A Ventimiglia
in ambienti che gravitavano intorno alla stazione ferroviaria si formò
una rete clandestina con l’obiettivo di sabotare i trasporti tedeschi e
difendere le infrastrutture ferroviarie e stradali in concomitanza di
un’eventuale sbarco alleato. A questa organizzazione aderirono una
decina di ferrovieri
assieme a carabinieri, poliziotti, civili. Il gruppo, che assunse il
nome di Giovine Italia, riuscì a collaborare con un’altra organizzazione
legata al partito comunista di Bordighera, la quale in clandestinità forniva documenti falsi a militari sbandati e antifascisti ritenuti sovversivi dalle autorità della Repubblica
Sociale. Gli ufficiali dell’esercito e i carabinieri che aderirono
avrebbero dovuto stabilire il controllo dell’ordine pubblico una volta
il territorio fosse stato liberato. A causa di un incauto approccio da
parte di Olimpio Muratore, tentato con due suoi compagni di scuola
arruolatisi nella GNR ferroviaria, Carlo Calvi e Ermanno Maccario,
questi rivelarono l’esistenza dell’organizzazione al loro comandante.
Iniziarono subito le indagini portate avanti dalla G.N.R. e dal
Commissario Capo della Polizia Repubblicana di Ventimiglia, Pavone.
All’alba del 23 maggio 1944 una retata portò alla cattura di una
trentina di persone, ventuno delle quali consegnate ai tedeschi, e di
queste tredici furono successivamente inviate a Fossoli e poi a Mauthausen: Airaldi Emilio, Aldo Biancheri, Antonio Biancheri, Tommaso Frontero, Stefano Garibaldi, Ernesto Lerzo, Amedeo Mascioli, Olimpio Muratore, Giuseppe Palmero, Ettore Renacci, Elio Riello, Alessandro Rubini, Silvio Tomasi, Pietro Trucchi e Eraldo Viale. Solamente Elio Riello, Tommaso Frontero,
Amedeo Mascioli, Aldo e Antonio Biancheri sopravvissero alla
deportazione. Emilio Airaldi, invece, già sul carro merci destinato in
Germania, riuscì a scardinare un finestrino del carro e a gettarsi di
notte nel vuoto nei pressi di Bolzano: venne aiutato da ferrovieri che
lo aiutarono a nascondersi e quindi a ritornare a casa dove giunse dopo 3
mesi. Giuseppe Palmero e Ettore Renacci furono fucilati a Fossoli,
Olimpio Muratore, Silvio Tomasi, Alessandro Rubini, Eraldo Viale, Ernesto Lerzo e Pietro Trucchi morirono nel campo di Mauthausen. Di Antonio Biancheri - salvatosi dagli stenti e appena tornato dal campo di concentramento di Mauthausen - esiste all'Archivio di Stato di Genova (per l'informazione si ringrazia Paolo Bianchi di Sanremo) la denuncia presentata al locale C.L.N. in Bordighera il 6 luglio 1945 contro Salvatore Moretta già milite della Guardia Nazionale Repubblicana, nel documento siglata come G.R.F. anziché G.N.R. come più usuale. Il Moretta, in effetti, era stato molto attivo nel quadro delle operazioni che portarono all'arresto di Biancheri nella notte tra il 22 ed il 23 maggio 1944. Sottolineava, infatti, Biancheri che un mese circa prima del suo arresto, allorquando si trovava nell'attuale Corso Italia di Bordighera in compagnia di Stefano Garibaldi - un altro patriota antifascista, che a luglio 1945 all'amico sembrava ancora detenuto in Germania, mentre, in effetti era già deceduto -, si era accorto del pedinamento effettuato a suo danno dal Moretta: entrati nella farmacia del corso ebbero piena conferma dell'appostamento effettuato dal miliziano repubblichino. Per quanto attiene le modalità del suo arresto, Biancheri specificava i nomi degli uomini della G.N.R. intervenuti, tra i quali, logicamente, compariva il Moretta, ma anche un appuntato dei carabinieri della stazione di Bordighera. In questa circostanza, mentre Biancheri era riuscito in qualche modo a far sparire i documenti per lui più compromettenti, gli agenti sequestravano tutta la sua corrispondenza personale, anche quella vecchia di quattro anni. All'alba, Antonio Biancheri veniva portato - presente sempre il Moretta - nella sede G.N.R. in Piazza della Stazione [oggi Piazza Eroi della Libertà], accanto agli uffici delle Poste e Telegrafi,
dove, circa un'ora dopo, venne un ufficiale della Milizia Confinaria a
prelevarmi con un'autovettura per trasportarmi a Ventimiglia; e così
ebbe inizio la mia lunga e terribile odissea che mi portò a Mauthausen. In seguito Antonio Biancheri fu molto attivo in seno al Partito socialista, ma reticente - come tanti reduci dalle tragiche odissee del secondo conflitto mondiale - a parlare delle vicende personali più dolorose. Di lui tramanda un vivo ricordo Giorgio Loreti, dinamico animatore dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera.
Adriano Maini