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mercoledì 1 giugno 2022

Spesso, poi, gli arresti non avvenivano durante i disordini ma successivamente, quando guardie e carabinieri si mettevano a setacciare i quartieri popolari di Parma

Parma: un angolo di Oltretorrente - Fonte: Wikipedia

Come si è visto nei precedenti capitoli, in cinquant’anni di storia, l’Oltretorrente [a Parma] fu protagonista di numerosi episodi di conflitto che guadagnarono ai suoi abitanti una certa fama nel resto d’Italia, amplificata da eventi straordinari come le proteste contro la guerra d’Africa del 1896 o lo sciopero del 1908 e poi coronata e sublimata, nel primo dopoguerra, dalle vicende delle Barricate antifasciste del 1922.
«Popolo ribelle» o «teppa» - a seconda del punto di vista da cui, di volta in volta, si è guardato a quella realtà sociale e politica e ai protagonisti di quella lunga serie di rivolte - sono le definizioni che più si sono avvicendate sia nelle cronache giornalistiche coeve, sia in non poche ricostruzioni storiche che, negli anni, hanno contribuito a rafforzare un alone leggendario intorno a coloro che parteciparono ai tumulti e alle sommosse, dandone quasi per scontata l’uniformità sociale, come se si trattasse di tutta la popolazione del quartiere. Mai nessun tentativo è stato fatto per comprendere meglio chi realmente fossero questi rivoltosi, mai è stato composto un loro ritratto particolareggiato, né sul breve né sul lungo periodo <737.
Uno degli obiettivi di questo lavoro, dunque, è stato anche quello di ridare un volto a quel popolo, e di verificare in che modo moti e rivolte hanno aderito alle pieghe della società locale, attraverso un’analisi dei loro protagonisti, almeno di quella parte di essi che è incappata nelle reti della giustizia e ha subito arresti o processi. Un’operazione non certo semplice o priva di pericoli che, come ha ben mostrato George Rudé, porta con sé il costante rischio di cadere in facili stereotipi o avventati parallelismi <738. Tenendo presenti i rischi, dunque, si è cercato di recuperare alcuni dei segmenti sociali che composero le folle dei rivoltosi e di analizzarne le caratteristiche.
Capire se si sia trattato di uomini o di donne, di giovani o meno giovani, di abitanti dei borghi o di altre zone non è infatti ininfluente per togliere quella patina di mito che si è depositata sulla storia delle classi popolari della città e, sebbene non si possa pretendere di giungere ad una definizione dettagliata dei protagonisti delle rivolte, è pur sempre possibile individuare le componenti sociali prevalenti e, sul lungo periodo, mostrarne le continuità e le discontinuità, le analogie e le differenze.
La maggior parte dei dati che supporteranno le prossime riflessioni è stata recuperata nelle carte di polizia: nelle relazioni degli agenti al prefetto e di questo al Ministero dell’Interno, infatti, oltre al racconto dei numerosi scontri e tumulti, vennero spesso indicati i nomi e le informazioni anagrafiche degli arrestati e, talvolta, l’imputazione loro contestata. Certo non si tratta di documentazione esente da lacune o mancanze ma, ugualmente, sulla sua base si è potuto costruire un data-base con i dati anagrafici e professionali di 568 uomini e donne fermati in occasione di proteste, manifestazioni, sommosse, tumulti, risse e scontri con la forza pubblica tra il 1888 - nei disordini per l’inaugurazione del monumento a Girolamo Cantelli - e il 1915, durante le manifestazioni interventiste del “maggio radioso”. Le informazioni raccolte su queste relazioni sono poi state confrontate e integrate con altre ricavate dalle cronache dei giornali e dalle carte dei processi celebrati dal Tribunale di Parma dal 1901 al 1915.
Le ragioni - anche molto diverse le une dalle altre - per le quali vennero incarcerate le persone riunite nel data-base ricompongono uno spettro di situazioni di conflitto sociale molto ampio: dalle donne che reclamavano un “giusto prezzo” per il pane, ai giovani che, in uscita da qualche osteria, si accapigliavano con pattuglie di agenti; dalla folla furibonda per l’assassinio di Pietro Cassinelli che prese d’assalto la stazione di Pubblica sicurezza di via d’Azeglio, ai sindacalisti rivoluzionari che per 50 giorni gestirono uno dei primi grandi scioperi del movimento contadino italiano; dagli anarchici e socialisti che inscenarono i primi e rumorosi cortei notturni ai protagonisti delle diverse ribellioni alla forza pubblica di cui l’Oltretorrente fu frequentemente teatro nel corso degli anni.
È tuttavia uno spettro, una fotografia, che ci deriva da una selezione operata, prima che dalla nostra ricostruzione, dalle forze dell’ordine che eseguirono gli arresti e che furono in questo orientate da ragioni molteplici. Ragioni che ebbero a che fare con l’organizzazione e la gestione dell’ordine pubblico in città, con le direttive del governo - che, in alcuni casi, come durante lo sciopero del 1904, impartì precise indicazioni perché le forze dell’ordine si astenessero dal compiere gesti che avrebbero potuto suscitare reazioni tumultuose -, con le abitudini e l’esperienza degli agenti che pattugliavano i quartieri popolari, con la loro capacità di identificare e riconoscere gli individui più “pericolosi”.
Inoltre, solo una esigua minoranza degli uomini e delle donne che scesero in strada o si scontrarono con la forza pubblica finì nei verbali e nelle celle di sicurezza, mentre la gran parte di essi riuscì a sottrarsi alle strette della repressione. E ciò anche in occasione di quegli eventi verso i quali l’azione di polizia fu più massiccia e che si conclusero con arresti di massa, talvolta anche ingiustificati e vanificati poi dall’esito dei processi, come nel caso del giugno 1908 e degli oltre cento dirigenti e organizzati della Camera del Lavoro catturati durante l’assalto in borgo delle Grazie, tutti assolti dal Tribunale di Lucca non senza polemiche per come la polizia e la magistratura parmensi avevano condotto l’istruttoria <739.
Spesso, poi, gli arresti non avvenivano durante i disordini ma successivamente, quando guardie e carabinieri si mettevano a setacciare i quartieri popolari in cerca di coloro che avevano, o credevano di avere, riconosciuto in strada. Non era dunque raro che, in simili circostanze, in ferri ci finissero uomini già noti alle forze dell’ordine per i loro precedenti penali. Anche per questo, probabilmente, tra gli arrestati predominarono quegli uomini giovani che, meglio di donne o di uomini più anziani, corrispondevano, nell’immaginario delle forze dell’ordine, allo stereotipo del rivoltoso e dell’individuo pericoloso.
Solo una parte degli arresti, dunque, venne eseguita nel pieno delle sommosse che, quasi sempre, per lo meno per gli episodi più tumultuosi, si concludevano con un fuggi fuggi incalzato dagli spari dei soldati. I tutori dell’ordine, poi, soprattutto quando i disordini avvenivano in Oltretorrente, mostravano una certa difficoltà nel contenere e reprimere gli scontri, impotenza che va senz’altro messa in relazione con il consenso che i tumulti trovavano in quartiere. Quel dedalo di vicoli e cortili, infatti, si trasformava in un labirinto di vie di fuga per i suoi abitanti che, da una casa all’altra, tramite i tetti o le corti interne, riuscivano a dileguarsi velocemente, mentre guardie e soldati dovevano accontentarsi di acciuffare i pochi che rimanevano nelle strade o ritardavano a rifugiarsi dietro i portoni. Talvolta, dunque, i fermi avvenivano in modo piuttosto arbitrario: gli avventori di un’osteria nei pressi di uno scontro, gli abitanti di una casa da cui era piovuto un sasso, o coloro che, circondati i borghi, rimanevano casualmente impigliati nella retata della forza pubblica.
[NOTE]
737 Gli unici esempi di analisi in questa direzione, infatti, riguardano i “sovversivi” del ventennio fascista, cfr. M. Palazzino, Nel buio. L’antifascismo parmense e lo Stato di polizia, in M. Giuffredi (a cura di), Nella rete del regime…, cit., pp. 1-34; W. Gambetta, L’esercito proletario di Guido Picelli (1921-1922), «Storia e documenti», n. 7, 2002, pp. 23-46.
738 G. Rudé, La folla nella storia…, cit., pp. 19 e 231.
739 Cfr. U. Sereni, Il processo ai sindacalisti parmensi…, cit.
Margherita Becchetti, Oltretorrente. Rivolte e conflitto sociale a Parma. 1868-1915, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Parma, 2010

martedì 1 dicembre 2020

Due lettere da Zanzibar a Camporosso (IM) nell'estate del 1888

Archivio: Silvana Maccario di Camporosso (IM)

ZANZIBAR, 26 luglio 1888

Amatissimi Genitori,
Eccoci Carissimi Genitori ora che siamo noi giunti al luogo destinato;
noi giungemmo il 21 Luglio alle 2 pomeridiane tutti sani e salvi;
non posso dire di aver fatto un cattivo viaggio, ma nemmeno buono; ma
basta; finché ci campiamo la vitta va sempre bene; ora per tanto
Voglio narrarvi qualche cosa che ho vedutto durante il mio viaggio.
Già voi sapete Caris. Genit. Che partimmo da Spezia il 10 giugno
E giungemmo a Porto Saïd, Egitto il 16 dello stesso mese.
Questa città e piantata sulla sabbia e vi è tutta pianura; la gente nativa di questa, sono nere; perché il calore comincia ad alterarsi.
In questa città vi e qualche Italiano, e parechi francesi, in questa città
Per quanto abbia veduto non ha nessun prodotto perché vi e tutta
sabbia. Poi partimmo da Porto Saïd il 19 , ed entrammo subito nel canale di Suez, e vi abbiamo impiegato 22 ore, perché bisogna andare adaggio,
oltre di questo bisogna fermarsi alle stazioni
per lasciar passare altri bastimenti che anch’essi sono in canale,
perche fuori delle stazioni, più di un bastimento non può
passare atteso che il canale è stretto, e ogni distanza vi sono
le machine che lavoravano ad ingrandirlo.
Poi finito il canale giungemmo subito a Suez, e colá non
si siamo nemmeno affermati, perché il console ne ha fatto
preparare la carne, e quando passammo vi era già il battello pronto
che l’ abbiamo imbarcato senza fermarci. Di li abbiamo avutto
ancora 5 giorni di traversata, che giungemmo poi a Aden il 26 di giugno
e lá cosa posso dirvi che vi faceva un caldo che non si poteva resistere.
Di questa città non posso dirvi niente perché resta dietro a una montagna
alla riva del mare vi e un mucchio di case come Camporosso;
la gente son neri e portano uno straccio davanti, il rimanente
son nudi; qui a Aden facciamo carbone e partimmo il
1 luglio imbarcando il Signor ( ?) Console Generale di
Aden. Di la partiti che noi siamo, colpi di mare a più non
posso ; e dopo 2 giorni siamo andati appoggiare in un isola chiamata…….( Raz Filuch ? ) per riparare la macchina, e ci restammo 24 ore. Dopo siamo partiti e al vedere galleggiare la povera Archimede; in fini partiti che noi siamo da
Raz Filuch alla sera, all’ indomani a mezzogiorno abbiamo dovuto dare
fondo in un’altra isola chiamata Tamrida, non potendo andare
avanti dai colpi di mare che si prendeva da prora per temanza che
non sfasciassero il bastimento. Dunque dopo altre 24 ore siamo partiti
e di lí ; vi lascio che dire in coperta non si poteva abitare, dai colpi di mare
che s’imbarcava, giù sotto si è privi dell’aria si patisce; infine che alla
meglio giungemmo all’isola di ….?secce? Il giorno 12 luglio.
Giunti li che noi siamo, facciamo carbone e qualche provista e ci rinfrancammo
4 giorni; e a dirvi la verità questa città e piccolissima ma è bella, e la
sua bellezza dipende dalla grande e bella veggetazione che essa contiene,
le colline son tutte adornate d’alberi di frutta buona a mangiare,
e varie quantità di fiori, poi colà il calore comincia già a diminuire
perché in queste parti ora siamo di marzo, dunque partiti di lì
Il 16, e giungemmo a Zanzibar il 21.
Di questa città non posso dirvi altro che d’intorno ha essa pure una
bella veggettazione ma poi d’entro e brutta, per le contrade vi è un odore
che vi leva il respiro, la gente son Neri quello si sa e vanno vestiti ancora a uso Cristiano, non come a Aden che metteva schifo a guardarli e qui vi e rischio a prendere le febbri. Il Comandante il giorno 22 ha letto l’ordine del giorno e disse di prendere ogni mattina il chinino, di guardarsi di non mangiare frutta guasta o acerba, e di andare a terra prima o dopo il tramonto del sole, di non bere acqua
della città e di guardarsi dal mangiare a terra, perché sono vivande
che possono attribuire le malattie non essendoci noi
abituati.
Ora in qualità agli affari del Console per alzar la bandiera
di questo non si è ancora deciso niente, e nemmeno si sa qiuando si
décidera, e quando sarà il nostro ritorno.
La salutte al presente é ottima sia di me, che del mio padrone
A. B. come spero che ringraziando Iddio sarà lo stesso di voi
tutti; mi saluterette i fratelli del mio padrone specialmente il
S. Domenico, B. e tutta la sua famiglia, e i miei parenti ed
amici e i miei compagni, mio cognato sorella e un baccio alle
nipoti e un baccio a a tutta la famiglia passo a dichiararmi
il vostro
Amatissimo figlio Gio:Batta

È già la terza lettera che vi scrivo da che son partito da
Spezia e non ho ancora ricevutto nessuna risposta.
Dattemi nuova di tutto ciò che avviene in Camporosso.

La mia direzione eccola qui

Al Ministero della Reggia Marina
A Roma
Per il Signor Raimondo Gio:Batta
Imbarcato sull’Archimede
Adio Adio

 

Archivio: Silvana Maccario di Camporosso (IM)

ZANZIBAR, 28 agosto 1888

Amatissimi Genitori

Già stavo pensando che cosa ne sarà della mia famiglia;
ma finalmente ricevetti notizzie che mi sollevarono il cuore.
Non sapete miei cari genitori la gioia e contentezza ch’io nutro, quando
ricevo notizzie da voi, e del paese sebenché siano pocche ; pare che
si ripresentino d’avanti quell’anime ch’io lasciai alla casa
paterna; e anche lontano lontano io sia da voi; il mio cuore e il
pensiero è sempre da viccino, mi duole assai non poterci essere fra noi
un più continuo scambio di notizzie motivo di cui è la lontananza che ci divide
e perciò v’invio una presente credo che possa in certo modo darvi una
prossima idea del paese di Zanzibar e suoi contorni.
Zanzibar stato ancora indipendente è governato da un
Pasciá comunemente chiamato Sultano; è compreso nella
Zona Torrida ed in numero di latitudine Sud entrando in
porto di notte e specialmente esse quando sono direste
in un piccolo Parigi tanto che echeggia la luce in vari punti
del paese, e sopratutto nel palazzo del Sultano; ma questa
beltà vi rende ben tosto illusi allo spuntar dell’ Aurora
in cui l’occhio in lungo d’aspetarvi quello che figuravi, gli si
présenta din’anzi le tracce di un paese selvaggio ove la civiltà sta
ancora sepolta.
A pochi passi dal mare sorge nel mezzo di una piccola
Piazza il palazzo Reale a 3 piani sporgenti .........
e terrazze e sorrette da colonne sovraposte l’una
dall’altra. Dinanzi al medesimo si eleva un ‘altra torre
la quale compie gli uffici di orologgi publici e di semaforo.
Semaforo s’intende un punto in cui rende avviso anticipato
di provenienze di bastimenti.
A destra e a sinistra è circondato da case che man
mano che si allontanano dal palazzo del Sultano, si fanno
sempre più rozze, finché terminano di ampie Capanne
ricoperte di foglie di palme. Le strade strettissime
e piene d’ogni mondizia e salano un puzzo talmente
nauseante da subito rendervi nausea la discesa a terra.
Nessun negozio è alquanto Cristiano se nonché due o tre
piccole betole apartenenti ai Turchi sono i mezzi di passatem-
po di alcune ore. Alla sinistra del palazzo del Sultano
sono messe in comunicazione per mezzo di anditi altre case
più piccole di proprietà del medesimo in cui trovarsi rinchiuse
una gran quantità di giovanette a disposizione del Sultano
e queste case sono chiamate Serraglio. Nessun può avere
comunicazione colle donne del Serraglio, ad eccezione della
servitù ivi destinata; ritenuto che esso è considerato come
un tempio di schiave, o un vero monastero di Monache.
Davanti a queste case per un lungo spazzio di terreno
è costruito un giardino fiancheggiato dalla parte del mare
da un vapore materiale, e dalle cui parti laterali sorgono moltissime
fontane. Molte gabbie di ferro contenute da varie razze
D’animaliers ferroci fanno seguito al giardino, ed in vicinanza al
mare. Queste sono le uniche bellezze di Zanzibar, il resto
vastissime pianure e verdeggianti abitate d’infinità di
bestie ferroci. Di ogni speccie di frutta è abbondantissima fra
i quali è da notarsi, gli Ananas, Dateri, Banane,
Cacchi, Aranci ecc ed altri infiniti squisiti son il loro
sapore.  Zanzibar è atraversato in lontananza da un fiume
il nome non lo so; pieno di Cocodrilli e frequentato da Leoni, Tigri,
Pantere Leopardi, Scimie ecc
Il Venerdì giorno riconoscente dai Turchi, più che la
Domenica dagli Europei, e si rapresenta d’inanzi una giornata
di Carnavale. Al colpo di un cannone alle ore 4
Antemeridiane, è il segnale dell’alzata della loro Bandiera;
a quell’ora in poi gran parte di gente nere, incomincia a
percorere i vicoli seguiti da rintocchi di tamburi e da pifferi,
finché cerca di riunirsi sulla piazza de Sultano.
Poi l’esercito del Sultano schierato sul d’avanti del palazzo
composti di circa un migliaio, senza l’aggiunta del popolo che
attende con impazienza l’arrivo del loro Sovrano.
É inutile descrivere le loro armi da fuoco, perché da voi
medesimi potrete bene immaginarvi, notando però essere la
grande abilità e divertimenti il maneggio di bastoni e delle
frecce. Allo spuntar del Sultano è subito
intonato da alcuni indigeni composti in una specie di
fanfara, Le marce che dai medesimi vengono suonate
sono molto lontane dalle nostre, ma che quantunque
diaboliche, si sente un’agradevole piacere nelle varie specie
di strumenti che noi altri non conosciamo.
Quindi il Sultano seguito da alcuni Individui suoi Sudditi,
Prende a passare in visita la trupa ; compiuta in pochi
minuti la visita tra le acclamazioni e gli aplausi
Rientrando in casa, pago della sua funzione per la
sua riconoscenza della festa si fa entrare nel
Serraglio. Scopo della visita al così detto monastero, è di
togliervi dal medesimo una fra le quali più simpatiche;
la quale viene condotta dalle madamigelle nelle sale
del palazzo e resta a disposizione di lui finché
giunga il venerdì seguente: viene ricondotta
la scambiata come una simile e così di seguito.
Le donne esistenti nel Serraglio ammontano
per quando ho potuto sapere ad una Cinquantina.
Durante il giorno continuano le feste con accompagnamenti
di musica e pifferi nella piazza del Sultano e vanno consecutivamente
perdendosi all’inoltrarsi della notte. Il clima
considerato la posizione Geografica e la stagione in cui
siamo, è da notarsi una gran parte depresione di
temperatura nel percorso della notte, però il Caldo
s’avvicina sensibilmente.
Continuando a descrivervi non voglio trala-
sciare di dirvi due parole intorno agli usi e
Costumi degli abitanti. I ricchi distinguon-
si dai poveri , perché questi ricoprono solo in parte
le loro Carni nere con lunghe Camice
e di tutti i colori. Mentre i ricchi alla grande
diferenza della finezza degli Abiti, aggiungono ;
non solo avere completamente la persona ricoperta,
ma anche calzano una qualità di stivallini
chiamati sandalie.
Nessuna bellezza distinguesi sia negli uomini che
nelle donne essi son tutti di colore nero, ed hanno i capeli
nerissimi e ricciuti. Non tutte ma in gran parte le donne
hanno il naso atraversato da un perno di metallo lucente
terminante ad una estremità di anello e dall’altro in una
piccola palla. Quantunque mi sia affaticato a
domandarne spiegazzione non rimasi contento; ma
però non ho ancora finito la mia descrizione, per ora
mi arresto e vi spiegherò meglio il rimanente al ritorno
Se iddio ........
Ricevetti il giorno 8 di agosto notizie di voi inviatemi
il 27 giugno , ma già io aveva una mia lettera in
cammino dandovi notizie del mio viaggio.
Non credette miei cari genitori che la lontananza che
passa tra le mie notizie sia per mia trascuratezza,
ma è soltanto perché la posta non parte che una volta
al mese, perché tutti i postali che partono da Zanzibar
spedisco le mie notizie benché si paghino 75 cent.mi
ogni lettera.
Ora per quanto posso dirvi che la salutte sia di me
del S. comandante non dico che sia perfettamente buona
ma c’è la passiamo ancora discretamente. Il nostro ritorno
non sappiamo quando sarà, può essere fin da domani ma
non si sa. Tanti salutti alla famiglia dell’amico Cavaré
a tutti i miei parenti ed Amici ed un bacio ed un
abbraccio a tutta la famiglia e passo a dichiararmi il
Vostro Amatissimo ed Obbed. mo Figlio GIO:BATTA
UN bacio al nonno 

Archivio di Silvana Maccario di Camporosso (IM)

[ Nella riproduzione delle due lettere, di cui qui sopra vengono pubblicate le prime pagine, non sono state apportate, a parte errori di comprensione, modifiche ai testi. L’estensore fu Sebastiano Raimondo, vulgo Gio.Batta (di Agostino e Celestina Piombo), nato a Camporosso (IM) … e morto a Genova il 25 luglio 1959. I suoi fratelli furono: Rosa (nata nel 1855), Teresa (nata nel 1857), Paolina (nata nel 1858), Giovanna (nata nel 1862), Costanza (nata nel 1871), Carlo (1867-1940)Per la nave Archimede si veda a questo link. Il Console Generale d’Italia a Zanzibar alla data richiamata era Antonio Cecchi, di cui a questo collegamento é tracciato un breve profilo ]