Non
risulta menzionata nei libri di storia riguardanti la Resistenza
Imperiese una lunga lettera (relazione) indirizzata da un misterioso
Andrea ad un responsabile - si presume nazionale - di Giustizia e Libertà a Milano, di data non anteriore al febbraio 1945.
Il dispaccio, conservato negli archivi della
Fondazione
Istituto Gramsci, si dilunga con enfasi particolare sui vari momenti ed
aspetti della lotta di Liberazione sin lì condotta nel ponente ligure.
Ne
risultano giudizi inediti, anche sulle difficoltà incontratete e sui
pericoli corsi, ma soprattutto di preoccupazione per il ruolo assunto
dai comunisti in seno alle formazioni garibaldine, al punto da
considerare a posteriori avventate alcune delle azioni condotte da
antifascisti di primo piano quali Candido
Queirolo e Silvio
Bonfante, caduti il primo in combattimento, il secondo suicida per non cadere in mano ai tedeschi dopo la tragedia di
Upega. E senza dimenticare di lanciare qualche strale all'indirizzo di Nino
Curto Siccardi,
già comandante della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice
Cascione", ma ormai emigrato" a dirigere la I^ Zona Operativa Liguria:
guarda caso, un altro comunista!
Il mittente, che tra le righe
asseriva di essere di Genova, dove era tornato clandestinamente in
missione alcune volte, si considerava ormai tranquillo sul fronte dei
suoi problemi politici, perché vicino al "tranquillo"
Vitò e a
Fragola Doria,
altro esponente di Giustizia e Libertà: non entrava nei particolari,
ma, se l'asserzione è veritiera, si trattava del comando della Divisione
Cascione.
Rimane l'ironia del fatto che
Vitò, al secolo Giuseppe Vittorio
Guglielmo, il comandante più famoso della Resistenza Imperiese, che le sue direttive le firmava
Ivano e che si distinse in tante occasioni per grande umanità, era un comunista.
Poco
note sono anche le traversie di italiani che sul finire della guerra si
ritrovarono immatricolati nel 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs
francese che operava a ponente della Val Roia. Questi connazionali non
furono mai abilitati al combattimento perché nelle gerarchie militari
transalpine era troppo pungente il ricordo della "pugnalata alla
schiena" voluta da Mussolini il 10 giugno 1940. Furono già fortunati,
perché tra chi per vari motivi era rimasto oltre frontiera e tra i
partigiani che oltrepassarono il confine per unirsi agli alleati
liberatori, molti vennero internati perché considerati potenziali spie.
Molti punti di questo intreccio furono analizzati da Giorgio Lavagna (Tigre) nel suo intrigante
Dall’Arroscia alla Provenza - Fazzoletti Garibaldini nella Resistenza (
IsrecIm, 1982), un libro sul quale sarà opportuno ritornare.
Merita
maggiore attenzione la figura di Luigi Raimondo, maggiore degli alpini a
riposo, che si incontra attivo nella Resistenza sia in occasione della
Missione Flap che della prima Missione
Corsaro. Raimondo, poi, aveva asserito (documento IsrecIm, copia di Giorgio Caudano), di essere stato incaricato dal capitano Gino
Punzi di portare una radio ricetrasmittente a Vallecrosia, ma si può presumere che si trattasse di Bordighera, dove sia Giuseppe
Porcheddu
in Arziglia sia i Chiappa, padre e figli, sempre in Bordighera, nel
loro garage situato quasi in centro città, risultano da diverse fonti
essere stati coinvolti nella vicenda testè richiamata. Nella
testimonianza, ancora, di Paolo "Pollastro"
Loi
(documento
IsrecIm, copia di Giorgio
Caudano, già parzialmente
pubblicato in diverse opere sulla Resistenza), nella parte mirata al
racconto del suo arrivo ad aprile 1945 dalla Francia (con sbarco a
Vallecrosia e prosecuzione dell'incarico - affidato al suo gruppo dagli
alleati - di portare materiale ai garibaldini in montagna) si viene a
sapere del suo incontro dalle parti della Valle Argentina con il
maggiore Raimondo ormai in fuga. Infine, per la registrazione dell’atto
di morte del capitano Punzi presso il comune di Ventimiglia - Dario
Canavese di Ventimiglia, per la preparazione del libro di
Francesco Mocci,
Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019, annotava: "l’ufficiale dello Stato Civile di Ventimiglia
ricevette dal Tribunale di Sanremo, mediante copia di sentenza
dell’11.08.1947, l’autorizzazione ad eseguire la compilazione tardiva
dell’atto di morte" - comparvero come testimoni Luigi Raimondo ed il
figlio Mario (Mario Raimondo "Mariun", che si era a suo tempo speso,
oltre che con il padre, anche con Efisio "Mare"
Loi,
a sua volta genitore del mentovato Paolo Loi e di Pietro Loi -
quest'ultimo coinvolto nella Missione Flap ed in altre operazioni con
gli alleati -, e Albino Machnich, nella raccolta di informazioni
militari).