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lunedì 31 ottobre 2022

Ai primi anni Cinquanta risalgono molte delle operazioni clandestine più ambiziose messe in atto dalla Cia


Sull’argomento delle covert operations sarebbero successivamente tornate due direttive: la Nsc 5412/1 del 15 marzo 1954, e la Nsc 5412/2 del 28 dicembre 1955, che ampliavano le regole sulla base delle quali la Cia aveva agito sino ad allora <213. Questi ultimi due documenti arricchivano infatti la rosa degli obiettivi delle covert operations, che consistevano nel creare e sfruttare i problemi del comunismo internazionale; screditare il prestigio e l’ideologia del comunismo internazionale; limitare il controllo del comunismo su ogni area del mondo e rafforzare il consenso dell’opinione pubblica mondiale nei confronti degli Stati Uniti. Infine, alle covert operations veniva assegnato lo scopo di sviluppare un piano di resistenza efficace che, in caso di guerra, prevedesse la presenza di elementi civili di appoggio all’esercito, una base a partire dalla quale le forze militari potessero espandere le loro forze all’interno del territorio, e la presenza di facilities per eventuali fughe <214.
Nel quadro giuridico relativo alle covert operations rientra anche la direttiva Nsc 68 dell’aprile 1950, intitolata United States Objectives and Programs for National Security <215. Questo documento nasceva in un contesto profondamente mutato. Nel 1950, infatti, la nascita della Repubblica popolare cinese, la fine del monopolio nucleare statunitense e la guerra in Corea avevano aperto scenari cupi per la leadership americana e rendevano necessaria una revisione della strategia estera. L’Unione sovietica si stava infatti dimostrando un avversario ancor più temibile e tecnicamente competente di quanto previsto. La Nsc 68 rifletteva quindi l’esigenza di ristabilire la supremazia statunitense e di uscire dalla logica del contenimento, accusata di inerzia e passività. Era necessario reagire all’avanzata comunista in maniera più incisiva in quanto “una sconfitta in qualsiasi luogo” sarebbe stata percepita come “una sconfitta ovunque” <216. Nello specifico, il documento contiene gli strumenti necessari per garantire integrità e vitalità al sistema occidentale e per correggere le storture tipiche dei regimi democratici che l’Unione sovietica, spinta da una “fede fanatica” ed erede dell’imperialismo russo, avrebbe cercato di sfruttare per portare il continente euroasiatico sotto il proprio dominio. Nella realizzazione di questo disegno, gli Stati Uniti rappresentavano una minaccia permanente, in quanto l’idea di libertà di cui erano incarnazione era totalmente incompatibile con quella di schiavitù sovietica <217. La direttiva Nsc 68 contiene numerosi riferimenti al concetto di “credibilità”, una componente fondamentale per riaffermare la supremazia americana <218. Oltre alla reale distribuzione del potere, infatti, ciò che contava era il modo in cui l’immagine di forza e di fermezza degli Usa era percepita esternamente dal nemico sovietico, dagli alleati europei e dal resto del mondo. La direttiva ebbe tra i suoi principali effetti la “successiva militarizzazione della presenza americana in Europa, premessa per il riarmo della Germania e per la trasformazione del Patto Atlantico in North Atlantic Treaty Organization (Nato), una struttura militare che rendesse possibile la creazione di un esercito permanente in tempo di pace”. Inoltre, la Nsc 68 portò ad un incremento delle spese militari, che dai 22,3 miliardi di dollari (1951) salirono a 44 miliardi (1952) <219. “Ideologicamente e retoricamente sovraccarico”, il documento si inserisce nella serie di direttive volte ad imprimere un cambiamento alla politica estera e a integrare i mezzi tradizionali della politica, inadeguati nel contenere la crescita sovietica, attraverso il dispiegamento di mezzi dall’efficacia più diretta e immediata <220.
Un altro organismo che prese parte attiva nella guerra non ortodossa al comunismo fu, fin dalla sua creazione, la Nato stessa, che diede luogo ad una profonda revisione dei sistemi di sicurezza e di difesa statunitensi, con particolare riferimento alle operazioni clandestine condotte nei paesi dell’Europa occidentale <221. Attraverso protocolli segreti, la Nato assegnava ai servizi segreti dei paesi firmatari compiti di guerra non ortodossa contro il comunismo <222. Nel settembre 1951, ad Ottawa, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia crearono lo Standing Group, un comitato d’emergenza e direzione militare interno alla Nato, creato con lo scopo di dividere gli scacchieri militari in “gruppi regionali di operazioni”, e tra i cui compiti rientravano anche quelli relativi alla pianificazione di una strategia di guerra non convenzionale <223. Sempre a partire dal 1951, iniziò ad operare un altro organismo interno alla Nato nell’ambito della guerra non ortodossa: il Clandestine Planning Committee (Cpc), nato dall’approvazione di una direttiva del Saceur (Supreme Allied Commander in Europe) <224, da parte di Eisenhower, allora comandante delle forze Nato presso il Supreme Headquarters Allied Powers Europe (Shape) con sede a Bruxelles. Il Cpc aveva lo scopo di pianificare, preparare e dirigere guerre clandestine condotte da Forze speciali e dalla Stay Behind net in Europa <225. Quest’ultima rappresentò una rete clandestina operante in tutti i paesi del Patto Atlantico allo scopo di impedire l’espansione del comunsimo in Europa occidentale e, in caso di aggressione esterna, di organizzare la resistenza in ottemperanza della dottrina Nato della “difesa arretrata e manovra in ritirata” <226. In assenza di un attacco diretto, che effettivamente non avvenne mai, la rete servì principalmente ad organizzare una guerra occulta contro i Partiti comunisti dell’Europa occidentale, cui doveva essere impedito di ottenere il potere pena la compromissione della collocazione atlantica dei paesi stessi. Di fatto, le organizzazioni di Stay behind furono coinvolte, a partire dagli anni Cinquanta, in azioni sfuggite al controllo dei governi europei e non conformi alle loro costituzioni. Tali strutture avrebbero inoltre agito subordinatamente agli obiettivi di un più vasto e continuativo disegno atlantico, cui erano strettamente legati per mezzo di accordi militari e protocolli segreti. Rimasta a lungo occultata, dell’esistenza della Stay behind si sarebbero avuto le prime informazioni nell’ottobre 1990, grazie alle dichiarazioni dell’allora Presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti <227. Un’altra costola della guerra non ortodossa in Europa fu l’Allied Clandestine Committee (Acc), che a partire dal 1958 fu preposto al coordinamento delle varie reti di Stay behind europee e, come il Cpc, direttamente sottoposto al controllo degli Stati Uniti e collegato al Saceur <228.
La convinzione che le operazioni di tipo non convenzionale fossero lo strumento più efficace nella lotta al comunismo portò gli Stati Uniti ad impegnarsi in molte parti del mondo, attraverso una grande molteplicità di strumenti: l’elargizione di cospicui finanziamenti ai partiti di centro, il sostegno ai sindacati anticomunisti, la propaganda e l’infiltrazione di gruppi di resistenza armata. Oggi, le attività illegali della Cia sono note grazie ai lavori delle diverse commissioni di inchiesta statunitensi che si susseguirono in seguito allo scandalo Watergate, e che finirono per travolgere la reputazione dell’agenzia di intelligence <229. Le prime attività clandestine di carattere offensivo furono rivolte ai paesi dell’Europa dell’Est e ai paesi satelliti dell’Unione Sovietica, in particolare nei confronti dei paesi baltici e dell’Ucraina. In queste “denied areas” i servizi segreti americani operarono su due fronti: da un lato, misero in campo un’intensa attività di propaganda contro l’Unione sovietica, attraverso i canali ufficiali come The Voice of America, ma anche attraverso la creazione di apposite stazioni radiofoniche come Radio Liberty e Radio Free Europe <230. Gli Stati Uniti sfruttarono inoltre i contatti con le forze politiche antistaliniste, e l’infiltrazione di agenti locali. Le prime azioni di carattere difensivo furono invece destinate all’Europa occidentale, soprattutto a Francia e Italia, ove il peso del Partito e del sindacato comunista rischiava di consegnare i due paesi al blocco comunista. L’intervento più significativo ebbe luogo nei mesi che precedettero le elezioni italiane del 1948. In quell’occasione, gli Stati Uniti affiancarono a interventi di propaganda palese, volti alla costruzione di una immagine positiva di sé, covert operations come il finanziamento occulto alle forze politiche e ai sindacati anticomunisti <231.
A partire dagli anni Cinquanta, la stabilizzazione dell’Europa e il cambio ai vertici dell’amministrazione statunitense, con l’elezione di Eisenhower, portarono la Cia a rivolgere il proprio interesse verso scenari extra europei, ove il processo di decolonizzazione apriva nuovi contrasti con l’Urss <232. A questi anni risalgono molte delle operazioni clandestine più ambiziose messe in atto dalla Cia <233. Molte di queste si conclusero con clamorosi insuccessi, causati dalla superficialità e dalla scarsa lungimiranza con cui la componente operativa della Cia ne faceva un uso indiscriminato. Più che per gli effetti prodotti sul comunismo, queste operazioni sono ricordate per essersi tradotte in limitazioni “della libertà di espressione e di associazione”, in piani di detenzione d’emergenza per presunti “sovversivi”, in violazioni di diritti civili, e soprattutto in “liste nere”, “esecuzioni sommarie”, arresti per semplici “reati di opinione”, e nel “ricorso a dittature militari” <234. Nonostante ciò, le covert operations poterono godere sempre di una grande popolarità all’interno dell’establishment statunitense, divenendo uno strumento il cui ricorso fu costante per tutta la durata della guerra fredda <235. Questo fu principalmente dovuto alla “ubiquità strategica” delle covert operations, quindi alla loro flessibilità, “standardizzazione”, e alla facile applicabilità in contesti e situazioni diverse <236. Un’altra caratteristica che rese le covert operations uno strumento imprescindibile della politica estera americana fu la loro economicità, funzionale a contenere le spese militari senza compromettere la sicurezza e la difesa del blocco occidentale <237. In ultimo luogo, alla legittimazione delle covert operations concorse il ruolo svolto “dalla mentalità della guerra fredda ma anche dalla crescente frustrazione riguardo la passività della politica estera statunitense, che in quegli anni tendeva al “contenimento” dell’Unione sovietica. Alla crescente legittimazione della Cia corrispose così un costante potenziamento delle strutture e degli strumenti destinati alle covert operations” <238.
[NOTE]
213 L. Sebesta, L’Europa indifesa. Sistema di sicurezza atlantico e caso italiano. 1948-1955, Firenze, Ponte alle Grazie, 1991, p. 215.
214 Frus, 1950-1955, The Intelligence Community, NSC 5412/1, Covert Operations, Washington, 12 marzo 1955, pp. 624-625, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1950-55Intel/pg_624; Frus, 1950-1955, The Intelligence Community, NSC 5412/2, Covert Operations, Washington, undated, pp. 746-747, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1950-55Intel/pg_746.
215 Nsc 68, United States Objectives and Programs for National Security, 14 aprile 1950, disponibile al link: https://www.trumanlibrary.org/whistlestop/study_collections/coldwar/documents/pdf/10-1.pdf.
216 Ibid. p. 8.
217 Ibid., p. 38.
218 M. Del Pero, Libertà e impero, cit. p. 301.
219 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 774.
220 M. Del Pero, Libertà e impero, cit. p. 302.
221 D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato. Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2008, p. 38.
222 P. Willan, I Burattinai. Stragi e complotti in Italia, Napoli, Tullio Pironti, 1993, p. 33.
223 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 788; G. Pacini, Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1991, Torino, Einaudi, 2014, p. 178.
224 Il Saceur nacque come il comando unificato supremo, con uno stato maggiore (lo Shape), che riuniva gli ufficiali dei diversi paesi alle dipendenze dell’autorità comune della Nato.
225 D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato, cit. p. 39.
226 Tale dottrina prevedeva che fosse lasciata, “all’inizio delle ostilità, una parte del territorio nazionale in mano all’avversario, per poi rallentarne l’avanzata e logorarlo”. Lo scopo era quello di far arretrare le proprie forze e sistemarle in posizioni più idonee da cui sarebbe partita la controffensiva. In estrema sintesi, quindi, tale dottrina comportava la nascita di determinate strutture paramiliari che, “anziché cercare di respingere sul nascere un’invasione e rischiare di essere decimati fin da subito, rimanessero “in sonno” per alcune ore, lasciando avanzare il nemico per poi prenderlo alle spalle”. G. Pacini, Le altre Gladio.p. 179.
227 D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato, cit. p. 7.
228 Ibid., cit. p. 39.
229 Verso la metà degli anni Settanta il Parlamento statunitense avviò tre indagini, le cui relazioni finali restano ancora oggi un punto di riferimento per ricostruire l’espansione dei poteri della Cia e del Pentagono al di fuori fuori del controllo democratico. Le tre Commissioni incaricate di condurre queste indagini furono la Pike Committee, la Church Committee, e la Murphy Committee. D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato, cit. p. 377.
230 J. Campbell, American Policy Toward Communist Eastern Europe: The Choices Ahead, Minneapolis, The University of Minnesota Press, 1965, p. 88; V. Marchetti, J. Marks, Cia, cit. p. 43.
231 A. Silj, Malpaese. Criminalità, corruzione e politica nell’Italia della prima Repubblica. 1943-1994, Roma, Donzelli, 1994, p. 31.
232 La questione coloniale fu centrale nella definizione dei rapporti tra le due potenze. Il modello socialista e l’Urss, per le loro posizioni notoriamente antiimperialiste e a favore dei paesi sottosviluppati, furono assurti a modello di riferimento delle forze nazionaliste locali, e Stalin strumentalizzò questa posizione, con conseguenze nefaste per il modello di sviluppo e di indipendenza dei Paesi del Terzo mondo, che finirono sotto una nuova forma di imperialismo. E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 924.
233 A. Colonna Vilasi, Storia della Cia, Roma, Sovera Edizioni, 2014, p.17.
234 Ibidem.
235 L. K. Johnson, American Secret Power, cit. p. 100.
236 M. Del Pero, Cia e covert operation nella politica estera americana, p. 709.
237 J. L. Gaddis, Strategies of Containment, cit. pp. 225 e ss; L. Sebesta, L’europa indifesa, cit. pp. 213-215.
238 A. Colonna Vilasi, Storia della Cia, cit. p. 18.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020

domenica 6 febbraio 2022

La prima struttura paramilitare di guerra non ortodossa fu l'organizzazione “O”


Nel 1985 il giornalista Gaetano Contini pubblicò un «documento inedito» redatto presumibilmente verso la fine del 1945 e firmato in calce da Aldo Gamba, l’agente organizzatore del servizio informativo Reseau Rex, creato nel 1944 per raccogliere informazioni, documenti, ordini repubblichini e per avvisare tempestivamente il comando italiano delle azioni che questi organizzavano contro i partigiani <3. In quel periodo Gamba si trovava al comando del 1° Squadrone autonomo, un reparto della Polizia militare segreta sottoposto agli ordini del FSS britannico, con sede a Brescia <4.
Tale documento sarebbe stato scritto da un «informatore» di Gamba, il quale evidentemente lo ritenne attendibile se decise di inoltrarlo con la propria firma, ed è intitolato “Il piano Graziani per la resurrezione del fascismo”.
Il “piano Graziani” prende il nome dal ministro della guerra della RSI Rodolfo Graziani, che fu denunciato alle Nazioni Unite, già durante il conflitto, per crimini di guerra: fu governatore della Libia dal 1930 al 1934, dove “pacificò” la Cirenaica mediante deportazione di circa 100.000 persone, bombardamenti all’iprite, esecuzioni sommarie e torture anche di vecchi donne e bambini; il comandante della resistenza libica, il settantatreenne Omar el-Muktar, il “leone del deserto”, fu impiccato dopo un processo sommario il 16/9/31. Tra il 1935 ed il 1936 Graziani comandò le operazioni militari contro l’Abissinia, utilizzando anche qui le bombe all’iprite. Nominato viceré d’Etiopia nel 1937, sfuggito ad un attentato il 19/2/37, ordinò una repressione che provocò 3.000 morti secondo le fonti britanniche e 30.000 secondo quelle etiopiche. Si ricorda in particolare il massacro del monastero di Debre Libanos, dove furono uccisi più di 1.500 monaci, molti dei quali giovanissimi diaconi <5.
Rientrato in Italia, nel 1938 Graziani firmò il Manifesto per la difesa della razza e, rimasto fedele al “duce”, dal settembre 1943 ricoprì la carica di ministro delle Forze armate della RSI.
Torniamo all’informativa sottoscritta da Gamba, che si basa su quanto segue: i documenti rinvenuti nell’archivio di Barracu <6 con riferimento ad una organizzazione segreta costituita «per la salvezza del fascismo»; un considerevole deposito di armi trovato nello stabile di piazza San Sepolcro dove aveva avuto sede il Partito fascista; un altro arsenale scoperto pochi giorni prima a Trezzo d’Adda; infine quanto risultava da un processo svoltosi a Pavia «per documenti falsi» dove veniva confermata la «strabiliante offerta» avanzata dall’allora ministro Graziani nel dicembre 1944 ai Comitati di liberazione (qui l’informatore non entra nei particolari ma si presume intenda parlare dei tentativi di collaborazione che delineeremo nell’esposizione successiva).
L’informatore sostiene che questi dati «non hanno aperto che un sottile spiraglio di luce su un vasto diabolico progetto da lungo tempo predisposto e in esecuzione anche in tutto il periodo di lotta clandestino» ed a questo punto parla di una «riunione segreta» che si sarebbe svolta nell’ottobre del 1944 presso la sede della Legione Muti a Milano, riunione tenuta da Graziani alla quale presero parte «elementi politici» della RSI, che non erano «prefetti, gerarchi e pubblicisti», ma i comandanti della legione Muti, delle Brigate nere, della GNR e due questori (uno era il questore di Milano Larice), oltre ai capi dei servizi di spionaggio, i «torturatori e gli aguzzini».
Graziani avrebbe loro delineato il progetto che intendeva realizzare, data ormai per certa la sconfitta militare del fascismo, per la sopravvivenza politica del medesimo: le truppe germaniche si sarebbero ritirate, seguite dal grosso dell’esercito italiano, ma i «politici» (cioè i partecipanti alla riunione) sarebbero rimasti, «celandosi e camuffandosi per fare azione di sabotaggio nelle retrovie, opera di disgregazione all’interno dell’Italia» (sostanzialmente un progetto stay behind) perché (e qui l’informatore dice di riferire le parole di Graziani, da lui definito «iena») «non è necessario vincere la guerra perché il fascismo e i fascisti possano, sia pure dietro altre bandiere, salvarsi».
«Immettere il maggior numero di strumenti fascisti entro le nostre organizzazioni clandestine, mandando in galera gli antifascisti veri, scompigliando le loro trame, creare fino da allora forti posizioni fasciste entro le fila dell’antifascismo, preparare ingenti quantitativi di armi e denaro e poi, dopo il crollo del fascismo iscriversi in massa ai partiti antifascisti, sabotare ogni opera di ricostruzione, diffondere il malcontento, fomentare moti insurrezionali e preparare sotto qualsiasi insegna la resurrezione degli uomini e dei loro metodi fascisti», scrive l’informatore. E poi riferisce le «particolareggiate, minutissime disposizioni» di Graziani: «organizzare delle bande armate che funzionino segretamente e che aggiungano altre distruzioni a quelle che prima di andarsene effettueranno i tedeschi, che esercitino in tutto il Paese il brigantaggio, che si mescolino alle manifestazioni popolari per suscitare torbidi. Ma soprattutto mimetizzati, penetrare nei partiti antifascisti e introdurvi fascisti a valanga, propugnare le tesi più paradossalmente radicali ed il più insano rivoluzionarismo, sabotare e screditare l’opera del governo e soffiare a più non posso in tutto il malcontento inevitabile», in modo da suscitare «il rimpianto del fascismo» e permetterne il ritorno al potere.
Le manovre di Guido Zimmer.
Non siamo in grado di dire se fu questo piano ad ispirare le manovre del tenente delle SS Guido Zimmer o se fu invece il piano di Graziani ad essere ispirato dai metodi di infiltrazione nazisti, metodi che questo ufficiale applicò in modo esemplare.
Zimmer era stato inviato a Roma nel 1940 quale membro della sezione estera dei servizi segreti del Reich e nel 1941 fu posto agli ordini del maggiore delle SS Herbert Kappler; nel settembre 1943 fu mandato a Genova «dove partecipò alla caccia agli ebrei»; nel 1944 fu trasferito a Milano sotto le dipendenze dirette di Walter Rauff (a capo del Comando interregionale delle SS che comprendeva Piemonte, Lombardia e Liguria), dove proseguì con la persecuzione antiebraica, arricchendosi con i beni sottratti alle vittime. Nello stesso tempo costituì «una rete di agenti locali disposti a collaborare con la Germania» al momento in cui gli Alleati avessero liberato l’Italia, ma nel novembre 1944 «avviò i contatti con i servizi segreti americani in Svizzera» <7 dando il via all’Operazione "Sunrise" per la cosiddetta “resa separata”. Tale operazione, condotta dai servizi segreti statunitensi e svizzeri, era finalizzata a portare l’esercito germanico alla resa incondizionata nell’Italia del Nord e nell’Austria occidentale, evitando però sia che i nazisti si arroccassero nel cosiddetto “ridotto alpino” continuando a combattere ad oltranza, sia la minacciata distruzione degli stabilimenti industriali italiani e del porto di Genova: ma di fatto permise a molti esponenti nazisti di alto livello di non essere processati e condannati per crimini di guerra. I personaggi chiave di questa operazione furono il futuro capo della CIA Allen Dulles, il maggiore del servizio segreto svizzero Max Waibel ed il capo della polizia tedesca e del Sicherheits Dienst in Italia, il generale Karl Wolff <8. In questo contesto storico e politico Zimmer infiltrò nella Resistenza milanese un agente di origine ungherese, Andreas Zolomy, che (scrive lo storico Giorgio Cavalleri «riesce ad entrare in contatto con la cellula di un ex volontario della guerra di Spagna, Agostino Casati, Raimondo, assai critico nei confronti della linea moderata del segretario del PCI Togliatti (…) cerca di convincere i suoi compagni (…) che l’ideologia del partito è troppo “morbida” e devono essere pronti al sabotaggio in grande stile». È lo stesso Zimmer a finanziare la stampa dei volantini (definiti “provocatori” da Cavalleri), e dopo alcuni mesi di questa attività, «nel gennaio ’45 l’ungherese rompe i contatti (…) passando nelle file partigiane. Incredibilmente Zimmer non lo arresta, limitandosi a spiarne le mosse» <9. Zolomy (noto anche come Bandi) è indicato da Stefano Porta (collaboratore di Edgardo Sogno) come il delatore che ai primi di gennaio del 1945 causò l’arresto a Milano del presidente del CLNAI Ferruccio Parri (appena rientrato da una missione a Roma iniziata nel novembre 1944, cui aveva partecipato anche Sogno) e dell’agente della rete di intelligence anglo-italiana Nemo Teresio Grange <10; di Zolomy leggiamo inoltre che era un «ex agente dell’Ufficio Quarto dei servizi segreti nazisti di Milano, arrestato nel maggio 1945 passò a lavorare con gli statunitensi» <11.
Anche Guido Zimmer, subito dopo la resa, tornò in Italia «in divisa militare americana», ma nello stesso tempo continuava a «costruire la rete Stay Behind nazista» e «grazie ai buoni uffici di Dulles» divenne segretario del barone Luigi Parrilli, che nell’Operazione Sunrise aveva fatto da mediatore tra l’OSS ed i nazisti <12; fece domanda per la cittadinanza italiana, ma nel 1948, insieme ad altre ex SS, «lavorò per i servizi segreti della Germania federale» <13.
Le infiltrazioni della Franchi e le manovre di Edgardo Sogno.
Vanno qui inserite alcune dichiarazioni del generale dei Carabinieri Nicolò Bozzo (comandante di un nucleo speciale antiterrorismo all’interno della struttura diretta da Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1978), relativamente ad un colloquio avuto negli anni ’70 con un «capo partigiano della Brigata Garibaldi» del Vercellese, il quale gli avrebbe raccontato «una storia dai risvolti a dir poco inquietanti», riguardante l’attività dell’organizzazione Franchi. Prima di proseguire dobbiamo quindi aprire una parentesi su questa organizzazione comandata da Edgardo Sogno, il conte torinese tenente di cavalleria che nel 1938 andò volontario in Spagna a combattere dalla parte dell’insorto generalissimo Francisco Franco, non perché fosse fascista, precisò, ma per combattere il comunismo: in effetti l’anticomunismo di Sogno fu una costante quasi maniacale che influenzò tutta la sua vita e la sua attività politica. Al momento dell’armistizio Sogno si trovava in Piemonte e decise di scendere al Sud per riunirsi all’esercito monarchico del legittimo governo italiano; si mise a disposizione del ricostituito SIM per andare in missione nell’Italia del Nord, e fu inserito nella Rete Nemo; a fine novembre 1943 fu paracadutato nel biellese assieme ad altri agenti, che però si dispersero. In seguito Sogno, dopo varie traversie, contatti, collegamenti, azioni fortunose e travagliate, spesso in disaccordo col maggiore Page della Special Force, ma supportato da John Mc Caffery (il dottor Rossi, ufficiale britannico di collegamento col CVL insediato in Svizzera), diede vita alla Franchi (dal suo nome di battaglia Franco Franchi) che definisce «un’organizzazione militare autonoma, in collegamento diretto con gli Alleati e con il Comando italiano del Sud» <14. Nel corso del primo incontro con Mc Caffery a Berna, l’agente britannico disse a Sogno che Londra approvava il suo passaggio dal campo informativo a quello attivistico perché «le notizie è meglio farle che mandarle» <15.
Vediamo ora le affermazioni del generale Bozzo: in sintesi, uomini della Franchi si sarebbero inseriti nelle formazioni comuniste, ad esempio il futuro magistrato Adolfo Beria D’Argentine (che ritroveremo tra i collaboratori di Sogno negli anni ’70) si sarebbe introdotto nei gruppi di Francesco Moranino Gemisto, facendone arrestare diversi elementi; sfuggito alla cattura, dopo alcuni mesi entrò nelle formazioni repubblichine. Così lo avrebbe “scagionato” il suo superiore: «alla fine della guerra Sogno stesso consegnò una dichiarazione alle autorità militari in cui si riconosceva che Beria D’Argentine, già “garibaldino”, si era arruolato nelle forze armate delle Repubblica Sociale di Salò per fare il doppio gioco» <16.
Il generale Bozzo aggiunse che «nell’ultima fase della guerra partigiana, un certo numero di repubblichini in contatto con uomini della Franchi avevano infiltrato diverse Brigate Garibaldi per indurle a compiere azioni particolarmente efferate, in modo da metterle in cattiva luce agli occhi dell’opinione pubblica o per portarle all’annientamento soffiando informazioni ai reparti della RSI» <17; e che «le persone utilizzate per le infiltrazioni «erano uomini e donne» che avrebbero agito per conto di «qualche servizio segreto alleato (…) una struttura (…) che non si è mai sciolta ed è tutt’ora operante dietro il terrorismo rosso e nero».
Bozzo avrebbe riferito un tanto al suo superiore, che in seguito lo convocò ad un incontro con Edgardo Sogno, al quale però, Sogno non volle che Bozzo fosse presente. E dopo il colloquio, Dalla Chiesa avrebbe detto a Bozzo «lascia perdere (…) è una storia più grande di noi, qui siamo a livelli internazionali, le BR non c’entrano più» <18.
Di quanto Sogno metterà in atto nel dopoguerra, avremo modo di parlare diffusamente in seguito.
Le ultime direttive del Piano Graziani.
Torniamo al “piano” di Graziani, che avrebbe parlato anche delle «trattative che taluni elementi della corrente più moderata del fascismo, ed altri in malafede, cercavano di allacciare con gli esponenti della lotta clandestina, per addivenire ad un modus vivendi» che ponesse «tregua alla cruenta lotta fratricida». Tali trattative, disse Graziani «vanno benissimo», perché «dobbiamo avvicinare gli antifascisti, illudendoli con vaghi progetti di pace separata, di ritorno alla legalità ed alla libertà, di rivendicazioni socialiste, stabilire così molti contatti, scoprire le loro file ed i loro covi», per poi arrivare ad una «notte di San Bartolomeo, con il preventivo sterminio dei preconizzati nostri successori» precisando però che «i tribuni» e «gli agitatori» andavano lasciati in pace perché «possono servire pure a noi», ma per «decapitare il nemico» bisognava colpire «gli intellettuali veri, le competenze tecniche, le reali capacità politiche ed amministrative».
Nel febbraio successivo, conclude l’informatore di Gamba, si svolsero altre riunioni durante le quali Graziani avrebbe impartito gli stessi ordini a tutti gli iscritti, «raccomandando soprattutto la più vasta penetrazione entro i partiti antifascisti». Di queste «tenebrose manovre», aggiunge, sarebbe stato «tempestivamente» informato il SIM, invitato inoltre ad avvisare i partiti per sventare questo «tranello che si tendeva loro». Ma i partiti invece «spalancarono senza alcuna precauzione le porte» ed il 25 aprile si videro «frotte di squadristi e di ex militari repubblichini tra i volontari della libertà» <19.
[...] Scrive Pier Giuseppe Murgia che Bonfantini all’interno del CLN rappresentava «la corrente socialdemocratica ante litteram» in quanto agiva «spesso all’insaputa degli altri esponenti del partito in operazioni politicamente spericolate», in modo «antitetico a quello di uomini come Morandi, Pertini e Basso»; e «fu lui ad avallare quel pasticciaccio della pacificazione tra fascismo e socialismo portata avanti (…) da Silvestri <20 per cui si sarebbe dovuto verificare il trapasso senza rotture violente del fascismo della RSI al socialismo colla benedizione del transfuga pentito Mussolini» <21.
Carlo Silvestri sarebbe stato anche l’autore di una lettera, concordata con Mussolini e da presentare al Partito Socialista, nella quale si affermava che Mussolini desiderava «consegnare la repubblica sociale ai repubblicani e non ai monarchici, la socializzazione e tutto il resto ai socialisti e non ai borghesi»; tale documento, presentato a Bonfantini ed altri dirigenti socialisti fu da Pertini respinto «con sdegno» <22.
Murgia aggiunge che Bonfantini affidò a Silvestri l’incarico di «costituire uno speciale reparto militare con l’incarico di impedire le fucilazioni di fascisti»: incarico per il quale si avvalse non solo di personale delle Matteotti ma anche entrando in contatto con «comandanti e ufficiali delle formazioni monarchiche che si dimostrano i più pronti a collaborare» <23.
[...]
Il salvataggio del maresciallo Graziani.
Furono infine le Matteotti ad operare l’arresto del maresciallo Graziani, che fu poi consegnato all’agente dell’OSS Emilio Daddario, nome in codice "Mim", giunto a Palermo già nel dicembre 1943 «inviato dal colonnello Vincent Scamporino probabilmente per partecipare alle trattative di resa dei tedeschi in Italia» <37. Daddario divenne in breve il vice di Max Corvo (il giovane funzionario dell’OSS che fu posto a capo delle operazioni in Italia dal 1943) che gli affidò un compito assai delicato, la cattura di Mussolini e di alcuni ministri della Repubblica sociale; operazione che «aveva anche lo scopo di sottrarre ai partigiani Mussolini, altrimenti destinato a morte certa» <38.
Così "Mim" andò a Cernobbio (CO) dove il 27 aprile (con il consenso del generale Cadorna) accettò la resa di «tre importanti prigionieri di guerra: il maresciallo Graziani, il generale Bonomi dell’aviazione e il generale Sorrentino dell’esercito», li prese in consegna e li condusse a Milano dove li «tenne ben protetti» <39. A questo proposito Fucci scrive che Tullio Lussi Landi (che era stato nominato capo del Servizio informativo del CLN al posto di Enzo Boeri, arrestato il 27 marzo dai nazisti) fu convocato da Daddario alla sede delle SS all’Hotel Regina il 28 aprile, vi trovò Rauff e l’agente di Daddario Vittorio Bonetti, in divisa rispettivamente germanica ed italiana e Graziani, prigioniero, da portare in salvo dalla folla che reclamava la sua consegna. Nella biografia di Guido Mosna Farina, rappresentante socialista nel Comando del CVL, leggiamo di un «episodio del 29 aprile ’45 in cui alcuni combattenti dell’8ª Brigata Matteotti tenevano in arresto, in una camera dell’Hotel Milano, il maresciallo Rodolfo Graziani, ministro della guerra della RSI, minacciandolo di morte. Cadorna risolse personalmente la situazione, portando con sé i socialisti Mosna e Stucchi per far opera di persuasione coi partigiani, e il prigioniero fu condotto incolume al carcere di San Vittore» <40. Graziani fu trasferito il 29/4/45 al comando del IV corpo d’armata corazzato americano di stanza a Ghedi (BS).
[...] Fu nello stesso periodo che nacque l’operazione Demagnetize: il 14/5/52, in seguito alla decisione dei Capi di Stato maggiore della CIA e dei servizi segreti militari di Francia e Italia (i due paesi dell’Europa occidentale con i partiti comunisti più forti) veniva emesso un documento nella quale si pianificava l’avvio di «operazioni politiche, paramilitari, ideologiche» per indebolire i comunisti dei due paesi, in quanto «la riduzione della forza dei comunisti in Italia e in Francia è un obiettivo di massima priorità» da ottenere «con l’impiego di ogni mezzo, comprese una guerra segreta e azioni terroristiche». Di tale piano, si specificava, sarebbe stato possibile non mettere mai al corrente i governi italiano e francese «in quanto è chiaro che questo programma può interferire con le rispettive sovranità nazionali» <49.
[NOTE]
3 Sul Reseau Rex, definito da Aldo Giannuli «il più importante servizio informativo dopo la Franchi» (cfr. Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro, Tropea 2011, p. 30; la Franchi era il servizio informativo di Edgardo Sogno, di cui parliamo più avanti), si vedano Franco Fucci, Spie per la libertà, Mursia 1983, p. 213 e seguenti; Marco Fini e Franco Giannantoni, La Resistenza più lunga, SugarCo 2008, p. 327-328. La biografia di Gamba (deceduto nel 1996) è ricostruita da un appartenente alla divisione Tito Speri della Valcamonica: l’agente, già autore di articoli antisemiti sul Popolo d’Italia, era giunto dalla Svizzera (presumibilmente all’inizio del 1944) assieme ad un non meglio identificato «figlio del Generale dei Carabinieri», affermando di essere inviato dal governo svizzero per assumere informazioni sulla situazione politica e sull’attività partigiana nell’Alta Italia; di essere già stato nel Veneto e nel Piemonte, dove le cose «vanno bene», e di essere «fiducioso» nei lanci alleati. Dopo alcuni contatti con i partigiani giunse la notizia che Gamba era stato arrestato a Milano il 21/4/44 ma non vengono specificate le circostanze del rilascio (http://www.bs.unicatt.it/materiali/ricerca/archivioresistenza/volume1.pdf). In altra sede Gamba parlò della vicenda delle cosiddette “casse di Dongo”, cioè di quattro casse di documenti di Mussolini che erano scomparse, due affondate dai fascisti nel Lago di Garda, altre due abbandonate alla Prefettura di Milano, dove una sparì e l’altra da lui consegnata «alle autorità del nascente Stato Repubblicano», scomparsa durante il trasporto verso Roma (Federico Pellizzari, “Vi racconto che fine hanno fatto le casse del duce”, Il Giorno, 22/8/00).
4 Il documento, pubblicato nella rivista Storia Illustrata del novembre 1985 col titolo “Getteremo l’Italia nel caos”, è conservato nell’ACS di Roma, fondo Polizia Militare di Sicurezza, busta 2. Nell’articolo Contini scrive erroneamente che la FSS (Field Security Section, la sezione dell’Intelligence Service britannico assegnata alle unità campali con compiti di sicurezza e controspionaggio) faceva parte dell’OSS (che era invece il Servizio statunitense, la futura CIA).
5 A guidare le truppe d’assalto contro il monastero fu il generale dei bersaglieri Pietro Maletti, padre del futuro dirigente del SID (Servizio Informazioni Difesa) Gianadelio, piduista, condannato per favoreggiamento nel corso delle indagini su Piazza Fontana: non ha mai scontato la pena in quanto si è reso latitante trasferendosi in Sudafrica dov’è morto, quasi centenario, nel 2021.
6 Francesco Maria Barracu, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri della RSI, fu fucilato a Dongo con Mussolini.
7 http://qn.quotidiano.net/2001/04/28/2100647-Svelato-il-giallo-dell--quotOperazione-Sunrise-quot-in-Italia.shtml.
8 Su questo argomento si vedano Elena Aga Rossi, Operation Sunrise, Mondadori 2005; Ferruccio Lanfranchi, La resa degli ottocentomila, Rizzoli 1948; e per quanto riguarda il ruolo dei servizi germanici, l’articolo di Ennio Caretto, “Sacrificare Hitler per salvare la Germania”, Corriere della Sera, 5/8/01.
9 Giorgio Cavalleri, La gladio del lago, Essezeta 2006, p. 116.
10 La Rete Nemo, guidata dal capitano di corvetta Emilio Elia Nemo era il Gruppo speciale del SIM controllato congiuntamente col Servizio britannico (SOE), comandato dal maggiore Maurice Page, ufficiale del Secret Intelligence Service (SIS, il servizio di spionaggio britannico, poi MI6; cfr. C. Cernigoi, “Alla ricerca di Nemo”, Trieste 2013, reperibile qui: http://www.diecifebbraio.info/2013/06/alla-ricerca-di-nemo-una-spy-story-non-solo-italiana-2/. SIM era il Servizio Informazioni Militare, divenuto SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate) nel 1949 e SID nel 1966. 11 In http://casarrubea.wordpress.com/2009/10/05/le-iene-del-neofascismo/, articolo basato sul documento contenuto nel fascicolo War Office 204/12896, “Shooting of Brigadier De Winton” (l’assassinio dell’ufficiale britannico Robin De Winton commesso a Pola il 10/2/47 dall’agente della Decima Mas Maria Pasquinelli); nell’articolo leggiamo inoltre che Zolomy-Bandi «diventerà anni dopo una figura molto nota nel panorama sportivo italiano: allenerà la nazionale di pallanuoto alle olimpiadi di Melbourne (1956) e di Roma (1960)».
12 Uomo d’affari d’origine napoletana residente a Genova, cavaliere dell’ordine di Malta, rappresentante della società statunitense Kelvinetor in Europa, amico di Howard Lewis (finanziere consigliere del presidente Roosevelt) e di John Ginnes (industriale inglese residente in Svizzera interlocutore privilegiato di Churchill).
13 http://qn.quotidiano.net/2001/04/28/2100647-Svelato-il-giallo-dell--quotOperazione-Sunrise-quot-in-Italia.shtml. Si presume che Zimmer sia entrato nella Rete organizzata dal generale Reinhard Gehlen, che aveva diretto in maniera eccellente i servizi segreti nazisti (Abwehr) nel settore orientale (con un occhio di riguardo per l’Unione Sovietica); forte di questa sua competenza, alla fine della guerra si mise a disposizione dei vincitori affinché utilizzassero la sua competenza contro l’URSS: fatto prigioniero dagli statunitensi fu arruolato da Allen Dulles in persona. Nel luglio 1946 fu costituita l’organizzazione Gehlen, un servizio segreto clandestino, con sede a Pullach presso Monaco di Baviera, che riciclò in funzione anticomunista i vecchi agenti che avevano servito il Reich di Hitler (tra di essi anche Otto Skorzeny, il “salvatore” di Mussolini dal Gran Sasso, nonché uno degli organizzatori dei Werwolf, il movimento di resistenza nazista che arruolò anche giovanissimi ragazzi della Hitlerjugend agli ordini di ufficiali della Waffen-SS). Nel 1956 il generale Gehlen fu incaricato dall’allora cancelliere Konrad Adenauer di dirigere il Bundesnachrichtendienst (BND), il nuovo servizio segreto federale, e l’organizzazione che era stata clandestina divenne una propaggine governativa, portando con sé tutti gli agenti che vi avevano fatto parte.
14 E. Sogno, Guerra senza bandiera, Il quaderno democratico 1971, p. 191.
15 E. Sogno, op. cit., p. 182.
16 Cfr. l’articolo firmato H.S., “Affaire Moro e il nodo Markevitch/Caetani” in https://www.vocidallastrada.org/2011/12/affaire-moro-e-il-nodo.html.
17 Possiamo riconoscere in questo punto alcune delle indicazioni del “piano Graziani”, ma anche il modo d’agire di Zolomy. Consideriamo che il 26/11/44 nella zona controllata dai partigiani di Moranino furono fucilati i componenti della “missione Strassera”, ritenuti spie nazifasciste, e per tale azione il comandante Gemisto fu perseguito negli anni ’50, come vedremo.
18 Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, Il golpe inglese, Chiarelettere 2011, p. 245-246, che citano una «testimonianza di Nicolò Bozzo a Sabina Rossa», inserita in G. Fasanella e S. Rossa, Guido Rossa, mio padre, BUR 2006.
19 G. Contini, articolo citato.
20 Carlo Silvestri era un giornalista che si definiva “socialista” ma era vicino ai vertici della RSI.
21 P. G. Murgia, Il vento del Nord, SugarCo 1975, p. 31.
22 Cfr. G. Pesce, Quando cessarono gli spari, Feltrinelli 1977, p. 29. Giovanni Pesce è il leggendario comandante Visone dei GAP (Gruppi Azione Patriottica) di Torino e poi di Milano.
23 P. G. Murgia, op. cit., p. 31
37 F. Fucci, op. cit., p. 75.
38 Ezio Costanzo, “Uno 007 in Sicilia”, La Repubblica, 20/7/10.
39 “I contributi di Max Corvo e l’OSS Americana alla liberazione dell’Italia dopo l’Armistizio di Cassibile 3 Settembre 1943” in http://www.cassibilenelmondo.it/Max_Corvo.htm.
40 Classe 1924, nato a Pola, Mosna studiava giurisprudenza a Bologna; dopo la riorganizzazione del Comando del CVL del 3/11/44 ne fu nominato capo di stato maggiore (vicecapi erano Enrico Mattei e Mario Argenton) e poi membro del Comando regionale lombardo (http://www.anpi.it/donne_e_uomini/3100/guido-mosna).
49 Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della NATO, Fazi 2004, p. 86-87.

Claudia Cernigoi, Le serpi in seno: l'infiltrazione e la provocazione nei movimenti comunisti in Supplemento al n. 416 - 3/12/21 de “La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo”, Trieste, 2021 

La prima struttura paramilitare di guerra non ortodossa fu l'organizzazione “O”, derivata dall'analoga formazione partigiana “Osoppo”. Dopo la smobilitazione della formazione partigiana, nel 1946 i capi della formazione chiesero il riarmo dei reparti di fronte a ripetuti episodi di violenza accaduti nelle zone di confine tra Friuli e Jugoslavia.
Nel marzo del 1949, per iniziativa del Gen. Manarini, all'epoca Sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito, si avviava la trasformazione della Osoppo in “un organismo militare segreto, pronto a svelarsi con un certo numero di veri e propri reparti militari all'atto della mobilitazione” e il 6 aprile del 1950, sulla base di direttive dello Stato Maggiore dell'esercito, veniva ufficializzata la nuova formazione alla quale fu data la denominazione di “organizzazione O”, con contatti non ufficiali coi servizi segreti militari. Questa era costituita da circa 500 uomini tra ufficiali, sottufficiali e uomini di truppa. I compiti assegnati erano: “guerriglia e contro-guerriglia - guida, osservazione ed informazioni”.
Alla fine del 1956 l'organizzazione O venne trasferita nella “Stella Alpina” della nascente organizzazione Gladio e, come si legge in un documento del 26 marzo 1958, dal titolo “Risposta ai quesiti del Servizio americano riguardanti il programma Stay Behind, aveva tre compiti ben distinti: in tempo di pace, il controllo e la neutralizzazione dell'attività slavo-comunista; in tempo di conflitto o insurrezione interna, l'antiguerriglia e l'antisabotaggio; in caso di invasione del territorio, lotta partigiana e servizio informazioni.
In un documento successivo la parola “comuniste” fu sostituita da “eversive o sovversive” ma, poiché in quegli anni non esistevano forze di lotta armata né di destra né di sinistra, ne consegue che quando si parlava di neutralizzazione delle attività eversive o sovversive si intendeva un intervento in direzione delle forze di opposizione.
Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2012/2013

[...] Il Sifar pose allo studio fin dal 1951 la realizzazione di una organizzazione clandestina di resistenza per uniformare e collegare in un'unico omogeneo contesto operativo e difensivo le strutture militari italiane e quelle dei paesi alleati. Risultava ai servizi segreti italiani che analoghe organizzazioni Usa stessero predisponendo nel nord Italia gruppi clandestini. Nota del gen. Musco 8 dicembre 1951.
Mentre la struttura italiana clandestina di resistenza era in fase di avanzata costituzione, venne sottoscritto in data 26 novembre 1956 dal Sifar e dal servizio Usa un accordo relativo alla organizzazione e all'attività della rete clandestina denominato Stay behind, con il quale furono confermati tutti i precedenti impegni intervenuti nella materia fra Italia e Usa e vennero poste le basi per la realizzazione dell'operazione Gladio.
Una volta costituita Gladio, su richiesta della Francia, l'Italia fu chiamata nel 1959 ai lavori del Ccp (Comitato clandestino di pianificazione) operante nell'ambito dello Shape (Supreme head quarters allied powers Europe). Tale organo aveva il compito di studiare l'attività informativa offensiva in caso di guerra, con particolare riferimento ai territori di possibile occupazione da parte del nemico.
Nel 1964 il nostro servizio venne invitato ad entrare nel Cca (Comitato clandestino alleato) destinato a studiare i problemi di collaborazione tra i diversi paesi per il funzionamento delle reti di evasione e fuga. Vi facevano parte Usa, Belgio, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Lussemburgo, Germania ovest.
Nel 1956 venne costituita nell'ambito dell'ufficio R del Sifar una sezione addestramento denominata Sad attraverso la quale, per la prima volta nella sua storia, il Sifar attua il comando delle forze speciali e dell'apparato organizzativo, didattico e logistico necessario al loro funzionamento. La struttura fu coperta da massima segretezza e, per tale ragione, suddivisa in un 'ordinamento cellulare' così da ridurre al minimo ogni danno derivante da defezioni, incidenti o sfasamento della rete [...]
Luigi Cipriani, Appunti sull'anticomunismo dal dopoguerra ad oggi, Fondazione Luigi Cipriani

Era più urgente riuscire a bloccare la crescita e l’azione disgregatrice del Pci a livello interno, favorite dalle condizioni di generale povertà diffuse nel paese <338. In secondo luogo, era importante sottrarre l’Italia al controllo di altre potenze ostili, l’Unione sovietica ma anche la Gran Bretagna, in quanto una condizione simile avrebbe scatenato un effetto domino, generando ripercussioni indesiderate su uno scenario ben più ampio <339. In particolare, la Gran Bretagna aveva avuto degli scontri con l’Italia sin dall’immediato dopoguerra a causa della politica punitiva adottata nei confronti della penisola e delle resistenze britanniche alla revisione del trattato di pace <340. Le tensioni crebbero in occasione degli incidenti di Mogadiscio, nel 1948, quando l’esercito inglese fece poco o nulla per impedire l’eccidio di oltre cinquanta coloni italiani <341.
[...] Washington tentava inoltre di creare una “sinistra anticomunista”, agendo in primis su quelle frange del partito socialista più contrarie al Pci, e di sostenere finanziariamente e politicamente il movimento clandestino anticomunista <344. Queste valutazioni portarono Washington a ritenere opportuno che la penisola italiana entrasse nell’orbita di influenza americana sulla base della crescente rilevanza svolta dal Mediterraneo, non più teatro periferico <345. Oltre a ciò, fallito il tentativo di costruire un’alleanza anticomunista che includesse anche il Partito socialista, con l’avvallo del Vaticano gli Stati Uniti iniziarono a considerare la Dc l’interlocutore privilegiato su cui contare nel quadro dell’organizzazione della sfera occidentale <346.
[NOTE]
338 M. De Leonardis, Guerra fredda e interessi nazionali, cit. p. 219; Frus, 1948, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State, top secret, Rome, 29 gennaio, 1948, p. 824, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_824; Frus, 1947, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State. Current Economic and Financial Policies of the Italian Government, Roma, 7 maggio, 1947, pp. 897-901, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1947v03/pg_897; Frus, 1948, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State, top secret, Rome, 7 febbraio, 1948, pp. 827-830, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_827.
339 M. De Leonardis, Guerra fredda e interessi nazionali, cit. p. 220.
340 A. Varsori, La scelta occidentale dell’Italia (1948-1949), Prima parte, in “Storia delle relazioni internazionali”, 1, 1 (1985): pp. 95-159.
341 E. Di Nolfo, La politica estera italiana tra interdipendenza e integrazione, in A. Giovagnoli, S. Pons (a cura di), L'Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, vol. I, Tra guerra fredda e distensione, Soveria Mannelli, Rubbettino 2003, pp. 17-29.
344 R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia, cit. pp. 260 e ss.; A. Cipriani, G. Cipriani, Sovranità limitata. Storia dell’eversione atlantica in Italia, Roma, Edizioni Associate, 1991, p. 42.
345 Emblematici di questa svolta sono i memorandum del Policy Planning Staff e la serie di direttive Nsc 1, in cui gli Stati Uniti si preoccupavano di stabilire le azioni da intraprendere nel caso in cui il governo comunista fosse andato al governo per via parlamentare o insurrezionale, fino a prevedere un vero e proprio intervento armato per ristabilire il governo legittimo. In particolare, nella Nsc 1/3 (marzo 1948)si legge che “nel caso i comunisti ottengano il potere in Italia con mezzi legali, si applicherebbe un piano articolato in cinque punti”. Tra cui una “pianificazione militare congiunta con azioni selezionate”; “fornire ai clandestini anticomunisti italiani assistenza finanziaria e militare”; “incoraggiare elementi anticomunisti in Italia anche a rischio di una guerra civile”. Frus, 1947, vol. III, Memorandum by the Policy Planning Staff, top secret, Washington, 24 settembre, 1947, pp. 976-981, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1947v03/pg_976; Frus, 1948, vol. III, The Position of the United States With Respect to Italy, Nsc 1/1, Washington, 14 novembre, 1947, pp. 725-726, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/d440; Frus, 1948, III, The Position of the United States with Respect to Italy, Nsc 1/2, top secret, Washington, 10 febbraio, 1948, pp. 765-769, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_765; Frus, 1948, vol. III, Position of the United States With Respect to Italy in the light of the possibility that Communists will obtain participation in the Italian government by legal means, Nsc 1/3, top secret, Washington, 8 marzo, 1948, pp. 775-779, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_775: A. Brogi, L’Italia e l’egemoniaamericananelMediterraneo, Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 44-58.
346 C. Pinzani, Gli Stati Uniti e la questione istituzionale in Italia (1943-1946), in “Italia Contemporanea”, 134 (1979): pp. 3-44; E. Di Nolfo, Vaticano e Stati Uniti, 1939-1952. Dalle Carte di Myron C. Taylor, Milano, 1982, pp. 293-294 C. J. Miller, Roughhouse Diplomacy: The US Confronts Italian-Communism 1945-1958, in “Storia delle relazioni internazionali, 5, 2 (1989): 279-311.

Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020