre, una figura di donna che non ho mai dimenticato e alla quale torniamo spesso in conversari con i miei.
Forse perché - e prendo a prestito, un po' rimodellandola, una recente frase di Eugenio Scalfari - era il periodo in cui si andava formando la parte istintuale del mio carattere, il che in parte almeno mi spiega la mia ricorrente tentazione di parlare di certi miei luoghi, di certi avvenimenti e di certi periodi. E a divagare...


E sempre per pura ... combinazione, tra quelle cartoline d'epoca, dato che qualche volta pur ne ho scritto, non dovevo ritrovarne, magari ritoccate come quella qui sopra, tre di Nizza?



mercoledì 12 settembre 2012

Something else


In Via Mostaccini a Bordighera.


La Cappella Viaria di San Rocco a Dolceacqua, lungo la Provinciale della Val Nervia. Ben visibile a chiunque passi davanti.


Il Fortino a Mentone. Lambito anch'esso dalla storia...

sabato 8 settembre 2012

Non solo Bibì e Bibò


Da un po' ci pensavo, ma poi rinviavo - non so bene perché -, di fare vedere qualche pagina del vecchio "Corriere dei Piccoli". Anzi, per essere preciso, qualche mezzo foglio scannerizzato già tempo fa sull'unica copia di quel settimanale (del 17 agosto 1958) a disposizione dell'amico Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM), competente collezionista di fumetti.
E, come mi era già capitato con un altro periodico di avventure dell'epoca, mi sono ritrovato una storia - in questo caso, quella accennata nella soprastante immagine - che da bambino mi era talmente piaciuta, da ricordarmela, a sommarie linee, tuttora. Forse in quell'anno non avevo ancora letto "L'Isola del Tesoro". Di sicuro non "Tom Sawyer" e il resto di quella saga di  Mark Twain. Perché, ripensandoci oggi, l'influenza di questi classici, e di altri, di azione per ragazzi, mi sembra molto evidente. In ogni caso l'insieme - la trama, certi dettagli, lo stile delle vignette - me lo sono sempre rammentato con il tratto distintivo del garbo. Mi rendo conto che il discorso mi sta prendendo alquanto la mano, ma credo che la chiave di interpretazione risieda nella sobria e, talvolta, ironica celebrazione dell'amicizia. Un aspetto che, a livello di adulti, personalmente mi ha emozionato nel film - reputo non molto noto - "Soldato sotto la pioggia" (con Steve Mc Queen). Comunque, si ritrovavano allora sul "Corriere dei Piccoli" altre serie di episodi con le stesse impostazioni di fondo da me qui appena messe in evidenza.


Viste le cose con il senno di poi, c'erano anche vicende - come questa del Duca d'Aosta - che al giorno d'oggi vengono a prevalente senso comune - per lo meno il mio! - ritenute scorrette. 
Ma, con l'assetto tipico di un giornalino, quella rivista aveva una funzione informativa, se non educativa. Tante famiglie - compresa la mia, che, come ho già qui sostenuto, difficilmente mi procurava fumetti d'avventure, che leggevo comunque grazie agli amici - attribuivano, invero, al "Corrierino" valenza di istruzione. Anche a poche altre riviste del tempo, ma sorvolo sul tema per non aprire troppe parentesi.


Questo racconto non mi dice proprio più nulla. Solo che posso accennare per rapidi esempi che su questo settimanale ho letto "Il giro del mondo in 80 giorni" di Verne e scritti di Gianni Rodari - forse già qualche sua filastrocca: la sua complessiva opera l'ho compresa ed apprezzata da adulto - e di Mino Milani.


C'era, forse, ancora del facile moralismo, retaggio anche storico degli esordi ai primi del 1900 di questo giornale. Solo che di Fangio mi sovviene di aver letto - ma non sono sicuro se su quelle pagine - del suo sequestro dimostrativo ad opera di militanti castristi. E di sicuro mi rammento sul "Corrierino" note molto pertinenti sullo sport, ancor più su quelli che dovrebbero essere i suoi valori di fondo: faccio solo l'esempio nel calcio del "gigante buono" Nordhal, indimenticabile centravanti svedese del Milan dei primi anni '50, l'atleta che buttava fuori il pallone per soccorrere il terzino che si era fatto male cercando inutilmente di falciarlo.


Questa la prima pagina - o copertina - del numero in questione. Nella linea della tradizione. Per come la so io, che pur ho visto (e dovremmo avere qualcosa del genere in famiglia da qualche parte) ristampe pregresse di copie, per lo più anteguerra, del giornalino. In linea, perché dagli inizi il "Corrierino" presentava come caratteristica principale vignette con didascalie in rima, vignette per le quali emersero, tra gli altri, bravi disegnatori come il sanremese Rubino e il creatore del signor Bonaventura - quello, con l'inseparabile bassotto giallo, del famoso "Milione" -, creatore che era anche un bravo attore (se non sbaglio impersonò l'abate Faria nel "Montecristo" televisivo italiano di grande successo), Sergio Tofano. Negli annali sono rimasti altri personaggi come il Sor Pampurio.
Indimenticabili Bibì e Bibò, a lungo sinonimi nel parlare comune di monelleria, perché erano la versione nostrana di una fortunata e veramente importante striscia. Nell'esemplare del 1958 non appaiono. Solo che me li ricordo bene, da quando il "Corriere dei Piccoli" mi veniva già dato in visione ancorché non andassi ancora a scuola e, pertanto, non sapessi leggere. Mi veniva commentato, tuttavia, e la loro mamma, chiamata sul giornalino Tordella, rappresentava un buffo nomignolo di cui in diversi facemmo spesso in seguito vasto uso - e abuso -.
Sì, il discorso mi ha proprio preso la mano. Devo per forza tralasciare altri frammenti di ricordi. Pensavo di averne di meno!

D'altronde la mia intenzione iniziale era solo quella di riprendere qualche accenno contenuto in miei vecchi post. Nessuna pretesa di analisi critica, per la quale rinvio il lettore ad altre possibili fonti.
Quindi, nulla di più da parte mia di un personale gioco sul filo della memoria, come tale molto lacunoso, nonché limitato al periodo che va dal 1955 al 1960 circa. 
Solo che, avendo già in mente la traccia di queste righe, finisco di leggere un libro di racconti sulla città di confine, scritto da un amico di Ventimiglia. E non salta fuori il nome, che io non rammentavo, del padre di Bibì e Bibò, il "famoso" Capitano Cocoricò? 
A questo punto devo proprio andare a cercare come si chiamava quel personaggio - che a loro si accompagnava - con l'alto cappello a tuba color ocra, come il suo lungo pastrano, e dalla lunga lunga barba...

martedì 4 settembre 2012

Caro diario...

Mi viene difficile abbandonare anche momentaneamente il livello del diario fatto di piccole annotazioni. Anche quando mi viene naturale riferire di alcuni incontri.
Alfredo, per esempio, la cui indole dinamica lo porta ora, come hanno riferito altri blogger, a occuparsi in riusciti incontri pubblici di piante dei tempi dei Celti, argomento sul quale, a prescindere dall'epoca, mi sento, benché attratto, incompetente. Perché a me chiede se non mi occupo più di ... libri gialli, con cui ho costellato la parte iniziale della mia avventura da blogger. Il discorso con lui (creatore del più volte da me citato Archivio Moreschi di Sanremo) scivola inevitabilmente su fotografie d'epoca. Ci lasciamo almeno con la speranza di pescare una volta o l'altra nei suoi cassetti i negativi di scatti su meeting condotti insieme diversi anni fa, magari quelli di Marineland di Antibes, quando i delfini - meglio così - li sentivamo in lontananza.
Nella stessa occasione rivedo Arturo Viale, che alcuni luoghi, fatti e persone di questo Ponente Ligure li descrive con appassionata vena, competenza e significativa scrittura, come ancor più mi accorgo da un suo scritto che mi invia successivamente. Vorrei riferire alcune sue storie.Prima o poi lo faccio.




I luoghi delle soprastanti immagini - che inquadrano con approssimazione la zona costiera di Ventimiglia sino a Punta Mortola - sono molto cari ad Arturo. Ma non solo a lui.


Non resisto, per associazione di idee, alla tentazione di pubblicare uno scorcio di mura genovesi del 1500, sempre della città di confine.


E un certo articolo su un portale locale é come se mi ricordasse implicitamente che il mio ultimo appunto su Collasgarba e Nervia di Ventimiglia difettasse dei necessari riferimenti storici, alla cui carenza non sopperisce certo questa veduta parziale degli scavi romani in loco.


Qui sopra, a destra, Nizza non si scorge, avvolta nella foschia estiva. 
Mi é tornato in mente questo capoluogo di dipartimento francese, perché, sembrandomi di fare spesso la parodia di un famoso lavoro, "Caro Diario", di Nanni Moretti, mi sono ricordato che a Nizza me ne parlava (della pellicola in parola) in termini entusiastici un ex-collega, romano come il regista, tuttora emigrato per professione di prestigio in pianta stabile in Costa Azzurra. Devo aggiungere in proposito che, quando ho visto finalmente quel film, la scena che mi è rimasta più impressa - e che mi incanta ancora nella memoria - é quella in cui il protagonista ammira entusiasta (accenna pure a delle mosse di danza!), sul televisore del piccolo bar della bella isola in cui si ritrova, Silvana Mangano, che balla sensuale a un ritmo sudamericano: scena di un vecchio film ripresa con indovinata citazione nel nuovo! Senonché, se ci penso ancora, la Mangano mi evoca la mia cara maestra di quasi tutte le mie scuole elementari, che aveva avuto dei contatti per così dire professionali... E se faccio il gioco della memoria e delle coincidenze mi viene da continuare ad oltranza: grazie a Gianfranco Raimondo lo scoop di un fotografo di Ventimiglia con Brigitte Bardot a Saint-Tropez, vecchi Festival di Cannes... E a stare solo sulla Côte.
Eh, sì, questa volta la dico anch'io: "Faccio cose, vedo gente..."...


venerdì 31 agosto 2012

Collasgarba, ancora!


Non ho proprio resistito alla tentazione di pubblicare un'altra fotografia d'antan. Questa proviene, una volta di più, dal munito archivio di Andrea Niloni di Ventimiglia. Raffigura, con epicentro il cavalcavia sulla ferrovia all'epoca appena costruito, la zona di Nervia della città di confine a inizio anni '50. Ripresa da una delle prime curve della strada, che era ancora sterrata, della collina di Collasgarba, segnata dall'ultima guerra.


Tra le immagini da me scattate di recente, l'unica che ho trovato circa lo stato attuale del cavalcavia é questa che precede.


Quella collina, intanto, inquadrata qui sopra parzialmente dal basso, mostra - in modo lacunoso - quanti recenti insediamenti vi si siano realizzati: a lungo l'unica costruzione - fatti salvi i ruderi più in basso della casa del direttore della vecchia tenuta agricola, sede di gioco di tanti adolescenti, altresì affascinati dai frutti dell'adiacente carrubo, qualche altro sparso più in cima, nascosto tra gli alberi e gli edifici nella parte di raccordo con il cavalcavia - rimase la villa padronale, oggi ristrutturata, visibile sotto il pino in alto a destra.


E così, per un raffronto tra il passato e il presente della località, devo procedere con vedute parziali e non precisamente sovrapposte, non avendo previsto che prima o poi mi sarei imbattuto nell'angolatura da cui sono partito.


Eccone un'altra, sempre da metà Collasgarba.

Invero, mi stavo preparando a scrivere qualcos'altro, ma ero incerto tra qualche accenno di storia o, come altri blogger, all'estate che sta finendo, avendo oltrettutto di riserva qualche fotografia specifica, comprese alcune proprio delle spiagge o degli scavi romani di Nervia.

Il fatto é che mi succedono strane coincidenze. Non solo rinvenire per Collasgarba e Nervia una congrua immagine (di scorci molto limitati ne ho anch'io) datata. Siccome cito spesso altrove sul Web il nome di quella modesta altura, così ricca di storia, anche recente, e non solo di ricordi familiari o personali, mi capita di essere talora interpellato in proposito di persona. Fornisco chiarimenti. Mi vengono raccontati episodi. Infine, rimedio l'invito a tornare lassù da chi ci é andato ad abitare solo da pochi anni, ma ha già ritrovato altre cose d'epoca...



domenica 26 agosto 2012

Discorrendo di fotografie d'antan


So bene che la prima fotografia che qui pubblico lascia alquanto - ad usare un eufemismo! - a desiderare sotto il profilo del politicamente (o civilmente) corretto, ma, a prescindere dal fatto che nel corso della storia quello della caccia fu un diritto - certo, ormai datato - duramente conquistato dalle masse popolari, mi serve per l'esordio di un racconto di fatti curiosi, legati a immagini d'antan, dalle quali, in un modo o nell'altro, non riesco proprio a staccarmi. Per inciso, lo scatto si riferisce alla Sezione Cacciatori di Ventimiglia, ripresa a maggio 1933 in frazione Varase. Nel gruppo, c'é anche il padre del conoscente, che ieri mi ha gentilmente prestato questo ed altri cartoncini di carattere venatorio, forse per interrompere la petulanza delle mie domande, tese in tutt'altra direzione di recupero della sua memoria.


Passo ad una fotografia - di famiglia - relativa alla Nizza-Genova di ciclismo del 2 marzo 1958 - inquadratura del cavalcavia in zona Nervia di Ventimiglia -, per proseguire in queste note.
Sempre ieri, avendo incontrato Gianfranco, mi é venuto in mente di passare con lui per un semplice parere tecnico dall'amico fotografo, titolare dello storico studio della città di confine.
Con mio stupore, mi esibisce l'originale di una fotografia degli anni '30 del secolo scorso, da me già pubblicata su questo blog, a lui prestata nel frattempo da mio padre, che vi é ritratto a margine di una cerimonia dell'epoca, svoltasi nella frazione Buggio di Pigna (IM). Si da il caso che in archivio, pur essendo stata fatta a suo tempo dal nonno, quell'atelier non ce l'avesse. Ma il vero rammarico di quel fotografo é stato quello di non poterla mettere nell'appena conclusa Mostra sull'89° Reggimento Fanteria, di cui qui io qualcosa ho pur detto. In questo caso la dimenticanza - mi dico oggi - é stata mia.
Siccome un discorso tira l'altro, di scatti d'epoca se ne é parlato a lungo a quel punto. All'amico fotografo ho già mandato, tra le altre, quelle fotografie della mia premessa: guardandole bene, mi sono accorto che anche queste erano uscite da quello studio.


Aggiungo ancora un'immagine d'epoca, scelta anche in ragione di temi da me già sfiorati, sempre per non riprodurre fotografie o cartoline già mostrate, perché di queste ieri soprattutto si é parlato. Ma, a stringere, un punto dolente é emerso quando siamo usciti dall'atelier, perché Gianfranco mi ha spiegato meglio il fatto di quante fotografie abbia "perso", di quelle che lo ritraevano con cantanti che si erano esibiti in anni neanche troppo lontani qui in Riviera. Forse qualcuno in zona ha dei duplicati...
Ma se penso che solo l'annuncio di una mia immagine con Claudio Villa ha destato un minimo di attenzione qui sul blog, cosa si dovrebbe dire se si ritrovassero fotografie di Gianfranco in conversazione con Luigi Tenco, scattate il pomeriggio della morte di quel cantante?

mercoledì 22 agosto 2012

Ancora quel vecchio bar di Ventimiglia

Quel bar di Ventimiglia (IM) torna spesso nei miei discorsi con tante persone, specie se amici cari. Mi riferisco al Bar Irene, di cui parlai qui in modo parziale, come mi fecero già allora notare commenti di altri che l'avevano conosciuto e frequentato. Il tema affiora quasi sempre in modo inaspettato. Perché non sono io che vado a sollevarlo. Mi é capitato spesso da quando, guardacaso, avevo buttato giù quelle quattro righe. Non con Nello, tuttavia, che almeno su questo aspetto prima di ripartire per Milano aveva contribuito a chiarire alla mia scarsa memoria un punto: nel secondo quarto anni '70 - e oltre - quell'esercizio era ancora una fucina di confronto culturale e civile, ma quella che brillava era la mia assenza dovuta ai miei nuovi - non importanti da sottolineare alla data odierna - impegni assunti all'epoca.
Forse, per proseguire nella questione, contano di più degli esempi. 
In un'occasione di questi giorni, in parte passati con G., come avevo preannunciato nell'ultimo mio post, un simpatico veneto, tecnico delle ferrovie ormai a riposo, ci postula a freddo anche lui l'esigenza di scriverla la storia di quel bar ai tempi - comunemente intesi - migliori.  E postula come metodo di base quello di intervistare un congruo numero di passati avventori. Un passaggio di mano del cerino acceso, insomma! 
Con Gianfranco Raimondo, incontrato sempre quando sono con G., mi si appalesa che il Bar Irene era anche un aperto ed estemporaneo punto di ritrovo. Tanto é vero che, mentre tutti e tre, io G., Gianfranco, in compagnia di B., deambuliamo per il centro città, sentiamo sostenere da altro conoscente che si aggrega la bellezza di poter avere dei similari centri di riferimento. Siamo tutti d'accordo che ce ne sono stati altri in zona, anche di recente, anche se meno fascinosi. Certe magie sono, invero, misteriose. Ma a nostra conoscenza oggi non sussistono neppure dei piccoli palliativi.
Ed allora Gianfranco, che conosco da quando ero bambino e che ha in serbo tante formidabili storie da raccontare, passa a svelare altri momenti più brillanti della vita - seconda metà anni '70 - del nostro vecchio bar, allorché il compianto secondo proprietario di quell'esercizio organizzava pure attività complementari: come la festa hawaiana su una spiaggia di Latte, alla quale si presentarono, per via di un tam-tam davvero straordinario, avventori direttamente da Torino.
Ci siamo rivisti ieri, io per salutare G. E ho trasmesso a tutti i saluti, come da telefonata a me pervenuta la sera prima, di un altro vecchio sodale dei primi tempi del Bar Irene, l'amico ormai eremita sulla collina di Seborga, che non si era più riusciti a rintracciare nei giorni precedenti... 
Sì. il Bar Irene era in una strada della soprastante fotografia...