Felix, di concerto con Hans Senner, organizzò una trappola
che avrebbe permesso la cattura dei nuovi arrivati. Felix lasciò tre
uomini - Wihlelm Schönherr alias William, Schmidt e l’italiano Nino
Bertola - nella casa di Marina San Giuseppe a Ventimiglia e, con
il corpo di Punzi, ritornò verso Sanremo. Era necessario non far
sapere al nemico che Punzi era morto e che i documenti contenuti nel suo
zaino erano ormai in mano tedesca. Il corpo di Punzi fu abbandonato sul
bordo della strada, poco prima dell’entrata in Sanremo. Una telefonata
anonima informò il comando di polizia che un uomo giaceva privo di vita
lungo la strada che collegava Ospedaletti con Sanremo. Punzi venne,
pertanto, seppellito dalle autorità municipali di Sanremo come ignoto.
Felix, appena giunto a Villa Aloha, sebbene l’alba non fosse ancora
spuntata, telefonò a Milano dove il suo capo, Georg Sessler, si era
recato e si trovava negli uffici di via Ariosto dell’intelligence della
Kriegsmarine (Marinenachrichtendienst MND III) di cui faceva parte. Un
suo dipartimento, il B-Dienst, era specializzato nell'intercettazione,
nella registrazione, nella decodifica e nell'analisi delle comunicazioni
nemiche. A Sanremo, nella Pensione delle Palme, si trovava il centro di
ascolto di questa struttura, dove più di una ventina di operatori erano
costantemente intenti a registrare le comunicazioni alleate. Il comando
della struttura, che dipendeva direttamente dal comando di Merano, era
affidato al capitanleutnant Georg Sessler, ventisettenne con alle spalle
anni di esperienze maturate nei servizi segreti tedeschi, già coinvolto nell'interrogatorio di alcuni dei quindici soldati americani della missione Ginny prima catturati, poi massacrati dai nazisti vicino a Bocca di Magra.
martedì 4 febbraio 2025
Il corpo del capitano Punzi fu abbandonato sul bordo della strada
lunedì 9 dicembre 2024
Ombrellaio!!!
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Ventimiglia (IM): il carro del Dopolavoro di Nervia transita davanti al Teatro Romano per l'edizione 1938 della Battaglia di Fiori. Fonte: Diego Pannoni |
C'era una casa, a Nervia di Ventimiglia, più o meno insistente sull'attuale ingresso dell'antico Teatro Romano, demolita concluso il secondo conflitto mondiale, una costruzione che ospitava anche un panificio, dove diversi ragazzi dell'epoca impararono il mestiere. Si fermava spesso ai tempi in quell'operoso laboratorio un ferrivecchi, arrivato da non molto dalla lontana Calabria. Tra l'ospite e gli addetti al forno l'atmosfera era sempre gioiosa, le conversazioni erano sempre amichevoli, gli spuntini erano frequenti. Ma era anche irresistibile la tentazione per gli indigeni di giocare qualche tiro all'immigrato, mettendosi a parlare in dialetto stretto: il divertimento era comunque assicurato per tutti, trattandosi di persona di spirito, destinata di lì a breve a diventare un noto ristoratore della città di confine.
Arturo Viale nel suo "Punti Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio" (Edizioni Zem, 2022) si sofferma su di sergente dei granatieri, alto un metro e novanta, il quale, per arrotondare la paga raccoglieva ferro ed ossa (di animali, si suppone!): "il ferro serviva per qualche fucina e le ossa tritate diventavano concime", ma, finita la guerra, riapprodato a Ventimiglia, "aveva deciso di sfruttare l’altezza e si era messo a costruire i pergolati di cannicci per coltivare il verde e le serre in legno".
In quel periodo operava nella zona intemelia di frontiera anche un guaritore, una figura su cui Odovindo Del Bona ha incentrato il suo romanzo "Il mago e le streghe. Vicende dell'estremo Ponente Ligure" (Youcanprint, 2019).
In effetti l'autore (un noto imprenditore del ponente ligure che per l'occasione ha inteso celarsi sotto un nome d'arte) ha innestato dei raccordi di fantasia sulla rievocazione di molte vicende reali della vita del nonno materno (e di questo ramo della sua famiglia): un'opera che merita, invero, qualche successiva specifica presentazione critica più dettagliata.
Qui preme sottolineare due situazioni, estrapolate dal contesto.
L'imposizione fatta al protagonista, nonché a sua moglie ed alla figlioletta, di sopportare la presenza forzata del "comandante Kasper" e di un drappello di soldati tedeschi al piano terra della propria abitazione, un casale parzialmente appena ristrutturato, situato non lungi dal cimitero di Vallecrosia, e di questi e di altri teutonici nel suo terreno adibito ad uso agricolo, ancorché in quei giorni tormentati praticamente abbandonato, un terreno ben presto devastato per l'allestimento di un'officina di riparazione di mezzi pesanti germanici.
E la richiesta del comandante garibaldino Vittò (al secolo Giuseppe Vittorio Guglielmo), quando Pigna era una zona libera partigiana, di curare un suo caro amico che versava colà in gravi condizioni. Il guaritore, che attraversava di continuo gli spazi di patrioti e di nazifascisti in quanto molto richiesto per le sue prestazioni, in quel caso si sentì sul serio incapace allo scopo, ma, con sua somma sorpresa, il suo tentativo ebbe successo: al ritorno fu molto attento a non fare accenni di questa vicenda all'uomo della Wehrmacht, che, anche se riconoscente per la terapia praticata alla sua sciatalgia, era sempre molto sospettoso circa gli spostamenti di chi malvolentieri lo ospitava.
In molti, specie donne, allora ed anche dopo, praticavano rimedi e medicamenti, per lo più con decotti di erbe, per malanni vari: ad esempio, si prestava attenzione ai bambini per i cosiddetti "vermi" (la tenia) ed ai più grandi per slogature, storte alle caviglie ed altri acciacchi muscolari, rispetto ai quali alcuni veri "maghi" sapevano ripristinare condizioni ottimali con la semplice (si fa per dire!), misteriosa imposizione delle mani.
Ma ambulavano, inoltre, da queste parti, come nel resto del Paese, chi sporadicamente, chi più sovente, zampognari (che la mentalità popolare individuava come nunzi di maltempo), arrotini, spazzacamini, pescivendoli (brutto termine ma di uso corrente). In genere si annunciavano con forti strilli in gergo. Un grido, forse, è rimasto più impresso in una certa memoria collettiva, quello di "Ombrellaio!!!". Mestieri in larga misura superati dalle tecniche moderne, comprese quelle che producono beni "usa e getta". Qua e là, tuttavia, si esibiscono ancora colleghi degli amici acrobati e ballerini di Mary Poppins, non del tutto sorpassati dal progresso.
E dalle spiagge si sente pure adesso qualche volta il quasi ancestrale, cantilenante annuncio "Cocco fresco, cocco bello!". Ma anche un più recente - così, almeno, sembra! - "Co! Co! Co! Cocco bello!".
Adriano Maini
venerdì 4 ottobre 2024
... il Gruppo Sbarchi Vallecrosia
Vallecrosia (IM): la zona del rio Rattaconigli, al confine con Bordighera, teatro di molte operazioni del Gruppo Sbarchi |
La conferenza di venerdì 10 maggio 2024 a Sanremo, di presentazione del libro di Giorgio Caudano (con Paolo Veziano), Dietro le linee nemiche. La guerra delle spie al confine italo-francese 1944-1945 (Regione Liguria - Consiglio Regionale, IsrecIm, Fusta editore, 2024), introdotta con un breve cenno alla figura del capitano Gino Punzi, ha focalizzato le complesse vicende - tristemente esemplari - di tre esponenti dei servizi segreti tedeschi di stanza nella città dei fiori, il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia, i SIM (Servizio Informazioni Militare) dei partigiani del ponente ligure, l'avidità di spie e delatori, ma il lavoro in questione è di sicuro molto più esauriente.
Adriano Maini
lunedì 16 settembre 2024
Camicie con la seta dei paracadute
Bordighera (IM): la spiaggia ai Piani di Borghetto |
Un ex ragazzo dell'epoca, Giulio B., ricordava di come avesse contribuito in tempo di guerra a "fare il sale" con il sistema dell'ebollizione dell'acqua di mare. Si vantava del fatto che talvolta con un suo amico, compagno di avventura, riuscisse a produrre anche cinquanta chili al giorno del prezioso alimento, destinato, pertanto, anche ad essere rivenduto con evidente beneficio economico per le loro famiglie, dunque, non solo per stretto consumo casalingo. Questo capitava ai Piani di Borghetto di Bordighera, quasi al confine con Vallecrosia, e gli attori per andare in scena e procurarsi la materia prima attraversavano con pericolo evidente spiagge minate dai tedeschi. Di più: smontavano alcuni dei citati micidiali ordigni esplosivi - ed un altro pericolo incobente era quello di incappare nella sorveglianza - per estrarre la polvere pirica con cui avviavano al meglio le fiamme per i loro calderoni, in effetti rozzi vasconi fatti con metalli recuperati di fortuna.
Si trattava peraltro di una pratica molto diffusa, non solo nel ponente ligure. Altri racconti hanno fotografato come sede di produzione del sale il settore di sbocco a mare della Galleria degli Scoglietti di Ventimiglia.
Chi, maltrattato in casa a Vallecrosia, insieme ai genitori, da miliziani che cercavano il fratello maggiore impegnato nelle azioni della locale squadra di azione patriottica (Sap).
Chi, trovatosi con il padre ed il loro accompagnatore del luogo in altura - zona San Martino - tra Vallebona e Soldano alla raccolta di olive - copiose in quell'ultima stagione di guerra - venne fermato con i due adulti da una squadra di brigatisti neri alla ricerca di partigiani. I grandi furono sospettati di connivenza con i ribelli, sennonché un saloino, riconosciuto quel genitore, garantì per tutti, ponendo termine alla brutta disavventura.
Adriano Maini
venerdì 21 giugno 2024
Di aerei e di colline nella zona Ventimiglia-Bordighera durante l'ultima guerra
Eppure, qualcuno nella vicina Vallebona ancora ricorda che un compaesano parlò diverse volte di essere accorso, mentre lavorava in un appezzamento di terreno dalle parti della collina Mostaccini di Bordighera, sul luogo di un disastro aereo, riuscendo anche a vedere il cadavere straziato del pilota, di cui raccontava anche particolari raccapriccianti. Il Notiziario, invece, della fascistissima Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) aveva comunicato il 1° ottobre ai capoccia di Salò che il mezzo incursore 'precipitava in località "Camporosso". Un pilota caduto e l'altro, ferito gravemente, è stato catturato'. C'è da dubitare che sul singolo aereo i piloti fossero stati due. Millantato credito?
Anche Mario Armando, all'epoca del fatto quindicenne, visse più o meno l'episodio come i bambini di cui sopra. Nel suo racconto, pubblicato qualche anno fa in Paize Autu, Periodico dell’Associazione “U Risveiu Burdigotu”, appare anche un preciso riferimento ai colpi di mitraglia - forse quelli decisivi - sparati dalla torre di avvistamento (il Semaforo) approntata dai tedeschi in Piazza del Popolo nel centro storico (Paese Alto) di Bordighera. Armando quel giorno stava proprio lì a giocare con degli amici a pallone, un pallone messo a disposizione da una recluta austriaca di 17 anni, per combinazione addetto a quella postazione e che in quel frangente non poteva certo unirsi come d'abitudine ai compagni di calcio. Questi ultimi - dunque, partendo da levante - cercarono di arrivare sul luogo dell'impatto del caccia, ma vennero anche loro respinti dai soldati tedeschi.
In quel torno di tempo, più o meno, a distanza in direzione ovest di circa due chilometri lungo la linea di costa, sulla piccola collina di Collasgarba, divisa tra Ventimiglia e Camporosso, anche questa affacciata su di un torrente, in questo caso il Nervia, un gruppo di bersaglieri della repubblica fascista di Salò, capeggiati dal sergente Bertelli, stava maturando la convinzione di disertare, ma alcuni patrioti li convinsero a rimanere al loro posto per aderire in modo clandestino alla Resistenza: con la discesa al mare ad un presidio in Vallecrosia questa loro scelta si rivelò molto utile per il buon esito di diverse missioni di contatto dei partigiani con gli alleati insediati nella vicina Francia.
Non si sentiva molto sicuro - racconta il figlio Massimo - Stefano Leo Carabalona, mentre si trovava a bordo di un apparecchio a compiere una ricognizione su Pigna e dintorni, forse foriera dei bombardamenti di fine dicembre 1944 su questo centro della Val Nervia, che dovevano colpire obiettivi militari strategici - secondo lo storico Giorgio Caudano eliminare - uno scopo fallito - il generale Lieb, comandante della 34^ Divisione dell'esercito tedesco, quella di stanza nel ponente ligure -, ma che uccisero, invece, cinque donne ed una bimba di 21 mesi e causarono vari danni, pesanti per un piccolo paese. Non si sentiva sicuro Carabalona, non perché temesse la contraerea tedesca, probabilmente installata in seguito, ma per la fragilità del mezzo. Eppure Carabalona era stato coraggioso - e decorato con due medaglie di bronzo al valor militare - in guerra come ufficiale del Regio Esercito, un eroe partigiano nella difesa di Rocchetta Nervina, un protagonista delle battaglie di Pigna - e verso l'epilogo di queste riusciva a dare precise indicazioni alla Missione FLAP - battaglie che portarono alla costituzione della Libera Repubblica democratica dalla vita, purtroppo, breve, ed era appena sbarcato in Francia come responsabile del collegamento della V^ Brigata partigiana "Luigi Nuvoloni" con i comandi alleati di Nizza. Neppure immaginava che, appena rientrato in Italia, sarebbe stato gravemente ferito a febbraio 1945 in un agguato a Vallecrosia e che sarebbe occorso quasi un mese perché i sappisti del Gruppo Sbarchi Vallecrosia riuscissero via mare a portarlo definitivamente in salvo per avere infine le cure del caso a Nizza.
Adriano Maini
martedì 18 giugno 2024
La donna, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi
Di recente la presentazione di un libro dedicato a taluni risvolti italiani dell'ultimo conflitto avrebbe svelato la presenza a Bordighera di un agente italiano facente capo al servizio segreto francese, la cui rete nel 1942 sarebbe stata smantellata.
Ci sono opere dedicate al SIM (Servizio Segreto Militare Italiano) di quel periodo ed alla figura del suo capo di allora, Cesare Amé, che rammentano - così come almeno un memoriale di Amé stesso - una positiva azione di controspionaggio condotta in Tolone con l'ausilio della potente antenna radio di Sanremo, che era stata utile per intercettare i radiomessaggi inviati al nemico - compresi i partigiani del maquis, con i quali e con i cui "complici" non si può fare a meno di simpatizzare -, un'azione che non riuscì, tuttavia, a portare all'arresto del sottufficiale della Regia Marina che aveva "lavorato" per i francesi, dileguatosi in Riviera.
Esiste poi, presso IsrecIm, IstitutoStorico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, una piccola memoria - rintracciata dallo storico locale Giorgio Caudano - di fine 1945, in cui un partigiano, forse una partigiana, dal nome di battaglia di Carmelita, intese indicare in Renato Brunati, che abitava prima di essere arrestato a Bordighera, martire antifascista fucilato al Turchino, un agente del Deuxième Bureau: se tale aspetto risultasse confermato - cosa quasi impossibile ormai - aggiungerebbe caso mai altro onore alla figura di Brunati, che si sarebbe trovato in ottima compagnia, come quella, ad esempio, più famosa di Adriano Olivetti, che i contatti per concretare la sua congiura antifascista li cercò, invece, con i britannici del Soe, ma per il tramite di uomini dell'Oss americano.
Risulta, invero, difficile ritrovare nei libri di storia e nei documenti più correnti tracce di spionaggio classico in Bordighera, mentre abbondano informazioni relative alla presenza di militari e agenti nazisti, in qualche caso già prima dell'8 settembre 1943.
Come avviene con taluni fascicoli statunitensi, per lo più desecretati dalla CIA intorno al 2007, anche se un po' tutti indugiano, come nel caso già evidenziato di Karl Weilbacher, su attività comuni, in qualche caso di criminalità minore, contrabbando, ecc.
Fioravante Martinoia di Vallecrosia a marzo 1944 venne assunto come autista dal comando SD (servizio di sicurezza delle SS) di Sanremo, dietro raccomandazione di una signora tedesca abitante a Bordighera: Martinoia, nonostante i suoi ripetuti dinieghi, proprio per via delle sue mansioni ebbe parte attiva in diverse operazioni di repressione contro i partigiani.
Il già citato Weilbacher lavorava per un'azienda di esportazione di fiori con sede a Bordighera quando nel 1940 conobbe Werner Vohringer, un collaboratore dell’Abwehr (servizio segreto militare tedesco): ebbe con quest'ultimo diversi successivi contatti di carattere non ben precisato. Già nel 1934 o nel 1935 un agente della filiale di Sanremo di una compagnia di assicurazioni aveva chiesto a Weilbacher informazioni su alcuni stranieri presenti a Sanremo e di lì a breve gli procurava un incontro con il suo "capo", incontro che avvenne in un albergo situato davanti alla stazione ferroviaria di Bordighera, allo scopo di aiutarlo (non viene svelato per quale organizzazione o corpo dello stato fascista agisse il "capo". L'OVRA? La polizia? I carabinieri? I servizi segreti?) a scoprire una organizzazione che nella città dei fiori operava per l'annessione dell'Alto Adige all'Austria. Weilbacher avrebbe dato delle informazioni su alcuni individui, ma pochi giorni dopo, senza subire noie, si defilò da un compito che non gradiva.
Un altro documento americano si dedica ai fratelli Asiani, Alberto (nato nel 1905) ed Augusto (nato nel 1906), che abitavano a Bordighera, allo stesso indirizzo del padre, Lodovico, della madre, Teresa Sassi, e della sorella, Angela, di 42 anni. Un'altra sorella, Maria, di 43 anni, risultava sposata con l'avvocato Gino Vota: entrambi residenti a Bordighera. Viene riportato anche il nome del figlio di Augusto, Cristiano, indicato come vedovo. Conobbero, tra l'altro, Weilbacher e Vohringer. A maggio o giugno 1945 vennero arrestati a Bordighera dai carabinieri perché due lettere anonime li accusavano di pregressa collaborazione con i tedeschi: tenuti in stato di fermo per 25 giorni, furono infine rilasciati perché le accuse loro mosse vennero ritenute infondate. I fratelli Asiani, sospettati di collaborazione attiva con i tedeschi a Montecarlo e in Liguria, vennero segnalati come persone già a contatto con Olga Meier in Henneman, "agente SD che causò l'incendio di Molini di Triora e la morte di diversi partigiani in provincia di Imperia". E Olga Meier aveva aiutato "in modo disinteressato" Angela Asiani a recuperare dei beni sequestrati a Bordighera alla famiglia ad aprile 1944 da agenti SS di stanza ad Imperia e riconsegnati presso la Casa dello Studente di Genova. "Verso aprile 1944, addetti delle SS di Imperia, si recarono a casa degli Asiani chiedendo dei due soggetti. Essendo questi già a Montecarlo, essi perquisirono la casa ed asportarono vino, liquori, commestibili vari, vestiti ecc. Il tutto per circa un milione e mezzo di valore. Saputo il fatto i due fratelli sono venuti a Bordighera per vedere cosa era successo e qui conobbero la suddita tedesca Henneman", così recita la parte in italiano del documento americano. Che aggiunge qualche pagina dopo: "La Henneman venne a Genova e si recò alla Casa dello Studente unitamente alla sorella. Qui esse parlarono con un ufficiale tedesco, il quale disse che era stato un sopruso e che la roba tolta sarebbe stata restituita. Dopo 15 giorni la sorella Angela, come era rimasta d'accordo, ritornò alla Casa dello Studente ed ebbe in restituzione un baule, che però non conteneva che alcuni smoking ed altre cose varie, rappresentanti una minima parte di quello che era stato asportato. La Hennemann per questo suo intervento non chiese nulla, né da allora ella ebbe altri rapporti con i fratelli Asiani". Alberto ed Augusto erano stati poi imprigionati in un campo di internamento di Nizza all'arrivo (fine agosto 1944) delle forze armate alleate in Costa Azzurra: a Bordighera erano tornati clandestinamente e ritrovarono i genitori e la sorella Angela, ma incapparono nella trafila che portò ai loro interrogatori. Ripercorrere le vicende di questi due fratelli rappresenterebbe uno spaccato non secondario di vita vissuta ai tempi di guerra, anche perché la loro permanenza a Bordighera non fu di lunga durata: i genitori erano rientrati in Italia dall'estero nel 1939, quando i due figli maschi lavoravano ancora al Casinò di Venezia, un lavoro perso con lo scoppio della guerra. Con gli Asiani vengono riportati altri nominativi di persone abitanti a Bordighera, ma senza particolari comunicazioni in proposito. Angela Asiani era nata a Bordighera nel 1903, ma all'età di dieci anni si era trasferita a Montecarlo con i genitori, che nel Principato avevano aperto un negozio di vini e liquori, dove sino al 1930 avevano collaborato anche i fratelli maschi. Nel 1939 il negozio, non rendendo più, venne chiuso e Angela con i genitori raggiunse Alberto ed Augusto a Venezia, dove lavoravano al Casinò mercé una segnalazione di un certo Spadoni che avevano conosciuto a Monaco Principato. Sempre Spadoni mise i suoi buoni uffici per evitare che a fine 1943, ormai rientrati a Bordighera, la Kommandatur inviasse i fratelli Asiani maschi in Germania per il lavoro forzato. Ci si sofferma ancora su Angela Asiani perché dalla vicenda del suo recupero parziale dei beni di famiglia sottratti (nei relativi incartamenti si afferma che non se conoscono i motivi o per lo meno così affermano alcune donne chiamate in causa) si evincono i nomi di alcune donne, appunto - ad esempio, il nome della proprietaria della villa dove stavano in affitto gli Asiani, signora Ferrari - e si apprende che una di queste per il richiamato buon fine aveva procurato ad Angela un incontro a Sanremo "con un tale Reiter", di cui ben si sa, invece, che era il responsabile del locale ufficio SD, ufficio che si occupava principalmente di repressione delle bande partigiane e dei reati di natura politica e di repressione del mercato nero.
Ernest Schifferegger, già italiano altoatesino, il quale in occasione del referendum del 1939 aveva optato, come tutti i membri della sua numerosa famiglia, per la nazionalità tedesca, poi SS (già presente a Roma e partecipe della strage delle Fosse Ardeatine), interprete, segnalava che un certo Boccabella di Bordighera era diventato collaboratore delle SS di Imperia e di Sanremo dopo essere stato incarcerato per rapina a mano armata. Boccabella accompagnò Reiter ed una sua squadra a Bordighera a cercare benzina nascosta in un garage e ad indagare su liquori detenuti da un privato, infine ritenuti, tuttavia, di legittima proprietà. Si procedette, invece, al sequestro di un deposito di carburante celato a Seborga, paese dell'immediato entroterra di Bordighera. Può anche essere che dagli indagati venissero più facilmente ammesse colpe per reati comuni anche per sviare l'attenzione degli inquisitori dalla ricerca di imputazioni più gravi.
Alcune carte rinvenute da Paolo Bianchi di Sanremo presso l'Archivio di Stato di Genova, attinenti processi presso le CAS, Corti d'Assise Straordinarie del dopoguerra, deputate all'epurazione del fascismo, aggiungono tasselli a questo mosaico.
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Bordighera (IM): la collina Mostaccini sovrasta la zona di Via Coggiola |
Elda Casaroli, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi "avendo provocato la cattura di due patriotti che poi vennero fucilati e di Buccella Orlando, guardia di finanza, che aveva disertato": negò di avere contribuito alla cattura dei fratelli Biancheri, ma venne condannata il 7 settembre 1945 a otto anni e quattro mesi di reclusione e alla confisca dei beni, una pena che si può presumere - come quasi tutte quelle similari - successivamente in appello ampiamente ridotta. Risulta istruttivo leggere ancora nella motivazione della sentenza che "lo spionaggio praticato in favore del nemico ostacolò i movimenti di liberazione... Chi si accinge a tali imprese a danno della Patria è spesso il delinquente senza fede e senza scrupoli... donna dedita ai facili amori, come può dirsi dell'imputata... invitata ad assistere al passaggio delle persone rastrellate, essa assiste fumando vicino al cap. Borro... fa segni di assenso o dissenso per l'arresto che doveva essere compiuto...".
Azioni vere di spionaggio in zona vennero compiute dai partigiani delle SAP, dei SIM di brigata e di divisione, del CLN di Bordighera, ma queste assumono un rilievo del tutto particolare, a sé stante.
Adriano Maini
lunedì 29 aprile 2024
Simulare con una mano la presenza di una pistola
Racconta Sergio Marcenaro, all’epoca giovane (classe 1931) staffetta partigiana della SAP di Vallecrosia e fratello di Pietro Girò Gerolamo, importante protagonista del distaccamento Gruppo Sbarchi Vallecrosia, che nella zona tra Soldano, Perinaldo e Baiardo imperversava nella prima metà del 1944 anche un bandito, forse subito non riconosciuto come tale dai comandi garibaldini; e che in una certa occasione suo fratello si liberò delle pessime intenzioni di quel figuro, nel quale si era imbattuto quando era solo e disarmato, con l’abile stratagemma di simulare con una mano la presenza di una pistola in una tasca dei pantaloni.
Il recente libro di Giorgio Caudano (con Paolo Veziano, Dietro le linee nemiche. La guerra delle spie al confine italo-francese 1944-1945, Regione Liguria - Consiglio Regionale, IsrecIm, Fusta editore, 2024) affronta aspetti inediti, richiamati con chiarezza dal titolo di questo lavoro: si tratta anche di un'ulteriore occasione per ricordare, dopo decenni di oblio, la coraggiosa figura del capitano Gino Punzi, al quale il colpo di grazia venne dato su ordine di un graduato dei servizi segreti della Marina tedesca.
venerdì 1 dicembre 2023
E Italo Calvino testimoniava a favore di un ex soldato repubblichino
Sanremo (IM): il Monumento ai Partigiani - opera del patriota resistente Renzo Orvieto - sito davanti all'ex Forte di Santa Tecla, dove brevemente fu rinchiuso anche Italo Calvino |
Leggendo articoli di quotidiani e di portali web, sembra che non solo per Sanremo e per Bordighera - come si è già visto su questo blog -, ma che per tutta la provincia di Imperia durante la seconda guerra mondiale ci fosse un gran pullulare di spie, ma non di spie qualsiasi, bensì di quelle che oggi rendono appassionanti film, serie televisive e romanzi d'azione. Solo che Kgb e Cia all'epoca non c'erano ancora! E non ci fu neppure nulla di paragonabile a esperienze vissute da personaggi quali Richard Sorge, Kim Philby, Anthony Blunt, Guy Burgess o i membri dell'Orchestra Rossa.
Neppure, forse, nella limitrofa Costa Azzurra.
Detto questo, ad onor del vero furono numerose le operazioni segrete - raramente spettacolari - condotte da o verso la Costa Azzurra da alleati, partigiani, nazifascisti.
Su questo panorama e su quello delle fitte trame intessute sul territorio imperiese c'é da credere che sarà molto illuminante il prossimo libro degli storici locali Giorgio Caudano e Paolo Veziano.
Il grosso degli accadimenti, in ogni caso, riguardava infiltrati - per fortuna, molti a favore della Resistenza! -, sicofanti, voltagabbana, traditori, delatori, opportunisti.
In questo quadro ci sono fatti noti, altri meno, altri pressoché inediti.
Ventimiglia (IM): a sinistra la casa - di colore rosa - in Marina San Giuseppe dove venne ucciso il capitano Gino Punzi |
Una storia straordinaria è quella del capitano Gino Punzi, infine reclutato dagli americani Oss antenna di Nizza, nella cui tragica vicenda si incontrano maquisard, poliziotti fascisti prima di Ventimiglia poi di Imperia ma impegnati a sostenere in segreto la sua azione di costruzione di una rete antifascista, patrioti italiani quali Giuseppe Porcheddu, il maggiore degli Alpini a riposo di Ventimiglia Luigi Raimondo - già impegnato a margine della missione Flap -, Chiappa padre e figli di Bordighera, partigiani di passaggio in Costa Azzurra che tentarono di affidargli messaggi di delazione da recapitare ai loro Comandi circa loro compagni dediti a presunte o veritiere attività illecite, pescatori contrabbandieri chi in ferale ritardo chi fatale traditore: il capitano Gino, colpito da tergo alla testa con un'ascia, ricevette il colpo di grazia a Marina San Giuseppe di Ventimiglia per ordine di un agente della S.R.A. della Marina da guerra tedesca di stanza a Sanremo.
Stando alle sue dichiarazioni del maggio 1945 (AS GE) un ex poliziotto ausiliario della polizia saloina - di nuovo in carcere con l'accusa di avere militato in precedenza nelle fila fasciste - doveva incontrare alla fine di novembre del 1944 a Camporosso alcuni partigiani francesi, ma ne venne impedito in quanto catturato da ex colleghi repubblichini di Bordighera.
Si hanno notizie (pregressa ricerca del compianto Giuseppe "Mac" Fiorucci, autore di "Gruppo Sbarchi Vallecrosia" - con ogni evidenza in ciò aiutato dallo stimato storico nizzardo Jean-Louis Panicacci -) di incursioni - confermate da precise mappe dei luoghi, ancora esistenti - in zone del nostro ponente compiute da Joseph Manzone, detto "Joseph le fou" (un nome, un programma!), maquisard del dipartimento delle Alpi Marittime, che aveva già aiutato intorno all'8 settembre 1943 soldati italiani della IV Armata a fuggire o a raggiungere la locale Resistenza, protagonista di svariate altre avventure, lunghe da raccontare.
Da ottobre 1944 in avanti diversi furono da parte di partigiani ed agenti transalpini i tentativi compiuti di entrare in Italia attraverso la Val Roia, ma fallirono tutti o quasi. Particolarmente efficiente fu in questo contrasto a febbraio 1945 il servizio di controspionaggio tedesco.
domenica 19 novembre 2023
La nascita dei GAP
Per Amendola "l'azione all'albergo Terminus divenne l'azione compiuta dai Gap romani contro l'albergo Flora, con la stessa tecnica e l'ordigno gettato davanti alla coda della casa di tolleranza di Marsiglia, divenne l'ordigno gettato da Bentivegna davanti al cinema Barberini a Roma" <17.
Questi eventi potevano forse essere legati nella memoria del protagonista, che si servì del precedente di alcune azioni realizzate in Francia da comunisti italiani per la guerriglia in patria, ma, in assenza di testimonianze e riscontri documentari, tali parallelismi non possono valere sul piano storiografico. Si può tuttavia riconoscere che le strutture di un organismo già noto servirono da modello alla preparazione delle squadre deputate al terrorismo nelle città italiane. Santo Peli riconosce l'imprescindibilità dell'esperienza francese all'inizio della sua storia dei GAP, asserendo che "senza questi dirigenti, senza l'esperienza della concreta organizzazione della lotta armata nelle città di Lione, a Marsiglia, progettare la formazione dei Gap sarebbe stato impensabile" <18.
I comunisti passati per la Francia costituirono lo scheletro dei Gap ma dovettero scontrarsi in Italia con i nodi già presentatisi ai comunisti francesi, il timore delle rappresaglie, l'impreparazione della classe operaia italiana a questo tipo di lotta, la scarsità cronica dei reclutati. Com'era successo oltralpe infatti, la previsione di versare alla lotta armata in città il 10% dei propri effettivi fu impossibile da realizzare per tutta la durata dell'occupazione. La direzione comunista decise comunque che bisognava agire e i più versati nella lotta armata furono impiegati nell'attuazione della direttiva, colpire e sabotare il nemico in città sin dalle prime settimane. Anche i problemi logistici sorti in Francia, la necessità di documenti falsi, armi, vettovagliamenti e appartamenti, si ripresentarono in Italia, aggravati però dalla mancanza di una struttura clandestina preesistente alla lotta, come quella del PCF. I finanziamenti per i Gap vennero dai contributi richiesti ai tesserati al partito, ma anche dalle cosiddette azioni di recupero, ovvero rapine in banca o assalti alle caserme fasciste, esponendo i patrioti alla mescolanza con criminali comuni e con individui di dubbia moralità.
Ad ogni modo, il 25 ottobre Longo, telegrafando a Mosca sulle novità dell'estate e l'armistizio, poteva riferire sinteticamente "Sta nascendo la guerriglia" <19. Infatti le risorse umane più attive del partito erano mobilitate: sotto la guida di Longo e Secchia, Scotti era ispettore generale incaricato dell'organizzazione della lotta in Piemonte, Lombardia e Liguria, mentre a Roasio spettavano il Veneto, l'Emilia e la Toscana. Ritroveremo molti dei militanti addestrati in Spagna e Francia incaricati della costituzione delle singole brigate, mentre Ilio Barontini, prima di assumere la responsabilità militare in Emilia, viaggiò nelle principali città italiane per dare consigli ai comandanti di formazione e insegnare come fabbricare gli ordigni. Come in Francia quindi, non si attese di avere i mezzi e gli uomini necessari alla lotta, ma furono ampiamente dispiegate le risorse disponibili, nella convinzione che bisognasse agire subito, poiché spettava al partito il compito di innescare la miccia per l'azione delle masse.
Il 24 ottobre Ateo Garemi e l'anarchico Dario Cagno colpirono a morte Domenico Giardina, seniore della Milizia a Torino, e, catturati in seguito all'azione, lasciarono spazio al I Gap del Piemonte, guidato da Giovanni Pesce. Le prime azioni di Garemi e Cagno, che, pur avendo avuto contatti con il partito, non ne dipendevano, rientravano nell'ambito di azioni di disturbo da parte di un gruppo anarco-comunista, i cui obiettivi risultavano abbastanza casuali, come per altre cellule autonome, ad esempio Stella Rossa. Appunto per portare sotto la propria autorità la lotta urbana, il PCd'I convocò a Torino Remo Scappini in qualità di responsabile federale, Arturo Colombi, responsabile regionale, e Romano Bessone, commissario politico dei Gap per la città <20. Tutti e tre militanti di vecchia data, i primi due passati per Mosca, per l'emigrazione in Francia e la detenzione a Civitavecchia, Colombi anche per il confino a Ventotene. Bessone invece era nato nel vercellese nel 1903, operaio comunista dalla gioventù, era stato deferito al Tribunale Speciale nel 1927 per aver partecipato ad una riunione comunista nei pressi di Torino. Resosi latitante, fu arrestato il 25 ottobre 1930 e condannato a 16 anni di reclusione e 3 di libertà vigilata, ridotti poi a 7 per amnistia, fu scarcerato nell'ottobre 1935. Al momento dell'arresto dichiarò di essere tornato da Mosca e fu trovato in possesso di volantini comunisti. Durante la reclusione, a partire dal '32, gli fu impedito di tenere corrispondenza con Elodia Malservigi, dattilografa residente in Russia che dichiarò di aver sposato con rito sovietico a Nowieltz nel 1928. La sua scheda personale riporta che in carcere "tenne cattiva condotta politica, appalesandosi pericolosissimo comunista. Pertanto è stato incluso nel 2° elenco di sovversivi pericolosi da arrestare in determinate contingenze" <21. Infatti, dopo l'ingresso in guerra, il 20 luglio 1940, era stato inviato al confino a Ventotene, dove aveva ripreso contatto con i dirigenti confinati e da cui sarebbe stato liberato nell'agosto '43, poche settimane pima di ricevere la responsabilità della formazione dei Gap torinesi. La direzione fu invece affidata al venticinquenne Giovanni Pesce, che abbiamo incontrato tra i giovani accorsi in Spagna sette anni prima. Al rientro in Francia era tornato dalla famiglia nella regione della Gran Combe ma, vista la difficoltà di trovare lavoro e il timore di essere internato per la propria condizione di straniero comunista, entrò clandestinamente in Italia e fu arrestato a Torino il 23 marzo 1940. Trasferito a Ventotene sei mesi dopo, vi trovò compagni vecchi e nuovi: "Terracini, Scoccimarro, Secchia, Roveda, Frasin, Camilla Ravera, Spinelli, Ernesto Rossi, Li Causi, Pertini, Bauer, Curiel, Ghini" <22. In assenza di militanti provati da versare alla nascente formazione, Bessone e Pesce si volsero agli appartenenti a queste cellule di fabbrica spontanee, comuniste ma non legate alla linea di partito, reclutando giovani provenienti soprattutto dall'ambiente operaio.
In Lombardia invece, il comando regionale era assegnato alla metà di ottobre a Vittorio Bardini, responsabile politico, a Cesare Roda, responsabile tecnico, e ad Egisto Rubini, addetto alle operazioni. Il profilo di questi uomini è quello spesso incontrato nel nostro percorso: tutti sopra i 35 anni, divenuti nell'esilio rivoluzionari professionali, passati per la Spagna, e Rubini anche per i FTP del Sud della Francia. In questi parametri generali rientravano tutti i comandi regionali e i principali istruttori dei distaccamenti, che si esposero in un primo momento per dare l'esempio ai nuovi, sotto i trent'anni, che sarebbero stati i fautori del terrorismo urbano. Il primo obiettivo di grande rilievo fu Aldo Resega, responsabile della federazione del fascio a Milano, colpito dal primo nucleo operativo dei GAP milanesi, che sarebbe diventato il distaccamento Gramsci (Validio Mantovani Barbisìn, Carlo Camesasca Barbisùn, Antonio La Fratta Totò e Renato Sgorbaro Lupo). Come rileva Borgomaneri, autore del lavoro più completo sul terrorismo urbano a Milano, "il primo gappismo milanese nasce dalla fabbrica e affonda le proprie radici in quell'oscuro lavoro di agitazione, di propaganda e di proselitismo che l'organizzazione comunista è riuscita a tessere nel ventennio,[inoltre…] la prima forza combattente dei Gap è costituita da operai non più giovanissimi" <23. Essi erano infatti tutti operai dell'area di Sesto San Giovanni, il più giovane, Mantovani, aveva 29 anni, il più anziano, La Fratta, 35. I ragazzi, inesperti poco più che ventenni, sarebbero subentrati tra il gennaio e la primavera. Il 18 dicembre 1943, in concomitanza con uno sciopero che bloccava da giorni i principali stabilimenti milanesi, il federale venne atteso all'uscita della propria abitazione. La Fratta e Mantovani erano di guardia, uno accanto al portone e l'altro all'angolo della via, Camesasca e Sgorbaro nei pressi di un edicola leggevano un giornale, dietro il quale erano nascoste le armi. Resega venne colpito nel momento in cui il proprio cammino incrociava quello dei terroristi, che si affrettavano poi a raggiungere le biciclette e fuggire nel trambusto creato dagli spari. Le prime azioni, spesso improvvisate, rappresentavano per questi militanti, provati ma non temprati nella lotta, una prova del fuoco, lo scoglio da superare per altre azioni. Borgomaneri individua alla fine del '43 due distaccamenti, il Gramsci di Mantovani e il Cinque giornate di Oreste Ghirotti, composti ciascuno da tre squadre. Con le azioni iniziarono però anche le prime cadute. Il 19 dicembre Arturo Capettini, addetto alla logistica e ai rifornimenti di armi, fu arrestato. In seguito al rinvenimento di materiale bellico ed esplosivo nel suo magazzino di riparazione per biciclette, esso divenne una trappola per alcuni ragazzi del Cinque giornate, come Stefano Brau e Augusto Mori. L'individuazione di Sgorbaro portò inoltre all'isolamento del gruppo di Sesto, lasciando spazio alle azioni dei distaccamenti Matteotti e Rosselli, autori in gennaio di attacchi nei ritrovi tedeschi e mordi e fuggi in bicicletta. All'inizio di febbraio, per l'omicidio del nuovo questore di Milano, Camillo Santamaria Nicolini, fu richiamato il distaccamento Gramsci, del quale Camasasca e Mantovani erano stati promossi responsabile militare e politico. In questa fase più avanzata della guerriglia in città però, le autorità non si muovevano a piedi senza protezione: il piano prevedeva perciò di colpire Nicolini in auto da un'altra auto in corsa, una lancia Aprilia appositamente rubata a due tedeschi. L'azione, affidata ai giovani di Niguarda (Elio Sammarchi, Dino Giani e Sergio Bassi) ricorda ancora una volta come la riuscita di un colpo fosse questione di attimi, in cui non mancava l'intervento del caso. Un tram si interpose tra le due vetture e una frenata dell'autista di Nicolini impedì che venisse colpito. L'ultima azione di questa prima fase del gappismo milanese fu un attacco alla casa del fascio di Sesto San Giovanni il 10 febbraio 1944, compiuto con l'aiuto di un operaio della Breda infiltrato, Lacerra. Egli però, invece di lasciare la città (come previsto) si recò sul proprio posto di lavoro, dove fu arrestato due giorni dopo, portando ad una catena di arresti e delazioni che sbaragliò i gruppi di città, giungendo sino al vertice con la cattura di Bardini, Roda e Rubini. Quest'ultimo e Ghirotti si suicidarono in carcere dopo giorni di tortura. Il terrorismo urbano a Milano si sarebbe riacceso in estate, grazie alla riorganizzazione di Giovanni Pesce, che nell'inverno '43 era però ancora a Torino.
[NOTE]
16 Santo Peli, Storie di Gap, op.cit., pag. 31.
17 Amendola, Comunismo, Antifascismo, Resistenza, op.cit., pag. 364.
18 Santo Peli, Storie di Gap, op.cit., pag. 33.
19 Longo, op.cit., pag. 100-101.
20 Nicola Adduci, Il mito e la storia: Dante Di Nanni, in Studi Storici, fascicolo 4, settembre-ottobre 2012, pag. 260-262.
21 Acs, Cpc, fascicolo personale, busta 591
22 Giovanni Pesce, Senza Tregua. La guerra dei GAP, Feltrinelli, Milano 1967, pag. 161.
23 Luigi Borgomaneri, Due inverni, un'estate e la rossa primavera. Le Brigate Garibaldi a Milano e provincia. 1943-1945, Franco Angeli, Milano, 1995, pag. 24.
Elisa Pareo, "Oggi in Francia, domani in Italia!" Il terrorismo urbano e il PCd'I dall'esilio alla Resistenza, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa, 2019
domenica 5 novembre 2023
Praticamente, la Linea Gotica correva lungo il confine tra le province di Lucca e di Massa Carrara
Condizione fondamentale per l'aiuto dato dal GPA alla Divisione Lunense era l'accordo per ricevere rifornimenti e viveri per la popolazione apuana costretta a sopravvivere in piena zona di guerra sulla linea del fronte. Un primo passo in questa direzione si era avuto durante l'incontro del 17 ottobre a Forno, quando venne rilasciata un'autorizzazione firmata da Oldham, agli uomini della 3^ compagnia del GPA, comandata da Arnaldo Pegollo, per la requisizione di viveri in alcune zone della Garfagnana <333. Le ulteriori richieste formulate da Pietro trovarono immediato e pieno riscontro nella convenzione sottoscritta da Oldham, da “Barocci” [Roberto Battaglia], dal comandante della 1^ brigata della Lunense, Coli e dallo stesso comandante del GPA. Questo il testo dell'importante documento: “Il Comando della Lunense e il Comando della 1^ Brigata sentite le richieste del Gruppo Patrioti Apuani chiarisce e risponde in perfetto accordo col Comandante del detto Gruppo quanto segue:
1 - Schieramento difensivo continuo. Il Comando di Divisione prende atto con compiacimento della prontezza con cui il Comando Patrioti Apuani ha inviato un primo distaccamento delle sue forze nel settore della 1^ Brigata e rifornisca immediatamente di 4 fucili mitragliatori Breda e relative munizioni il detto distaccamento. […] Gli affida infine un settore da difendersi ad oltranza, tale da poter stabilire collegamento col grosso dei Patrioti Apuani mediante un'ora di strada.
2 - Comando militare e disciplina del Distaccamento dei Patrioti Apuani. Valgono le direttive generali qui allegate.
3 - Richiesta di armi per il gruppo dei Patrioti Apuani. Il Comando di Divisione, sentito il parere del Comando della 1^ Brigata è lieto di aderire alla detta richiesta. […].
4 - Richiesta di viveri per la popolazione civile di Massa e dintorni. Il Comando di Divisione e così pure il Comando della 1^ Brigata s'impegna di aiutare con ogni suo sforzo e mezzo le popolazioni civili della zona di Massa favorendo l'esportazione di generi alimentari dalla Garfagnana. Come prima prova concreta di questo suo interessamento promette l'invio di 20 quintali di patate a detta popolazione in cambio di un adeguato quantitativo di sale.
5 - Piano militare comune. Il Comandante Pietro è incaricato di riferire a voce su detto piano la cui esecuzione è subordinata a un efficiente schieramento da parte dei partigiani e alle opportune direttive da parte del Comando alleato e del Governo Italiano.” <334
La convenzione si concludeva con un'ulteriore richiesta di invio di uomini rivolta anche alla Brigata Garibaldi “Muccini” e con un chiarimento sul punto più importante dell'accordo: l'invio di viveri verso Massa: “Riguardo al grave e urgente problema dell'incubo della fame sulle popolazioni di Massa e dintorni è dovere di ogni buon Italiano contribuire alla sua soluzione nella misura del possibile. Il Comando di Divisione rivolge a questo proposito un appello ai CLN della Garfagnana. Poiché non si può assumere direttamente la responsabilità di organizzare i rifornimenti dalla Garfagnana a Massa che è compito delicato di competenza civile richiede al CLN di Apuania l'invio di una persona a ciò delegata, cui la Lunense darà l'appoggio incondizionato di tutte le sue formazioni partigiane.” <335
[NOTE]
331 Notizie dettagliate sulla zona occupata dai Patrioti Apuani in Garfagnana si trovano in V. Nicodemi, G. Lenzetti Guerra sulle Apuane, ANPI, Massa, 2006. Il reparto guidato da Vinci si stabilì sul Monte Grotti e giornalmente svolgeva servizio di pattuglia fra il Monte Grotti e il Monte Sumbra.
332 AAM busta 19, fascicolo 19.
333 AAM busta 24, fascicolo 1. Le località designate per la requisizione viveri erano: Giuncugnano ed altre frazioni; Capoli e tutto il comune di Piazza al Serchio. Gli uomini di “Naldo” ricevevano inoltre il compito di agire anche sul paese di Gorfigliano ponendovi un proprio presidio: “Secondo gli accordi prestabiliti i Patrioti Apuani sono autorizzati ad agire su Gorfigliano per la totale epurazione di questo centro fascista repubblicano punendo esemplarmente secondo giustizia tutti i responsabili mediante fucilazione e requisizione dei beni.”
334 AAM busta 24, fascicolo 1. “Convenzione fra il Comando della Divisione Lunense, il Gruppo Patrioti Apuani e la 1^ brigata Garfagnina”.
335 Ivi pag. 2.
Marco Rossi, Il Gruppo Patrioti Apuani attraverso le carte dell'archivio ANPI di Massa. Giugno-Dicembre 1944, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2016
In quei giorni la Quinta Armata si stava preparando ad assestare il colpo definitivo alla Linea Gotica sull'asse Firenze-Bologna e, nell'ambito dell'operazione, alle forze schierate in Versilia e in Garfagnana fu assegnato un compito diversivo, quello di tenere impegnate le truppe nemiche e conquistare alcune posizioni strategiche nel rispettivo settore. In particolare alla Task Force 92 fu ordinato di prendere il m. Canala, sovrastante Seravezza e il Monte di Ripa, che aveva una notevole importanza strategica, essendo il suo controllo indispensabile per poter puntare su Montignoso, Massa e Carrara.
Mentre i Brasiliani, con l'apporto del “Battaglione Autonomo Patrioti Italiani” agli ordini di Manrico Ducceschi (“Pippo”), occuparono Fornaci di Barga, Coreglia e Barga, in Versilia la Task Force 92 non riuscì a prendere il m. Canala, nonostante gli accaniti e sanguinosi combattimenti sostenuti dal 6 all'11 ottobre. Dalla metà di ottobre ai primi di novembre, pattuglie americane arrivarono nelle frazioni montane di Giustagnana, Minazzana, Basati ed Azzano (Comune di Seravezza) e di Terrinca e Levigliani (Comune di Stazzema), poi, il fronte si stabilizzò fino all'aprile 1945, lungo una linea, che seguiva il tratto finale del fiume Versilia, la piana di Porta, le colline di Strettoia e del Monte di Ripa, i monti Folgorito, Altissimo, Corchia ed il gruppo delle Panie. <8
Ad eccezione di Strettoia e di Arni, tutto il territorio versiliese era stato liberato e si erano insediate le Amministrazioni Comunali, nominate dai CLN con il consenso del Governo Militare Alleato, ma la situazione continuò ad essere molto problematica in quanto la Versilia si trovò a essere un territorio “liberato, ma ancora in prima linea”, sottoposto al fuoco dell'artiglieria nemica ed alla minaccia di possibili puntate offensive da parte dei Tedeschi. A correre i rischi maggiori erano il centro di Seravezza e alcuni paesi dello Stazzemese, dislocati a poche centinaia di metri dalle sovrastanti postazioni tedesche, poi Forte dei Marmi e Pietrasanta, situati nelle immediate vicinanze, mentre relativamente più tranquilla era la situazione nel territorio di Camaiore, Viareggio e Massarosa.
Nel settore apuoversiliese della Linea Gotica i Tedeschi non avevano costruito particolari strutture difensive artificiali, ma, piuttosto, adattato o rinforzato quelle naturali, offerte dal terreno collinare e montano, impiegando i lavoratori della TODT e centinaia di uomini, catturati nel corso dei frequenti rastrellamenti. Sulla spiaggia del Cinquale, lungo le sponde del fiume Versilia e la piana di Porta, fino alla via Aurelia, erano stati posti numerosi campi minati, distrutti i ponti, disseminati numerosi ostacoli lungo strade e sentieri, approntati nidi di mitragliatrici. Le colline intorno al Castello Aghinolfi, quelle di Strettoia e del Monte di Ripa, protette da una fitta rete di campi minati, erano presidiate da numerose postazioni di mitragliatrici e mortai, da dove i Tedeschi potevano dominare la zona sottostante, essendo stati rasi al suolo oliveti, vigneti e buona parte della vegetazione spontanea. Sui monti Canala, Folgorito e Carchio, da cui parte la cresta scoscesa che raggiunge il monte Altissimo, dominante la vallata del torrente Serra, erano state scavati ripari e trincee per mitragliatrici e mortai, mentre erano stati allestiti una stazione radio e un posto di osservazione sulla vetta del Folgorito, da dove era possibile tenere sotto controllo la costa da La Spezia a Livorno e gran parte della Versilia. Anche sui monti Altissimo, Corchia, Pania della Croce e Pania Secca, che sovrastano da un lato il territorio di Stazzema e dall'altro la Garfagnana, nel tratto tra Castelnuovo e Gallicano, erano stati allestiti posti d'osservazione, trincee, postazioni per mitragliatrici, obici e mortai.
A difesa del settore occidentale della Gotica i Tedeschi schieravano la 148 Divisione di Fanteria, a cui, nella fase finale, furono aggregati il battaglione mitraglieri Kesselring ed alcuni battaglioni d'alta montagna, mentre il tratto tra l'Altissimo e la Pania erano affidati al battaglione “Intra” della Divisione Alpina “Monterosa”.
Praticamente, la Linea Gotica correva lungo il confine tra le province di Lucca e di Massa Carrara e, di conseguenza, il territorio di Montignoso e di Massa costituiva le immediate retrovie, dove erano dislocati servizi logistici, mezzi, depositi di materiale e postazioni di artiglieria. Un ruolo fondamentale, per la difesa di questo settore della Linea Gotica, era svolto dalle batterie dei cannoni di Punta Bianca, situate nei pressi di Bocca di Magra, dove Tedeschi avevano rafforzato una serie di postazioni precedentemente allestite dalla Marina Militare Italiana. Il sistema difensivo era costituito da due cannoni navali da 152/52 in località Ameglia, 4 cannoni navali da 152/52, posti tra le rocce, e 4 dello stesso tipo in un bunker, oltre a torrette di osservazione e attrezzature varie. Inoltre, era stato aggiunto un cannone di grosso calibro montato su un affusto ferroviario, collocato in una galleria.
[NOTE]
7 - La 92 Divisione di Fanteria “Buffalo” fu costituita il 15 ottobre 1942 a Fort Mc Clellan in Alabama, con una forza iniziale di 128 ufficiali e 1200 soldati, aumentata progressivamente fino al raggiungimento degli effettivi di una divisione. I reparti effettuarono l'addestramento in varie località , poi, nel 1943, si trasferirono a Fort Huachuca. Il 15 luglio salpò per l'Italia il primo contingente, cioè il 370 Regimental Combat Team, formato dal 370 reggimento di fanteria, dal 598 reggimento di artiglieria campale, da reparti del Genio, Sanità, Servizi e Polizia Militare. 8 - Sul settore apuoversiliese della Linea Gotica cfr: Eserciti Popolazione Resistenza sulle Alpi Apuane - Prima parte: aspetti politici e militari, a cura di Gino Briglia, Pietro Del Giudice, Massimo Michelacci, Massa, Tipografia Ceccotti, 1995 - parte seconda: aspetti politici e sociali, a cura di Lilio Giannecchini e Giuseppe Pardini, Lucca, Tipografia San Marco, 1997 - Fabrizio Federigi, Versilia Linea Gotica, Versilia Oggi Edizioni, Roma, 1979 - Davide Del Giudice, La Linea Gotica tra la Garfagnana e Massa Carrara - settembre 1944-aprile 1945, vol. 2, Tipografia Glue&c. Massa, 2000
Giovanni Cipollini, La Linea Gotica in territorio apuoversiliese, saggio pubblicato in “La Linea Gotica - Settore Occidentale 1943-45”, atti del Convegno di studi svoltosi a Borgo a Mozzano il 9 maggio 2004, a cura dell'Istituto Storico Lucchese - sezione di Borgo a Mozzano