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lunedì 14 marzo 2022

Dopo la guerra si scoprirà che tutti gli agenti inviati in Germania dalla Gran Bretagna si erano arresi o erano stati catturati


Durante la guerra non c’è un solo Stato che non ricorrerà in qualche modo ad agenti segreti, ogni grande potenza utilizzerà negli anni del conflitto, spie e doppiogiochisti; Alleati, Urss e forze dell’Asse si confronteranno a mano a mano con una serie di imprese eclatanti, degne dei romanzi di James Bond. A partire dalle informazioni sullo schieramento delle navi nella baia di Pearl Harbour il 7 dicembre del 1941, per passare all’infiltrazione di agenti sovietici nelle alte sfere dei servizi segreti inglesi, fino ad arrivare alle operazioni Alleate di deception, emergerà come: un ristretto numero di uomini contribuiranno a cambiare il destino e le sorti del Mondo intero.
Il Servizio segreto di intelligence (SIS), conosciuto comunemente come MI6, è il servizio di intelligence straniero del governo del Regno Unito, incaricato principalmente della raccolta e dell’analisi segreta a sostegno della sicurezza nazionale. Formato nel 1909 come sezione del Servizio segreto specializzato in intelligence straniera, la sezione sperimenta una crescita vertiginosa durante la Prima guerra mondiale, adottando ufficialmente il suo nome attuale intorno al 1920. Il nome MI6 (Military Intelligence section Six) nasce durante la Seconda guerra mondiale, quando il SIS è composto da molte sezioni; ancora oggi MI6 è la sigla comunemente usata per descrivere l’intelligence britannica; durante tutto il corso del conflitto il SIS sarà guidato da Stewart Menzies. <232
«The opening of hostilities in September 1939 is an appropriate moment to make a formal review of the Secret Intelligence Service and Britain’s other main intelligence gathering organizations.» <233
La caduta quasi simultanea delle potenze europee sotto il maglio nazista, rende l’Inghilterra l’unico Stato che si trova realmente a resistere contro la potenza germanica. La sconfitta di Dunkerque e la “battaglia d’Inghilterra” hanno chiarito definitivamente che la Gran Bretagna non può vincere la guerra solamente con i mezzi “classici”, ovvero la potenza bellica vera e propria, ma deve ricorrere, opinione anche dello stesso Churchill, alle tecniche che meglio sa utilizzare, quelle tipiche dello spionaggio e del controspionaggio. <234 L’esperienza britannica in questo campo è molto vasta, assai più di qualsiasi altra potenza. Per più di cinque secoli i suoi uomini di Stato e i suoi generali si sono avvalsi di questi “mezzi” per costruire prima un regno e poi un impero, e per difenderlo contro i suoi nemici. Sono riusciti a farla agli spagnoli, ai francesi e agli olandesi, nei secoli passati, e già una volta, nel secolo presente, sono stati costretti a battersi contro l’espansionismo tedesco. Sono passati poco più che vent’anni dalla fine della Grande guerra ed ecco che una nuova Germania risorge dalle sue rovine e, sotto la guida di Adolf Hitler, il mondo si ritrova ancora una volta coinvolto in un grande conflitto. <235
Uno dei primi provvedimenti presi a tale proposito è la costruzione del C. L’MI9 (Military Intelligence section Nine) è un dipartimento del Ministero della Guerra che sarà attivo tra il 1939 e il 1945. Durante la Seconda guerra mondiale sarà incaricato di sostenere le reti della Resistenza europea e di usarle per aiutare i piloti degli aerei Alleati abbattuti, soldati e molti prigionieri a tornare in Gran Bretagna, oltre che a un ingente numero di ebrei a fuggire dalla persecuzione nazista nei Paesi occupati. <236 L’MI9, oltre alle evasioni dai territori occupati, produrrà vari oggetti come aiuto alla fuga, specie basati sulle idee di Christopher Hutton. Quest’ultimo realizzerà bussole nascoste all’interno di penne o bottoni; stamperà mappe su fazzoletti di seta, in modo che non si stropiccino; progetterà speciali stivali con ghette staccabili che possono rapidamente essere convertite come scarpe civili e tacchi cavi contenenti pacchetti di cibo secco; una lama da rasoio magnetizzata indicante il nord se posta in acqua; uniformi che possono essere convertite in abiti civili.
L’Office of Strategic Services (OSS) è un servizio segreto statunitense operante nel periodo della Seconda guerra mondiale, precursore della Central Intelligence Agency (CIA). Cinque mesi prima dell’attacco giapponese a Pearl Harbour e dell’ingresso in guerra degli Stati Uniti, il Presidente Roosevelt aggiunge un ufficio particolare e misterioso alla burocrazia amministrativa statale, dal nome di COI (Coordinator Office of Information), alla guida di un certo Colonnello, poi Generale, William Joseph Donovan, un cattolico di origini irlandesi e di orientamento repubblicano, oltre che milionario. <237
La preoccupazione principale delle sfere militari e dirigenziali americane è il forte espansionismo giapponese nel Pacifico, preludio di una possibile guerra futura. L’ufficio nasce principalmente come centro di raccolta dati inerenti alla questione pacifica. L’ufficio, in seguito all’entrata in guerra, viene poi modificato e nominato OSS (Office of Strategic Service) con lo scopo di coordinare la gestione della raccolta di intelligence militare a livello centrale, assumendo in ciò un ruolo sovraordinato a ogni altra analoga struttura già esistente nelle forze armate americane. <238 Prima di ciò, la gestione dei servizi d’informazione era gestita da varie agenzie statali, di cui la maggior parte dei casi veniva trattata dall’ufficio preposto appartenente all’FBI. <239 L'Office of Strategic Services viene costituito con un decreto militare del Presidente Roosevelt il 13 giugno 1942, per raccogliere e analizzare le informazioni strategiche necessarie e per svolgere operazioni speciali non affidate ad altri organismi.
Il presidente è preoccupato per le carenze americane in tema di intelligence. Su consiglio di William Stephenson, responsabile britannico dell’intelligence per l’emisfero occidentale, Roosevelt chiede a Donovan di tracciare un piano per un servizio segreto ispirato a quelli britannici, quali il Secret Intelligence Service (MI6) e lo Special Operations Executive (SOE). <240 L’agenzia ora ha influenza su ogni operazione nel globo, in ogni singolo Paese partecipante al conflitto, agenti dell’OSS vengono mandati a reperire informazioni e infiltrati tra le forze nemiche in territorio ostile. Durante la Seconda guerra mondiale, l’OSS condurrà molteplici missioni e attività, tra cui l’acquisizione di informazioni per mezzo di spie, l’esecuzione di atti di sabotaggio, azioni di guerra attraverso la propaganda, creazione di reti di evasione per prigionieri di guerra e per ebrei, organizzazione e coordinamento di gruppi di resistenza anti-nazista in Europa, addestramento di guerriglieri anti-nipponici in Asia. Al culmine del suo sviluppo nell’ultimo conflitto mondiale, l’OSS impiegherà almeno 24 mila persone. Tra gli altri compiti, si occuperà di propaganda, sovversione e pianificazione del dopoguerra.
Le operazioni di spionaggio e sabotaggio rendono indispensabile un equipaggiamento altamente specializzato. Il Generale Donovan invita esperti, organizza seminari e finanzia laboratori che avrebbero formato il nucleo del futuro Research & Development Branch. Per tutta la durata della guerra, il Research & Development abilmente adatta armi ed equipaggiamento spionistico, producendo in proprio una gamma romanzesca di strumenti e arnesi da spia, tra cui: pistole silenziate, mitra alleggeriti, bombe a impatto, esplosivi camuffati da pezzi di carbone, micce all’acetone per le mine adesive, bussole nascoste in bottoni da uniforme, carte da gioco che occultano mappe, una fotocamera da 16 mm Kodak dissimulata da pacchetto di fiammiferi, tavolette di veleno senza aroma, sigarette rivestite di tetraidrocannabinolo acetato per indurre incontrollabile loquacità, e altri ritrovati ancora. Inoltre, viene sviluppato un equipaggiamento di comunicazione innovativo, come strumenti di intercettazione, segnalatori elettronici per localizzare gli agenti, e il sistema radio portatile che permette agli operatori a terra di stabilire un contatto sicuro con gli aerei che si preparassero ad atterrare o a deporre un carico. Il Research & Development dell’OSS stamperà anche false tessere identificative tedesche e giapponesi, vari lasciapassare, carte di razionamento e denaro contraffatto.
[...] Lo Special Operations Executive (SOE) è un’organizzazione britannica facente parte dei servizi segreti attiva durante la Seconda guerra mondiale, formata ufficialmente nel luglio 1940 col fine di condurre operazioni di spionaggio, sabotaggio e ricognizione nell’Europa occupata, e più tardi anche nelle zone del Sud-Est asiatico, contro le potenze dell’Asse, oltre che aiutare i movimenti di resistenza locale nella lotta contro le forze occupanti. <242
[...] Durante la guerra, solamente poche persone saranno a conoscenza dell’esistenza di SOE, coloro che ne faranno parte o che saranno in contatto con i suoi membri, verranno protette con la massima segretezza possibile, le sue varie filiali e talvolta l’organizzazione nel suo complesso rimarranno nascoste dietro a finti nomi o dietro agenzie fittizie. L’organizzazione impiegherà nel corso del conflitto poco più di 13 mila persone, di cui circa 3200 donne, specie nei servizi ausiliari.
[...] Il capo del SIS, Sir Stewart Menzies, dichiarerà ripetutamente nel corso della guerra, che i membri del SOE sono “dilettanti, pericolosi e fasulli” e si assumerà il compito di portare una massiccia pressione perché la nascente organizzazione venga il prima possibile smantellata. Secondo molte alte sfere, sia politiche sia militari, i vantaggi che le operazioni SOE comportano: non sono sufficienti per compensare i danni che invece creano. Della stessa idea è il Comando di bombardieri che si risente nel dover prestare i suoi mezzi per missioni clandestine, rinunciando alla possibilità di impiegare tali velivoli per continuare la campagna di bombardamento contro i Paesi nemici, per condurre la Germania in ginocchio.
L’organizzazione si evolve continuamente e cambia notevolmente durante la guerra. Inizialmente, consiste di tre grandi dipartimenti: SO1 che si occupa di propaganda, SO2 che invece è la sezione responsabile delle operazioni, e SO3 che infine si occupa della ricerca, e che successivamente sarà fuso a SO2. Nell’agosto del 1941, dopo le dispute tra sulle relative responsabilità, SO1 verrà rimosso dal SOE e diverrà un’organizzazione indipendente. SO2 ora gestisce le sezioni che operano in territorio nemico e talvolta neutrale, e la selezione e la formazione degli agenti; a fini di sicurezza, ciascuna sezione ha la propria sede e gli istituti di formazione in modo indipendente.
[...] A livello politico, le relazioni fra il SOE e i governi in esilio sono spesso difficili. Quest’ultimi protestano poiché molte operazioni si svolgono senza la loro approvazione e senza che ne siano al corrente, provocando rappresaglie contro la popolazione civile, oppure tendono ad appoggiare alcune fazioni non direttamente collegate a loro, basti vedere il caso francese. Verso la fine della guerra, quando le forze Alleate cominceranno a liberare territori occupati e in cui il SOE ha stabilito forze di resistenza, l’organizzazione cercherà di stabilire le basi politiche per i futuri governi, andando spesso a scontrarsi con la volontà dei governi precedenti alla scoppio del conflitto.
[...] La maggior parte delle reti di resistenza che il SOE forma, comunica principalmente via radio direttamente dalla Gran Bretagna o da sedi controllate dallo stesso SOE. Tutti i circuiti di resistenza contengono almeno un operatore radio. In un primo momento, il traffico radiofonico passa attraverso la stazione radio controllata dal SIS a Bletchley Park. Dal 1 giugno 1942 il SOE utilizzerà le proprie stazioni di trasmissione e ricezione a Grendon Underwood e a Poundon.
[...] Le prime radio di SOE sono fornite dal SIS: sono grandi, ingombranti e richiedono grandi abilità di utilizzo; successivamente verranno adottate macchine sempre più piccole e performanti. <251 Le procedure operative sono però insicure in un primo momento. Gli operatori sono costretti a trasmettere i messaggi su frequenze fisse e in tempi e intervalli fissi. Questo permette alla direzione anti-spionaggio tedesca di trovare tramite il metodo di triangolazione le loro posizioni. Dopo che diversi operatori verranno catturati o uccisi, le procedure saranno rese più flessibili e sicure, aumentando in modo sensibile l’efficacia delle operazioni e la possibilità di permanenza di un agente nel medesimo luogo, senza che quest’ultimo venga scoperto. <252
I messaggi vengono, come logico, sempre trasmessi codificati.
[...] Oltre che alle spie, ci sono anche i sabotatori. Uno dei loro compiti principali è quello di attuare continue azioni di disturbo a danno delle fortificazioni e delle difese tedesche. I metodi, senza analizzare quelli classici come la recisione dei fili del telefono, sono a volte veri e propri capolavori dell’ingegno.
[...] La prima breccia di Enigma è aperta in tutta segretezza dal servizio segreto polacco, che nel corso degli anni Trenta decifra i messaggi grazie all’ingegno del matematico e statista Marian Rejewski. Nel luglio del 1939, quando ormai appare chiaro che l’attacco tedesco sia solo questione di tempo e non ci sono illusioni sulla possibilità di respingerlo, gli esperti del controspionaggio francese e britannico sono convocati a Varsavia e viene loro consegnata una copia della cifrante Enigma, con allegata la spiegazione del suo funzionamento. <263
Gli inglesi, intuito lo straordinario potere di questo mezzo, iniziano a potenziare la Government Code and Cypher School (GC&CS), con sede in una località di campagna nel Buckinghamshire, un paese a circa settantacinque chilometri a nord-ovest di Londra, dal nome di Bletchley Park, anche nota come Stazione X, dove già affluiscono i messaggi intercettati via radio.
La scuola governativa per codici e crittografia entra in funzione ufficialmente nel 1939 col compito di decrittare i messaggi in codice; allo scoppio della guerra ottiene rilevanti finanziamenti che portano anche a un suo allargamento, con la possibilità di ingaggiare migliaia di esperti, a cui viene concesso l’utilizzo di una strumentazione elettronica d’avanguardia. La scuola chiuderà del 1946 e i suoi collaboratori resteranno vincolati dal giuramento di segretezza. <264
[...] Il Double Cross System o Sistema XX è una sezione del British Security Service addetto al controspionaggio e all’inganno attivo durante la Seconda guerra mondiale, indicata dal MI5, a titolo di copertura, come un’organizzazione civile responsabile della gestione logistica degli affari militari. Una buona parte dei suoi componenti sono agenti nazisti che si trovano in Gran Bretagna, che vengono usati dagli inglesi per trasmettere principalmente disinformazioni ai responsabili dell’intelligence tedesca. Le sue operazioni saranno supervisionate dal Comitato 20 sotto la presidenza di John Cecil Masterman; il nome del comitato deriva dal numero 20 in numeri romani: XX (ovvero una doppia croce). <276
[...] La politica dell’MI5 durante la guerra è inizialmente quella di usare il sistema a doppia croce per operazioni di controspionaggio. Sarà solo più tardi che il suo potenziale per scopi di inganno o meglio di deception verrà realizzato. Degli agenti dei servizi segreti tedeschi, alcuni saranno arrestati, mentre molti altri che raggiungeranno le coste britanniche si consegneranno di spontanea volontà alle autorità inglesi. Agenti successivi saranno incaricati di contattare agenti che, in realtà sono già controllati dagli inglesi. Dopo la guerra si scoprirà che tutti gli agenti inviati in Germania dalla Gran Bretagna si erano arresi o erano stati catturati. <278
[...] Il controllo dei nuovi doppi agenti cade su Thomas Argyll Robertson, un carismatico agente dell’MI5 di origine scozzese. Robertson crede che trasformare le spie tedesche avrebbe avuto numerosi vantaggi, rispetto a ucciderle, rivelando quali informazioni volesse l’Abwehr e potendo trasmettere informazioni false per attuare operazioni di deception. Viene di proposito creato un ufficio segreto direttamente dipendete dal Comitato XX, il cui nome è conosciuto con la sigla B1a, la sua funzione specifica è la gestione degli agenti-doppi.
[...] I primi agenti di Robertson non sono, però, un gran successo, Giraffe (George Graf) non sarà mai realmente usato e Gander (Kurt Goose) che era stato inviato in Gran Bretagna e che trasmetteva ancora con l’intelligence tedesca, viene rapidamente dismesso. <282 I successivi due tentativi saranno ancora più farseschi; Gösta Caroli e Wulf Schmidt, due veri nazisti nonché profondi amici, saranno costretti in un triste gioco di spie: Caroli viene costretto a diventare un doppiogiochista in cambio della vita di Schmidt, mentre a Schmidt viene detto di essere stato venduto dal suo amico, convincendolo così a diventare anch’esso un doppiogiochista. <283 Caroli diviene rapidamente un problema, giudicato troppo pericoloso per essere usato, viene presto fatto fuori. Schmidt ha più successo: col nome in codice "Tate", continuerà ad avere contatto con la Germania fino al maggio 1945. <284 Queste eccentriche spie fanno capire a Robertson che gestire i doppi agenti sarebbe stato un compito difficile.
La principale forma di comunicazione che gli agenti utilizzano è la scrittura criptata, più tardi nella guerra, le radio wireless saranno fornite dai tedeschi e faciliteranno molto la comunicazione. Un aspetto cruciale del sistema è la necessità di inviare informazioni autentiche insieme al materiale di inganno. Questa necessità causa problemi all’inizio della guerra, con coloro che sono riluttanti a fornire anche una piccola quantità di materiale genuino relativamente innocuo. Più tardi nella guerra, man mano che il sistema si organizzerà meglio, verranno integrate informazioni autentiche anche di notevole rilevanza nel sistema di inganno, ne è un esempio la comunicazione radio trasmessa da "Garbo" inerente all’imminente sbarco in Normandia. <285
Non è solo nel Regno Unito che questo grosso e delicato sistema viene gestito. Un certo numero di agenti collegati al sistema sono gestiti in Spagna e in Portogallo, entrambi Stati neutrali.
[NOTE]
232 West, MI6: British secret intelligence service operations, p. XV.
233 Ivi, Cit. p. 65.
234 Ivi, p. 89.
235 Brown, Una cortina di bugie, pp. 8-9.
236 West, MI6: British secret intelligence service operations, pp. 113-114.
237 Smith, OSS: The Secret History of America’s First Central Intelligence Agency, p. 1.
238 Brown, Una cortina di bugie, p. 81.
239 Andrew, The defence of the realm, p. 215.
240 Smith, OSS: The Secret History of America’s First Central Intelligence Agency, p. 28.
242 Foot, SOE, special operations executive, Cit. p. XVII
251 Foot, Resistance, Cit. p. 162.
252 Ivi, p. 158.
263 Franzinelli, Guerra di spie, p. 78.
264 Ivi, p. 201.
276 Winston Churchill sul Double Cross System. Macintyre, Double Cross, Cit. p. 4
282 Macintyre, Double Cross, p. 38.
283 Andrew, The defence of the realm, p. 251.
285 Vedi paragrafo dedicato 4.8 Garbo e la rete.
Alessandro Berti, Dalla poesia di Verlaine alla rete di Garbo: l’importanza delle operazioni di deception per la riuscita dello sbarco in Normandia, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2016-2017

sabato 19 febbraio 2022

Gli agenti furono lanciati quaranta miglia a meridione del punto stabilito

Tirli, Frazione di Castiglione della Pescaia (Grosseto) - Foto: Danilo93 su Mapio.net

Il 22 gennaio 1944 le truppe anglo-americane sbarcarono ad Anzio per forzare il fianco della X Armata tedesca e superare, così, lo stallo che si era creato sul fronte di Cassino.
Sennonché il maggiore generale John P. Lucas, Comandante del VI Corpo d’Armata, non seppe approfittare delle quasi inesistenti linee di difesa tedesche e decise di fermarsi predisponendo uno schema di difesa della testa di ponte: l’offensiva frontale della V Armata si arenò a Cassino e la testa di ponte di Anzio, anziché serrare i tedeschi in una manovra a tenaglia, diventò un rischio per l’Allied Forces Headquarters (AFHQ) e la stessa V Armata.
Con quest’ultima sbarcò ad Anzio anche un‘unità dell’Office of Strategic Services (d’ora in poi OSS) che, tuttavia, non aveva un predefinito piano operativo. Il distaccamento dell’OSS ad Anzio inviò numerose missioni oltre le linee ma, in assenza di coordinamento con gli agenti infiltrati a Roma, raccolse informazioni strategiche militari di valore tattico limitato rispetto all’avanzata della V Armata <1.
A decorrere dal gennaio 1944, una parte del lavoro dell’OSS consistette nella raccolta d’informazioni strategiche concernenti la dislocazione delle bande partigiane nell’Italia occupata dai tedeschi, che si tradusse nella redazione di rapporti mensili, con allegate mappe dettagliate, inviati, poi, al direttore dell’OSS a Washington e, attraverso quest’ultimo, alla Casa Bianca.
Inizialmente questi rapporti furono redatti dal SIM, giusta la collaborazione tra i ricostituiti servizi segreti italiani del colonnello Agrifoglio e quelli americani, quale formalizzata nell’accordo del settembre 1943 con la Sezione italiana della Secret Intelligence Branch (SI) di Scamporino e Corvo, di cui sopra si è detto. In seguito, man mano che s’incrementò l’entità dell’infiltrazione degli agenti dell’OSS oltre le linee nemiche e s’intensificarono, così, le relazioni di questi ultimi con i patrioti italiani, tali rapporti furono sempre più densi di dettagli, concernenti sia gli uomini sia gli armamenti e consentirono, così, di ponderare la forza sia locale sia regionale e generale di queste organizzazioni irregolari <2.
Gli agenti che Bourgoin aveva reclutato a Napoli furono inviati in missioni di lungo raggio e raccolsero informazioni che si rivelarono molto utili alle tormentate forze militari alleate che combattevano ad Anzio. Nel suo rapporto riservato sulle attività dell’OSS dal 20 settembre 1943 al 26 gennaio 1945, Bourgoin ha celebrato, tra gli altri, l’agente “Cervo”, alias Maurizio Giglio, che, allo scopo di facilitare la missione d’intelligence di cui era stato investito, riuscì a introdursi nella polizia segreta fascista in veste di ufficiale di collegamento (Liaison Officer) con le autorità tedesche. Egli fu molto abile nel raccogliere una gran quantità d’informazioni militari segrete, trasmetterle via radio al Quartier Generale di Caserta e, altresì, preparare basi sulla costa tirrenica e, in particolare, nell’area di Capalbio, per consentire lo sbarco di altre missioni dell’OSS in Italia e, soprattutto, dalla Corsica. Stabilì contatti con alcuni esponenti dei partiti antifascisti che, clandestinamente, stavano organizzando la Resistenza nella Roma occupata dai tedeschi, tra i quali spiccavano Franco Malfatti, membro del Partito Socialista Italiano (PSI) e braccio destro del rappresentante socialista nella giunta militare del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), Giuliano Vassalli che collaborò, in particolare, con Peter Tompkins <3.
Accadde, infine, che, nella prima parte di marzo ’44, il radiotelegrafista Vincenzo Converti fu denunciato alla Gestapo: il fatto di per sé di rilevante gravità assunse una notevole importanza anche per i suoi inquietanti risvolti con riguardo alla sorte dell’agente “Cervo”, il quale, il 17 marzo 1944, fu arrestato dalle SS e, quindi, fucilato alle Fosse Ardeatine. Così Bourgoin raccontava la drammatica fine del suo agente:
"Il tenente Giglio, nel tentativo di salvare le attrezzature radio, su ordine di Mr. Tompkins, fu arrestato dalle SS tedesche e, dopo alcuni giorni di orribili torture, fu infine fucilato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo insieme con i trecentoventi ostaggi italiani. Con la persona del tenente Giglio, perdemmo uno straordinario e capace agente e uno dei migliori patrioti italiani che avessi avuto l’onore di conoscere durante il mio servizio in Italia. Nonostante le torture inflittegli nei sette giorni di prigionia, egli rifiutò sempre di confessare e mantenne al sicuro i nomi e gli indirizzi di tutti i nostri agenti, compreso Mr. Peter Tompkins e così, con il sacrificio della sua vita, salvò tutta la nostra organizzazione" <4.
Fallito il tentativo di prelevare il figlio del maresciallo Badoglio durante la citata missione Richmond II, si decise di porre in essere una nuova operazione anche allo scopo di stabilire contatti con alcuni nuovi gruppi di partigiani sparpagliati in Toscana e, in particolare, tra Tarquinia e Follonica. Tale missione fu compiuta dall’ufficiale dell’aviazione italiana, Piergiorgio Menichetti, il quale si offrì volontario e dal radiotelegrafista, tale Mummolo, nome in codice “Barone”. Entrambi furono paracadutati nella parte sud-orientale di Orbetello. L’operazione, secondo la testimonianza di Bourgoin, fu condotta dall’aviazione britannica che, però, nonostante che l’OSS avesse impartito istruzioni molto precise e corredate di mappa a grande scala nonché fotografie aeree del punto di lancio, paracadutò i due uomini a dieci miglia più a nord del punto stabilito. Questi furono, così, lanciati nel mezzo di una fattoria occupata dalle truppe nemiche e, solo grazie al loro coraggio e abilità, riuscirono a scappare. Come se non bastasse, l’attrezzatura radio, gli effetti personali e le mappe militari furono lanciate a venti miglia dal punto in cui gli uomini erano stati paracadutati. Pertanto, la missione fu assolutamente inutile in quanto gli agenti, privi come furono delle necessarie attrezzature, furono impossibilitati a mettersi in contatto via radio con la base. Menichetti tentò, invano, di collegarsi con gli altri agenti segreti alleati, soprattutto britannici, che si trovavano nella vicina regione di Viterbo, ma i messaggi furono trasmessi al Quartiere Generale con un mese di ritardo. L’inarrestabile Menichetti, non potendo lavorare, decise, quindi, con l’aiuto del capitano Fantappié che possedeva una piccola imbarcazione lunga quindici piedi, di raggiungere con questo mezzo qualche isola occupata dagli Alleati. La loro avventurosa spedizione non fu vana perché fornì importanti informazioni strategiche concernenti tutte le fortificazioni costiere, i presidi e i movimenti delle truppe tedesche sulla costa tirrenica tra Civitavecchia e Piombino e consentì di redigerne mappe molto dettagliate che giovarono alle operazioni speciali dell’OSS che si dipartirono soprattutto dalla base di Bastia in Corsica. L’impresa fu descritta con enfasi ancora da Bourgoin che celebrava il raro coraggio dei due uomini con queste parole:
"Il 14 marzo, essi salparono da Castiglion della Pescaia diretti a Bastia, Corsica. A loro si aggiunsero due patrioti italiani desiderosi di unirsi alle forze armate italiane che combattevano dalla nostra parte. La prima parte del viaggio verso l’isola di Monte Cristo fu facile ma nel mezzo della notte furono colti da vento molto forte che lacerò la vela e fece scoppiare l’albero maestro dell’imbarcazione, sicché invece di arrivare in Corsica come programmato, essi approdarono esausti, dopo settantadue ore di navigazione su un mare molto mosso, su una piccola roccia a largo della costa della Sardegna vicino all’isola della Maddalena. Individuati dalla Marina Britannica, arrivarono quindi a Napoli con un volo il 16 marzo ‘44. Menichetti e il capitano Fantapie [sic] fornirono informazioni utilissime concernenti tutte le fortificazioni costiere, i presidi e i movimenti delle truppe dei tedeschi sulla costa tra Civitavecchia e
Piombino e contribuirono a redigere mappe molto dettagliate delle quali una copia fu inviata anche al colonnello Livermore, Commanding Officer dell’OSS in Corsica" <5.
Anche una seconda missione intentata dal medesimo agente Menichetti rischiò di essere compromessa a causa di un grave errore di lancio da parte dell’Aviazione britannica, sebbene questa volta fosse stata adottata una serie di precauzioni, compresa, in particolare, in una dettagliatissima mappa della zona di lancio e, pur tuttavia, il coraggio e l’iniziativa di Menichetti e i suoi uomini supplì la carenza militare e consentì di compiere un’eccellente missione. Menichetti si arruolò volontario per una seconda missione nella quale fu accompagnato dal radio operatore Bormida. I due agenti dovettero essere lanciati a Tirli, a est di Follonica, per unirsi a un potente gruppo di patrioti il cui comandante, tale Vanucci, fu convocato da Bourgoin con l’intermediazione del generale Accame. Le forze aeree britanniche furono dotate di una mappa dettagliata del punto per evitare di commettere il medesimo errore in cui erano incorse nella prima missione. Nonostante tutte le precauzioni adottate, però, gli agenti furono lanciati quaranta miglia a meridione del punto stabilito, mentre le attrezzature radio, le batterie e i generatori elettrici non furono paracadutati tutti insieme, tanto che, mentre le batterie e i generatori furono individuati, le radio, invece, finirono in un posto assolutamente sconosciuto e, infine, andarono perdute. A dispetto delle circostanze, Menichetti riuscì a mettersi in contatto con un’altra stazione radio operante nella regione e si dovette organizzare, quindi, un’altra operazione di aviolancio volta a rifornire gli agenti del necessario equipaggiamento.
I messaggi inviati da Menichetti furono molto importanti perché contennero informazioni militari di grande valore che permisero all’aviazione alleata di distruggere il più grande deposito tedesco di munizioni in Italia a Tombolo di Feniglia vicino a Orbetello. Pertanto, quando gli Alleati arrivarono sul posto a metà giugno, centinaia di barili di gasolio erano stati dati alle fiamme, immensi rifornimenti distrutti e un gran numero di tedeschi uccisi.
Inoltre, grazie a questa missione, il comando di tutti i gruppi di partigiani della regione fu fortificato e ingaggiata una dura battaglia che distrusse una gran quantità di armamenti nemici, spianando, così, la strada all’avanzata della V Armata. E’ ancora Bourgoin che, così, ricordava l’agente da lui reclutato:
"Egli compì una meravigliosa missione grazie alla quale furono inviate noi informazioni militari d’immenso valore che permisero all’Air Force di distruggere il più grande deposito di munizioni tedesco in Italia. Centoquaranta Flying Fortressess bombardarono il posto sito a Tombolo di Feniglia vicino a Orbetello. Il deposito fu interamente distrutto, tre navi affondate e quando gli Alleati arrivarono sul posto a metà giugno, centinaia di barili di gasolio furono dati alle fiamme, immensi rifornimenti distrutti e un gran numero di tedeschi uccisi. Grazie alla capacità di Menichetti, il comando di tutti i gruppi di partigiani della regione fu fortificato e fu ingaggiata una battaglia che distrusse una gran quantità di armamenti tedeschi, uccidendo in una sola volta centosessanta tedeschi e aprendo la strada alla V Armata che trovò le posizioni abbandonate dal nemico. Menichetti catturò due batterie tedesche, quattro mitragliatrici e venti carri armati che furono consegnati agli americani della V Armata. I due radiotelegrafisti all’ultimo minuto abbandonarono le loro attrezzature radio e combatterono con i partigiani italiani e il loro ufficiale comandante" <6.
Nello stesso periodo dalla base dell’OSS di Bastia in Corsica si dipartirono altre importanti missioni d’intelligence, a lungo raggio, aventi come destinazione l’Italia occupata dal nemico. L’operazione denominata Richmond II, che, come avanti enunciato, approdò sulla spiaggia di Fosso Tafone nella notte tra il 17 e il 18 gennaio ‘44 e si svolse tra la Liguria e la Toscana, fu affidata alla squadra composta dei seguenti agenti: Vera Vassallo; Sergio Tavernari e Salvatore Piazza, nome in codice “Turi”, oltre ai radiotelegrafisti Alberto Fabbri e Mario Rebello. Vera Vassallo, che si era formata nei servizi d’intelligence della Marina Militare Italiana, compì la missione affidatale con encomiabile determinazione, permettendo ai servizi segreti americani di mettersi in contatto con le principali bande partigiane italiani operanti nel distretto delle Alpi Apuane, La Spezia e la Toscana nonché con il CLN di Firenze. Si narra di ben sessantacinque operazioni di aviolancio alleate per il rifornimento di armi e munizioni in favore dei partigiani di quell’area [...]
[NOTE]
1 M. Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani cit., pp. 206 e 207.
2 Si veda, a tal proposito, il citato rapporto del SIM sulle bande partigiane nell’Italia del nord, con allegata mappa, che fotografa la situazione nel periodo dal 1° maggio al 31 luglio 1944 con riferimento alle regioni di: Toscana, Emilia, Marche, Piemonte e Liguria, Lombardia e Veneto. Il rapporto analizza sia l’organizzazione sia le attività delle formazioni di partigiani le quali ‹‹a prescindere dai partiti politici di riferimento, sono controllate dal Comitato di Liberazione Alta Italia (CLNAI) che ha fatto tutto il possibile per coordinare le attività di tutti i gruppi di patrioti nella comune guerra contro il nemico›› nonché l’esatta posizione per area geografica con l’indicazione della forza in uomini e arsenale delle bande organizzate. SIM Reports. Armed Bands in Northern Italy cit.
3 A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., p. 55.
4 ‹‹Lt. Giglio, trying to save the radio sets on orders given to him by Mr. Tompkins, was captured by the Germans and during several days of horrible torture, he finally was shot at Fosse Ardeatine on the 24th of March with 320 Italian hostages. We lost, in the person of Lt. Giglio, an extraordinary and capable agent and one of the best Italian patriots I had the honor to know while serving in Italy. In spite of the tortures which had been inflicted on him during the seven days, he always refused to give the names and safe addresses of all of our Agents including Mr. Peter Tompkins, and by the sacrifice of his life, he thus saved all of our organization›› A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., p. 56.
5‹‹On the 14th of March they sailed from Castiglione della Pescaia to Bastia, Corsica. They took with them two Italian patriots who were willing to join the regular Italian Army fighting on our side. The first part of the trip to the Island of Monte Cristo was easy, but in the middle of the night they were caught bay a very heavy gale which tore the sail , blow off the mast of the ship and instead of arriving in Corsica as planned, they landed exhausted after seventy-two hours of navigation on a very rough sea, on a little rock off the Sardinian Coast near Maddalena [sic]. Rescued by the British Navy, they arrived in Naples with a plane on the 16th of March. Menichetti and Capt. Fantapie [sic] supplied us with the most useful information about all coastal fortifications, German garrisons and troop movements on the coast between Civitavecchia and Piombino. Detailed maps were established and a copy sent to Col. Livermore who was the Commanding Officer in OSS Corsica.›› A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., pp. 66 e 67.
6 ‹‹He accomplished a wonderful mission sending us the most valuable military information and allowing the Air Force to destroy the biggest German dump in Italy. One hundred and forty Flying Fortresses bombed the place at Tombolo di Feniglia near Orbetello. The dump was entirely destroyed, three boats sunk, and when the Allied Armies arrived on the spot in the middle of June, thousands of gasoline barrels had been burned; enormous supplies destroyed, and a great number of Germans killed. Due to ability of Menichetti, he secured the command of all resistance groups of the Region and put up a fight destroying a great quantity of German equipment killing in one battle one hundred and sixty Germans and opening the way to the Army which found the positions abandoned by the enemy. Menichetti captured two Germans batteries; four machine guns and twenty trucks were given to the American 5Th Army. The two radio operators at the last minute abandoned their radio sets and fought with the patriots and their Commanding Officer.›› A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., pp. 68 e 69.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012 


giovedì 28 ottobre 2021

A fine settembre 1943, in una notte senza luna, un sommergibile britannico sbarcò sulle coste liguri la prima missione alleata nel Nord Italia

Prima pagina del rapporto finale di Fausto Bazzi - Fonte: Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

Ultima pagina del rapporto finale di Fausto Bazzi

A fine settembre 1943, in una notte senza luna, un sommergibile britannico (probabilmente il Seraph) sbarcò sulle coste liguri, a San Michele di Pagana, la missione LAW, la prima missione alleata nel Nord Italia. La missione attuò il primo collegamento radio fra Genova e Algeri. Fino a novembre restò l’unica missione della N° 1SF in Italia.
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale - Anno XXIX - 2015, Editore Ministero della Difesa

Riceviamo e pubblichiamo:
'Sabato 25 marzo, alle ore 16 presso la Biblioteca Internazionale “Città di Rapallo” (Villa Tigullio), presentazione del libro di Marco Steiner, “Mino Steiner, il dovere dell’antifascismo” (Ed. Unicopli). Relazione di Giacomo Ronzitti, presidente Ilsrec. Sarà presente l’autore. Presiederà Vittorio Civitella, ricercatore storico e saggista. L’evento è patrocinato dal Comune di Rapallo'.
[...] “Una notte uggiosa di inizio Ottobre del 1943, a qualche miglio dalla spiaggia di Cavi di Lavagna, la sagoma scura d’un sommergibile si erse lentamente dalla superficie del mare sino ad arrestarsi immobile e silenziosa. Uno sportello si aprì sulla tolda e da esso  comparvero alcune figure quatte e guardinghe. Un paio di esse misero in acqua un canotto tenendolo accostato allo scafo sino a quando altri due uomini vi scesero dentro e cominciarono a remare allontanandosi dallo scafo ormai in fase di immersione: un breve e sordo ribollire di schiuma e spruzzi, indi la notte si richiuse sulla fugace apparizione. I due si diressero verso la costa priva di luci. Essi indossavano un giubbotto scuro, erano armati e dentro una sacca impermeabile nascondevano un apparecchio radio…”.
Ha così inizio l’incredibile storia di Guglielmo “Mino” Steiner e del suo secondo, Fausto Bazzi, che, condotti in missione segreta sino a quell’approdo da un sommergibile inglese, avrebbero dato vita ad uno degli episodi più incredibili e avventurosi dell’epopea resistenziale. Quella notte la missione inter-alleata Law aveva avuto il suo battesimo e la articolata cospirazione antifascista sia clandestina che in armi ne avrebbe tratto corposi vantaggi strategici e tragiche conseguenze. [...]
Consuelo Pallavicini, Rapallo: presentazione del libro “Mino Steiner, il dovere dell’antifascismo”, Levante News. La voce del Tigullio, 14 marzo 2017 

Sotto l’aspetto ideologico, il referente innovatore e riformista della composita cospirazione antifascista che aveva accolto a suo tempo le ansie promotrici di Antonio Zolesio era rappresentato dal Partito d’azione di cui Giustizia e libertà (movimento formatosi a Parigi nel 1929 dopo la fuga di Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Fausto Nitti dalla colonia penale di Lipari) costituiva all’epoca dei fatti narrati il vero braccio armato su tutto il territorio nazionale ove il conflitto era ancora in corso: quasi una milizia di partito così come lo erano per antonomasia le brigate garibaldine per il Pci.
Antesignano di questo concettualmente avanzato movimento nella nostra regione era stato Lino Marchisio; con lui, oltre agli azionisti capifila Eros Lanfranco, Cristoforo Astengo, Luciano Bolis e Marcello Cirenei, l’azionismo ligure poteva contare su altri nomi di riconosciuto ed elevato prestigio quali Mario Cassiani Ingoni, Leonida Balestreri, Mario Zino, Pino Levi Cavaglione, Annibale Ghibellini.
In tale congiuntura ad Antonio Zolesio, già prima del fatidico 1943 che aveva decretato la diversa scelta di campo del Paese nella persona del re e del suo plenipotenziario maresciallo Badoglio, erano stati assegnati preventivi ancorché precisi compiti di intelligence ch’egli, in qualità di segretario militare del Pda per la Liguria (incarico conferitogli per volontà di Ferruccio Parri in persona il quale annetteva ai servizi d’informazione un’importanza preponderante), avrebbe mandato ad effetto, congiuntamente al capitano Dante Novaro (referente della missione Zucca del 2677° reggimento Oss-Apo/512, poi ucciso a Mauthausen-Gusen 2) e ad altri, nel covo clandestino di via San Giorgio, alle spalle del porto di Genova, sotto la copertura d’un innocuo ufficio commerciale.
Tanta tempestiva alacrità avrebbe prodotto a breve la prima (in assoluto) operazione congiunta di intelligence tra le forze alleate e il movimento partigiano dell’Italia del nord: quella missione Law che avrebbe consentito a due ardimentosi, Guglielmo Steiner (Mino) e Fausto Bazzi, entrambi addestrati frettolosamente ad Algeri dal Soe britannico (Special operations executive) e dall’Oss americano (Office of strategic services, precursore dell’odierna Cia), di sbarcare dal sommergibile britannico Hms Sykle sulla spiaggia di Cavi di Lavagna ai primi di ottobre del ’43 muniti d’un apparecchio ricetrasmittente consegnato infine, dopo rocambolesche avventure, al referente ligure della missione, il genovese Piero Caleffi, a sua volta a stretto contatto sia con l’organizzazione Otto di Ottorino Balduzzi sia con gli esponenti milanesi della cospirazione di matrice azionista e giellista facente capo a Ferruccio Parri. Vittorio Civitella, Zolesio e l’opera di intelligence di Fellner e Unger di Löwenberg, in STORIA E MEMORIA, I.L.S.R.E.C., anno XXV, N. 2/2016


Guglielmo Steiner (Mino), fatto prigioniero dagli Alleati mentre era militare in Sicilia, venne recluso ad Algeri, ma si offrì di guidare la prima missione alleata di infiltrazione (missione Law), cercando collegamenti con la Resistenza. Nel 1943 sbarcò da un sottomarino inglese vicino a Cavi di Lavagna e poi raggiunse a piedi S. Michele di Pagana, dove la sorella lo aiutò a recuperare la radio ricetrasmittente, nascosta dopo lo sbarco. Giunto a Milano fu tradito da un delatore e arrestato. I tedeschi lo deportano prima a Mauthausen e poi ad Ebensee.
Ricorda Steiner e la sua impresa anche una targa nel Parco delle Rimembranze a S. Michele di Pagana (Rapallo).
Redazione, Guglielmo Steiner (Mino)...ANPI Sezione "Poldo Gasparotto", Milano, 2011 


Mino STEINER - nato a Milano il 10/5/1909 - arrestato a Milano il 16/3/1944 - assassinato ad Ebensee il 28/2/1945.
Pietra d’Inciampo in Viale Bianca Maria, 7.
Guglielmo “Mino” Steiner nasce a Milano il 10 maggio 1909 da Emerico Steiner e Fosca Titta, primogenito di quattro fratelli. La madre, Fosca, è sorella del baritono Titta Ruffo e della moglie di Giacomo Matteotti: i legami familiari sono molto stretti. Al funerale di Giacomo Matteotti a Fratta Polesine il 21 agosto 1924, Mino, con il padre e gli zii, ne porta a spalle la bara. Laureato in giurisprudenza, inizia l’attività lavorativa nello studio dell’avvocato antifascista Lelio Basso. Nel giugno 1939 è arrestato e tradotto a S. Vittore per una settimana dalla polizia politica fascista in occasione di un ennesimo fermo di Lelio Basso. Nell’ottobre 1942 è richiamato alle armi ed è a Palermo il 5 luglio 1943, sbarco degli alleati in Sicilia. In contatto con i servizi segreti anglo-americani gli viene affi dato il comando della prima missione segreta inviata oltre la linea del fronte in Nord-Italia: la missione “Law” ed il 3 ottobre 1943 sbarca da un sommergibile inglese davanti alla spiaggia di Lavagna (GE). A Milano, progetta con Mario Paggi un giornale di cultura politica aperto a tutte le idee antifasciste: “Lo Stato Moderno”. Arrestato dalla polizia politica, il 16 marzo 1944, viene rinchiuso a S. Vittore, reparto SS; dopo sei settimane è trasferito a Fossoli e da qui, il 21 giugno 1944 a Mauthausen.
Muore nel sotto-campo di Ebensee (Cement) il 28 febbraio 1945.
Redazione, Pietre di inciampo Milano 2017/2021, Cartella Stampa Gennaio 2021

[...] Si chiama Marco Steiner ed è il figlio di Mino Steiner, antifascista milanese arrestato per le sue attività in favore degli alleati nel 1944 e morto in un campo di concentramento nel 1945. Marco è il presidente del comitato Pietre d'inciampo a Milano, o "stolpersteine", blocchi di pietra ideati dall'artista tedesco Gunter Demnig da incastrare in strada per ricordare le vittime delle persecuzioni nazifasciste. Nel capoluogo lombardo Marco da anni si occupa di trovare e ripercorrere proprio le storie dei tanti milanesi deportati nei campi di sterminio e mai più tornati a casa: "Purtroppo i milanesi morti nei campi di concentramento sono troppi, parliamo di quasi un paio migliaio di persone: ricordarne solo 90 è come minimo riduttivo - ha raccontato in una lunga intervista a Fanpage.it in occasione della Giornata della Memoria di oggi 27 gennaio - per questo il nostro lavoro deve andare avanti".
I passanti inciampano, senza saperlo, in qualcosa di importante.
Le pietre d'inciampo, incastrate nel selciato stradale, permettono alle persone di inciampare su questo blocchetto che dà loro la possibilità di leggere qualcosa di importante, come il nome di una persona morta in uno dei campi di concentramento, di cui altrimenti non avrebbero probabilmente mai letto.
[...] "Mio padre Mino si dedicava a reperire informazioni sulle forze militari tedesche e repubblichine da trasmettere agli Alleati, si occupò molto del recupero di militari alleati sbandati o fuggiti dai campi di internamento, favorendone il recupero e l'invio in Svizzera", ha raccontato a Fanpage.it Marco Steiner parlando del padre che ha ricevuto come altri 89 milanesi una Pietra d'Inciampo a Milano. [...]
(a cura di) Chiara Ammendola, Giorno della Memoria, Marco Steiner: “Restituiamo l’identità ai milanesi morti nei lager”, Fanpage.it, 27 gennaio 2020

Questi primi esperimenti di volontariato nati nel Mezzogiorno, questo tentativo di partigiani armati nel Sud come scriveva Bodini, è ingeneroso definirli velleitari, questi tentativi erano stati fatti da uomini in carne ed ossa, di volontari che pagarono talvolta con la vita (40) come Giaime Pintor o Paolo Petrucci ucciso alle Fosse Ardeatine (41). In tanti altri casi si andò ben oltre l'essere addetto alle salmerie, o a zappare trincee e o guidare un mulo: basta ricordare per esempio l’iniziativa di Raimondo Craveri (42), che costituì l’Organizzazione per la Resistenza Italiana (O.R.I.) (43) che diede un contributo prezioso alla Resistenza [...]
[NOTE]
40. Claudio Pavone, I Gruppi Combattenti Italia, Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955
41. Paolo Petrucci. Nato a Trieste il 1° agosto 1917, fucilato alle Fosse Ardeatine (Roma) il 24 marzo 1944, professore. Al momento dell’armistizio si trovava a Roma. Partecipò così ai combattimenti contro i tedeschi a Palidoro. Quando i nazisti occuparono la Capitale, il giovane granatiere decise di passare in clandestinità. Con gli amici Paolo Buffa e Aldo Sanna, “Pietro Paolucci” - questo il nome di copertura - partì verso il Sud con lo scopo di promuovere la costituzione di un corpo di “Volontari per la libertà”. Non fu possibile realizzare il progetto, per cui Petrucci, con Buffa e Giaime Pintor (che avevano incontrato nell’Italia già liberata), decisero di tornare a Roma per organizzare gruppi di partigiani nel Lazio. Nel tentativo di ripassare le linee lungo il Garigliano, i giovani antifascisti finirono su un campo minato. Pintor saltò in aria su una mina e gli altri decisero di tornare indietro. Addestrati dagli Alleati, dopo due settimane “Paolucci” e Buffa furono paracadutati su Monte Rotondo, di dove poi raggiunsero, a Roma, la casa della comunista Enrica Filippini che li ospitò, consentendogli di organizzare azioni di propaganda antinazista, che raggiunsero il culmine con le manifestazioni degli studenti romani. L’attività di Petrucci e dei suoi durò giusto un mese. Il 14 febbraio 1944 le SS irruppero nell’abitazione della Filippini e vi arrestarono la padrona di casa, Cornelio e Vera Michelin-Salomon, Paolo Buffa e “Pietro Paolucci”. Per tutti la solita trafila in via Tasso e poi il processo, nel corso del quale Petrucci, forse grazie al suo nome di copertura, fu assolto. Ciò non impedì ai tedeschi di farlo rinchiudere nel terzo braccio di Regina Coeli, dal quale uscì soltanto per essere trucidato alle Fosse Ardeatine.
42. Raimondo Craveri (Napoli, 1912 - Roma, 16 ottobre 1992) è stato un intellettuale antifascista, cognato di Croce, fu tra i fondatori del Partito d'Azione. Dopo l'8 settembre 1943, è a Salerno, dove, con Alberto Tarchiani e Alberto Cianca, e con l'avallo morale dello stesso Croce lanciarono l'idea di una formazione di volontari che avrebbe dovuto prender parte, combattendo in prima linea, al fianco degli eserciti anglo-americani, nella guerra per la liberazione dell'Italia soggiogata dai nazisti. Dopo avervi consentito, gli anglo-americani, al momento della sua realizzazione, non ne vollero più sapere. Il loro rifiuto era dovuto al desiderio di Churchill di non consentire che degli italiani, e soprattutto non degli italiani tendenzialmente repubblicani, acquistassero troppi meriti. Craveri non si rassegnò, tuttavia. Propose agli americani la creazione di un servizio di contatti ed aiuti ai partigiani dell'Italia settentrionale. Questa volta trovò ascolto durevole. Il servizio, diretto da Craveri, con la denominazione di ORI, si costituì ed operò molto efficacemente. Procurò parecchi avio-lanci di armi ai partigiani.
43. ... una parte degli uomini che erano stati raccolti da Pavone, furono rilevati da Craveri per l’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana), che egli reclutò per l’OSS ( Office of Strategic Services) dopo essere stato avvicinato a Capri nel settembre 1944 dal generale Donovan. Lo aiutava nell’impresa uno scienziato napoletano, il dottor Enzo Boeri, le cui simpatie politiche (come quelle di Craveri) oscillavano fra il PDA e il PLI. Coordinata dall'OSS, l'ORI operava spesso in più stretti rapporti con i CLN e i partiti politici che non le SF (Special Force) britanniche. Fin dal settembre l’ORI collaborò alla spedizione della prima missione alleata (Law) nel Nord. Trasportata da un sottomarino e diretta a Lavagna in Liguria, essa era guidata da un nipote di Matteotti, Guglielmo (Mino) Steiner, e comprendeva Fausto Bazzi e Guido De Ferrari. Alla missione si aggiunsero poi Piero Caleffi del PDA di Genova ed altri, tra cui il radiotelegrafista Giuseppe Cirillo, che più tardi proseguì la sua attività presso la direzione milanese della Resistenza. Nell’ottobre l’ORI di Craveri stabilì un contatto radio con il servizio informazioni clandestino della Otto, appena organizzato a Genova da Ottorino Balduzzi, sostenitore a quell’epoca del PDA ... Parri fu in grado di servirsi frequentemente dei servizi della Otto e di comunicare grazie a essa con gli Alleati. Sia l’ORI che le SF si servirono in seguito regolarmente del servizio informazioni della Franchi che le succedette, istituito da Edgardo Sogno e da altri autonomi (da Charles F. Delzell, I Nemici di Mussolini. Storia della resistenza armata al regime fascista, Castelvecchi Roma 2014)
Donato Peccerillo, I partigiani mancati del Sud, ANPI Brindisi

venerdì 8 ottobre 2021

Circa le controverse azioni dei servizi statunitensi in Italia durante la guerra

William Donovan

L’OSS (Office of Strategic Services) era appunto l’organizzazione, come dice la sigla, dei servizi segreti americani (dalla quale sarebbe nata la CIA) con vari compiti di spionaggio, per effettuare distruzioni infiltrando esperti in esplosivi oltre le linee, aiutare i partigiani con danaro e con aviolanci di armi e munizioni, indirizzarli sugli obiettivi e coordinarne l’attività di guerriglia specialmente nelle retrovie del fronte, e per stabilire contatti con le strutture politiche clandestine.
L’idea era stata di un avvocato, William J. (Bill) Donovan, amico di Roosevelt che, approvandola - siamo nel dicembre del 1941, pochi giorni dopo Pearl Harbor - lo nominò, seduta stante, colonnello (e poco dopo generale di divisione).
Tompkins ne accenna nei suoi libri Una spia a Roma e L’altra Resistenza (editore Il Saggiatore) dicendo che gli americani, contrariamente agli inglesi, non si erano dotati sino a quel momento di un servizio efficiente di spionaggio, nonostante il riarmo del Giappone, l’espansione aggressiva in Asia, e la sua alleanza con la Germania nazista e l’Italia fascista rappresentassero un pericolo per la pace nel mondo e una minaccia per gli Stati Uniti.
Racconta poi diffusamente, con dovizia di particolari, le vicende che lo hanno visto protagonista della lotta di Liberazione, non solo per amore della libertà ma anche del nostro Paese.
Si tratta di narrazioni basate rigorosamente sui fatti accaduti, ma scritte con il piglio del romanziere, rendendo difficile interrompere, tanto appassionano, la lettura (e anche la rilettura) una volta cominciata.
[...] Quanto scrive, ad esempio, Donald Downes nella prefazione alla prima edizione di Una spia a Roma lascia davvero perplessi se non allibiti.
Downes non era uno qualunque. Consigliere di Roosevelt alla Casa Bianca, professore nell’università di Yale, era a capo del gruppo OSS aggregato al corpo di spedizione sbarcato a Salerno il 9 settembre 1943, all’indomani dell’annuncio dell’armistizio. Si sarebbe dimesso dopo pochi giorni non approvando il sostegno degli Alleati a Vittorio Emanuele III e a Badoglio. Afferma tra l’altro: «In Peter Tompkins la mancanza di fiducia e di rispetto nei superiori immediati dell’OSS era giustificata dalla confusione, dall’inesperienza e dalla incompetenza degli ufficiali più alti dei servizi informativi che operavano presso il quartier generale delle forze alleate». Tra gli agenti reclutati - aggiunge - «c’erano scarti della Marina e del Dipartimento di Stato, playboys, rampolli cretini di famiglie ricche e politicamente importanti e così via. Peter lo sapeva benissimo ed è comprensibile la sua rabbia nel trovarsi a rischiare la vita per un’organizzazione incapace di trarre profitto dal suo sacrificio».
Un altro motivo che induce a riflettere sullo scarso rilievo dato dai dirigenti dell’OSS all’attività di Tompkins prima, durante e dopo, la missione compiuta a Roma, e sulla ostilità verso di lui mai venuta meno in tanti anni da parte del Pentagono e del Dipartimento di Stato, va ricercato nelle posizioni politiche che dividevano i membri dell’organizzazione spionistica e di appoggio ai partigiani. Occorre rifarsi anche alla complessa situazione di allora, ai rapporti degli Alleati (non concordi tra loro) nei confronti del governo italiano riformatosi a Brindisi dopo l’8 settembre, diventato “cobelligerante” dopo la dichiarazione di guerra alla Germania (e pertanto non alla pari con le nazioni impegnate nel conflitto).
Basti dire che la Resistenza italiana aveva suscitato, sin dalle prime battaglie di militari e civili contro l’aggressione tedesca seguita all’armistizio - emblematica quella di Roma - la netta avversione di Vittorio Emanuele III (in certo modo “perdonato” e sostanzialmente sostenuto da Churchill) timoroso che il movimento popolare armato, diretto dai partiti politici in maggioranza contrari alla monarchia (sia per il tipo di regime sia per le complicità con il fascismo), segnasse la fine dell’istituzione e con essa il ruolo dei Savoia.
Questo timore, del resto più che fondato, spinge Badoglio ad inviare una circolare, primo destinatario il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, che aveva costituito nella capitale il Centro Militare Clandestino. Nella circolare lo Stato Maggiore italiano dichiarava impossibile la guerriglia nel nostro Paese, soprattutto per ragioni orografiche, dando carattere restrittivo all’attività di opposizione ai nazifascisti, limitandola alla costituzione di servizi di spionaggio e, una volta giunti gli Alleati a liberare le località, a collaborare con loro per mantenere l’ordine pubblico.
Va subito detto che tali disposizioni vennero di fatto respinte dai militari che entrarono a far parte delle unità partigiane costituite sotto l’egida dei partiti, o a carattere autonomo.
Badoglio aveva però un altro obiettivo, una volta sconfessata inizialmente la Resistenza in quanto lotta di popolo: ricostituire le forze armate facendole partecipare alla guerra con la propria identità nazionale, inserite in quelle angloamericane.
Ci sarebbe riuscito con la formazione del CIL (Corpo Italiano di Liberazione), ma mentre lo progettava ecco entrare nel gioco, scompigliandolo, Peter Tompkins.
Questi, sbarcato a Salerno alla fine di settembre ’43 - dopo aver svolto un intenso lavoro di intelligence interrogando prigionieri italiani in Grecia, in Kenya, nell’Africa del Nord e reclutando per l’OSS italiani sicuramente antifascisti nei campi di concentramento in Algeria e tra i rifugiati fuggiti dall’Italia (come Velio Spano, arruolatosi in Tunisia) - si era incontrato con Raimondo Craveri proteso, anche per mandato di Ugo La Malfa, a costituire una organizzazione italiana con le medesime funzioni e finalità dell’OSS, alle dipendenze del comando americano. L’idea prese maggiore forza lasciando sperare che si potesse giungere alla costituzione di una consistente unità militare di italiani sotto il comando americano, indipendente dall’esercito nazionale (che Badoglio stava riorganizzando). Craveri, per avere credito presso gli Alleati, poteva contare su una personalità di primo piano, concordemente stimato, Benedetto Croce, di cui aveva sposato la figlia Elena. Con Croce, lui e Tompkins si incontrarono a Capri. Studiarono i particolari dell’operazione, individuarono il comandante dell’unità nel generale Pavone. Ma Badoglio, informato di tutto, l’ebbe vinta, col sostegno del governo inglese, facendo annullare l’impresa di Craveri e Tompkins sul nascere.
Anche se Donovan aveva incoraggiato l’iniziativa, i vertici dell’OSS ne denunciarono l’improvvisazione.
Secondo loro Tompkins era un battitore libero, poco incline a rispettare ordini e disciplina.
Tompkins non si dette per vinto. Ritornati al progetto originario, Craveri e Tompkins costituirono l’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), un’appendice dell’OSS composta da volontari italiani che opereranno sul terreno del nemico anche autonomamente ma sempre in stretto contatto con il comando dell’OSS o inseriti nelle missioni americane anche con funzioni di comando.
Tompkins ha raccontato nei suoi libri, come abbiamo scritto, gli episodi che segnarono l’avvio delle attività dell’OSS mettendo in rilievo le difficoltà incontrate con i capi dell’organizzazione, tacciandoli di ipocrisia, malafede e incapacità a capire il significato unitario del CLN che metteva al riparo la Resistenza italiana dalle divisioni che avevano insanguinato altrove i movimenti di guerriglia antinazista. In un convegno a Venezia (17-18 ottobre 1994) pronunciò contro di loro parole durissime, denunciandone l’ambiguità. Se da una parte - disse - combattevano il nemico utilizzando agenti sinceramente democratici, dall’altra - accusò - salvavano i fascisti della X MAS «con Valerio Borghese, per costituire poi, con loro, “Gladio”, per fare la guerra anticomunista e, con il generale Wolf, capo delle SS, salvare i nazisti in Germania. Perché avevano la trista idea che il comunismo staliniano si doveva combattere con il fascismo e il neofascismo e non con la saggia democrazia».
Quanto disse a Venezia Tompkins ci sollecita, come abbiamo scritto, a compiere nuove ricerche sui rapporti dei servizi segreti americani e quelli italiani sin dalla guerra di Liberazione, anche se la parte più inquietante ci porterebbe al lungo periodo successivo della “guerra fredda”, dello “stragismo”, delle collusioni di organi dello Stato - i “servizi deviati” - col terrorismo nero.
Per quanto riguarda l’OSS e la guerra di Liberazione - non essendo ancora l’OSS diventato CIA - non possiamo però farci fuorviare, nel giudizio complessivo, dalle critiche, benché legittime, rivolte a taluni dei suoi esponenti. Su ciò anche Tompkins era perfettamente d’accordo.
L’apporto dell’OSS alla guerra di Liberazione in Italia è stato di straordinaria importanza, il comportamento delle missioni il più delle volte eroico, sino all’estremo sacrificio, fossero i componenti cittadini americani o italiani (dell’ORI, o diversamente arruolati).
Questo sentimento di riconoscenza, condiviso da tutti partigiani non importa di quale colore, e dagli storici i più accreditati, si accompagna alla gratitudine che nonostante sia passato tanto tempo il popolo italiano conserva verso quello americano, indipendentemente dalle valutazioni sulla politica contingente della Casa Bianca, con la coscienza di essergli debitore, con le altre nazioni componenti le armate alleate, delle libertà democratiche.
Il servizio reso sul piano strategico alle operazioni militari alleate dall’OSS e il sostegno alle unità partigiane non possono essere sottovalutati a causa, come abbiamo scritto, di posizioni diverse all’interno dell’organizzazione tra chi, in sintonia con gli inglesi responsabili del SOE (Special Operations Executive), vedeva nel Partito Comunista Italiano e conseguentemente nelle brigate Garibaldi, un pericolo potenziale per la democrazia da instaurare in Europa a vittoria ottenuta, e chi, come Tompkins, anche senza aderire all’ideologia marxista e anzi essendone decisamente contrario, riteneva doveroso riconoscere sia al PCI che alle formazioni da questo dipendenti - “brigate Garibaldi”, GAP, SAP - e alle sue organizzazioni di massa - “Gruppi di Difesa della Donna”, “Fronte della Gioventù” - motivazioni prevalentemente patriottiche, con una forte, insopprimibile vocazione alla libertà, difficilmente conciliabile quindi con il disegno autoritario rappresentato dallo stalinismo.
Se le diatribe all’interno dell’OSS non portarono alle discriminazioni - che per buona parte della guerra partigiana, tranne un ripensamento nella fase finale, videro gli inglesi del SOE rifornire dal cielo di armi e munizioni preminentemente le unità degli “Autonomi”, di “Giustizia e Libertà”, i verdi e azzurri della Democrazia Cristiana, e in certa misura anche quelle socialiste, le “Matteotti”, lesinando se non rifiutando gli aiuti alle “Garibaldi” (ne fui testimone, capo di Stato Maggiore della Prima Divisione Garibaldi, in Piemonte) - lo si deve soprattutto allo spirito di giustizia e verità che ebbe il sopravvento sulle valutazioni ideologiche arbitrarie, e ciò principalmente per merito dei capi missione, americani e italiani (tra costoro vogliamo ricordare Piero Boni e Ennio Tassinari), i migliori interpreti della realtà anche politica “sul campo”.
Certamente Peter Tompkins ha sofferto personalmente di tale situazione contraddittoria, arbitrariamente imputato (con altri dell’OSS che avevano partecipato alla guerra di Spagna nelle Brigate Internazionali) di filocomunismo, e perciò volutamente screditato a tal punto che un esponente di primo piano dell’OSS, Max Corvo - autore di un libro oltremodo documentato e suggestivo La campagna d’Italia dei servizi segreti americani. 1942-1945 (Libreria Editrice Goriziana) - dedica alla sua missione a Roma poche righe, dicendolo «intrappolato nella rete di intrighi e rivalità intestine del CLN» e attribuendo ad altri il merito dell’attività di spionaggio durante la battaglia per Roma seguita allo sbarco di Anzio, specialmente elogiando agenti dei servizi segreti italiani (SIM), facenti capo a “Scamp” (Vincent Scamporino), alcuni dei quali Tompkins sospettava di essere in contatto e combutta con i servizi segreti fascisti.
La verità sul peso strategico che ebbero le informazioni di Tompkins - assolvendo in modo davvero meritorio, oltre le aspettative, ai compiti per i quali era stato inviato segretamente a Roma alla vigilia dello sbarco di Anzio - ci viene da fonti inoppugnabili, oltre che dai documenti reperibili nell’Archivio di Stato Americano, NARA (National Archives and Records Administration): dalle testimonianze di personalità della Resistenza romana che collaborarono con lui, come Giuliano Vassalli, comandante delle brigate “Matteotti” nella Capitale, poi arrestato e rinchiuso in via Tasso, cui Tompkins dovette la vita avendo Vassalli resistito alla tortura senza rivelare dove si nascondeva il capo missione americano.
Vassalli, poi ministro di Grazia e Giustizia, Presidente della Corte Costituzionale, introducendo la seconda edizione del libro Una spia a Roma, riconosce «le straordinarie doti di coraggio, perspicacia, intelligenza, patriottismo di Peter Tompkins (…). Ai miei occhi ebbe il merito di non lasciarsi menomamente indurre ad una aprioristica diffidenza verso le forze politiche di sinistra, nutrita invece da alcuni ambienti del suo Paese e dalla stessa organizzazione di cui faceva parte…».
Vassalli (uno tra i principali promotori della fuga di Pertini, Saragat e altri da Regina Coeli il 24 gennaio ’44), prima dell’arresto, era a capo di una rete che forniva le informazioni a Tompkins per essere inviate al quartier generale alleato mediante una trasmittente spostata frequentemente da un luogo clandestino all’altro per renderne difficile l’individuazione. Un’altra rete era organizzata da Franco Malfatti, anche lui socialista, con l’aiuto di un medico, Lele Crespi, una terza da un ufficiale che si era appositamente arruolato nella polizia fascista, Maurizio Giglio, cui era affidata anche una trasmittente installata su un barcone in riva al Tevere. Giglio, catturato in seguito ad una delazione, la radio sequestrata e usata dai tedeschi per inviare false notizie agli angloamericani, morirà alle Ardeatine, Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Descrivere la battaglia per Roma sui due fronti del Garigliano e di Anzio per individuare il ruolo che vi ebbero i servizi di informazione alleati (tra questi non sufficientemente ricordato il gruppo di sabotaggio e raccolta di informazioni, la missione “Texas”, comandata da Alfredo Michelagnoli “Fred”, paracadutato in febbraio sui monti tra Lazio e Abruzzo) comporterebbe l’uso di uno spazio non consentito da una pubblicazione periodica come questa, per quanto dedicata anche agli approfondimenti storici.
Basterà dire che l’attesa spasmodica protrattasi dalla fine di gennaio ai primi di giugno ’44, la convinzione che la liberazione potesse avvenire da un momento all’altro, la pressione degli Alleati sulla Resistenza perché intensificasse le azioni impegnando quante più forze tedesche, altrimenti inviate sul fronte di Anzio, nella guerriglia cittadina (l’attacco militare dei GAP Centrali in via Rasella obbedì a tale esigenza e alle reiterate richieste angloamericane) sono elementi che, combinati tra loro, ci spiegano come da una parte, quella delle formazioni partigiane, venissero trascurate in quei momenti convulsi le norme che garantivano la clandestinità delle organizzazioni; dall’altra, quella nazifascista, si intensificassero le retate e soprattutto le infiltrazioni tra i partigiani di provocatori e spie.
Tanto da rendere difficile se non impossibile, distrutti quasi per intero i quadri dirigenti della Resistenza romana, o costretti ad abbandonare la città, organizzare l’insurrezione in concomitanza con l’arrivo degli Alleati. E ciò a complemento delle decisioni anche del CLN a seguito dei colloqui tra Pio XII e Karl Wolf (plenipotenziario di Himmler) per evitare che la battaglia finale per Roma, dalle conseguenze terrificanti, si svolgesse sin dentro le mura.
I documenti relativi all’ultima fase dei combattimenti seguiti allo sbarco di Anzio testimoniano numero, intensità, esiti delle azioni di sabotaggio dei partigiani lungo le vie di rifornimento in parallelo all’attività informativa. Impossibile, scrive più volte Tompkins - ed era solito ripetere queste parole, come abbiamo detto, nei discorsi pubblici - senza le donne, gli uomini, i ragazzi, molti dei quali caduti tra i due fuochi o fucilati dai tedeschi, che gli fornivano tempestivamente informazioni e dati perché artiglieria e aviazione degli Alleati colpissero gli obiettivi nemici, reparti in marcia e nei ridotti difensivi o accasermati, apprestamenti, depositi di munizioni e carburanti. E non solo quando l’offensiva alleata consentì la saldatura tra le truppe provenienti da Anzio con quelle dal fronte del Garigliano, ma prima, nei momenti più drammatici, quando la testa di ponte rischiò il fallimento, il corpo di spedizione l’annientamento, i superstiti di essere ributtati in mare.
Massimo Rendina, E il maggiore Tompkins sempre insieme ai partigiani, Patria Indipendente, n° 2,  febbraio 2007
 
Nel suo complesso, dunque, gli Alleati, e soprattutto gli inglesi, considerarono sempre come controparte legittima e affidabile la Monarchia e il Governo Badoglio, mentre si rifiutarono di vedere, almeno sino agli accordi del dicembre 1944, quali interlocutori politici il CLN e il suo rappresentante nell’Italia settentrionale, il Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia, a maggior ragione, ove si consideri che alcuni suoi membri quali, ad esempio, il socialista Sandro Pertini ritenevano che il CLNAI non dovesse assumersi la responsabilità dell’armistizio perché non aveva quella della guerra. Tale contrapposizione ideologica fu ben chiarita da Edgardo Sogno, figura eccentrica della Resistenza italiana, il quale collaborò con il SOE, consapevole del fatto che: "Gli Inglesi non ci rimproverano il fascismo, ci rimproverano di aver fatto la guerra. E in questo fatto della guerra sentono che la colpa è tutta nostra. Gli antifascisti considerano invece la guerra come una conseguenza del fascismo, rimproverano agli Inglesi di avere appoggiato il fascismo, quando loro l’hanno combattuto, e si sentono quindi in credito anche verso gli Inglesi".
A tal proposito, sintomatica di tale contraddizione appare una lettera del 13 settembre 1943 che il luogotenente colonnello Cecil Roseberry, capo della Sezione italiana (J Section) del SOE, inviava all’agente, maggiore Max Salvadori, appena sbarcato a Salerno, nella quale gli si comunicavano gli ordini dello Stato Maggiore Militare britannico con riguardo ai rapporti da osservare con gli antifascisti e, in particolare, con i suoi "vecchi amici" di Giustizia e Libertà (GL). In sintesi, l’ordine era di non incoraggiare ‹‹gli agitatori politici›› ovvero alcuna ‹‹strategia rivoluzionaria›› o ‹‹movimento politico››: l’organizzazione doveva, da un lato, assistere il Movimento della Resistenza nel compimento di operazioni speciali oltre le linee nemiche e, dall’altro, mantenere la collaborazione ufficiale con il Governo e l’esercito italiano per il compimento di azioni militari contro la Germania, da svolgersi avvalendosi di ‹‹fidato personale militare (e non di certo operante come militare)››, ed era  ‹‹d’obbligo usare una buona dose di tatto e discrezione››, affinché l’agenzia segreta inglese non rischiasse di ‹‹compromettersi agli occhi dello Stato Maggiore italiano››, così concludendo: "C’è un solo nemico ora; Il Fascismo è morto e noi e gli Italiani dobbiamo essere uniti per liberarci dei Tedeschi. Non può esserci pace in Italia sino a quando non vi sarà pace in Europa".
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012
 
Peter Tompkins (che dell’OSS fu uno dei membri più importanti ed attivi) afferma che la politica britannica era favorevole alla ristabilizzazione di una monarchia liberale in Italia e voleva impedire che in Italia vi fosse un vero e proprio cambiamento dovuto al fatto che la Resistenza al Nord era sempre più politicamente orientata a sinistra; temendo una ripetizione della situazione greca, le autorità britanniche decisero di sostenere esclusivamente la Resistenza militare e monarchica (le formazioni autonome del generale Cadorna) e pertanto il SOE prese contatti con i servizi del Regno del Sud: il SIM con i suoi residuati fascisti. Churchill inviò a Brindisi uno “sciame di servizi segreti” che però non essendo ancora disposti a recarsi oltre le linee si appoggiarono al SIM, su disposizione di Alexander.
A Brindisi Badoglio cercò di convincere gli inglesi che la resistenza nell’Italia occupata dai tedeschi era organizzata in gran parte da personale del disciolto esercito regolare con il quale i monarchici affermavano di essere in contatto grazie a un canale radio segreto del SIM. Badoglio e il re con l’arma del SIM intendevano impedire la formazione di un movimento armato antifascista nell’Italia occupata dai tedeschi, per mantenere solo quello che richiedevano gli inglesi, cioè “piccoli gruppi di agenti adibiti unicamente ad operazioni di sabotaggio e di ricerca di informazioni militari”: in pratica la Special force creata dall’Intelligence service.
Claudia Cernigoi, Alla ricerca di Nemo. Una spy- story non solo italiana, La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo, supplemento al n. 303, Trieste, 2013


L’O.S.S. ottenne anche di poter impiegare un sommergibile italiano per le missioni di sbarco in Adriatico. Inoltre, per diretto intervento del generale Donovan, capo dell’O.S.S., fu deciso l’invio a Roma del giornalista Peter Tompkins, facente parte dell’ala moderata dell’O.S.S. In imminenza dello sbarco ad Anzio, Tompkins, con un agente emiliano di sua fiducia, fu trasportato da un velivolo B-26 fino a Campo Borgo, in Corsica, vicino a Bastia, ove armato di Beretta calibro 9, con 300 sovrane d’oro, i codici segreti e i quarzi per la radio e una macchina fotografica Minox, imbarcò sulla sezione dei due MAS 541 e 543 italiani assegnati alla missione. Costeggiata l’Isola d’Elba, i due MAS sbarcarono, all’alba del 20 gennaio, il gruppo circa 30 km a nord di Tarquinia (probabilmente alla foce del Fosso Tafone). Lo sbarco avvenne con battellino di gomma giallo, che veniva destinato allo scopo, sul quale prendevano posto tre persone, di cui una destinata a riportare indietro il battellino. Con un’automobile guidata da italiani percorsero l’Aurelia, per giungere a Tarquinia e deviare per la Cassia, in direzione di Viterbo, riuscendo a raggiungere Roma, ove presero contatto con il gruppo inviato in precedenza e con Franco Malfatti, già assegnato alla commissione italiana di armistizio con la Francia e poi funzionario del S.I.M., nel periodo del governo Badoglio. Tompkins incontrò anche elementi del C.L.N.
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale, Anno XXIX, 2015, Editore Ministero della Difesa

C’era poi una terza missione, denominata in codice Greenbriar, destinata anch’essa alla zona di Salerno. La componevano gli uomini del progetto McGreggor agli ordini di John Shaheen; anche con loro c’era un operatore radio che li avrebbe tenuti in contatto con il nostro comando di Palermo per mezzo di una radio da campo SSTR-1. L’operatore radio era Peter Tompkins, arrivato al SI [Servizio informazioni dell'OSS] dalla sezione guerra psicologica, PWB. Essendo vissuto in Italia prima della guerra Tompkins parlava bene l’italiano. Ormai le trattative per l’armistizio non erano più un segreto, ma Shaheen continuò a perseguire il suo obiettivo fino all’ultimo, cercando di mettersi in contatto con l’Ammiraglio Girosi per far uscire l’Italia dal conflitto […] All’insaputa di Huntington, Peter Tompkins ed alcuni altri elementi ai suoi ordini facevano un tipo di politica che non piaceva né agli Inglesi, né ad alcuni degli ufficiali italiani che erano in contatto con l’OSS. Questi ufficiali erano offesi dalle pesanti critiche mosse al governo Badoglio e dai continui dubbi espressi sulla fedeltà e sulla competenza degli uomini assegnati alle attività di spionaggio.
Max Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani 1942-1945, Libreria Editrice Goriziana, 2006

Posti alle dipendenze del Corpo d'armata francese di Juin, e successivamente di quello polacco di Anders, gli italiani del ribattezzato CIL (Corpo Italiano di Liberazione) si dimostrarono all'altezza delle altre truppe. Avevano avuto l'apporto di un battaglione di alpini, uno di arditi, uno di bersaglieri, uno di marinai da sbarco. Quindi si aggiunse loro il grosso della divisione paracadutisti Nembo, proveniente dalla Sardegna. Sulla efficienza bellica di questa unità non v'erano dubbi: ve n'erano invece - e gli inglesi li affacciarono ostinatamente - sulla sua affidabilità politica. Era avvenuto infatti che dopo l'armistizio un battaglione della Nembo, per sollecitazione dei suoi ufficiali, fosse passato ai tedeschi, che successivamente lo impiegarono al fronte (dove si comportò eccellentemente). Altrettanto bene si batterono poi in campo opposto, nonostante i dubbi inglesi, i battaglioni rimasti fedeli al Re. Il che dimostra che nelle truppe speciali lo spirito di corpo e il sentimento dell'onore stanno molto al di sopra dell'ideologia. Da cinquemila che erano nel raggruppamento motorizzato, i combattenti italiani diventarono così 15 mila: poca cosa nel complesso di una forza militare imponente, ma abbastanza per attestare che c'erano ancora in Italia dei giovani disposti a rischiare la vita per la loro bandiera. Umberto di Savoia avrebbe voluto assumere il comando del CIL, ma la Commissione alleata di controllo glielo vietò con pretesti burocratici - un generale d'armata (per la precisione Umberto era maresciallo d'Italia ma non ne portava i gradi, N.d.A.) non poteva essere messo a capo di quella che in sostanza non era che una divisione - che mascheravano ragioni politiche. Il Principe si disse disposto a essere retrocesso a generale di divisione o a colonnello ma, ha scritto Leandro Giaccone nel suo Ho firmato la resa di Roma, «neppure questo modesto obolo fu concesso al regale mendicante d'onore».
Indro Montanelli - Mario Cervi, Storia d'Italia. L'Italia della guerra civile. Dall'8 settembre 1943 al 9 maggio 1946, Rizzoli, 1983

La carriera di James Angleton era iniziata un anno prima, quando era stato nominato nel novembre del '44 dirigente della sezione romana del controspionaggio americano - chiamata Special Counter Intelligence/Unit Z (SCI/Z) -, mentre il 25 aprile del 1945 venne promosso capo di tutto il settore del controspionaggio, denominato X-2, nella penisola <326.
Nell’autunno del ’44 la nomina di Angleton a capo della sezione romana comportò un netto cambiamento nella politica e nel tipo di operazioni condotte dal servizio segreto americano in Italia. Voluta tanto dal generale Donovan quanto dai vertici dei servizi segreti inglesi, con cui l’Oss collaborava, la nomina di Angleton era una mossa decisa da entrambi in direzione di un orientamento in senso anticomunista dell’azione dell’Oss: l’ufficiale della sezione X-2 dell’intelligence statunitense era noto per le sue posizioni fortemente anticomuniste e per le sue amicizie e simpatie negli ambienti fascisti. Egli infatti era cresciuto a Milano, e prima di frequentare l’università di Yale aveva mantenuto stretti rapporti con l’entourage fascista della città <327. Grande ammiratore di Ezra Pound, era convinto che il male assoluto fosse rappresentato dall’Unione Sovietica, e che l’avanzata di questa verso l’Europa centrale fosse il preludio per una diffusione del comunismo in tutto il continente, da cui poi si sarebbe propagato nel mondo <328.
La sua propensione a ragionare in termini antisovietici aveva favorito la preferenza nei suoi confronti da parte dei vertici dell’intelligence inglese, all’epoca della sua formazione tra i ranghi della dirigenza Oss a Londra, al punto che venne ammesso nella “ristrettissima cerchia di coloro che avevano accesso alle informazioni di Ultra [il codice di decriptazione dei messaggi segreti del Reich, n.d.a.], unico non britannico” <329.
Da poche settimane alla guida della sezione di controspionaggio a Roma, alla fine di dicembre del ‘44 il giovane Angleton aveva cominciato ad occuparsi delle trattative con il comandante della Decima Mas. Il principe Junio Valerio Borghese, che al comando del suo corpo d'assalto della Marina dopo l'8 settembre aveva aderito alla Rsi <330, si stava organizzando per sopravvivere dopo la sconfitta con una parte della sua organizzazione.
[NOTE]
326 Cfr. T. Mangold, Cold Warrior. James Jesus Angleton: the CIA's Master Spy Hunter, New York, Simon & Schuster, 1991, p. 43. Alcuni anni più tardi, nel 1953, Angleton divenne direttore dell’intero controspionaggio statunitense, raggiungendo i massimi livelli del potere politico-militare. Filoisraeliano, ebbe poi modo di curare la fondazione del Mossad (Cfr. M. Del Pero, Gli Stati Uniti e la "guerra psicologica" in Italia. 1948-1956, in "Studi Storici", 1998, n. 4, p. 959).
327 Cfr. T. J. Naftali, “ARTIFICE: James Angleton and X-2 Operations in Italy”, in G. C. Chalou (a cura di), The Secrets War. The Office of Strategic Services in World War II, Washington DC, National Archives and Records Administration, 1992, pp. 218-219.
328 Cfr. T. Mangold, Cold Warrior, cit., pp. 35-36.
329 P. Tompkins, L’altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di Liberazione nel racconto di un protagonista, Milano, Il Saggiatore, 2005, p. 407; cfr. a questo proposito anche l’articolo di T. J. Naftali, “ARTIFICE: James Angleton and X-2 Operations in Italy”, in G. C. Chalou (a cura di), The Secrets War, cit., pp. 222-223.
330 Sul ruolo e la figura di Borghese durante il periodo della Repubblica sociale cfr. L. Ricciotti, La Decima Mas, Milano, Rizzoli, 1984, pp. 13-43; F. W. Deakin, La brutale amicizia: Mussolini, Hitler e la caduta del fascismo italiano, cit., pp. 804-805, 876; e L. Ganapini, La repubblica delle camicie nere, Milano, Giunti, 2002, pp. 60-62.
Siria Guerrieri, Obiettivo Mediterraneo. La politica americana in Europa Meridionale e le origini della guerra fredda. 1944-1946, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma "Tor Vegata", Anno accademico 2009/2010 

Dopo l’armistizio del 8/9/43 il SIM fu riorganizzato dal nuovo governo di Pietro Badoglio ed al suo interno si riformò anche la Sezione Calderini (al cui comando si trovava il colonnello Giovanni Duca <5) che operò «a stretto contatto con lo Special Operations Executive (SOE) britannico e l’Office of Strategic Services (OSS) statunitense, tessendo importanti nuclei di resistenza nell’Italia occupata». Agrifoglio, che si trovava in Tunisia al momento dell’armistizio, era stato fatto prigioniero dai britannici, e fu poi inviato in Italia per dirigere il nuovo SIM, che doveva essere sotto il controllo alleato <6.
L’attività della Calderini consisteva «in missioni informative, di sabotaggio e di collegamento e supporto alle formazioni partigiane», e tra le «personalità ed episodi di rilievo» troviamo l’allora tenente colonnello Aldo Beolchini, il capitano Alberto Li Gobbi, la «missione Cadorna nell’Italia del Nord» e la «missione Sogno con il tentativo di liberare l’on. Parri» <7; ed ancora: la Calderini riformata «durante la Resistenza aveva sovrainteso alle missioni congiunte degli italiani con gli alleati, che si battevano per il ristabilimento della libertà, operando clandestinamente nel territorio occupato dai tedeschi, dopo l’8 settembre e fino alla Liberazione nel 1945».
All’inizio del 1945 il Servizio segreto militare diventa Ufficio informazioni dello Stato maggiore generale, e la Calderini (che era formata esclusivamente da ufficiali e dislocata per lo più oltre le linee, cioè in territorio occupato) diventa Prima sezione; ne esce il Primo gruppo, che diventa Gruppo speciale all’interno del SIFAR e darà poi origine alla SAD (Sezione addestramento guastatori), base su cui si fonderà la struttura della Gladio. Infatti «più ufficiali che avevano militato in questa specifica struttura del Servizio di sicurezza militare nella fase finale dell’ultimo conflitto mondiale risultavano essere poi stati definitivamente incardinati nel SIFAR e quindi nel SID, con la attribuzione di funzioni proprio all’interno della Sezione che per anni ebbe a fungere motore dell’Operazione Gladio: la Sezione Addestramento Guastatori».
[NOTE]
5 Giovanni Duca fece parte della rete militare di resistenza del colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo (che fu ucciso dai nazisti alle Fosse Ardeatine); arrestato nel Veneto assieme al figlio Luigi (che morirà nel lager di Mauthausen), fu incarcerato a Verona, torturato ed ucciso nell’agosto del 1944. Medaglia d’Oro al V.M. alla memoria. Da lui prese il nome «una struttura occulta denominata Duca e formata presumibilmente da ufficiali e sottufficiali del SIFAR» esistita fino al gennaio 1955 (cfr Giuseppe De Lutiis, “I servizi segreti in Italia”, Sperling & Kupfer 2010, p. 51), che sarebbe stata antesignana della Gladio.
6 Andrea Vento, “In silenzio gioite e soffrite”, Saggiatore 2010, p. 273.
7 “Note esplicative in merito all’archivio SIM custodito dalla SAD”, d.d. 12/7/73 a firma del capo Ufficio R colonnello Fortunato. Il documento si trova a p. 1.629 della Sentenza ordinanza n. 318/87 A. G.I., Procura di Venezia, GI Carlo Mastelloni, relativa al misterioso “incidente” occorso all’aereo Argo 16 (d’ora in poi SO 318/87); ringrazio il dottor Mastelloni per avermi messo a disposizione il testo. Aldo Beolchini Bianchi, uomo di fiducia del comandante del CVL, generale Raffaele Cadorna, era l’organizzatore della “Rete TCB” (cioè Tenente Colonnello Beolchini o Bianchi); delle varie “personalità ed episodi” avremo modo di parlare in seguito.
Claudia Cernigoi, Momenti di Sogno, La Nuova Alabarda, Dossier n. 58, Trieste, 2018

L'insieme di tale documentazione aiuta dunque a comprendere quanto alcuni elementi sempre considerati marginali abbiano invece condizionato la nascita della democrazia italiana, soprattutto in virtù delle relazioni stabilite dall'organizzazione neofascista con l'intelligence americana, cosa che permise a quest’ultima di ottenere margini di azione altrimenti non raggiungibili [392].
Si era formato un piccolo esercito segreto, pronto a rivolgere le sue potenzialità all’ottenimento di un preciso scopo: quello di garantire la collocazione internazionale dell'Italia all'interno dello schieramento atlantico [393].
I documenti dell'intelligence statunitense desecretati nel 2002 mostrano come a giudizio di Angleton esistessero due fronti, di importanza vitale, su cui lavorare in Italia: mentre il primo era formato dai confini con i Balcani, il secondo era costituito dai luoghi in cui la forza elettorale dei comunisti cresceva eccessivamente, cosa che accadeva soprattutto in Sicilia.
[NOTE]
392 La portata del fenomeno di riunificazione avvenuto sotto il comando di Polvani, Buttazzoni e Borghese è sempre stata storicamente sottovalutata, anche perché non se ne conoscevano né le dimensioni né l'importanza in relazione agli scopi che i neofascisti si erano prefissati. La rilevanza e la forza di questa organizzazione e, come abbiamo visto, la serietà degli obiettivi anticomunisti, aveva fatto sì che anche il Pci e Togliatti ne fossero venuti a conoscenza e avessero dovuto confrontarcisi.
393 Il Sostituto Procuratore di Padova Sergio Dini, nell'ambito di un'indagine relativa proprio ai rapporti tra i nuclei della Decima Mas e l'organizzazione Gladio, ha ottenuto nel febbraio 2005 la testimonianza di Nino Buttazzoni, nella quale l'ex comandante repubblichino ha illustrato il suo "lavoro di organizzatore di nuclei di resistenza e di guerriglia che, secondo la tecnica classica dello Stay Behind, avrebbero dovuto continuare ad operare nelle zone già liberate dagli anglo-americani e rimanere attivi anche dopo la fine della guerra, anche se in sonno", facendo ampio riferimento poi ai contatti con James Angleton, il quale gli aveva proposto "di collaborare con i Servizi segreti statunitensi in funzione anticomunista e antislava". Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti, XIV legislatura, doc. XXIII, n.18-bis, relazione cit., pp. 220-221. La Commissione d'Inchiesta ha stabilito che i nuclei organizzati dalla Decima Mas, destinati a rimanere dietro le linee nemiche in caso di invasione jugoslava sul confine orientale, divennero il modello di utilizzo per l'intera rete, avendo gli americani il progetto di costituire la "stay-behind" che poi, una volta realizzata, verrà denominata Gladio.
Siria Guerrieri, Op. cit.

Renzo De Felice citava un certo numero di documenti, testimonianze e “piste”, che contraddicevano la vulgata, a cominciare da una relazione segreta, di circa cinquecento pagine, redatta da un agente dell’OSS, alla fine della sua missione nell’Italia del nord, foriera di ‹‹molte nuove verità›› <12. Tale fonte, che è stata analizzata in altra sede <13, fu il frutto dell’indagine compiuta dal colonnello Valerian Lada Mocarski -agente n. 441, nome in codice “Valla”, “Maj”, “Topper” <14- per ordine di Allen Dulles, direttore della Sezione svizzera del Secret Intelligence (d’ora in poi, SI) dell’OSS, al fine di ricostruire i fatti e accertare le responsabilità della morte di Benito Mussolini, dopo che gli americani dovettero, loro malgrado, registrare il fallimento delle molteplici missioni lanciate nell’Italia settentrionale durante le ultime tumultuose settimane di aprile ’45 miranti all’obiettivo di catturare il Duce vivo <15.
[NOTE]
12 R. De Felice, Rosso e Nero cit., p. 145.
13 Uno stralcio di tale relazione segreta è stato riportato, nella versione tradotta in italiano, in appendice al saggio di M. Sapio, Gli ultimi giorni di Mussolini tra storia e verità cit. nonché commentato, in chiave critica, in
M. Sapio, Ma davvero è stata scritta la parola fine? cit. Una sintesi è stata pubblicata con il titolo The last three days of Mussolini in ‹‹Atlantic Montlhy››, n. 6 del dicembre 1945.
14 Valerian Lada Mocarski, russo, discendente di una famiglia nobile travolta dalla rivoluzione bolscevica emigrata negli Stati Uniti, si arruolò quale ufficiale nell’esercito americano nel 1941 e fu, quindi, reclutato nell’OSS e destinato in Medio Oriente, Egitto, Francia e, infine, in Svizzera, dove si trovava durante gli ultimi giorni di Mussolini. Nel giorno di Piazzale Loreto, passò nell’Italia del nord e, infine, si ritirò dall’esercito nel 1945. Dopo la guerra fu nominato vicepresidente della G. Henry Shroeder Banking Corporation a New York.
15 Oltre alla missione del capitano Emilio Daddario già trattata nel capitolo precedente, molteplici furono le missioni alleate di cui si resero artefici, soprattutto, i servizi segreti americani, che furono lanciate nel nord dell’Italia nelle ultime settimane di aprile ’45, con l’obiettivo di catturare Mussolini vivo. Per una panoramica di queste iniziative, si rinvia a M. Sapio, Ma davvero è stata scritta la parola Fine? cit., nt. 43, p. 142.
Michaela Sapio, op. cit.

Gli americani diedero vita alla democrazia in Italia nel 1943, e presero in considerazione l'idea di soffocarla nel 1948. Era una loro creatura, ma minacciava di mettersi su una cattiva strada.
Un rapporto della Cia, rimasto segreto finora, rivela come il padre padrone ebbe per un attimo la tentazione dell'infanticidio.
Il rapporto, intitolato «Conseguenze di un accesso dei comunisti al potere in Italia con mezzi legali», reca la data del 5 marzo 1948 e risponde a una serie di quesiti angosciosi del governo di Washington.
In Italia manca poco più di un mese alle elezioni. Da Roma l'ambasciatore James Dunn manda telegrammi sempre più pessimisti: una vittoria del «Fronte Popolare» socialcomunista sembra probabile. Il National Security Council, che riferisce direttamente al presidente Harry Truman, ha chiesto ai servizi segreti di valutare la situazione che si creerebbe se il partito di Togliatti andasse al governo.
«Nel futuro prevedibile - risponde la Cia - questa situazione potrebbe verificarsi soltanto come risultato di una vittoria del Fronte Popolare nelle elezioni del 18 aprile. Almeno un mese dovrebbe passare tra tali elezioni e l'insediamento di un nuovo governo. Anche se il Fronte Popolare vincesse con il voto la maggioranza dei seggi in parlamento, il suo effettivo accesso al potere potrebbe essere impedito falsificando i risultati, oppure con la forza».
Chi potrebbe usare la forza?
Il governo americano di Truman, quello italiano di De Gasperi, oppure le formazioni di destra come il «Gladio» che gli americani stanno incoraggiando segretamente in Italia per reagire alla minaccia comunista?
Il documento della Cia non lo precisa, ma fa presente che in caso di guerra civile gli anticomunisti non potrebbero vincere «senza immediati e sostanziosi aiuti dall'estero».
Ennio Caretto - Bruno Marolo, Made in Usa, Rizzoli, 1996