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San Giovanni, Frazione di Sanremo (IM): campagne abbandonate
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Si presta a qualche considerazione di carattere locale la recensione di
Marco Belpoliti a "Lettere a Chichita (1962-1963)" a cura di Giovanna
Calvino, volume dato in uscita presso Mondadori e recensione apparsa
sabato 7 ottobre scorso su "la Repubblica" con il titolo «Italo Calvino:
“Perché credo negli angeli”» - e sommario «In un suo manoscritto il
grande autore svela gli incontri con alcune figure che hanno avuto su di
lui un’influenza benefica o salvifica. E su Robinson l’intervista alla
figlia e un racconto in esclusiva» -. Dalla scheda di presentazione del
citato libro, come già pubblicata, invece, dalla casa editrice milanese
sul Web, si possono estrapolare queste parole: "Il primo appuntamento
con Chichita, a Parigi nell'aprile 1962, è uno dei momenti che Calvino
identificava come cruciali nella propria parabola esistenziale, insieme
alla partecipazione alla Resistenza e all'ingresso nella casa editrice
Einaudi [...] Ritrovate dalla figlia Giovanna, quelle missive del
1962-1963 sono qui pubblicate per la prima volta assieme a un testo
inedito coevo, 'Sulla natura degli angeli', e a una delle risposte di
Chichita. Se ne ricava l'affresco di una quotidianità ricca e
sfaccettata: oltre alle immancabili incomprensioni della comunicazione a
distanza, l'attesa degli incontri con la donna amata, le complicazioni
logistiche degli spostamenti (Sanremo-Torino-Roma-Parigi), le luci e le
ombre del lavoro editoriale, l'irresistibile richiamo della vocazione
letteraria".
Il giornalista concentra la sua attenzione sul manoscritto, di cui riporta anche la data: primo ottobre 1963.
Da
Belpoliti vengono citati tre ex partigiani di Sanremo, ricordati con
particolare intensità ("«in sodalizio fraterno» legato a «un'allegria
che mai nessuna compagnia d'amici mi ridarà così piena»") da Italo
Calvino nel predetto documento, Adriano S., Pier delle Vigne (Pietro
Sughi) e Jaurès Sughi (Leone), "altri angeli dei suoi [dello scrittore]
inizi: i compagni della Resistenza, quelli che l'hanno introdotto nella
lotta partigiana [...] ex-boxeur, futuro gangster [il primo] [...]
avanzo della legione Straniera [il secondo], l'altro avanzo di galera
[il terzo]". Probabilmente si tratta del primo documento in cui Calvino
abbia scritto di questi suoi vecchi sodali. Oltrettutto, Calvino, uso
del resto a scrivere in terza persona, nei suoi lavori celava sotto nomi
di fantasia personaggi reali.
Adriano S. è da identificare con
Adriano (Riccardo) Siffredi, non fosse altro per il fatto che si riporta
la notizia della sua morte come avvenuta a Dien Bien Phu, come noto
luogo della sconfitta subita nel 1954 dall'esercito francese contro i
Việt Minh guidati dal generale Giap, sconfitta che portò alla fine di
quella guerra, con i conseguenti accordi di pace di Ginevra, i quali
sancirono l'indipendenza - anche se poi la storia vide altri tragici
eventi, come la guerra in Vietnam che coinvolse gli Stati Uniti -
dell'Indocina. Questa deduzione attinente la figura di Siffredi può
essere fatta alla luce di una tradizione orale che, in quanto tale, si
lascia in queste righe in un alone di indeterminatezza. Sarà sufficiente
aggiungere qualche frase desunta da un articolo, senza titolo, se non
quello della rubrica, "Corriere di Sanremo", della "Cronaca di Imperia"
de "Il Lavoro Nuovo" (all'epoca quotidiano, con sede a Genova, del
Partito Socialista) di domenica 2 ottobre 1955, in una copia conservata
da Giorgio Loreti, infaticabile animatore delle iniziative dell'Unione Culturale
di Bordighera: "E' tornato dopo la lunga assenza, attraverso diecimila
miglia di quel mare che amò con passione quasi morbosa, è tornato ai
fiori e agli olivi della sua terra cui donò nei giorni dell'ira e del
riscatto l'indomito ardore della giovinezza Adriano Siffredi, il
«Riccardo» della nostra lotta [...] Non altrimenti vogliamo ricordarlo
questo ventenne comandante partigiano, terrore ai nemici, esempio ai
compagni, sprone agli ignavi: tutto il resto si spegne dinanzi alla luce
che promana dalla sue gesta: Bignone, San Romolo, Borello, Via Privata,
Piazza Colombo, Villa Impero... ovunque vi era un'azione da compiere,
un amico da salvare, un nemico da snidare Adriano Siffredi ed i
ragazzi-eroi della Matteotti furono sul posto, senza nulla chiedere se non di marciare alla testa dell'Esercito di Liberazione [...]". Il padre, Adolfo Siffredi, patriota antifascista (Fifo), fu il primo sindaco di Sanremo alla Liberazione. La figlia, Eleonora Siffredi,
è una valente artista. Riferimenti ad Adriano Siffredi, poi, risultano
in modo confuso in dichiarazioni contorte ed evasive contenute nel
Diario (brogliaccio) del distaccamento di Sanremo della Brigata Nera "A.
Padoan", documento di cui si dirà meglio dopo.
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Una pagina del brogliaccio della Brigata Nera di Sanremo in cui appare più volte il nome di Adriano Siffredi |
A differenza di Adriano Siffredi, che non viene mai evidenziato nelle
recensioni critiche - quantomeno quelle più note - dei lavori di Italo
Calvino (il cui nome di battaglia da partigiano era "
Santiago"), sui fratelli Sughi esiste una discreta letteratura, dalla quale si può attingere qualche citazione. Premesso che anche
Pier delle Vigne e
Leone
furono valorosi partigiani, si può rammentare - andando in ordine
sparso - che Calvino e Jaures Sughi militarono insieme nell'estate del
1944 nella SAP "Matteotti" di Sanremo; che Pietro Sughi aveva raccontato
a Pietro
Ferrua (che lo riferisce nel suo "Italo Calvino a Sanremo", Famija Sanremasca, 1991) della grotta nella
campagna
di San Giovanni, Frazione di Sanremo, attrezzata dal padre Mario
Calvino, dove in talune circostanze si nascosero Italo, il fratello
Floriano - anch'egli partigiano - ed altri patrioti; che quando, nel
corso del
rastrellamento
del 15 novembre 1944, che investì anche San Giovanni, Italo venne
catturato - e si salvò dalla fucilazione perché potè esibire un
surrettizio foglio di licenza - insieme a lui cadde prigioniero Jaures
Sughi, destinato a salvarsi per altre vie, mentre Pietro Sughi e
Floriano Calvino erano riusciti a fuggire prima dell'accerchiamento; che
sempre Pietro Sughi, "Pier delle Vigne", spiegò a Pietro Ferrua il
retroscena reale dell'episodio dell'incendio nel casone riportato ne "Il
sentiero dei nidi di ragno": «Cosa era successo in realtà? I partigiani
erano pieni di pidocchi e spidocchiandosi sulla fiamma ad uno prese
fuoco la camicia, che appiccicò fuoco al canniccio sul quale c’erano
delle munizioni». Si aggiunga che "Pier delle Vigne" Sughi era
attivamente ricercato dalle Brigate Nere di Sanremo; alcune note del
brogliaccio di questa milizia fascista, lette a distanza di tempo,
assumono il tono del picaresco, se non del grottesco, specie quella del 1
febbraio 1945 (il che lascia intendere che dalle parti di San Giovanni i
partigiani erano ben tornati):"... informa che la concubina di Pier de
la Vigna (Sughi Pietro) parte sempre alle ore 9 e 1/4 antim. e ritorna
alla sera alle 19 circa (o alle 18 3/4) per andare da Pier de la Vigna
(suo concubino) a portargli da mangiare. Fa il seguente itinerario [...]
Di lì va alla Madonna del Borgo. Prende la mulattiera. Va al golf e di
lì a S. Giovanni. Ci dev'essere un casolare di campagna, isolato,
vecchio, dove non abita nessuno, a destra della strada mulattiera, una
mezz'oretta - o venti minuti - dopo la Chiesa di S. Giovanni. Sotto c'è
la stalla e sopra ci sono due camere [...] Pier de la Vigna e la
concubina stanno insieme e mangiano insieme. Generalmente vi sono altri
due ribelli [...]".
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Lo schizzo della zona di San Giovanni a Sanremo fatto da un brigatista nero |
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La copia del documento di identità di Pietro Sughi nel brogliaccio della Brigata Nera di Sanremo |
La pagina in questione riporta anche
uno schizzo della zona; la stesura del brogliaccio viene interrotta
pochi giorni dopo, per lo meno nella copia in dotazione a Paolo Bianchi
di Sanremo, da cui qui si attinge; a gennaio 1945 in questo diario
viene, altresì, allegata la carta d'identità di Pietro Sughi o una sua
riproduzione.
Adriano Maini