La
spiaggia di Bagnabraghe, situata nella parte di levante di Bordighera, è
stata a lungo il sito preferito dai pescatori del posto.
La denominazione è tutto un programma e si spiega, invero, da sola.
Anche di là partirono gozzi a remi e barche a motore per viaggi via mare verso la Costa Azzurra di ebrei stranieri in fuga dall'Italia a causa delle leggi antisemite del regime fascista.
Un
bravo imprenditore edile racconta di tanto in tanto di quando da
ragazzino fece l'apprendista (il "bocia") pescatore dell’unico
equipaggio della città delle palme accettato come tale alla svolta degli
anni Cinquanta a Marina San Giuseppe di Ventimiglia: forse salpando di
là arrivavano a zone più ricche di prede, guidati da professionisti che
ne sapevano più di loro.
Sarà
pur vero che per uno strano fenomeno fisico sul mare o vicino ad una
spiaggia le voci si trasmettono molto lontano ed in modo chiaro, ma un
pescatore dilettante - in verità, provetto forse più di tanti
professionisti - riusciva dal largo a farsi sentire con un poderoso
fischio dai familiari in casa in Via Dante di Ventimiglia: con
modulazioni in codici decifrabili solo dai suoi cari.
Del resto, se non era in mare, dove aveva insegnato a tante persone un po' dei suoi segreti, quell'ex ferroviere era una presenza costante, quasi un punto di riferimento per chi passava, su quella spiaggia prossima alla sua abitazione, tutto intento a rigovernare quanto attinente alla sua profonda passione.
Il figlio maschio, per nulla seguace del padre, ha amato il mare in modo diverso, al punto da rievocare oggi con toni lirici "meravigliose domeniche passate su quegli scogli chiamati 'le moese' per catturare le zigurelle, pesciottini coloratissimi e rimediare ustioni clamorose".
Del resto, se non era in mare, dove aveva insegnato a tante persone un po' dei suoi segreti, quell'ex ferroviere era una presenza costante, quasi un punto di riferimento per chi passava, su quella spiaggia prossima alla sua abitazione, tutto intento a rigovernare quanto attinente alla sua profonda passione.
Il figlio maschio, per nulla seguace del padre, ha amato il mare in modo diverso, al punto da rievocare oggi con toni lirici "meravigliose domeniche passate su quegli scogli chiamati 'le moese' per catturare le zigurelle, pesciottini coloratissimi e rimediare ustioni clamorose".
Non
molto lontano da quel rione, qualche decennio prima che venisse
costruito il porto turistico di Ventimiglia, un nonno, già collega del
bravo pescatore poc'anzi citato, rassicurava in più di un'occasione il
nipotino che avrebbe cucinato e mangiato qualche pesciolino non molto
più grosso di un dito pollice, catturato dal piccolo, spesso quasi ad
onta di persone che, ben munite di ultimi ritrovati, rientravano,
invece, con i cestini vuoti, con attrezzo quasi di fortuna dal vecchio
molo, costruito per un progetto da tempo tramontato ed ormai - caotico,
ma fascinoso ammasso di scogli - quasi del tutto sprofondato in acqua,
in attesa del nuovo scalo che lo avrebbe ricoperto.
Adriano Maini


