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venerdì 23 dicembre 2022

Il carattere dell’attività garibaldina in Valtellina è essenzialmente militante

Cataeggio, Frazione del Comune di Val Masino (SO). Fonte: Paesi di Valtellina e Valchiavenna

Il 10 giugno 1944 la Delegazione per la Lombardia del Comando Generale delle Brigate d’assalto Garibaldi inviava al Comando Generale un rapporto in cui esponeva l’attività svolta nei due mesi precedenti. A fine aprile “i risultati - si legge nel rapporto - furono scarsi, né poteva essere altrimenti, […] in quanto perdurava ancora nelle differenti federazioni una incomprensione ed una sottovalutazione del lavoro militare che ostacolava e rendeva difficile non solo lo sviluppo del lavoro stesso, ma anche la presa di collegamento con le forze esistenti” <1. Nei centri lombardi le forze gappiste erano quasi inesistenti e le poche formazioni partigiane in attività erano disperse e isolate nelle province. La relazione arieggiava un testo assai più duro scritto in quegli stessi giorni dalla sezione organizzazione ed effettivi del Comando generale e forse mai spedito. In esso si legge che “in Lombardia esiste una sola brigata Garibaldi, 3° Lombardia, ma praticamente inesistente perché è stata disorganizzata dai colpi della polizia […]. Cosa volete che sia una brigata inesistente di fronte alle nove del Piemonte, sei dell’Emilia, quattro del Veneto e quattro delle Marche? Come vedete la vostra regione è alla coda del movimento partigiano in Italia e questo ritardo è tanto più grave se si considera la forza organizzativa del Partito nella regione […], la combattività della classe operaia dimostrata in vari scioperi generali, l’odio antitedesco e antifascista della popolazione e questa constatazione è un disonore per voi. Dovete al più presto mettere fine a questo stato di cose […]. In ognuna delle vostre vallate: Brescia, Sondrio, Pavia, dove avete già dei distaccamenti organizzati, nel Bergamasco, nel Varesotto, dove certamente ci sono dei distaccamenti partigiani di cui voi non sapete nemmeno l’esistenza, in ognuna di queste valli dovete organizzare una brigata Garibaldi” <2.
Difficile essere più chiari, ma la durezza del tono era dettata dall’urgenza del momento: Roma era appena stata liberata e le truppe di Eisenhower avevano messo piede in Francia, col grandioso e terribile sbarco in Normandia; a est l’esercito sovietico si stava concentrando per lanciare un’offensiva che stringerà in una morsa le truppe tedesche. La liberazione sembrava ottimisticamente vicina e il movimento partigiano non poteva farsi trovare impreparato. “Ogni vallata, ogni montagna, ogni città e villaggio deve avere il suo gruppo armato di patrioti che disturbi con attacchi continui il nemico” <3.
[...] I due pungoli dei comandi garibaldini lombardi furono dunque il senso della inadeguatezza del movimento partigiano in Lombardia e la necessità di prepararsi per la liberazione, che non doveva essere lontana. “Il 6 giugno - ricorda Nicola [Dionisio Gambaruto] - gli alleati erano sbarcati in Normandia e noi della Resistenza avevamo ricevuto l’ordine di entrare in azione dappertutto per allargare il più possibile il conflitto e per disturbare la marcia delle truppe fasciste e tedesche” <10. I partigiani garibaldini si fecero subito comandanti di distaccamento e si diedero ad organizzare le formazioni partigiane dall’interno. Era il lavoro militare, la mancanza del quale aveva pregiudicato i successi della Resistenza lombarda nella passata primavera. A luglio, nella loro relazione per la federazione e il comando militare, Ario e Silvio ricordarono che “furono scelti i migliori elementi e preparati per coprire posti di comando […]. Il distaccamento fu così organizzato: nucleo - 6 uomini compreso il capo nucleo; squadra su 2 nuclei, più il Capo Squadra; Distaccamento - su 2 squadre, più il Comandante, il Commissario, il Vice Comandante più alcuni elementi per servizi vari” <11. Furono costituite sei basi di appoggio, che dovevano servire da magazzino e da recapito e furono imbastiti i collegamenti con la federazione, il comando militare, il Fronte della Gioventù, il comando unico. I partigiani disponevano poi di due uffici di intendenza collegati con Milano, di un ufficio informazioni e di un medico per il servizio sanitario <12.
Il 25 maggio, in risposta al bando di Mussolini per l’arruolamento nell’esercito di Salò, fu costituita la 40° Brigata Matteotti, divisa in due zone: il Fronte nord, sul lato destro della Valtellina fino a Sondrio, e il Fronte sud, dalla Val Gerola all’alta Valsassina. A capo del primo fu posto Nicola, il secondo fu affidato ad Aldrovandi. Da questi due tronchi nasceranno, nel luglio del 1944 le due brigate Garibaldi della Valtellina: la 40° Matteotti e la 55° Rosselli. Gli effettivi al 10 luglio ammontavano già a cinquecento uomini, per lo più giovani mandati dal Fronte della Gioventù e provenienti da Lecco e da Milano. Ma la loro preparazione lasciava molto a desiderare. Scrivevano Ario e Silvio: "Non andiamo per nulla bene […]. Il 90 % dei giovani del F.d.G. inviati o si sono sbandati o sono ritornati a casa e molti sono stati arrestati perché destavano sospetto in gruppo o hanno parlato lungo il viaggio della loro meta. La maggioranza sono arrivati scalzi e credevano di trovare l’Eden. Il compito principale del F.d.G. è di prepararli a sopportare le dure fatiche della montagna e di tutto il nostro lavoro. Bisogna che prima di partire sappiano che il cibo è scarsissimo che le armi non sono a disposizione come in una caserma, ma che si devono prendere al nemico e che un fucile è già un’arma preziosa per il partigiano" <13.
Il carattere dell’attività garibaldina in Valtellina è essenzialmente militante: il suo obiettivo è il potenziamento del movimento partigiano dall’interno, la sua espansione e lo sviluppo dell’organizzazione. Ma il momento  dell’organizzazione è congiunto all’azione bellica e ne è per così dire il prolungamento: “la migliore organizzazione militare sorge e si tempra alla prova del fuoco”, scrivono Ario e Silvio in maiuscolo nella loro relazione e sono parole che torneranno nelle carte dei comandi partigiani <14.
A fine agosto Ario, diventato nel frattempo comandante in pectore del Raggruppamento della 40°, 55° e 52°, le tre brigate attive tra la Valsassina e Sondrio, scriverà alle compagne partigiane parole inequivocabili: “Alludiamo alla necessità, in questo momento, di bolscevizzare la nostra azione mediante una lotta serrata aperta finale. Nessuna esitazione, nessuna giustificazione, tutte le nostre forze devono essere in linea di combattimento, dobbiamo imitare i gloriosi compagni e compagne dell’Unione Sovietica che hanno saputo dare alla guerra sostenuta dall’esercito rosso un’impronta bolscevica, unica e vera ragione per cui gli eserciti nazifascisti sono ripetutamente battuti […]. Avanti dunque con coraggio, organizzate squadre di gappiste, di sappiste, organizzate distaccamenti completi femminili che agiranno al nostro fianco valorosamente” <15. Dalla lotta nascono i quadri: “non fatemi più sapere (perché purtroppo lo so già) che vi mancano i compagni capaci - così Ario ai compagni della Brigata -. I compagni capaci siete voi, poiché altri non ve ne sono e non ve ne saranno, dato il grandioso compito del Partito nella società democratica immediatamente futura. Sdoppiatevi, moltiplicatevi e mettete avanti negli sforzi con coraggio giovani e poi giovani compagni che, dietro la vostra guida, daranno certamente buoni risultati. Non sono capaci? Diventeranno capaci in misura degli aiuti che voi saprete apportare loro. E solo voi sarete responsabili se non funzioneranno. Così l’avanzamento tra i migliori patrioti. La nostra lotta è la nostra Università e i quadri devono uscire da questo consesso patriottico così come in tutte le rivoluzioni sociali i quadri escono dal popolo” <16. Coraggio dunque: fare e organizzare, lottare e nella lotta forgiare le formazioni.
Certo, il lavoro organizzativo non diede proprio i risultati che i dirigenti di Lecco e di Milano desideravano. Dal giugno al novembre del 1944 uno stillicidio di comunicazioni della Delegazione del Comando generale per la Lombardia al Comando della 40° brigata Matteotti e della 55° Rosselli - cioè a Nicola e Al [Vando Aldrovandi] - e poi al Comando di Raggruppamento delle brigate operanti in Valtellina, lamentava l’evanescenza del Comando di brigata, l’insufficienza dei collegamenti interni, la necessità di costituire, nel mese di agosto, un Comando di divisione, la disorganizzazione della 55° brigata e la mancanza, ovunque, di commissari politici <17.
Il 14 agosto 1944, Nicola rispose piccato in una lettera alla Delegazione: “Questo Comando vorrebbe sapere quali elementi specifici di organizzazione ci rimproverate. Sono sempre stati nostri criteri impedire la burocratizzazione dei Comandi per tenersi il più possibile vicino agli uomini e spingerli continuamente sulla via dell’azione. Quando è stato possibile non abbiamo esitato a lasciare le circolari per adoperare il mitra” <18 e spiegò che il lavoro delle varie Sezioni Operazioni, Intendenza e Sanità poteva essere svolto anche solo da un Capo Sezione, con l’ausilio tutt’al più di un vice. “Tenete però conto di vari elementi - proseguiva Nicola - che i capaci e in fede sono pochi; che non essendo molto numerosa la Brigata, alcuni servizi possono essere assunti dallo stesso individuo senza tema di accumulazione dannosa di lavoro; che abbiamo cercato di snellire i servizi per portare tutti gli elementi idonei alla lotta viva e reale contro l’odiato nemico” <19.
Insomma, per riprendere il filo della nostra argomentazione, le deficienze organizzative del movimento garibaldino non ne inficiarono l’ispirazione di fondo: quella a svilupparsi dall’interno e ad accrescersi per mezzo di un’incessante attività di combattimento. L’organizzazione interna non veniva prima dell’azione, ma dopo: la parola d’ordine era bolscevizzare, lasciare le circolari per il mitra. Accanto al lavoro militare, i comandanti garibaldini comunisti erano consapevoli della necessità di un alacre lavoro politico. “Non essendoci a disposizione un numero di compagni sufficiente, pensammo di reclutare tra i simpatizzanti migliori alcuni elementi per farli entrare nel Partito” così Ario e Silvio, che organizzarono i nuclei di partito nei distaccamenti della 40° Brigata. “Molte riunioni furono fatte per spiegare o comunque chiarire i compiti militari e politici dei Distaccamenti e sviluppammo tutto il programma del CLN. Furono fatte riunioni dei nuclei di partito e spiegammo i loro compiti e le funzioni dei compagni nelle formazioni. Segnalammo alla federazione l’urgente necessità di avere la nostra stampa nelle formazioni” <20.
In un documento senza data, ma collocabile tra il giugno e il luglio del 1944, il vice Commissario di Brigata Gino esponeva ai Commissari di Distaccamento il punto di vista del comando partigiano in tema di propaganda politica. “La propaganda, che dovrebbe dare una coscienza politica al combattente per la libertà, è stata un po’ trascurata finora in quanto gli avvenimenti hanno impedito la propulsione di essa. Da oggi i Commissari politici incaricati a detta mansione, dovranno svolgere un’intensa azione di propaganda al fine di rendere comprensibile a tutti i combattenti il movente della nostra lotta contro l’invasore tedesco e il traditore fascista”. Parlando del CLN, che Gino definisce il nuovo governo degli italiani, il vice commissario si raccomanda: “i combattenti devono anche conoscerlo in tutti i suoi atti e in tutto il suo valore affinché essi vedano sempre che il loro interesse e l’interesse dei lavoratori è salvaguardato ed è il movente principale della lotta di liberazione nazionale” <21.
Tuttavia, il lavoro politico incontrò grosse difficoltà dovute soprattutto alla cronica mancanza di agit prop: “questo comando non è tanto contento in quanto, mancando dei compagni capaci, il lavoro dei nuclei non rende come dovrebbe; anche i Commissari non sono all’altezza dei loro compiti. Pur tuttavia, ora si inizierà una serie di circolari che si crede colmeranno queste lacune, poiché stiamo allestendo una segreteria della Brigata. Si sta preparando il giornale della Brigata e si è certi che se ne trarranno buoni profitti” <22. Nei mesi estivi, comunque, i progressi sul fronte politico furono di scarso rilievo e in autunno si dovette ricominciare daccapo. Il 14 ottobre 1944, in una riunione dei compagni del Comando di Divisione fu stigmatizzata la poca coscienza politica dei nuovi partigiani, ma in ottemperanza alle direttive del Partito Comunista si decise di reclutare tutti i simpatizzanti, escludendo solo gli elementi di moralità molto dubbia <23. Furono nominati i responsabili di partito per ogni distaccamento, battaglione e brigata; fu deciso che i compagni dei distaccamenti si sarebbero riuniti due volte alla settimana, che con la stessa frequenza i responsabili dei distaccamenti avrebbero incontrato i loro omologhi dei battaglioni e che una volta alla settimana si sarebbero riuniti tutti i compagni della brigata <24. Nei mesi di ottobre e novembre, la propaganda politica cominciò a dare i suoi frutti: “In questa Brigata si è dato impulso al lavoro politico con riunioni e conferenze fatte ai Patrioti. I commissari svolgono bene il loro lavoro. […] le riunioni politiche sono state oggi esplicate dai Commissari nei distaccamenti IV e X discutendo: in uno della disciplina nelle formazioni partigiane e nell’altro leggendo e commentando il fascicolo “La nostra lotta”. Particolare attenzione fu dedicata ai più giovani: “A Cataeggio sono stati adunati tutti i giovani del Paese dai 16 anni in avanti ed è stata loro spiegata l’organizzazione del Fronte della Gioventù. Alla richiesta fatta loro di organizzarsi tutti hanno aderito” e alle donne: “è stato formato a Cataeggio un Gruppo di Difesa della donna composto da 35 donne. Anche a Filorera 15 donne si sono organizzate. A queste donne è stata tenuta una conferenza dove veniva loro spiegata l’utilità e la necessità di questa organizzazione” <25.
[NOTE]
1 AAVV, Le brigate Garibaldi nella Resistenza: documenti, Milano, Feltrinelli, 1979, vol. II, pag 23
2 Ivi, pag 30.
3 Ivi, pag. 28
10 Marco Fini e Franco Giannantoni, op. cit., vol II, pag . 56.
11 Relazione per la F. e il CM di Ario e Silvio del 10 luglio 1944, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f6.
12 Cfr Ivi.
13 Ivi
14 Ivi.
15 AAVV, Le Brigate Garibaldi, op. cit., vol. II, pagg 279-280.
16 Comando 40° Brigata d’Assalto Garibaldi Matteotti ai Compagni della Brigata, firmato Ario, 21/7, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f6.
17 Cfr Issrec, Fondo CVL INSMLI.
18 Comando 40° Brigata d’Assalto Matteotti alla Delegazione, firmato Nicola, 14/8/1944, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f6.
19 Ivi.
20 Relazione per la F. e il CM di Ario e Silvio del 10 luglio 1944, cit.
21 40° Brigata d’assalto Matteotti ai commissari di Distaccamento, Oggetto: Lavoro di propaganda politica da svolgere, firmato Gino, s.d., Issrec, Fondo Cvl Insmli, b1 f5. L’intestazione reca tra parentesi la scritta “Comando Fronte nord”. Il 23 luglio 1944 i due fronti della 40° Matteotti si trasformarono reciprocamente nella 40° Brigata Matteotti e nella 55° Brigata Rosselli. Da qui la nostra attribuzione del testo al giugno-luglio del 1944.
22 Comando 40° Brigata d’Assalto Garibaldi Matteotti per la Delegazione Comando e il Comando Regionale unificato Lombardo, 20/7, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f6. Il giornale della 40° Matteotti
23 Il nucleo di Partito del Comando di Divisione alla Federazione del PCI, 14/10/1944, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f5.
24 Ivi
25 Relazione politica al Commissario di Raggruppamento, firmato Nicola e Primo, 24/11/44, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f5.
Gian Paolo Ghirardini, Società e Resistenza in Valtellina, Tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, Anno accademico 2007/2008