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venerdì 31 gennaio 2025

Bernardine

Ventimiglia (IM): Vico Arene

In Vico Arene a Ventimiglia una nonna canticchiava al nipotino qualche strofa di una canzone abbastanza recente, lanciata da Nilla Pizi, "Papaveri e papere", insistendo con particolare accentuazione sulla "parola "piccolino": al che il bimbo - del resto, già allora di discreta statura - stizzito, pestando i piedi per terra, reagiva, non essendo ancora dotato di senso dell'umorismo, ancora meno di quello dell'autoironia, opponendosi a suo modo a quella scherzosa ed affettuosa allusione.

In un appartamento situato non lungi dalla Bigarella di Bordighera, non appena si diffuse dalla radio quella ballata in quella lingua inglese che non capivano, zia e nipote, distogliendosi all'unisono dalle rispettive occupazioni, ammiccando l'un l'altra, ridendo, si affibbiarono ripetutamente il titolo di quella composizione, "Bernardine", del resto reiterato in diversi passaggi, come se fosse un buffo, ma amichevole nomignolo da attribuirsi reciprocamente. Il più giovane dei due qualche anno dopo divenne, per ironia della sorte, un discreto ammiratore del cantante di quella melodia, un certo Pat Boone.
Doveva essere il 1958, quando un po' dappertutto si canticchiava o si fischiettava "Nel blu dipinto di blu", quasi un'attesa di sentire urlare in tanti angoli "Mi sono innamorato di Marina" di Rocco Granata, che come vinile doveva ancora essere stampato: due veri tormentoni dell'epoca.
 
Bordighera (IM): lo stato attuale del vecchio accesso a regione Cabane

Sempre in quella stagione, ma in regione Cabane di Bordighera, due scolari in vacanza si riposavano, dopo tanti giochi, in casa di uno dei due, anche ascoltando dischi a 75 giri con le famose etichette con il disegno del cane intento a sentire il suono di un grammofono, ma era un ripiego di cui oggi non ricordano più nulla, assorbiti come furono allora da piccoli lavori agricoli, da bagni fatti all'insaputa dei grandi (non sapevano ancora nuotare!) nella grande vasca di raccolta dell'acqua piovana di quella campagna, dalla lettura di fumetti che si intitolavano ancora "Nembo Kid" e da altre amenità del genere.

A marzo 1959 gli alunni delle elementari (di diversi plessi, anche se in maggioranza della sede di Via Vittorio Veneto) selezionati per partecipare alla tappa di Ventimiglia di Radio Squadra alla fine della trasmissione cantarono in coro almeno la parte iniziale della "Leggenda Ventimigliese", "Gh’eira ina vota ina figlia d’in Re / che mai a nu’ l’ava riüu ni’ cantau...", ma ancora oggi nessuno ricorda se si fossero mai fatte delle prove collettive per quel cimento.

Ventimiglia (IM): Corso Genova (Via Aurelia) nel tratto più a est, a Nervia

Verso la fine del 1963 un ragazzotto comunicò entusiasta in Nervia di Ventimiglia a qualche suo coetaneo la sua scoperta di avere sentito per radio (sempre questo benedetto apparecchio!) in un programma inglese certi sconosciuti "The Beatles" dei quali andava esaltando la bravura. Tra gli ascoltatori c'era chi si era lì per lì dimenticato di avere ascoltato qualche mese prima in casa di un amico tedesco, appena arrivato dalla Germania, il disco di Tony Sheridan accompagnato dai Beatles (ma forse The Beat Brothers) contenente "My Bonnie" e "Ya Ya": brutti scherzi della memoria, ma mai come quelli giocati al figlio delle terre teutoniche perché ancora qualche tempo fa non sapeva di essere detentore di quel pezzo forse più unico che raro.

Adriano Maini

mercoledì 19 maggio 2021

Insiemi galoppanti di gag


Pubblicato da Rizzoli Lizard (casa editrice fondata come Lizard da Hugo Pratt nel 1993, e poi assorbita nel 2008 dal gruppo RCS) è uscito qualche tempo fa un volume che raccoglie tutte le strisce di Topolino apparse dal gennaio 1930 ai primi del 1932. È una pubblicazione integrale del materiale dell’epoca, comprese quindi le strisce di raccordo, che non costituiscono una vera e propria storia ma intessono una serie di gag fra una vicenda e l’altra. Ogni striscia infatti è costituita da una serie di vignette - di norma quattro - destinata alla pubblicazione sulla pagina di un quotidiano. Costituisce lo snodo di una storia, l’elemento di una sequenza, ma tende ad essere autoconclusiva, a risolversi in un finale divertente - o, talvolta, di sospensione e di tensione. Nell’insieme formano un’avventura, che ha un suo esordio, un suo sviluppo e una sua fine ma che talvolta è portata a sfilacciarsi in una sorta di coda fatta appunto da un accumulo di trovate, come tante varianti inerenti un certo soggetto o un certo personaggio (come, per citare un paio di esempi presenti in questo volume, le strisce dal 5 gennaio al 10 gennaio 1931 su Topolino autista o quelle dal 30 aprile al 30 maggio, sempre del 1931, sui tentativi dell’ex criminale Sgozza di diventare un membro dell’alta società). Non si tratta, in questi casi, insomma, di storie ma di insiemi galoppanti di gag, come d’altronde capita con molti film muti (pensiamo ad Harold Lloyd, a Laurel & Hardy) e con molte storielle degli albi a fumetti.
Leggendo queste prime avventure di Mickey Mouse ci troviamo immersi in un’America rurale, appena subito dopo il grande crollo del 1929. E del New Deal, della voglia di reagire e di vivere con ottimismo, Topolino, insieme ai Tre Porcellini, sarà un simbolo e un protagonista.
È un’America semplice, povera, proletaria e contadina.
Topolino è simpatico e onesto ma anche monellesco, con singolari (ma non casuali) analogie con il Chaplin di quegli stessi anni, con cui condivide persino certe scelte tematiche, dalla vita nel circo all’incontro di boxe.
Il dover procedere striscia per striscia porta naturalmente all’invenzione di nuovi ritmi e di particolari tecniche narrative (bellissimi i sunti delle vicende precedenti, naturalmente immessi nella vignetta per facilitare la comprensione al lettore del giornale, e che ora, leggendo la storia nel suo insieme, mantengono un loro valore di commento fuori campo, quasi un effetto eco).
L’autore principe di queste storie a fumetti è Floyd Gottfredson, nato nello Utah nel 1905: feritosi gravemente ad un braccio in un incidente di caccia all’età di undici anni, è costretto ad una lunga convalescenza.
Racconta: “Ero iscritto ai Lone Scouts. Avevano una rivista a tiratura nazionale, e mio zio scrisse loro raccontando del mio incidente, e chiedendo agli altri membri di scrivermi. Bambini di tutto lo stato presero a spedirmi lettere e regali, tra cui 42 libri di Horatio Alger. Da allora gravitai tra libri d’avventura e storie poliziesche”.
Gottfredson sarà coadiuvato da vari collaboratori, fra cui Al Taliaferro. Ma è lui il grande artefice di questa saga topolinesca. Non subito, però. Per i primi mesi l’autore delle sceneggiature è Walt Disney: e qui, come in una sorta di appendice, verso la fine del volume, viene ripubblicato quello che è il primo fumetto disneyano in assoluto, noto come Topolino nell’isola misteriosa, scritto appunto da Disney e con i disegni di Ub Iwerks prima, di Win Smith poi. Disney sarà ancora l’autore (sino al 17 maggio del 1930) delle prime strisce di Topolino nella valle infernale, l’avventura in cui, ad un certo punto, fa il suo esordio Gottfredson. Una storia, questa, dove si fondono i toni del melodramma e dell’epica, dove si miscelano i generi del western e dell’horror, con felici commistioni a cui il fumetto e il cinema ci avrebbero poi abituati.
Ma in tutte queste prime pagine, ed è una delle emozioni che si possono provare leggendole, assistiamo alla genesi del mondo disneyano, con il suo realismo ironico, la fusione fra comico e drammatico, le invenzioni fantastiche. E certi personaggi veri, palpabili: dal boxeur Ruffo Ratto a Felice detto il bel gagà.
Il tutto è corredato da schede introduttive per ogni storia, divagazioni critiche, documenti d’epoca (copertine, disegni promozionali, strisce apocrife, articoli di giornale). Alcuni di questi reperti sono curiosi e di grande importanza: basti citare una striscia scritta e disegnata da Disney nel 1920 circa, Mr. George’s Wife, oppure la riproduzione di alcuni disegni originali di Gottfredson per la Valle infernale, dove si nota quanto gli schizzi a matita fossero più dinamici ed eleganti rispetto alla successiva e un po’ goffa inchiostrazione.
Detto tutto il bene che abbiamo detto su questa pubblicazione, facciamo un piccolo appunto. Nuoce il politically correct affiorante qui e là come un’ossessione: “Tenete conto, a ogni modo, che le stelle Disney non approvano più certe abitudini malsane - ad esempio, il fumo - come facevano occasionalmente in questi pezzi d’annata”, “Non è possibile giustificare del tutto dei clichè prodotti in un’epoca meno illuminata dell’attuale”, “Infine, notate come nei primi anni Trenta anche un personaggio celebre come Topolino potesse essere di cattivo esempio”… Ma pazienza. Tanto sappiamo tutti che Disney era molto più cattivo di come poi lo avrebbero voluto - e lui stesso si sarebbe voluto - dipingere.
Walt Disney presenta Topolino nella valle infernale di Floyd Gottfredson (titolo originale: Walt Disney’s Mickey Mouse: “Race to Death Valley”), a cura di David Gerstein, Gary Groth, Fabio Gadducci, Rizzoli Lizard (RCS Libri su licenza Disney), Milano 2012
Marco Innocenti, Topolino in una raccolta, IL REGESTO (Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo), Sanremo (IM), anno VI, n° 4 (24), ottobre-dicembre 2015

[ tra gli altri lavori di Marco Innocenti: Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Elogio del Sgt. Tibbs, Edizioni del Rondolino, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; articoli in Sanremo e l'Europa. L'immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d'occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, Ventimiglia, Philobiblon, 2014; Sull'arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; articolo in I raccomandati/Los recomendados/Les récommendés/Highly recommended N. 10 - 11/2013; Prosopografie, lepómene editore, 2009; Flugblätter (#1. 49 pezzi facili), lepómene editore, 2008; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006]

sabato 3 agosto 2013

"intrepido", ormai più che una passione

Certo che se anche un regista importante come Gianni Amelio compie riferimenti a "intrepido", giornalino a fumetti, di cui diverse volte ho scritto qualcosa, trovo il nuovo spunto irresistibile per tornare di nuovo sull'argomento.
L'autore titola addirittura "L'intrepido" il nuovo film che sta completando per presentarlo al prossimo Festival di Venezia, con interprete principale Antonio Albanese. Dall'intervista (a "la Repubblica") che ho letto ieri mi sembra di capire che il soggetto sia il lavoro precario. In proposito Amelio, dopo aver sostenuto che "intrepido" é il protagonista, afferma: "un film con l'anelito al lieto fine, come nei fumetti dell'Intrepido, dove c'erano tante storie ambientate in tutti i mondi e le epoche possibili, ogni settimana si restava con il fiato sospeso, ma sapevi che 15 settimane dopo con la parola fine arrivava la felicità.". 
Avessi aspettato a scrivere di "intrepido", mi sarei risparmiato tanti giri di parole non chiare, perché, a mio avviso, meglio del regista non si poteva dire in proposito. Anche se forse - a essere pignoli - ha confuso qualche tipologia di avventure con quella più tipica del gemello "Albo dell'Intrepido". Un'altra cosa, simpatica e di storia del costume che Amelio racconta é che nella natia Calabria insisteva per compiere commissioni di casa, in modo di realizzare un po' di cresta sulle spese e, così, avere le trenta lire necessarie per comprare il martedì mattina l'agognata rivistina: anche se non esplicitato, si deduce che questi frammenti di memoria riguardano - come, immodestamente, nei miei precedenti post in materia - la metà circa degli anni '50.
Ecco, allora, nell'ordine, la copertina del numero 37 di "intrepido", dell'11 settembre 1956, e, sempre dal medesimo, l'inizio della puntata di "Liberty Kid".

Azzardo qualche considerazione sulle parole di Amelio. Mi sembra di capire, una volta di più, che questo fumetto fosse allora molto diffuso tra adulti di estrazione operaia e che non fosse semplice per bambini, la cui educazione era tenuta in rigida osservazione dalle famiglie, procurarsene delle copie.
La copertina del numero 47 di "intrepido", del 19 novembre 1957.

Nell'occasione devo menzionare ancora l'amico Bruno Calatroni di Vallecrosia, che mi ha fornito, come per altri miei articoletti, l'opportunità di questo corredo iconografico.
Concludo con la quarta di copertina di "intrepido" dell'11 settembre 1956, già citato, perché mi sembra, invero, ironico il fatto che avevo cominciato a trattare di questo giornalino, proprio rammentando il personaggio Roland Eagle, ma sprovvisto di immagini adeguate.


martedì 9 aprile 2013

Se viene scritto un libro sui fumetti d'antan


I fumetti comparsi in Italia dalla fine della seconda guerra, come mi sembra di capire da una recensione, sono sotto il riflettore del recente "La storia dei miei fumetti" di Antonio Faeti, edito per Donzelli - pagg. 425 -.
Dall'articolo emerge che la passione dello scrittore - che pur costella di ponderose note critiche il suo lavoro - rimane intatta per le letture, in tema, dell'adolescenza e degli anni in cui é stato maestro di scuola elementare, prima di diventare titolare di cattedra di Letteratura per l'infanzia all'Università di Bologna. 
Avendo io in precedenti post compiuto qualche asserzione sui fumetti, sostanzialmente su quelli degli anni '50 o primi anni '60, di quando ero piccolo, cioé, ho trovato nel giornale qualche conferma di mie pregresse impressioni e qualche coincidenza.
Questo libro presenta un ricco corredo di immagini originali: la copertina - se ho visto bene - riproduce quella di un Pecos Bill, su cui mi sono già espresso e di cui posso qui esibire, come si vede, un'altra copia.
Riprendendo in mano le vecchie riviste il Faeti avrebbe avuto l'impressione di rileggerle come se fosse passato solo qualche giorno: curiosamente la stessa cosa é capitata, per le poche occasioni che ho avuto, anche a me, pur riscontrando - come ho già qui affermato - l'inesorabile - oggi, alla mia età! - ingenuità di fumetti ampiamente datati. 
Oso, poi, io, aggiungere, fumetti - quelli di matrice italiana, non quelli tradotti dall'estero! - cadenzati più sui contemporanei modesti film d'avventura italiani, che - eccezione fatta per i primi Tex, che in conseguenza di una certa ristampa di qualche anno addietro ho riletto, apprezzandoli ancora - sui grandi western americani.


In effetti, nel blog avevo iniziato ad occuparmi di fumetti, partendo da "intrepido", di cui qui sopra la riproduzione di una copertina del 1952.
Trovo "intrepido", ad esempio, tra le riviste più citate nelle discussioni con amici e conoscenti, se si sfiora l'argomento fumetti d'antan. 
I fumetti - come avevo già messo in evidenza - sono stati, tuttavia, a lungo ufficialmente criticati perché considerati diseducativi: anche Faeti riporta quella nomea, ma la ritiene sbagliata, come, immodestamente, penso - e ripeto - anch'io.
Sono incorso, fidandomi della mia memoria, in alcuni errori ed omissioni. Se scrivo ancora di fumetti, altri probabilmente ne farò. Ricordo solo ora  - ma altre persone mi hanno raccontato qualcosa di analogo - che nella mia esperienza "intrepido" (e "Tex" per chi se lo poteva permettere) veniva acquistato da genitori operai, che oggi considero lungimiranti, per essere letto da tutti in famiglia; capitava che i loro figli lo imprestassero, dopo, ad amici, fattispecie in cui mi sono spesso ritrovato, atteso che in casa mia entravano altre pubblicazioni, ritenute più formative. Ribadisco, infatti, che in quell'epoca, invece, la maggior parte dei giornalini d'avventura, oltre che essere un'occasione di svago ed anche di stimolo per la fantasia, svolgeva una buona funzione divulgativa, sia per adulti, che la scuola l'avevano dovuta abbandonare presto, che per bambini e ragazzi, che la scuola la stavano frequentando.



C'erano, inoltre - e ci sono in parte tuttora, credo - fumetti che si possono definire comici. "Tiramolla", ancor più che il famoso "Topolino", al pari con il gemello "Cucciolo", era nel genere il più quotato nei "circoli" della mia infanzia. Un genere, comunque, che meriterebbe una rivisitazione, che sarebbe anch'essa indicativa di una storia del costume, ma che, per quel che mi concerne, presuppone una ricerca di fonti, perché rammento qualche figura, ma ben pochi nomi.

Nell'occasione, ringrazio una volta di più per le immagini l'amico Bruno Calatroni, collezionista di Vallecrosia.


sabato 8 settembre 2012

Non solo Bibì e Bibò


Da un po' ci pensavo, ma poi rinviavo - non so bene perché -, di fare vedere qualche pagina del vecchio "Corriere dei Piccoli". Anzi, per essere preciso, qualche mezzo foglio scannerizzato già tempo fa sull'unica copia di quel settimanale (del 17 agosto 1958) a disposizione dell'amico Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM), competente collezionista di fumetti.
E, come mi era già capitato con un altro periodico di avventure dell'epoca, mi sono ritrovato una storia - in questo caso, quella accennata nella soprastante immagine - che da bambino mi era talmente piaciuta, da ricordarmela, a sommarie linee, tuttora. Forse in quell'anno non avevo ancora letto "L'Isola del Tesoro". Di sicuro non "Tom Sawyer" e il resto di quella saga di  Mark Twain. Perché, ripensandoci oggi, l'influenza di questi classici, e di altri, di azione per ragazzi, mi sembra molto evidente. In ogni caso l'insieme - la trama, certi dettagli, lo stile delle vignette - me lo sono sempre rammentato con il tratto distintivo del garbo. Mi rendo conto che il discorso mi sta prendendo alquanto la mano, ma credo che la chiave di interpretazione risieda nella sobria e, talvolta, ironica celebrazione dell'amicizia. Un aspetto che, a livello di adulti, personalmente mi ha emozionato nel film - reputo non molto noto - "Soldato sotto la pioggia" (con Steve Mc Queen). Comunque, si ritrovavano allora sul "Corriere dei Piccoli" altre serie di episodi con le stesse impostazioni di fondo da me qui appena messe in evidenza.


Viste le cose con il senno di poi, c'erano anche vicende - come questa del Duca d'Aosta - che al giorno d'oggi vengono a prevalente senso comune - per lo meno il mio! - ritenute scorrette. 
Ma, con l'assetto tipico di un giornalino, quella rivista aveva una funzione informativa, se non educativa. Tante famiglie - compresa la mia, che, come ho già qui sostenuto, difficilmente mi procurava fumetti d'avventure, che leggevo comunque grazie agli amici - attribuivano, invero, al "Corrierino" valenza di istruzione. Anche a poche altre riviste del tempo, ma sorvolo sul tema per non aprire troppe parentesi.


Questo racconto non mi dice proprio più nulla. Solo che posso accennare per rapidi esempi che su questo settimanale ho letto "Il giro del mondo in 80 giorni" di Verne e scritti di Gianni Rodari - forse già qualche sua filastrocca: la sua complessiva opera l'ho compresa ed apprezzata da adulto - e di Mino Milani.


C'era, forse, ancora del facile moralismo, retaggio anche storico degli esordi ai primi del 1900 di questo giornale. Solo che di Fangio mi sovviene di aver letto - ma non sono sicuro se su quelle pagine - del suo sequestro dimostrativo ad opera di militanti castristi. E di sicuro mi rammento sul "Corrierino" note molto pertinenti sullo sport, ancor più su quelli che dovrebbero essere i suoi valori di fondo: faccio solo l'esempio nel calcio del "gigante buono" Nordhal, indimenticabile centravanti svedese del Milan dei primi anni '50, l'atleta che buttava fuori il pallone per soccorrere il terzino che si era fatto male cercando inutilmente di falciarlo.


Questa la prima pagina - o copertina - del numero in questione. Nella linea della tradizione. Per come la so io, che pur ho visto (e dovremmo avere qualcosa del genere in famiglia da qualche parte) ristampe pregresse di copie, per lo più anteguerra, del giornalino. In linea, perché dagli inizi il "Corrierino" presentava come caratteristica principale vignette con didascalie in rima, vignette per le quali emersero, tra gli altri, bravi disegnatori come il sanremese Rubino e il creatore del signor Bonaventura - quello, con l'inseparabile bassotto giallo, del famoso "Milione" -, creatore che era anche un bravo attore (se non sbaglio impersonò l'abate Faria nel "Montecristo" televisivo italiano di grande successo), Sergio Tofano. Negli annali sono rimasti altri personaggi come il Sor Pampurio.
Indimenticabili Bibì e Bibò, a lungo sinonimi nel parlare comune di monelleria, perché erano la versione nostrana di una fortunata e veramente importante striscia. Nell'esemplare del 1958 non appaiono. Solo che me li ricordo bene, da quando il "Corriere dei Piccoli" mi veniva già dato in visione ancorché non andassi ancora a scuola e, pertanto, non sapessi leggere. Mi veniva commentato, tuttavia, e la loro mamma, chiamata sul giornalino Tordella, rappresentava un buffo nomignolo di cui in diversi facemmo spesso in seguito vasto uso - e abuso -.
Sì, il discorso mi ha proprio preso la mano. Devo per forza tralasciare altri frammenti di ricordi. Pensavo di averne di meno!

D'altronde la mia intenzione iniziale era solo quella di riprendere qualche accenno contenuto in miei vecchi post. Nessuna pretesa di analisi critica, per la quale rinvio il lettore ad altre possibili fonti.
Quindi, nulla di più da parte mia di un personale gioco sul filo della memoria, come tale molto lacunoso, nonché limitato al periodo che va dal 1955 al 1960 circa. 
Solo che, avendo già in mente la traccia di queste righe, finisco di leggere un libro di racconti sulla città di confine, scritto da un amico di Ventimiglia. E non salta fuori il nome, che io non rammentavo, del padre di Bibì e Bibò, il "famoso" Capitano Cocoricò? 
A questo punto devo proprio andare a cercare come si chiamava quel personaggio - che a loro si accompagnava - con l'alto cappello a tuba color ocra, come il suo lungo pastrano, e dalla lunga lunga barba...

venerdì 15 giugno 2012

Sfogliando qualche vecchio "Albo dell'Intrepido"


Non credo, visto che é riportata sulla copertina, che sia necessario trascriva la data di questo "Albo dell'Intrepido".


Il medesimo nella quarta riporta esempi di comicità dell'epoca. Di "Pedrito El Drito" ho trovato qualche tempo fa una sorta di antologia in ristampa anastatica. "Arturo e Zoe" comparivano negli anni '50 anche su "Il Monello". Forse - ma la mia memoria in merito difetta - queste vignette, ed altre dello stesso tenore - penso a "Tarzanetto" - si alternavano anche sul fumetto gemello più famoso, "intrepido", cui altre volte ho fatto cenno.


Riporto a titolo di esempio qualche illustrazione di un'avventura nei Caraibi, comparsa nel numero del 14 aprile 1953 del periodico in questione.

Ho parlato più volte di fumetti, sostanzialmente di quel periodo, che coincide con la mia infanzia. Specie di "intrepido", come ricordavo prima. Mi arrivano in proposito ancora commenti, a volte via email. L'argomento, dunque, interessa. Personalmente, mi capita di riscontrarlo anche in conversazioni con amici e conoscenti.



Da ultimo, come possono attestare le immagini da me selezionate in "Albo dell'Intrepido" del 9 luglio 1963, la rivista, arricchendosi oltrettutto - al pari di "intrepido" e "Il Monello" - di altre rubriche, aveva abbandonato il criterio dell'avventura, iniziata e conclusa nel singolo numero. Giova anche ricordare che l'uso del colore era l'eccezione e non la regola.

Anche l'"Albo dell'Intrepido" faceva parte di quella schiera di fumetti anni '50, che rimandano alla storia del costume, per via dei contenuti interessanti e spesso di rilievo informativo, nonché dei bei disegni, ma anche perché per tante famiglie rappresentavano un costo non sostenibile, per altre fattori diseducativi. Ne conseguiva, del resto, la diffusa pratica di prestiti e scambi, tutti aspetti, insieme ad altri, che talora tornano alla memoria di chi ha vissuto quei periodi.

Le immagini sopra pubblicate derivano dalla collezione dell'amico Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM).

martedì 3 aprile 2012

L'"intrepido", l'avventura continua ...


Qualche settimana fa N. vede che su questo blog avevo scritto di quel vecchio fumetto, "intrepido", e mi manda qualche immagine (qui sopra la copertina del numero 15 dell'11 aprile 1961) da copie di quel giornalino.
Insomma, rinverdisco, di fatto, anche a lui, sopite passioni dell'infanzia, di cui per la detta coincidenza parliamo solo ora (tra l'altro mi capita anche con altre persone). Mi corregge anche - nella email di accompagnamento - le date di sparizione dei mitici personaggi di quando eravamo bambini.


Mi aggiunge anche qualche pagina del n° 1 del lontano 1935, quando "intrepido" aveva protagonisti diversi da quelli che appassionarono la mia generazione.


Ecco qui la copertina di "intrepido" del 10 ottobre 1963. Ce l'avevo in casa da tempo, ma me ne sono ricordato da poco. Eppure avevo già dedicato almeno due puntate a quel fumetto.


Qui la puntata di "Buffalo Bill" di quell'ottobre 1963. E c'é ancora "Chiomadoro". Non rinvengo più "Liberty Kid" e "Roland Eagle". Sul termine anticipato delle avventure de "Il cavaliere ideale" sussiste tra i miei interlocutori, invece, pacifico consenso. Insomma, devo avere fatto - le altre volte in cui ne ho scritto - confusione di date sulle modalità di cambiamento di contenuti di "intrepido".


Sempre nel 1963 é già presente un nuovo protagonista, Junior. Di questo ho ricevuto mesi addietro direttamente per email un nostalgico ritratto compiuto da un lettore. Così come, sempre sul tema "intrepido", mi sono pervenuti nel frattempo altri commenti. Mi ero ripromesso di pubblicarli in un nuovo post...


venerdì 25 novembre 2011

Kit Carson ed altri fumetti western


Ebbene, quel Kit Carson, che in tanti, da sempre si può dire, siamo abituati a vedere come "pard" di Tex Willer nella saga omonima dei due Bonelli, compare - già come persona in avanti con l'età - la prima volta in Italia su "Topolino", nel numero 238 del 15 luglio 1937 "creato da Rino Albertarelli, che introduce il genere western nel fumetto italiano. Sarà ripreso in seguito da Federico Pedrocchi e Walter Molino". Uscirono anche numeri di un "Kit Carson, edizione in formato gigante delle avventure apparse alla fine degli Anni Trenta su Topolino - Edizioni Il Carro -".  
L'immagine di cui sopra non  fornisce, invero, molte indicazioni di merito.
Il vero Kit Carson operò sul serio in Nevada come massacratore di nativi, aspetto che invece Wikipedia mette in dubbio.



In America, dove il fumetto western era già stato inventato da anni, Kit Carson era talvolta giovane, bello e biondo. E forse gli italiani copiarono a man bassa da un modello statunitense. Un aspetto buffo è che per corredare questo trafiletto ho trovato almeno un Kit Carson disegnato in copertina che somiglia sin troppo all'attore Kirk Douglas.

A dire il vero ero convinto di avere un'immagine da originale di una copertina del primo Kit Carson "made in Italy", mentre più probabilmente Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM), l'amico collezionista cui ho già fatto in precedenza riferimento ed al cui archivio ricorro più avanti anche in questa occasione, me ne ha semplicemente parlato - nel mentre si procedeva insieme a scannerizzare una selezione del suo materiale - come di un aspetto poco noto.


Questa, invece, é la fotografia di un originale di una "Raccoltina" (così si dice in gergo) di Tex, uscita nel 1956. Era tanto tempo, forse da quando ero bambino, che non ne vedevo una, così come, sempre nello stesso formato originale, le strisce ben più corte su cui si sono dipanate per anni le avventure di questo personaggio, nato come ben si saprà nel 1948. La dimensione ad album, che ha accompagnato il grande successo di Tex, viene introdotta a titolo sperimentale successivamente, per approdare a dimensione definitiva, se non erro nel 1961, prima con la ripubblicazione delle storie già uscite, poi, con la stesura incessante di tante nuove.


Nel genere western credo possa essere ascritto anche "Il Grande Blek", qui anch'esso nel formato a striscia, numero del 27 novembre 1960. Un altro fumetto entrato nell'immaginario collettivo, al punto da dare il titolo ad un film pur imperniato sulla cronaca di costume.


E "Blek Macigno" - io lo ricordo pure con questo nome - usciva anche in formato album, anche se con non molte pagine: questo é del 1 maggio 1957.


Questo "Pecos Bill", cui manca la copertina, so di averlo avuto nelle mani in tempo reale: é del 1955 ed é diverso da un altro che venne in seguito.


Qui "Il Piccolo Sceriffo" del 9 aprile1954.


Termino questa rassegna con "Un ragazzo nel Far West" del 12 ottobre 1962.

Ho altre immagini a disposizione, ma come originali d'epoca nel campo western mi mancano ad esempio "Capitan Miki" e "Kinowa".
Pensando a Kit Carson, ho saltato una logica prosecuzione di un mio precedente post in materia, che conto di riprendere a breve.

In ogni caso, senza entrare più di tanto nel merito - credo, ad esempio, rispondendo tardivamente ad una pregressa domanda, che non possano, compreso Tex, più piacere ai bambini di oggi - questi fumetti per il periodo preso in esame rappresentano, a mio avviso, con significati di letture importanti non limitate all'infanzia, di cui altre volte ho già detto e su cui, anche per non annoiare, non torno, uno spaccato di storia sociale del nostro Paese.


venerdì 11 novembre 2011

Fumetti... ancora


Il modello originale del periodico qui sopra riprodotto era l'americano "Cino e Franco", ripreso come tale nel nostro Paese al termine della guerra. Il fascismo aveva imposto allo scoppio del secondo conflitto mondiale  l'italianizzazione sempre più accentuata, con esiti anche grotteschi, dei fumetti stranieri. Per quanto attiene il razzismo, questo era già antecedente il Regime, ma con il Regime dilagò sui giornalini.

Grottesco anche il caso del Dick Fulmine, di matita italiana, personaggio italo-americano operante dapprima negli USA, ma che nel luglio 1942 si trova nella fantasia di queste pubblicazioni non si sa come a combattere a fianco delle Forze dell'Asse.

Aggiungo, tra parentesi, che proprio gli americani in quel periodo nel campo del fumetto fecero in modo a dir poco impressionante la stessa cosa per la loro propaganda bellica.

Ho potuto toccare con mano, come ben si capirà, giornalini d'epoca, grazie all'amico Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM), collezionista.

Il mio vuol essere un modesto omaggio alla storia del fumetto.
Chi intende approfondire saprà di sicuro che ci sono in materia esaurienti e valide pubblicazioni.


Anche questo "Corsaro Nero", di una sua bellezza, secondo me, intrinseca - la penna di Salgàri, le illustrazioni di Albertarelli -, è della fine degli anni '30.


Finisco con questo "Albo dell'Intrepido" del 23 maggio 1942, perché nella nuova versione degli anni '50 era uno dei miei giornalini preferiti.

Alcuni fumetti continuarono ad essere pubblicati, altri vennero recuperati dopo le censure del fascismo, nuovi ne emersero, più di sessant'anni fa...




giovedì 23 giugno 2011

Quel vecchio caro "intrepido"

Quando qualche mese fa buttai giù qualche riga qui sul blog per parlare di fumetti di tanti anni fa, ma soprattutto di certe annate del vecchio "intrepido", dovetti ammettere che ormai ne parlavo a memoria, perché era da troppo che non ne vedevo più una copia. Solo che ci fu subito una sorta di tam tam che mi fece identificare in persona che già conoscevo un collezionista, grazie al quale adesso sono in grado di pubblicare qualche immagine di quelle avventure di metà anni '50.
Quella volta mi ero soffermato in modo particolare su Roland Eagle, citando la vicenda "Bragadin". Ed ecco che mi ritrovo tra le mani uno spezzone proprio di quella storia.
 
Ma su quel settimanale c'erano pure altri personaggi. Per esempio, Buffalo Bill, che qui sopra s'avanza a cavallo.
 
 Poi, Liberty Kid.
 
E il Cavaliere Ideale, di cui non ricordavo più il nome.

Chiomadoro.
Una quarta di copertina del novembre 1955.
Il frontespizio di quel numero, qui sopra. 
La terza di copertina (questa dell'aprile 1956) vedeva parentesi di buonumore come questa con "Arturo e Zoe".

Insomma, lavori  a scanner - alcuni approssimativi, ma l'imperativo in casi come questo é conservare al meglio gli opuscoli - che ricordano "intrepido" tra il 1955 e i primi del 1958. Emerge come curiosità, che non rammentavo, quel titolo in minuscolo e senza articolo. E si conferma l'ingenuità di quei fumetti. Mi verrebbe da dire altro, ma forse, come era allora su quel giornaletto, si potrebbe pensare ad una ... prossima puntata!