Felix, di concerto con Hans Senner, organizzò una trappola
che avrebbe permesso la cattura dei nuovi arrivati. Felix lasciò tre
uomini - Wihlelm Schönherr alias William, Schmidt e l’italiano Nino
Bertola - nella casa di Marina San Giuseppe a Ventimiglia e, con
il corpo di Punzi, ritornò verso Sanremo. Era necessario non far
sapere al nemico che Punzi era morto e che i documenti contenuti nel suo
zaino erano ormai in mano tedesca. Il corpo di Punzi fu abbandonato sul
bordo della strada, poco prima dell’entrata in Sanremo. Una telefonata
anonima informò il comando di polizia che un uomo giaceva privo di vita
lungo la strada che collegava Ospedaletti con Sanremo. Punzi venne,
pertanto, seppellito dalle autorità municipali di Sanremo come ignoto.
Felix, appena giunto a Villa Aloha, sebbene l’alba non fosse ancora
spuntata, telefonò a Milano dove il suo capo, Georg Sessler, si era
recato e si trovava negli uffici di via Ariosto dell’intelligence della
Kriegsmarine (Marinenachrichtendienst MND III) di cui faceva parte. Un
suo dipartimento, il B-Dienst, era specializzato nell'intercettazione,
nella registrazione, nella decodifica e nell'analisi delle comunicazioni
nemiche. A Sanremo, nella Pensione delle Palme, si trovava il centro di
ascolto di questa struttura, dove più di una ventina di operatori erano
costantemente intenti a registrare le comunicazioni alleate. Il comando
della struttura, che dipendeva direttamente dal comando di Merano, era
affidato al capitanleutnant Georg Sessler, ventisettenne con alle spalle
anni di esperienze maturate nei servizi segreti tedeschi, già coinvolto nell'interrogatorio di alcuni dei quindici soldati americani della missione Ginny prima catturati, poi massacrati dai nazisti vicino a Bocca di Magra.
Visualizzazione post con etichetta Giuseppe. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giuseppe. Mostra tutti i post
martedì 4 febbraio 2025
Il corpo del capitano Punzi fu abbandonato sul bordo della strada
Il capitano Luigi Gino Punzi il 4
gennaio 1945 venne a tradimento gravemente colpito alla testa con una scure in una casa di Marina San Giuseppe di Ventimiglia
da un pescatore-contrabbandiere, al quale si era rivolto per un rientro
clandestino in Francia, e venne finito il giorno dopo con un colpo di
pistola alla testa dal sergente telegrafista Schönherr della marina
tedesca su ordine del suo superiore Leon Jacobs, alias Felix.
Eros (Eros Ghirardosi) era uno dei due radiotelegrafisti che, condotti da Amilcare Bric e Brac
Allegretti, dovevano raggiungere Luigi Punzi a Marina San Giuseppe di
Ventimiglia (IM) proprio nell'appartamento di Allegretti, ma che, una
volta incappato nella mortale aggressione il loro
referente capitano Gino, caddero, subendo ciascuno diversa sorte, nella trappola tesa loro dagli uomini dei servizi informativi (SRA) della Marina Militare (Kriegsmarine) tedesca di stanza a Sanremo. Eros
per almeno quindici giorni fu costretto a trasmettere falsi messaggi
agli americani del Servizio OSS, che non lo preventivamente avevano
fornito di un codice d'allarme in caso di caduta in mano nemica. Secondo
alcune fonti nel novero dei diversi danni procurati agli alleati ed
alla resistenza dai falsi messaggi di Eros, fatti trasmettere dagli specialisti all'OSS antenna di Nizza grazie al citato arresto, spicca l'induzione all'aviolancio
su Cima Marta del 23 febbraio 1945, che si risolse in un disastro per i
partigiani, con perdita del materiale, recuperato dai tedeschi, e la
morte di almeno quattro garibaldini sia lo sviluppo delle circostanze che avevano già portato l'8 febbraio al grave ferimento del comandante partigiano Stefano Carabalona (Leo).
Etichette:
1945,
4,
B-Dienst,
capitano,
gennaio,
Gino,
Giuseppe,
Luigi Punzi,
Marina,
Nizza,
OSS,
partigiani,
San,
tedeschi,
Ventimiglia (IM)
giovedì 16 gennaio 2025
Il Professore Raffaello Monti si era temporaneamente trasferito a Tolosa
Villa Ortensia a Bordighera (IM), dimora del professore Monti |
Raffaello Monti (Milano, 23 dicembre 1893; Bordighera, 15 maggio 1975). "Monti
fu musicista di professione, specializzato nel violoncello, e
compositore. Ebbe modo di studiare musica e perfezionare la sua arte in
più Istituti e Città (Torino, Tolosa, Nizza) raggiungendo notevoli
traguardi e incarichi di prestigio, tra cui quello di primo
violoncellista al Teatro Regio di Torino e solista all’EIAR. La sua
carriera precoce, iniziata ad appena 16 anni, continuò fino all’anno
della sua morte nel 1975 con la composizione e orchestrazione di molte
opere".
Valentina Donati
E Raffaello Monti negli ultimi anni di vita dimorò in Bordighera (IM) a Villa Ortensia. Fu promotore, soprattutto in qualità di Presidente della locale Unione Culturale Democratica, di diverse iniziative culturali e sociali, quali la Conferenza su Mussorgosky del 1961, la relazione, con Aldo Capitini, al Convegno sull'Obiezione di Coscienza del 1962, per il quale pervenne una lettera di adesione di Bertrand Russel -, la relazione alla Conferenza La contaminazione atomica a Ventimiglia (IM) nel 1964, la relazione alla Conferenza La questione d'Israele nel 1967. Molte di queste ultime informazioni sono desunte da Archivio Unione Culturale Democratica di Bordighera (IM), di Giorgio Loreti, ed. in pr., marzo 2017.
Adriano Maini
Le idee antifasciste di Beppe Porcheddu vennero ben presto note in Torino per cui
decise di agire prima di incorrere in inevitabili conseguenze. Decise di
raggiungerre un suo caro amico italiano, il Professore Raffaello Monti,
anch'egli antifascista, il quale si era temporaneamente trasferito a
Tolosa per sfuggire all'atmosfera ormai tossica che aleggiava in Italia.
Nel 1936 Beppe e tutta la sua famiglia andarono a Tolosa per vivere con
Monti e la famiglia di questi. Giuseppe Porcheddu e famiglia nella
città francese, dove i ragazzi frequentarono le locali scuole, rimasero
per un anno. Le priorità della famiglia su educazione, musica ed arte
continuarono ad essere rispettate sotto la direzione alquanto rigorosa
di Beppe. Gli studi accademici e musicali per i figli erano stati
programmati da Beppe. La vita era stata quindi strutturata con cura e
l'educazione dei suoi figli fu probabilmente molto diversa dagli altri
giovani che incontrarono e con cui fecero amicizia. Entrambe le
famiglie, quella di Monti e quella di Porcheddu, tuttavia, furono
costrette a tornare in Italia poiché stava diventando impossibile
trasferire fondi dall'Italia alla Francia. Al rientro in Italia, Beppe,
tale era la sua reputazione antifascista, si vide temporaneamente
ritirato il passaporto. La famiglia Porcheddu tornò temporaneamente a
Torino e poi andò a vivere a Merano dove Beppe aveva progettato e
costruito una casa. L'odio di Beppe per la politica fascista contribuì a
plasmare la sua direzione e le sue azioni future mentre l'ascesa del
nazismo e del fascismo gettavano le loro ombre oscure sull'Europa.
David Ross, figlio di Michael Ross, nipote di Giuseppe Porcheddu, email del 22 agosto 2020
David Ross, figlio di Michael Ross, nipote di Giuseppe Porcheddu, email del 22 agosto 2020
Da sottolineare, dunque, la
collocazione antifascista di Raffaello Monti al tempo del regime, che lo spinse ad andare
in Spagna dalla parte della Repubblica al tempo della guerra civile del
1936-1939, e l'impegno come "partigiano della pace" in Italia nei primi
anni '50 del secolo scorso.
Adriano Maini
Etichette:
antifascismo,
Beppe,
Bordighera (IM),
David Ross,
Giuseppe,
musicista,
pace,
Porcheddu,
Raffaello Monti,
spagna,
Tolosa,
torino
venerdì 18 dicembre 2020
Gli artisti Enzo Maiolino e Giuseppe Balbo
![]() |
Giuseppe Balbo, Ritratto di Enzo Maiolino - Fonte: Archivio Balbo |
Scrive Enzo Maiolino nel suo libro Non sono un pittore che urla [Conversazioni con Marco Innocenti, con uno scritto introduttivo di Leo Lecci, Ventimiglia, Philobiblon, 2014]:
"Balbo fu l’incontro più importante dei miei vent'anni. Devo a Balbo, alla sua generosità, la realizzazione del sogno della mia adolescenza: diventare pittore".
Balbo e Maiolino si sono conosciuti nel 1946, quando Enzo si unì ad un
primo gruppo di pittori che cominciò a radunarsi nello studio allestito
[in Bordighera (IM)] da Balbo al ritorno dall’Africa. "Noi, allievi della sua Scuola serale, fummo subito etichettati “pittori dilettanti” o “pittori della domenica”.".
Balbo insegnava a “vedere” da pittore. Cosa complessa, una vera e propria tecnica. La scelta del soggetto, la comprensione dell'”insieme”, l’osservazione e il confronto tra i vari elementi, la percezione dei “valori” chiaroscurali e tonali, ecc. Tutto ciò, insomma, che precede la trasposizione di un soggetto sul supporto (carta, tela, tavola)… Secondo me Balbo conosceva molto degli antichi procedimenti. Come provava la sua consuetudine, specie nelle tempere murali, di abbozzare con toni freddi e procedere, poi, con velature di colori caldi”.
Balbo insegnava a “vedere” da pittore. Cosa complessa, una vera e propria tecnica. La scelta del soggetto, la comprensione dell'”insieme”, l’osservazione e il confronto tra i vari elementi, la percezione dei “valori” chiaroscurali e tonali, ecc. Tutto ciò, insomma, che precede la trasposizione di un soggetto sul supporto (carta, tela, tavola)… Secondo me Balbo conosceva molto degli antichi procedimenti. Come provava la sua consuetudine, specie nelle tempere murali, di abbozzare con toni freddi e procedere, poi, con velature di colori caldi”.
"Poiché
ognuno di noi si guadagnava da vivere con un secondo mestiere, a volte,
la domenica, la Scuola al completo si trasferiva in campagna per
esercitazioni en plein air." (Maiolino, op.cit.)
L’incontro fu fondamentale per la formazione del giovane pittore, ma fu
importante anche per Balbo, che trovò in Enzo e nel fratello Beppe
Maiolino due validi collaboratori. In particolare Beppe Maiolino, come
fotografo, ha documentato momenti importanti della Mostre organizzate da Balbo.
I percorsi artistici di Balbo e Maiolino andranno avanti in autonomia, ma resterà sempre tra di loro un legame speciale, una vicinanza artistica nonostante gli opposti mondi pittorici. In particolare Maiolino scrive due attente recensioni nel 1966 e nel 1972, in occasione delle personali di Balbo, rispettivamente nella galleria del “Piemonte Artistico Culturale” di Torino e nella galleria della “sua” Accademia di Bordighera.
I percorsi artistici di Balbo e Maiolino andranno avanti in autonomia, ma resterà sempre tra di loro un legame speciale, una vicinanza artistica nonostante gli opposti mondi pittorici. In particolare Maiolino scrive due attente recensioni nel 1966 e nel 1972, in occasione delle personali di Balbo, rispettivamente nella galleria del “Piemonte Artistico Culturale” di Torino e nella galleria della “sua” Accademia di Bordighera.
In particolare, nel 1972, Maiolino analizza con grande efficacia il mondo di Balbo:"… l’eclettismo
di Balbo, più appariscente nelle due precedenti mostre, appare in
questa più contenuto e un attento esame delle opere esposte ci permette
una più serena riflessione sulla sua opera. La quale , a nostro avviso,
presenta due aspetti fondamentali: il primo riguardante il diretto
contatto del pittore con alcuni aspetti della realtà circostante; il
secondo, l’estrinsecazione del suo mondo fantastico nel quale
confluiscono spesso suggestioni letterarie e una sincera componente
“surrealista”…".
Alla fine di questo articolo Maiolino si sbilancia:
Augurandogli altri lunghi anni di sereno lavoro, sentiamo che ci riserverà ancora delle sorprese (il suo recente entusiasmo per alcune tecniche calcografiche mai prima sperimentate, ci fa ben sperare in tal senso).
Le sperimentazioni calcografiche di Balbo si erano fermate alla puntasecca e alla xilografia, le tecniche incisorie più immediate, dove il segno morde e comanda, senza ripensamenti ma anche con minori possibilità espressive.
![]() |
Enzo Maiolino e Giuseppe Balbo - Fonte: Archivio Balbo |
Alla fine di questo articolo Maiolino si sbilancia:
Augurandogli altri lunghi anni di sereno lavoro, sentiamo che ci riserverà ancora delle sorprese (il suo recente entusiasmo per alcune tecniche calcografiche mai prima sperimentate, ci fa ben sperare in tal senso).
![]() |
Enzo Maiolino, La Cattedrale di Ventimiglia (tempera) - Fonte: neldeliriononeromaisola |
Le sperimentazioni calcografiche di Balbo si erano fermate alla puntasecca e alla xilografia, le tecniche incisorie più immediate, dove il segno morde e comanda, senza ripensamenti ma anche con minori possibilità espressive.
![]() |
Un lavoro di Enzo Maiolino - Fonte: Laura Hess |
Invece Maiolino già negli anni 50 affrontava il mondo delle acqueforti, e proprio nel 1972 realizza una significativa cartella di sei acqueforti dal titola “La casa nera”, a cura di Vanni Scheiwiller.
Ho un ricordo vivido di una estate dei miei sedici anni; nel magazzino dei fiori di mio padre Elio, spesso usato dallo zio Beppe per i lavori ingombranti, appare un torchio da stampa, bottiglie di acido, carte preziose, e con la guida tecnica di Enzo, Balbo realizzerà una bellissima serie di acqueforti con acquatinta, allo zucchero e a pasta molle.
Marco Balbo © Archivio Balbo Archivio Balbo
“È guardando agli innumerevoli aspetti della natura e della vita, come
ai più diversi momenti della vicenda umana, che Giuseppe Balbo ha creato
una inesauribile e ricchissima antologia, mosso da una mai quieta
curiosità esplorativa e, più nel profondo, da una assoluta necessità di
intendere le cose e la realtà intorno a sé attraverso la pittura stessa.
Per tutta la vita egli ha visto, ha osservato, ha raccontato o ha
illustrato e, soprattutto, tutto ciò ha dipinto, respingendo suggestioni
e modi che non lo riguardavano, lavorando con assiduità e convinzione.
Balbo ha saputo dare l’esempio di un impegno dignitoso e severo ed ha
fornito insieme una lezione della più alta fedeltà”.
Massimo Cavalli, “La Voce Intemelia” del 23 gennaio 1978
A
partire dagli anni Settanta Enzo Maiolino approda ad un astrattismo di
matrice neoconcreta, attraverso un’inedita combinazione di forme
geometriche basate sui giochi del Tangram, dei Pentamini e degli
Esamini. Numerose le personali a lui dedicate, dalle prime mostre liguri
alle grandi esposizioni tedesche di Ingolstadt, Bottrop, Bonn, Colonia,
Münster. Nel 2007, in occasione del suo ottantesimo compleanno, il
Museo Civico di Sanremo gli dedica la Mostra “Geometrie in gioco. Enzo
Maiolino. Opere 2000-2007”, a cura di Leo Lecci e Paola Valenti. Oltre
ad una ricca selezione di opere grafiche e pittoriche, una sezione della
mostra espone i documenti raccolti da Enzo Maiolino nella sua lunga
attività di artista e studioso: libri, fotografie, manifesti, depliant,
pubblicazioni, articoli di giornali che testimoniano e raccontano tutte
le vicende legate alla vita culturale dell’ultimo cinquantennio. Una
parte consistente dell’Archivio Maiolino è attualmente conservata presso
l’AdAC (Archivio di Arte Contemporanea dell’Università degli Studi di
Genova) al quale l’artista ha deciso di destinare la sua intera raccolta
documentaria.
Comune di Sanremo (IM), ottobre 2014
Enzo
Maiolino, calabrese di nascita (1926) e ligure d’adozione (dal 1937),
pubblicò le sue prime acqueforti negli anni Settanta e iniziò a
orientare la propria opera verso una pittura aniconica di matrice
neoconcreta con splendide scansioni cromatiche, praticando intanto
l’arte incisoria per sperimentare ancor meglio l’astrazione delle forme.
Nel 1993 il critico e storico d’arte tedesco Walter Vitt conobbe l’opera di Maiolino e cominciò a promuoverla tramite una mostra monografica e itinerante per la Germania (1996-1997) e poi curò un prezioso catalogo (1).
Con l’aprirsi del nuovo millennio anche l’Italia s’è accorta dell’artista, nel 2001 alcune sue creazioni sono entrate nella collezione permanente del Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce e, nello stesso anno e sempre a Genova, la Fondazione Novaro gli ha conferito il premio per la cultura con la rondine in ceramica (oltre ad avergli dedicato per intero il quaderno numero 35 de «La Riviera Ligure»).
Maiolino, per limitarsi a qualche esempio emblematico, ha pubblicato testimonianze inedite e rare su Amedeo Modigliani (2), ma anche una raccolta di racconti di Giacomo Natta (3), ha impreziosito con i suoi disegni diverse sillogi poetiche (soprattutto per Vanni Scheiwiller) e ha rilasciato una lunga intervista su se stesso, eloquente sin dal titolo Non sono un pittore che urla (4).
Il sapere del poliedrico pittore si poggiava saldamente su una memoria fatta di mille cassetti dove tutto era stato messo gelosamente al sicuro e ordinato con paziente perizia, mentre la sua curiosità e la sua generosità rendevano d’impiccio chiavi e combinazioni: era sempre pronto ad archiviare un nuovo documento, ad aggiornare una vecchia bibliografia, ad attentare all’intrico di una questione complicatissima, e con forza uguale e teneramente contraria ti concedeva di guardare da vicino, ti coinvolgeva nella gioia di una scoperta, ti chiedeva di ripartire daccapo e insieme per una ricerca fin lì infruttuosa (quella relativa a Natta e Zambrano ci ha appassionato particolarmente).
Nel 1993 il critico e storico d’arte tedesco Walter Vitt conobbe l’opera di Maiolino e cominciò a promuoverla tramite una mostra monografica e itinerante per la Germania (1996-1997) e poi curò un prezioso catalogo (1).
Con l’aprirsi del nuovo millennio anche l’Italia s’è accorta dell’artista, nel 2001 alcune sue creazioni sono entrate nella collezione permanente del Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce e, nello stesso anno e sempre a Genova, la Fondazione Novaro gli ha conferito il premio per la cultura con la rondine in ceramica (oltre ad avergli dedicato per intero il quaderno numero 35 de «La Riviera Ligure»).
Maiolino, per limitarsi a qualche esempio emblematico, ha pubblicato testimonianze inedite e rare su Amedeo Modigliani (2), ma anche una raccolta di racconti di Giacomo Natta (3), ha impreziosito con i suoi disegni diverse sillogi poetiche (soprattutto per Vanni Scheiwiller) e ha rilasciato una lunga intervista su se stesso, eloquente sin dal titolo Non sono un pittore che urla (4).
Il sapere del poliedrico pittore si poggiava saldamente su una memoria fatta di mille cassetti dove tutto era stato messo gelosamente al sicuro e ordinato con paziente perizia, mentre la sua curiosità e la sua generosità rendevano d’impiccio chiavi e combinazioni: era sempre pronto ad archiviare un nuovo documento, ad aggiornare una vecchia bibliografia, ad attentare all’intrico di una questione complicatissima, e con forza uguale e teneramente contraria ti concedeva di guardare da vicino, ti coinvolgeva nella gioia di una scoperta, ti chiedeva di ripartire daccapo e insieme per una ricerca fin lì infruttuosa (quella relativa a Natta e Zambrano ci ha appassionato particolarmente).
Alessandro Ferraro, La memoria di Enzo Maiolino, «La Riviera Ligure», quadrimestrale della Fondazione Mario Novaro, XXVIII, 83, maggio/settembre 2017
1 Walter Vitt, Enzo Maiolino 1950-2000. Das druckgrafische Werk. Opera incisa e serigrafica, Nördlingen, Steinmeier Verlag, 2000. Segnalo anche il catalogo a colori Geometrie in gioco. Enzo Maiolino. Opere 2000-2007 (Genova, De Ferrari, 2007), curato da Leo Lecci e Paola Valenti che tante attenzioni hanno dedicato all’artista “ligure”.
2 Modigliani vivo. Testimonianze inedite e rare,
a cura di Enzo Maiolino, con una presentazione di Vanni Scheiwiller,
Torino, Fogola, 1981. Dopo 35 anni l’importante volume è pronto ed è
tornato in circolazione grazie a una nuova edizione: Modigliani, dal vero: testimonianze inedite e rare raccolte e annotate da Enzo Maiolino, a cura di Leo Lecci, De Ferrari, Genova, 2016.
3 Giacomo Natta, Questo finirà banchiere. Racconti. Un ricordo di Giacomo Natta, a cura di Enzo Maiolino, Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1984.
4 Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, con uno scritto introduttivo di Leo Lecci, Ventimiglia, Philobiblon, 2014.
3 Giacomo Natta, Questo finirà banchiere. Racconti. Un ricordo di Giacomo Natta, a cura di Enzo Maiolino, Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1984.
4 Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, con uno scritto introduttivo di Leo Lecci, Ventimiglia, Philobiblon, 2014.
Etichette:
Archivio,
artisti,
Balbo,
Bordighera (IM),
Enzo Maiolino,
Giuseppe,
Marco,
Marco Innocenti
giovedì 31 dicembre 2015
Iscriviti a:
Post (Atom)