Negli anni Cinquanta - e ancora dopo! - si potrebbe dire che non c'era
bambino (e forse non solo loro!) che non sbirciasse estasiato per pochi
secondi dal finestrino del treno che stava entrando nella stazione di
Principe le navi alla fonda nel porto (il Porto Antico!) visibili come
per un'improvvisa apparizione attraverso un piccolo varco panoramico. La
gioia era più grande se erano presenti dei transatlantici, tra i quali
ben presto i più ambiti furono Raffaello e Michelangelo, gli stessi che
gli scolari più fortunati, residenti a ponente della Superba, talvolta
potevano con entusiasmo vedere passare non molto al largo delle loro
spiagge.
Erano altri tempi certamente, di ben ridotto progresso
tecnico e materiale rispetto al presente, ma tali da lasciare
accontentare i più piccoli con poco: si provi a pensare a quale ridda di
emozioni si sarebbero scatenate decenni fa se fossero già stati
presenti quei colossi che sono le attuali navi da crociera!
Una
distinta signora, già bambina slovena imbarcata nell'immediato secondo
dopoguerra da Genova con la famiglia alla volta dell'Argentina, racconta
tuttora della perdurante emozione di quella partenza poco a levante
della Lanterna alle figlie, in particolare alla ragazza trasferitasi da
tempo nel Bariloche, la quale, conoscendo l'italiano, ha trasmesso
dialogando via email ai cugini liguri questa intensa memoria.
Non
c'era ancora la sopraelevata, quando più di adesso famiglie in gita a
Genova non mancavano di farsi ritrarre con il porto alle spalle quale
prezioso ricordo.
L'importante infrastruttura, che tale è anche se
rappresenta un vero ingombro visivo sullo scalo, fa dall'epoca della sua
costruzione da sfondo - una cornice che racchiude - ad una serie
impressionante di vicende grandi e piccole.
A stare sul banale e in
ordine sparso: incontri casuali, soprattutto di amici e conoscenti delle
due Riviere; trattorie tipiche, con tipici piatti genovesi, come il
particolare minestrone; gite scolastiche, oggi soprattutto con meta
l'Acquario; continui lavori in corso - memorabili quelli per le
Colombiadi -; per gli automobilisti foresti frequenti errori per
indovinare le uscite, specie per quelle prossime ai parcheggi.
All'ombra
dell'arteria inizia ora l'opera di recupero - con
ristrutturazioni "alla moderna" - di Hennebique, l'ex silos granario
che, come recita un articolo
di un portale, fu "costruito nel 1901 in stile Art Déco da Giovanni
Antonio Porcheddu, utilizzando il sistema [di cemento armato] brevettato
da François Hennebique". Non sempre nelle cronache di questa vicenda
era emerso il nome di Porcheddu,
che adesso sembra ottenere un giusto riconoscimento, che dovrebbe
onorare anche gli abitanti di Bordighera e zona, dato che l'ingegnere
Porcheddu, producendo solo due esempi circa la sua discendenza, fu padre dell'artista antifascista Giuseppe e nonno del pittore Gian Antonio.
Adriano Maini