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martedì 13 aprile 2021

La Lima, antico settimanale socialista di Oneglia, in una lettera di Alessandro Natta

 

Fonte: Op. cit. infra




Oneglia, 24 Dicembre 2000

CARO LIBERO,
grazie molto per il dono bello e dolce! Ed io, come ti avevo promesso, trascrivo alcune delle notizie curiose che avevo stralciato da “la Lima”, qualche anno fa quando studiavo le vicende di Giacinto Menotti Serrati.
Non posso naturalmente tracciare tutta la storia, di grande interesse, del settimanale socialista di Oneglia. Voglio solo ricordarti che è nato un anno dopo la fondazione a Genova (1892) del Partito Socialista: il primo numero de “la Lima” porta la data del 4 giugno 1893!
I promotori sono stati quel gruppo di giovani professionisti, per lo più avvocati, di famiglie “risorgimentali”, che allora abbracciarono gli ideali socialisti nel nostro ponente ligure: Canepa, Gandolfo, Rossi, Raimondo, Bruno, ecc. 

Il nostro Giacinto Menotti Serrati - nel '93 era un ventenne alla ricerca di un mestiere perché la morte del padre lo aveva costretto ad abbandonare gli studi - fu tra i primi entusiasti collaboratori e continuò a scrivere su “la Lima” sempre, anche quando divenne direttore (alla fine del 1914) de “l'Avanti”.
[...] 
La prima notizia significativa che ho trovato è sul numero del 21 settembre 1912: una lettera di mio padre, Antonio Natta, sul prezzo delle carni, con una replica de “la Lima”, che naturalmente li riteneva troppo alti!
Mio padre ricompare tra gli abbonati del 1913. (Tra parentesi: negli anni tra la guerra di Libia - 1911 - e la guerra mondiali - 1915 - “la Lima” è di grande interesse per gli articoli di Serrati e di Mussolini, ed anche per la polemica tra i due, e per l'attività politica e giornalistica di nuovi personaggi, come gli avvocati Nino Bruno, Secondo Gissey, ed anche di Orazio Raimondo, che è eletto deputato, il primo deputato socialista della provincia, nel 1913, nel collegio di Sanremo.

Il nome di tuo padre - Nicola Nante - compare nel numero del maggio 1914 nel quale si dà notizia del congresso del Psi (26/28 aprile) in cui si discute il problema della massoneria, e viene espulso, per iniziativa di Mussolini, proprio il famoso deputato di Sanremo Orazio Raimondo. Ecco l'esito della votazione: favorevoli alla espulsione dei massoni 27.398, per la compatibilità 1.819, per non occuparsi del problema 2.485! La sezione di Oneglia aveva dato mandato al delegato Nicola Nante di disinteressarsi alla Ponzio Pilato della questione.
[...] 
Nel numero del 6 febbraio 1915 c'è il resoconto del comizio di Orazio Raimondo (interventista) - con il titolo “Il concerto di lunedì” - in cui si racconta che prima che Raimondo cominciasse a parlare si levò un grido: «La parola a Girella!». Nei racconti che ho sempre sentito, in casa mia, a pronunciare nel teatro quella battuta sarebbe stato proprio Coluccio Nante!
Il numero del 3 luglio 1915, sotto il motto “Frangar non flectar”, cominciano le sottoscrizioni del periodo bellico: nell'elenco ci sono tutti i socialisti onegliesi!
[...]  
Ma riprendiamo con le notizie di cronaca.
Nel 1917 l'abbonamento a “la Lima” costava tre lire; quello sostenitore cinque lire. In questo periodo bellico “la Lima” è spesso vittima della censura; a volte l'intero numero è oscurato. E alla censura si aggiunge la mancanza di carta.
Ma nel numero del 17 marzo un trafiletto in prima pagina porta questa notizia: «Mentre stiamo per andare in macchina i giornali recano che un gran moto rivoluzionario è scoppiato in Russia e che… lo Zar Nicola ha abdicato».
È l'inizio della rivoluzione. 

Anche “la Lima” è costretta, non per la questione della carta, ma per stretta contro i pacifisti, ad interrompere le pubblicazioni, dal 26 maggio 1917 fino a tutto il 1918.
Riprende con il primo gennaio 1919 con un saluto augurale di F. Rossi che tra l'altro scrive: «Non dimenticate... un giusto orgoglio. È quello d'aver avuto tra voi, per molti anni, G. M. Serrati: scrivete nel primo numero, nella prima pagina, nella primissima linea il suo nome e avanti!».
Il motivo di questo così solenne omaggio è che Serrati, direttore de “l'Avanti!”, e in sostanza capo del Partito socialista, è stato arrestato nel 1918 e processato per i moti di Torino - manifestazione nel 1917 per il pane con molti morti - e condannato.
Da molti mesi è in carcere (lui penserà che tutta questa storia sia stata una manovra di V. E. Orlando, capo del governo per colpire l'ala più intransigente del Psi) e dal carcere Serrati uscirà solo ai primi di marzo. Verrà il 13 marzo ad Oneglia, da trionfatore, e sarà accolto da una grande manifestazione popolare sul Rondò, dove parlerà da una vettura l'avvocato Nino Bruno e risponderà il nostro G. M.! “La Lima” farà un resoconto commovente, che io ritengo sia stato scritto da Nanollo Piana.
[...]  
Comincia la stagione accesa della battaglia aperta, del grande successo, nelle elezioni politiche del 1919, del Psi, delle grandi speranze, e anche delle molte illusioni; e prende avvio anche la lotta via via più aspra con i fascisti (è dell'aprile 1919 il primo assalto e la devastazione de “l'Avanti!” a Milano).
Nel numero del primo maggio 1919 “la Lima” pubblica un articolo straordinario di Virgoletta (certamente Nanollo Piana) [...] 
In questo articolo vengono ricordati alcuni compagni: «Gli anziani Agostinetto Berio (ferrea dili- genza) … il serafico Manlio … Narduccio sempre in faccenda … Felicino Musso (il miracolo del primo avanzo di cassa!) Coluccio Nante (disastro) Massobrio (il tipo del miglior amministratore) …».
Li riconosci questi nomi? Berio, detto “u roudon”, era un barbiere, e sarà anche sindaco socialista, dopo Piana, di Oneglia nel 1922; Manlio Serrati, fratello di G. Menotti e padre del medico Bruno; Narduccio è Dulbecco che sarà nel 1921 il capo dei comunisti; Musso, sindaco socialista di Castelvecchio, poi pasticciere sotto i Portici, e infine costretto all'esilio in Francia e in Spagna, con i due figli Ornella e “Sumi” che avrai conosciuto, penso, nella Resistenza; Massobrio il barbiere.
[...] 
Nel numero del 29 giugno vengo immortalato anch'io: «Sottoscrizione pro “Lima”: trovato dal bimbo Alessandro Natta L. 1 (avevo 18 mesi!!). Ora comincia la propaganda per la solidarietà con la Russia e cominciano anche le discussioni e i contrasti dentro il Psi, tra massimalisti e riformisti e tra le diverse tendenze del massimalismo. 

Nel numero del 6 settembre 1919 compare - mi sembra per la prima volta - il termine “fascista” e nella sottoscrizione quello del mio futuro cognato Zanetta Tomaso L. 1 (mia sorella Teresita, invece, sottoscriveva L. 5: ma lei era la figlia di Tugnen il macellaio, e lui un povero operaio, di Renzetti…).
 [...] 
Ma ora siamo ancora al 1919, e alla cronaca onegliese.
A settembre viene fondata la sezione fascista da Agostino Scarpa, un ex sindacalista, passato dall'altra parte.
A ottobre muore Francesco Ughes (“Pacichen”), che era stato al domicilio coatto alle Tremiti e a Porto Ercole, pioniere del socialismo.
Al congresso di Bologna, in ottobre, il capo acclamato del Psi è senza dubbio G. Menotti Serrati, e Bordiga appare come un leader tra le giovani generazioni. Hanno vinto i massimalisti elezionisti, ma nell'unità del partito. E tutti, da Serrati a Turati, sono favorevoli all'adesione alla Internazionale comunista appena fondata da Lenin. E Serrati dà il via alla pubblicazione di una nuova rivista, con il titolo chiaro ed emblematico: “Comunismo”.
Nel numero de “la Lima” del 17 ottobre viene pubblicata la lista dei candidati del Psi alla Camera, in perfetto ordine alfabetico: Abbo Pietro, poi c'è Marco Donzella (di Sanremo) e ancora Serrati Carlo Lucio.
L'esito delle elezioni del novembre segna un successo clamoroso del Psi (160 deputati), del Ppi (103 deputati), poi distanziati 14 Repubblicani e 23 Riformisti! I giolittiani, i fascisti, i democratici monarchici di tutte le risme sono [...]
In Liguria sono eletti: i socialisti Abbo, Rossi, Binotti, Bacigalupi, Serrati Lucio, Riba; i popolari: Cappa, Agnesi, Boggiano, Zunini; i democratici: Celesia, Guida; i ministeriali: Casoretto, Cerpelli, Poggi e infine Giulietti per il Partito del Lavoro e Macaggi per i combattenti.
Per queste elezioni Natta Antonio sottoscrive 20 lire e sottoscrivono anche Teresa Natta e Pietro Natta; e Coluccio Nante - tieniti forte - sottoscrive 500 lire: una cifra enorme che non credo di aver trascritto male, né che “la Lima” abbia cambiato un 50 in 500! Ma ormai è fatta. In compenso nel numero del 28 novembre “la Lima” annuncia il matrimonio di Coluccio Nante e Nannina Forlino.
Il 1919 si conclude - dice sempre “la Lima” - con una mascalzonata nazionalista: l'aggressione a Roma, a dicembre, dei deputati socialisti Abbo, Serrati, Murari, Bellagarda, Romita.

Nel 1920 l'abbonamento al settimanale diventa di 6 lire, un numero costa 20 centesimi, ma cresce anche la solidarietà, e in ogni elenco è presente con somme notevoli Nante Nicola, ed anche Natta Antonio, tanto che mi sono domandato se in quegli anni ci fosse ad Oneglia qualche altro socialista che si chiamava Natta Antonio (e forse sì!) e se quel Nante Nicola fosse proprio Coluccio!! Di altri socialisti che ho ben conosciuto, come Romolo Crivelli, anche lui generoso, non posso dubitare perché di Crivelli ad Oneglia c'era solo lui.
[...]
Il 23 luglio su “la Lima” c'è la notizia dell'incendio de “l'Avanti!” a Roma: “l'Avanti!” allora aveva tre edizioni - Milano, Torino, Roma - ed era uno dei quotidiani di maggior prestigio e diffusione.
Nello stesso numero è rilevante che il Circolo Giovanile socialista indichi tra i sottoscrittori del prestito comunista: Ughes Gaetano, Natta Pietro, Zanetta Tommaso, Senardi Stefano, Troni Giovanni, Amoretti Riccardo, rag. M. Valentini: saranno tutti ben noti!
Ed anche Natta Antonio sottoscrive, la settimana successiva, due cartelle: ed io mi interrogo sempre se si tratta proprio di mio padre (mentre non ho dubbi su Teresa e Pietro Natta, che sono mia sorella e mio fratello, su Tommaso Zanetta, mio futuro cognato).
Ad agosto a Giovanni Perasso viene data per appalto la gestione del teatro Umberto, per il 1920/’21. E dal numero de “la Lima” del 27 agosto si apprende che Nante Nicola era il presidente della Cooperativa Sociale di consumo.
 [...]
Il 10 settembre c'è l'annuncio della occupazione delle fabbriche, che non avrà un esito positivo. E la notizia del matrimonio con rito civile di Romolo Castagno e Rosa Persico.
 [...]
A novembre sarà memorabile, sia al teatro Umberto che al Cavour, la celebrazione del terzo anniversario della rivoluzione. Parleranno Piana, e poi Menotti Serrati, che è stato a Mosca al secondo congresso della Internazionale comunista, dove ha discusso in modo aperto con Lenin. Serrati al suo ritorno ha detto (come riferisce “la Lima”, con il linguaggio tipico dell'epoca e di Nanollo): «Le verità più crude ma anche più sante…».
Lui, il difensore primo della Russia e della rivoluzione, ha parlato delle condizioni drammatiche, delle difficoltà enormi, della guerra civile con cui i comunisti russi sono alle prese, ed anche dei punti di differenza e di contrasto tra gli orientamenti dell'Internazionale e le posizioni che sono proprie di Serrati e che egli sosterrà tenacemente fino alla tragica rottura, nel congresso di Livorno del gennaio 1921, proprio nel campo del massimalismo, tra Serrati e il grosso del partito socialista e i suoi allievi, Bordiga, e il gruppo torinese di Gramsci, Terracini, Togliatti, che daranno vita al partito comunista. Anche su “la Lima” è venuta accendendosi la discussione tra le diverse tendenze; e, anche se il settimanale è chiaramente sulle posizioni di Serrati, non mancano gli interventi che possiamo definire “bordighiani”.
[...] 
Ora però, negli ultimi mesi del 1920, compaiono articoli con la firma “Vladimiro”, a nome del “Circolo Giovanile socialista”.
Non so chi c'è dietro questo nome leninista (forse Leonardo Dulbecco?), ma so che ci sono i “bor- dighiani” che nel 1921 andranno nel partito comunista, e tra loro mia sorella Teresita e mio fratello Petruccio, e così io avrò la guerra in casa perché Zanetta, divenuto mio cognato, resterà fedele sempre a Serrati. Anche Piana e Nante continueranno a seguirlo fino a Livorno, ma non molto oltre perché in loro prevalse, e per sempre, l'anima del riformismo.
In crisi però non è solo il campo della sinistra, ma anche quello della democrazia liberale, che passa da un governo all'altro - da Orlando a Nitti, da Nitti a Giolitti. Nell'aprile del 1921 viene sciolta la Camera. 
Alle elezioni sono presenti le liste dei socialisti (ancora Abbo e Lucio Serrati), dei comunisti (credo Dulbecco), nello schieramento dei liberali e fascisti c'è il generale Asclepia Gandolfo; e si presenta anche il democratico Giacomo Molle, che “la Lima” prende un po' in giro («così giovane e già commendatore»). 

Verso la fine di aprile, la campagna elettorale viene funestata ad Oneglia da un tragico incidente nel corso del comizio di A. Gandolfo e Coda e del contraddittorio di Dulbecco e in attesa del discorso di Nino Bruno. Pare vi sia stata qualche provocazione dei fascisti, o comunque qualche intemperanza dei campi opposti, che determinò un intervento della polizia, che sparò ed uccise Maurizio Gorlero, uno di Porto Maurizio, che non era né fascista né socialista.
Questo episodio sensazionale che “la Lima” raccontò in due pagine - «La tragica domenica di sangue: la punizione contro Oneglia rossa…» - entrò nell'immaginario collettivo e famigliare, ed io l'ho sentito rievocare tante volte che più tardi mi sembrava di averlo vissuto!
Naturalmente ci furono gli strascichi polizieschi e politici: la chiusura, ancora una volta, del “Caffè del Popolo”; l'arresto per alcuni giorni dell'avvocato Nino Bruno; le polemiche dure contro i fascisti “colti”, i ragionieri Emilio Varaldo, Carlito Muratorio (mio cugino), Granara e, come diceva, “simili”.
Intanto l'avvocato Molle veniva escluso dalla lista del blocco giolittiano e il generale Gandolfo era chiamato in causa anche lui per l'incidente del Rondò.
L'esito delle elezioni fu sorprendente, in particolare per la tenuta del Psi, ed anche dei popolari. Nella nuova Camera entrarono 125 socialisti, 16 comunisti, 7 repubblicani, 107 popolari, 20 fascisti, 252 deputati del “minestrone” liberaldemocratico conservatore, e 8 tedeschi e slavi.
Ma in Liguria i “rossi” restarono forti, risultando eletti: Abbo, Baratono, Binotti, Faralli, Rossi, socialisti; Graziadei, comunista; Canepa Giuseppe, autonomo; quattro popolari e sei rappresentanti del Blocco. Poi Faralli risultò non eletto e il seggio toccò invece al popolare onegliese Agnesi. Il generale Gandolfo venne “trombato” e preso in giro da “la Lima”, ma fece in tempo, prima di scomparire prematuramente nel 1926, a fondare la milizia fascista!

È presente come sempre “milite devotissimo e disciplinato”, ma con la sua fede cocciuta ed intransigente, anche Menotti Serrati. Lui scomparirà nel maggio del 1926. Ma ad Oneglia i suoi compagni, i “terzini”, così erano chiamati, da Pietro Abbo a Goffredo Alterisio, da Gaetano Ughes a Menicco Amoretti, a Tommaso Zanetta saranno il nerbo del Pci e i suoi dirigenti di prima fila nella Resistenza, nella lotta di Liberazione e poi nella rinascita dell'Italia.
 [...]
“La Lima” si consente gli ultimi sfoghi contro le imprese criminali dei fascisti; e con le affermazioni incredibili (allora, ma anche oggi a rileggerle) di Ivanoe Bonomi, che aveva detto: «Il fascismo è nato per affermare i valori spirituali della nostra razza» e che “la Lima” bollava definendolo «pagliaccio e sanguinario come tutti i transfuga».
Siamo a dicembre del 1921.
Non c'è ancora il senso della sconfitta, anche se le preoccupazioni diventano sempre più acute e assillanti - ma intanto continua la sottoscrizione, e all'Umberto I si svolge, prima di Natale, la veglia rossa: «Dopo mezzanotte canta applauditissimo alcune romanze il dilettante baritono compagno Zanetta!».

L'abbonamento per il 1922 è salito a 10 lire.
“La Lima” continua imperterrita la sua battaglia: ricorda a tre anni dalla morte Rosa Luxembourg
 [...]
Ad aprile appare tuttavia un rimprovero esplicito di Serrati che scrive: «“La Lima” da qualche tempo è un giornale del più puro riformismo, che si rifiuta persino di pubblicare il pensiero della Direzione».
Seguono, naturalmente, spiegazioni e giustificazioni, ma è vero che il settimanale socialista viene perdendo il tono vigoroso, e si fa via via più scialbo.
E intanto anche ad Oneglia i fascisti fanno nuove reclute, in tutta Italia si fa più duro e distruttivo l'attacco dei “nuovi Unni” alle case del popolo, alle sedi delle Camere del lavoro, dei giornali, dei comuni; e ai militanti della sinistra.
Anche lo sciopero di agosto non riesce ad arginare la marea montante.
Ad Oneglia e a Porto si tengono nei teatri due comizi, nei quali parlano Nanollo Piana, Abbo, Nino Bruno, Ericario, Lucio Serrati, Alterisio.
Ma a Castelvecchio i fascisti distruggono il monumento ai caduti che portava l'iscrizione «Guerra al regno della guerra».
 [...]
Ma le sconfitte non sono mai corroboranti, e le rinascite esigono tempi lunghi e sforzi inauditi, eroici.
Per il momento il fascismo, «sorto tra le simpatie e sotto gli auspici di tutte le gamme più svariate del padronato italiano», va all'assalto del potere. Ad Oneglia anticipa: sotto i colpi del manganello cadono ora anche i popolari; anche Lucio Serrati viene aggredito da una squadra, guidata da “Sciguretta” (Ardoino).
Nel comune l'amministrazione socialista di Piana e poi di Agostino Berio, sistematicamente oggetto di critiche e attacchi furibondi per la politica fiscale da parte di tutti “i signori”, viene messa in mora ad agosto con l'invio di un commissario e a settembre si dimette la giunta e si scioglie il consiglio comunale.
È la fine. Anche per “la Lima” che chiude la sua grande e gloriosa vicenda con l'ultimo numero del 30 settembre 1922.

CARO LIBERO,
mi sono fatto prendere la mano e, anche se ho cercato di tenermi alla cronaca e di lasciare da parte la grande politica, ho finito per non resistere alla rievocazione sommaria delle vicende grandi e drammatiche vissute dai nostri vecchi nei primi venti anni del XX secolo!
 [...]
Io sento assai forte l'orgoglio per ciò che le forze di sinistra - i comunisti e i socialisti - anche attra- verso tante traversie e contrasti, sono riuscite a fare nell'ultimo cinquantennio.
Ed oggi il mio auspicio più schietto, insistente e grande, è che si riprenda con chiarezza e vigore la via dell'unità e del socialismo.
Non so se mi perdonerai di avere trasformato un ricordo e un omaggio per Coluccio, per Nanollo, per mio padre e i miei in questa pappardella.
E non me la prenderò se non riuscirai a leggerla interamente.
tuo
SANDRO NATTA

Alessandro Natta (1918-2001), in PAGINE NUOVE DEL PONENTE, bimestrale di politica e cultura, Imperia, ANNO III n. 4 - luglio-agosto 2001

 

martedì 1 dicembre 2020

Due lettere da Zanzibar a Camporosso (IM) nell'estate del 1888

Archivio: Silvana Maccario di Camporosso (IM)

ZANZIBAR, 26 luglio 1888

Amatissimi Genitori,
Eccoci Carissimi Genitori ora che siamo noi giunti al luogo destinato;
noi giungemmo il 21 Luglio alle 2 pomeridiane tutti sani e salvi;
non posso dire di aver fatto un cattivo viaggio, ma nemmeno buono; ma
basta; finché ci campiamo la vitta va sempre bene; ora per tanto
Voglio narrarvi qualche cosa che ho vedutto durante il mio viaggio.
Già voi sapete Caris. Genit. Che partimmo da Spezia il 10 giugno
E giungemmo a Porto Saïd, Egitto il 16 dello stesso mese.
Questa città e piantata sulla sabbia e vi è tutta pianura; la gente nativa di questa, sono nere; perché il calore comincia ad alterarsi.
In questa città vi e qualche Italiano, e parechi francesi, in questa città
Per quanto abbia veduto non ha nessun prodotto perché vi e tutta
sabbia. Poi partimmo da Porto Saïd il 19 , ed entrammo subito nel canale di Suez, e vi abbiamo impiegato 22 ore, perché bisogna andare adaggio,
oltre di questo bisogna fermarsi alle stazioni
per lasciar passare altri bastimenti che anch’essi sono in canale,
perche fuori delle stazioni, più di un bastimento non può
passare atteso che il canale è stretto, e ogni distanza vi sono
le machine che lavoravano ad ingrandirlo.
Poi finito il canale giungemmo subito a Suez, e colá non
si siamo nemmeno affermati, perché il console ne ha fatto
preparare la carne, e quando passammo vi era già il battello pronto
che l’ abbiamo imbarcato senza fermarci. Di li abbiamo avutto
ancora 5 giorni di traversata, che giungemmo poi a Aden il 26 di giugno
e lá cosa posso dirvi che vi faceva un caldo che non si poteva resistere.
Di questa città non posso dirvi niente perché resta dietro a una montagna
alla riva del mare vi e un mucchio di case come Camporosso;
la gente son neri e portano uno straccio davanti, il rimanente
son nudi; qui a Aden facciamo carbone e partimmo il
1 luglio imbarcando il Signor ( ?) Console Generale di
Aden. Di la partiti che noi siamo, colpi di mare a più non
posso ; e dopo 2 giorni siamo andati appoggiare in un isola chiamata…….( Raz Filuch ? ) per riparare la macchina, e ci restammo 24 ore. Dopo siamo partiti e al vedere galleggiare la povera Archimede; in fini partiti che noi siamo da
Raz Filuch alla sera, all’ indomani a mezzogiorno abbiamo dovuto dare
fondo in un’altra isola chiamata Tamrida, non potendo andare
avanti dai colpi di mare che si prendeva da prora per temanza che
non sfasciassero il bastimento. Dunque dopo altre 24 ore siamo partiti
e di lí ; vi lascio che dire in coperta non si poteva abitare, dai colpi di mare
che s’imbarcava, giù sotto si è privi dell’aria si patisce; infine che alla
meglio giungemmo all’isola di ….?secce? Il giorno 12 luglio.
Giunti li che noi siamo, facciamo carbone e qualche provista e ci rinfrancammo
4 giorni; e a dirvi la verità questa città e piccolissima ma è bella, e la
sua bellezza dipende dalla grande e bella veggetazione che essa contiene,
le colline son tutte adornate d’alberi di frutta buona a mangiare,
e varie quantità di fiori, poi colà il calore comincia già a diminuire
perché in queste parti ora siamo di marzo, dunque partiti di lì
Il 16, e giungemmo a Zanzibar il 21.
Di questa città non posso dirvi altro che d’intorno ha essa pure una
bella veggettazione ma poi d’entro e brutta, per le contrade vi è un odore
che vi leva il respiro, la gente son Neri quello si sa e vanno vestiti ancora a uso Cristiano, non come a Aden che metteva schifo a guardarli e qui vi e rischio a prendere le febbri. Il Comandante il giorno 22 ha letto l’ordine del giorno e disse di prendere ogni mattina il chinino, di guardarsi di non mangiare frutta guasta o acerba, e di andare a terra prima o dopo il tramonto del sole, di non bere acqua
della città e di guardarsi dal mangiare a terra, perché sono vivande
che possono attribuire le malattie non essendoci noi
abituati.
Ora in qualità agli affari del Console per alzar la bandiera
di questo non si è ancora deciso niente, e nemmeno si sa qiuando si
décidera, e quando sarà il nostro ritorno.
La salutte al presente é ottima sia di me, che del mio padrone
A. B. come spero che ringraziando Iddio sarà lo stesso di voi
tutti; mi saluterette i fratelli del mio padrone specialmente il
S. Domenico, B. e tutta la sua famiglia, e i miei parenti ed
amici e i miei compagni, mio cognato sorella e un baccio alle
nipoti e un baccio a a tutta la famiglia passo a dichiararmi
il vostro
Amatissimo figlio Gio:Batta

È già la terza lettera che vi scrivo da che son partito da
Spezia e non ho ancora ricevutto nessuna risposta.
Dattemi nuova di tutto ciò che avviene in Camporosso.

La mia direzione eccola qui

Al Ministero della Reggia Marina
A Roma
Per il Signor Raimondo Gio:Batta
Imbarcato sull’Archimede
Adio Adio

 

Archivio: Silvana Maccario di Camporosso (IM)

ZANZIBAR, 28 agosto 1888

Amatissimi Genitori

Già stavo pensando che cosa ne sarà della mia famiglia;
ma finalmente ricevetti notizzie che mi sollevarono il cuore.
Non sapete miei cari genitori la gioia e contentezza ch’io nutro, quando
ricevo notizzie da voi, e del paese sebenché siano pocche ; pare che
si ripresentino d’avanti quell’anime ch’io lasciai alla casa
paterna; e anche lontano lontano io sia da voi; il mio cuore e il
pensiero è sempre da viccino, mi duole assai non poterci essere fra noi
un più continuo scambio di notizzie motivo di cui è la lontananza che ci divide
e perciò v’invio una presente credo che possa in certo modo darvi una
prossima idea del paese di Zanzibar e suoi contorni.
Zanzibar stato ancora indipendente è governato da un
Pasciá comunemente chiamato Sultano; è compreso nella
Zona Torrida ed in numero di latitudine Sud entrando in
porto di notte e specialmente esse quando sono direste
in un piccolo Parigi tanto che echeggia la luce in vari punti
del paese, e sopratutto nel palazzo del Sultano; ma questa
beltà vi rende ben tosto illusi allo spuntar dell’ Aurora
in cui l’occhio in lungo d’aspetarvi quello che figuravi, gli si
présenta din’anzi le tracce di un paese selvaggio ove la civiltà sta
ancora sepolta.
A pochi passi dal mare sorge nel mezzo di una piccola
Piazza il palazzo Reale a 3 piani sporgenti .........
e terrazze e sorrette da colonne sovraposte l’una
dall’altra. Dinanzi al medesimo si eleva un ‘altra torre
la quale compie gli uffici di orologgi publici e di semaforo.
Semaforo s’intende un punto in cui rende avviso anticipato
di provenienze di bastimenti.
A destra e a sinistra è circondato da case che man
mano che si allontanano dal palazzo del Sultano, si fanno
sempre più rozze, finché terminano di ampie Capanne
ricoperte di foglie di palme. Le strade strettissime
e piene d’ogni mondizia e salano un puzzo talmente
nauseante da subito rendervi nausea la discesa a terra.
Nessun negozio è alquanto Cristiano se nonché due o tre
piccole betole apartenenti ai Turchi sono i mezzi di passatem-
po di alcune ore. Alla sinistra del palazzo del Sultano
sono messe in comunicazione per mezzo di anditi altre case
più piccole di proprietà del medesimo in cui trovarsi rinchiuse
una gran quantità di giovanette a disposizione del Sultano
e queste case sono chiamate Serraglio. Nessun può avere
comunicazione colle donne del Serraglio, ad eccezione della
servitù ivi destinata; ritenuto che esso è considerato come
un tempio di schiave, o un vero monastero di Monache.
Davanti a queste case per un lungo spazzio di terreno
è costruito un giardino fiancheggiato dalla parte del mare
da un vapore materiale, e dalle cui parti laterali sorgono moltissime
fontane. Molte gabbie di ferro contenute da varie razze
D’animaliers ferroci fanno seguito al giardino, ed in vicinanza al
mare. Queste sono le uniche bellezze di Zanzibar, il resto
vastissime pianure e verdeggianti abitate d’infinità di
bestie ferroci. Di ogni speccie di frutta è abbondantissima fra
i quali è da notarsi, gli Ananas, Dateri, Banane,
Cacchi, Aranci ecc ed altri infiniti squisiti son il loro
sapore.  Zanzibar è atraversato in lontananza da un fiume
il nome non lo so; pieno di Cocodrilli e frequentato da Leoni, Tigri,
Pantere Leopardi, Scimie ecc
Il Venerdì giorno riconoscente dai Turchi, più che la
Domenica dagli Europei, e si rapresenta d’inanzi una giornata
di Carnavale. Al colpo di un cannone alle ore 4
Antemeridiane, è il segnale dell’alzata della loro Bandiera;
a quell’ora in poi gran parte di gente nere, incomincia a
percorere i vicoli seguiti da rintocchi di tamburi e da pifferi,
finché cerca di riunirsi sulla piazza de Sultano.
Poi l’esercito del Sultano schierato sul d’avanti del palazzo
composti di circa un migliaio, senza l’aggiunta del popolo che
attende con impazienza l’arrivo del loro Sovrano.
É inutile descrivere le loro armi da fuoco, perché da voi
medesimi potrete bene immaginarvi, notando però essere la
grande abilità e divertimenti il maneggio di bastoni e delle
frecce. Allo spuntar del Sultano è subito
intonato da alcuni indigeni composti in una specie di
fanfara, Le marce che dai medesimi vengono suonate
sono molto lontane dalle nostre, ma che quantunque
diaboliche, si sente un’agradevole piacere nelle varie specie
di strumenti che noi altri non conosciamo.
Quindi il Sultano seguito da alcuni Individui suoi Sudditi,
Prende a passare in visita la trupa ; compiuta in pochi
minuti la visita tra le acclamazioni e gli aplausi
Rientrando in casa, pago della sua funzione per la
sua riconoscenza della festa si fa entrare nel
Serraglio. Scopo della visita al così detto monastero, è di
togliervi dal medesimo una fra le quali più simpatiche;
la quale viene condotta dalle madamigelle nelle sale
del palazzo e resta a disposizione di lui finché
giunga il venerdì seguente: viene ricondotta
la scambiata come una simile e così di seguito.
Le donne esistenti nel Serraglio ammontano
per quando ho potuto sapere ad una Cinquantina.
Durante il giorno continuano le feste con accompagnamenti
di musica e pifferi nella piazza del Sultano e vanno consecutivamente
perdendosi all’inoltrarsi della notte. Il clima
considerato la posizione Geografica e la stagione in cui
siamo, è da notarsi una gran parte depresione di
temperatura nel percorso della notte, però il Caldo
s’avvicina sensibilmente.
Continuando a descrivervi non voglio trala-
sciare di dirvi due parole intorno agli usi e
Costumi degli abitanti. I ricchi distinguon-
si dai poveri , perché questi ricoprono solo in parte
le loro Carni nere con lunghe Camice
e di tutti i colori. Mentre i ricchi alla grande
diferenza della finezza degli Abiti, aggiungono ;
non solo avere completamente la persona ricoperta,
ma anche calzano una qualità di stivallini
chiamati sandalie.
Nessuna bellezza distinguesi sia negli uomini che
nelle donne essi son tutti di colore nero, ed hanno i capeli
nerissimi e ricciuti. Non tutte ma in gran parte le donne
hanno il naso atraversato da un perno di metallo lucente
terminante ad una estremità di anello e dall’altro in una
piccola palla. Quantunque mi sia affaticato a
domandarne spiegazzione non rimasi contento; ma
però non ho ancora finito la mia descrizione, per ora
mi arresto e vi spiegherò meglio il rimanente al ritorno
Se iddio ........
Ricevetti il giorno 8 di agosto notizie di voi inviatemi
il 27 giugno , ma già io aveva una mia lettera in
cammino dandovi notizie del mio viaggio.
Non credette miei cari genitori che la lontananza che
passa tra le mie notizie sia per mia trascuratezza,
ma è soltanto perché la posta non parte che una volta
al mese, perché tutti i postali che partono da Zanzibar
spedisco le mie notizie benché si paghino 75 cent.mi
ogni lettera.
Ora per quanto posso dirvi che la salutte sia di me
del S. comandante non dico che sia perfettamente buona
ma c’è la passiamo ancora discretamente. Il nostro ritorno
non sappiamo quando sarà, può essere fin da domani ma
non si sa. Tanti salutti alla famiglia dell’amico Cavaré
a tutti i miei parenti ed Amici ed un bacio ed un
abbraccio a tutta la famiglia e passo a dichiararmi il
Vostro Amatissimo ed Obbed. mo Figlio GIO:BATTA
UN bacio al nonno 

Archivio di Silvana Maccario di Camporosso (IM)

[ Nella riproduzione delle due lettere, di cui qui sopra vengono pubblicate le prime pagine, non sono state apportate, a parte errori di comprensione, modifiche ai testi. L’estensore fu Sebastiano Raimondo, vulgo Gio.Batta (di Agostino e Celestina Piombo), nato a Camporosso (IM) … e morto a Genova il 25 luglio 1959. I suoi fratelli furono: Rosa (nata nel 1855), Teresa (nata nel 1857), Paolina (nata nel 1858), Giovanna (nata nel 1862), Costanza (nata nel 1871), Carlo (1867-1940)Per la nave Archimede si veda a questo link. Il Console Generale d’Italia a Zanzibar alla data richiamata era Antonio Cecchi, di cui a questo collegamento é tracciato un breve profilo ]