Ventimiglia (IM): la lapide che nella piazzetta della Chiesa di Nervia ricorda le 67 vittime del bombardamento aereo del 10 dicembre 1943, tra le quali quattro ostaggi esposti dai nazifascisti |
Due cugini, nati in provincia di Parma, emigrati a Ventimiglia,
perirono, uno alpino, l'altro del genio ferrovieri, nel rogo dell'infame
campagna di Russia voluta da Mussolini nella seconda guerra mondiale.
La famiglia dell'alpino, finito il conflitto,
andò ad abitare in prossimità delle rovine - affacciate sul fiume Roia -
provocate dai terribili bombardamenti che squassarono la città di
confine, in modo particolare quello del 10 dicembre 1943.
All'altra
famiglia toccò in sorte di ricevere - a morte già avvenuta del congiunto
- una cartolina postale (uguale a decine di altre, con la sola
variante dei destinatari e del nome proprio del subordinato), firmata
dal maggiore del Battaglione, un biglietto che augurava il Buon Natale e
che assicurava che il loro caro stava bene.
Nella zona di residenza
di questa famiglia, Nervia di Ventimiglia, un anno dopo, proprio in quel
10 dicembre 1943 già citato, una ragazzina assistette da vicino
all'inferno scatenato
dagli aerei statunitensi con tale evidente timore sì da voler spesso
ricordare da insegnante adulta in classe ai suoi allievi il tragico
episodio.
Sempre in quel giorno si prodigò all'estremo per soccorrere
feriti e per dare conforto spirituale il parroco, che anni dopo dalla
sua nuova destinazione di Riva Ligure si trovò spesso in stazione con
l'opportunità di rivedere e salutare affettuosamente almeno un
ferroviere, in questo caso fratello del geniere defunto, del novero dei
giovincelli da lui già conosciuti a Nervia.
Si affrettarono anche dal
centro città madre e figlio di dieci anni in cerca del padre che dalle
parti di Nervia aveva un lavoro: per loro fortuna il capofamiglia si era
trovato oltre il punto critico, ma il bambino da grande avrebbe
rammentato i morti da lui visti con sofferta umanità ancor più per il
fatto che era destinato a frequentare tanti sopravvissuti.
Sempre da
Nervia era partito per la guerra un altro ragazzo, che conosceva quasi
tutte le persone - di alcune era anche amico! - qui menzionate e che
affondò al largo dell'isola Asinara con la corazzata Roma il 9 settembre
1943.
Finirono in trappola
Ettore e Marco Bassi, padre e figlio, commercianti ebrei di
Ventimiglia, benefattori non solo degli ebrei stranieri in fuga, ma
anche benemeriti della città e del comprensorio, per essere poi
falcidiati nell'inferno degli stermini nazisti.
Ferrovieri
antifascisti di Ventimiglia vennero uccisi nelle rappresaglie del
Turchino e di Fossoli, ma i più trovarono la morte nei lager tedeschi:
tra loro anche il compagno di lotta capitano Silvio Tomasi, già reduce
dalla campagna di Russia.
Da Ventimiglia qualche familiare è riuscito
negli anni a recarsi in Germania per visitare la tomba di un loro caro,
deceduto quale Internato Militare.
Una lapide nel cimitero centrale
di Ventimiglia a Roverino commemora i partigiani caduti: impressionante
pensare a come furono massacrati a Sospel dalla furia nazifascista undici garibaldini (tra i quali un ventimigliese, Osvaldo Lorenzi; un altro ventimigliese, Sauro Bob Dardano, era già morto con l'assalto nemico) e quattro appartenti al maquis.
Nella strage nazista di Grimaldi perirono anche tre bambini molto piccoli; in quella di Torri due persone molte anziane e due cinquantenni.
Sono
solo alcuni esempi, uno spaccato non esaustivo: certamente è
impressionante verificare che solo la piccola città di Ventimiglia abbia
avuto centinaia e centinaia di vittime di guerra.
Adriano Maini