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mercoledì 11 ottobre 2023

Il compromesso degasperiano si inserisce nella tradizione del moderatismo italiano che non esclude l’utilizzo della forza e della violenza


Come abbiamo già visto sui temi economici, Mario Del Pero ha invece sottolineato nel suo lavoro sulla natura del rapporto DC-USA all’inizio della Guerra fredda che parlare di totale subalternità di De Gasperi e dei suoi all’alleato americano non è storicamente del tutto corretto: le venature autonomiste e nazionaliste presenti in buona parte della coalizione governativa tesero sempre ad accettare l’influenza atlantica, ma utilizzando la presenza e le pressioni americane spesso per fini dettati dalle logiche nazionali. D’accordo si dice anche Scoppola, in un paragone con il partito moderato risorgimentale che condividiamo e, dal nostro punto di vista, racchiude un significato storico molto più denso: "Non eravamo pienamente liberi ma non eravamo neppure del tutto dipendenti dalle decisioni altrui: influire sulle decisioni americane era l’unica via possibile e responsabile che un uomo politico illuminato potesse seguire. Cosa aveva fatto, negli dell’unificazione, Cavour se non utilizzare il quadro internazionale ai suoi fini, prendendo atto realisticamente dei rapporti di forza esistenti?" <554
Così sul piano economico, su quello militare e, anche, sulle misure di contenimento anticomunista che, in particolare dopo lo scoppio del conflitto coreano, assunsero sempre più caratteri anticostituzionali, De Gasperi resistette e non solo per opportunismo: "Valutando la posizione di De Gasperi sulla base delle pressioni interne ed esterne che egli ricevette affinché venisse promossa una più decisa azione anticomunista, non si può però fare a meno di notare una certa moderazione nelle scelte dello statista trentino. Da questo punto di vista sia il contenuto dei provvedimenti dell’autunno 1950 (con il rigetto dell’ipotesi di utilizzare volontari per svolgere funzioni di polizia) che la gestione dell’iter di approvazione dei medesimi testi di legge (che si arenarono in parlamento o non vennero nemmeno presentati) sembrano costituire un tipico compromesso degasperiano. Un compromesso finalizzato non solo a soddisfare le pressioni statunitensi, ma anche ad attutire posizioni più radicali presenti all’interno dell’alleanza di governo così come nel mondo cattolico organizzato". <555
'Compromesso degasperiano' che si inserisce nella tradizione del moderatismo italiano che non esclude l’utilizzo della forza e della violenza, senza tuttavia compromettere gli equilibri a suo favore, correndo il rischio di cedere quote di potere troppo elevate ai settori oltranzisti poi difficilmente controllabili: "È difficile sfuggire alla sensazione che questa scarsa disponibilità non fosse determinata anche dal timore che la pedissequa applicazione delle misure chiaramente anticostituzionali richieste da Washington avrebbe finito per travolgere la democrazia italiana, portando il paese sull’orlo della guerra civile e ponendo le premesse per una svolta autoritaria di cui potevano essere vittime anche De Gasperi e la stessa Democrazia Cristiana". <556
Sostanzialmente d’accordo si dice anche Bertucelli quando riflette sui motivi del rifiuto, da parte della classe dirigente centrista, dell’alternativa salazariana: "I comunisti vengono esclusi da ogni ruolo di governo o di direzione nella struttura dello Stato, ma continuano a partecipare alle istituzioni della democrazia rappresentativa. La realizzazione di questo delicato equilibrio […] richiede però alleanze forti e impone l’anticomunismo come fattore di coesione irrinunciabile. Un anticomunismo variegato e polimorfo, spesso connotato socialmente, che diviene un tratto distintivo della democrazia del dopoguerra, in grado di relegare in posizione subalterna le culture riformatrici dei partiti di governo e le spinte modernizzatrici nella società". <557
È l’esperienza antifascista, il coinvolgimento profondo di una parte significativa di popolazione e di paese nella guerra di Liberazione, la tendenza ancora embrionale ma manifestatasi di settori non comunisti della società a fare causa comune con PCI e PSI, a impedire tra le altre cose la svolta autoritaria: "La stessa Costituzione, esito alto del tormentato passaggio dal fascismo alla Repubblica e cifra straordinaria di discontinuità con il passato, può essere sospesa, limitata, forzata, ma non se ne possono oltrepassare le norme fondamentali, non tanto perché l’opposizione comunista ne fa una bandiera, ma perché da quella carta trae legittimità lo stesso ceto di governo del dopoguerra che si identifica con la libertà e il nuovo Stato italiano, sorto dalle ceneri dell’otto settembre, e inserito ora in un nuovo ordine internazionale". <558
Queste considerazioni che negano l’asservimento totale e l’imperialismo come categorie utili, in questo contesto, a spiegare l’equilibrio centrista tra costituzione formale (prodotto della Resistenza, fondata sul nesso democrazia-antifascismo) e costituzione materiale (prodotto della Guerra fredda, fondata sul nesso democrazia-anticomunismo), servono a problematizzare il quadro: la sociologia dei conflitti tende a suddividere le modalità di svolgimento e gestione del conflitto da parte degli attori in campo secondo categorie che distinguono chiaramente tra contesto democratico e contesto non-democratico.
Questo ci pone una domanda: è possibile considerare così nettamente separate le due dimensioni? Probabilmente è più corretto ammettere la presenza di sfumature: l’esperienza storica ha dimostrato come diversi gradi di democrazia interna si basino su eccezioni alla norma democratica ufficiale, che intaccano la struttura delle opportunità politiche anche per coloro che sono riconosciuti come cittadini a pieno titolo. Le discriminazioni de iure, soprattutto in presenza di un conflitto interno, che si manifesti sia nelle forme delle campagne dei movimenti sociali, sia del conflitto letale o armato, comportano spesso restrizioni alle libertà politiche e aumento di potere nelle mani di forze dell’ordine e apparati di sicurezza. Si tratta dunque di una potenziale causa di de-democratizzazione. Contrariamente a quanto osservato da C. Tilly e S. Tarrow <559, però, questo processo non è necessariamente innescato da governi democratici a bassa capacità, né tantomeno che hanno subìto un trauma o un indebolimento: paradossalmente sono proprio le democrazie segmentate forti <560 a disporre dei dispositivi dell’eccezione e ad applicarli. In questo, il condizionamento culturale è centrale nell’interpretazione dei fatti sociali e nella percezione del nemico.
Quella che costruisce la classe dirigente neo-popolare e centrista appare a tutti gli effetti una democrazia limitata più che protetta: la molteplicità degli apparati di sicurezza e il peso dell’esercito (che vedremo nelle prossime pagine) non rappresentano infatti un potere capace di dettare l’agenda politica e determinare l’azione di governo (non in modo complessivo quanto meno); è un complesso intreccio tra attori e soggetti, spesso in conflitto tra loro, fatto di condizionamenti e azioni di diversa natura, che però non giunge mai a sollevare il governo dalle proprie prerogative costituzionali. Il sistema di ordine pubblico e agibilità politica che costruiscono Scelba e De Gasperi dunque non tende tanto a proteggere i diritti costituzionali, quanto a limitarne l’accesso per ampi settori sociali e politici. E questa è una tendenza di lungo periodo: "le tradizioni dell’Italia unita sia al livello istituzionale sia al livello delle strategie prevalenti verso gli sfidanti sono di tipo esclusivo. Le istituzioni del regno sabaudo erano caratterizzate da un forte centralismo, un’accentuata supremazia del governo di fronte a un parlamento debole, e una forte influenza dell’esecutivo anche sul potere giudiziario. La domanda che da parte del potere politico giungeva alle forze di polizia, anch’esse tenute sotto stretto controllo, era generalmente quella di una rigida protezione dell’ordine costituito, utilizzando anche le strategie più brutali. […] Il regime fascista portò a un’ulteriore accentuazione dei tratti esclusivi delle istituzioni statali. La legislazione (il codice penale, la legge di Pubblica sicurezza) varata durante il fascismo restò a lungo in vigore anche nella repubblica democratica, con conseguenze durature in termini di un riconoscimento debole dei diritti democratici. […] La forte correzione introdotta dalla costituzione repubblicana nel campo delle istituzioni formali ebbe inizialmente effetti solo parziali a causa dell’ostruzionismo della maggioranza che ostacolò l’introduzione delle nuove istituzioni di controllo e di decentramento del potere come la corte costituzionale, il consiglio superiore della magistratura, le regioni e il referendum". <561
Limitazione che diventa conferma dell’esclusione tradizionale delle classi subalterne: "Queste limitazioni, giustificate proprio con un presunto pericolo per la democrazia, si riflessero in una continuità nella strategia di esclusione del movimento operaio, delle sue organizzazioni e dei suoi partiti, che si cercava di confinare nello spazio della subcultura rossa". <562
Su questo punto non si trova d’accordo Scoppola, che invece ha sottolineato la differenza tra il paternalismo prefascista e il neopopolarismo degasperiano, soprattutto sulla questione sociale e sul ruolo delle classi subalterne: "per De Gasperi la giustizia sociale non discende nella realtà solo in virtù della sua forza morale, non è affidata ad uno Stato attento, dall’alto, al benessere delle plebi […], ma è il frutto di una presenza nuova, attraverso la democrazia politica e il suffragio universale su cui essa si fonda, di operai e contadini nella vita politica. […] La classe lavoratrice nella sua concezione è protagonista e non oggetto di un’azione di rinnovamento sociale […]". <563
Bisogna operare qui, secondo noi, una distinzione tra quella che è la teoria politica, la consapevolezza, che lo statista trentino dimostra e quella che risulta essere la prassi seguita dai suoi governi. Per le ragioni sopra riportate e che ritroveremo nel seguito dell’esposizione, ritroviamo i medesimi motivi da cui nacque, storicamente, la particolare 'subcultura rossa' italiana, e che nel secondo dopoguerra contribuiscono al riprodursi dei suoi caratteri antagonisti e rivoluzionaristi; elementi dovuti anche alla rottura tra i poteri pubblici e le istanze del lavoro, o meglio al rifiuto dei primi nei confronti delle richieste contenute nella politica del conflitto dei ceti subalterni. Costante di lungo periodo che, unitamente al nuovo contesto geopolitico e interpretativo della Guerra fredda, produce il "paradosso - giustificato con costanti richiami all’eccezionalità della situazione italiana - di uno Stato democratico costretto ad affidare le sue sorti ai rigori di una vigilanza autoritaria". <564
[NOTE]
554 P. Scoppola, La proposta politica di De Gasperi, il Mulino, 1978, p. 181
555 M. Del Pero, L’alleato scomodo. Gli USA e la DC negli anni del centrismo (1948-1955), Carocci, 2001, p. 106
556 Ibidem, p. 156
557 L. Bertucelli, All’alba della Repubblica. Modena, 9 gennaio 1950. L’eccidio delle Fonderie Riunite, Unicopli, 2012, p. 84
558 Ibidem, p. 85
559 C. Tilly, S. Tarrow, La politica del conflitto, pp. 81-84, Mondadori 2008
560 Regimi politici democratico-parlamentari che presentano al loro interno diversi gradi di concessione della cittadinanza politica e di accesso ai diritti civili, producendo così segmenti interni di democrazia. L’esclusione o la limitazione può derivare da criteri etnici, religiosi, politici.
561 D. Della Porta, H. Reiter, op. cit., pp. 24-25
562 Ibidem, p. 25
563 P. Scoppola, op. cit., pp. 91-92
564 G.C. Marino, op. cit., p. 57
Elio Catania, Il conflitto sociale: “motore della Storia” o “tabù” storico-politico. Il caso di Milano nel secondo dopoguerra, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2016-2017

domenica 20 agosto 2023

Gli analisti americani erano convinti che gli jugoslavi volessero invadere i territori italiani al confine


I documenti dell'intelligence statunitense desecretati nel 2002 mostrano come a giudizio di Angleton esistessero due fronti, di importanza vitale, su cui lavorare in Italia: mentre il primo era formato dai confini con i Balcani, il secondo era costituito dai luoghi in cui la forza elettorale dei comunisti cresceva eccessivamente, cosa che accadeva soprattutto in Sicilia. Nell'isola infatti il forte movimento contadino e i successi che la pratica delle occupazioni delle terre andava accumulando avevano fatto sì che il movimento fosse arrivato con tutta la sua forza all'attenzione dei media. Tutti i braccianti e i contadini poveri della penisola guardavano alle vicende delle campagne siciliane con partecipazione e speranza. La Sicilia avrebbe potuto quindi attivare un effetto domino nazionale: innescare cioè un'ondata favorevole alle sinistre in tutta la penisola, analogamente a come avrebbe fatto l'Italia con gli altri paesi europei se fosse caduta in mano ai comunisti - pericolo di cui aveva avvertito Kennan nel suo celebre lungo telegramma. Angleton aveva puntato interamente l'attenzione su questi punti caldi: il 12 febbraio del 1946 inviò al War Department dell'SSU e al direttore stesso del servizio un cablogramma cifrato, nel quale richiedeva immediatamente almeno 10 ufficiali, necessari per una "fase militare": "Oltre agli ufficiali in sostituzione del personale che deve andare in congedo, ho bisogno immediatamente di almeno 10 ufficiali che vanno assegnati come agenti di emergenza, e per aprire e far funzionare stazioni a Napoli, in Sicilia, a Bari e a Trieste. Tutti gli ufficiali che saranno inviati per questi scopi devono essere sottoposti ad un periodo di intenso addestramento a Roma prima di assumere i futuri incarichi. Il personale richiesto serve per una fase militare". <394
Gli agenti di cui Angleton faceva richiesta agli uffici dell'SSU di Washington non dovevano quindi essere agenti normali, personale militare di tipo impiegatizio: dovevano operare concretamente sul campo. Il direttore dell'X-2 non aveva bisogno di "novellini" da ufficio, e cercò di fare intendere fra le righe questa esigenza ai suoi superiori scrivendo nelle conclusioni del cablogramma: "Spendere una grande percentuale del nostro tempo per riscrivere e rivedere i rapporti, quando invece c'è urgenza di operazioni di lungo termine, non sarebbe il caso: per questo è impossibile nella presente fase sovraccaricarci di personale militare che si occupi più che altro di leggere e scrivere", un modo elegante, nel linguaggio necessariamente formale usato per scrivere ai superiori di Washington, per far capire che aveva bisogno di gente pronta a tutto.
Nel documento, come si è visto, il capo dell'X-2 parla esplicitamente di una inquietante "fase militare". Il contesto di pace in cui operava, considerato che il conflitto era finito in tutto il mondo già da diversi mesi, fa presumere che lo scenario bellico per il quale erano destinati i nuovi agenti fosse in realtà una guerra coperta, condotta mediante operazioni clandestine. Tali operazioni clandestine del resto erano la modalità con cui il controspionaggio affrontava i compiti più importanti, in un momento storico in cui il primo obiettivo era il mantenimento dell'Italia nello schieramento occidentale. Sul confine orientale proprio in quei mesi le tensioni si facevano crescenti, e gli analisti americani erano convinti che gli jugoslavi volessero invadere i territori italiani al confine e da lì provocare un'insurrezione comunista nel paese, per poi invaderlo direttamente, con una manovra che avrebbe avuto il coinvolgimento del Partito comunista, garante del sostegno dall'interno <395.
Alla luce di questi documenti la fase militare, per la quale Angleton aveva un bisogno così urgente di agenti, sembra dunque da intendersi come una fase di operazioni paramilitari, volte a contenere l'avanzata di quello che, agli occhi dell'intelligence statunitense, appariva come un unico fronte comunista articolato in due diverse minacce: la possibile invasione jugoslava sui confini orientali della penisola e l'ascesa dei partiti di sinistra.
Le elezioni amministrative svoltesi nel marzo del '46 indicarono poi come la forza dei due partiti della sinistra - il Pci ed il Psi - fosse ulteriormente in piena ascesa. I vertici del controspionaggio statunitense a Washington temevano, sulla base dei rapporti che ricevevano dall'Italia, una manovra a tenaglia da parte dei comunisti: se la pressione delle truppe jugoslave sul versante nord-orientale si fosse fatta insostenibile, nello stesso momento in cui sul versante meridionale gli equilibri politici si fossero spostati in favore del partito guidato da Togliatti - come sembrava che stesse accadendo soprattutto in Sicilia vista la crescente forza del movimento contadino - non sarebbe rimasto alcuno spazio di manovra per frenare la caduta dell'Italia nell'orbita comunista, catastrofica eventualità che rendeva pertanto necessaria un'attività coperta e paramilitare preventiva.
Il 15 febbraio Angleton scrive a Washington riportando l'informazione che "l'ambasciata sovietica stava forzando" i comunisti italiani a "provocare una crisi di governo per scatenare una guerra civile" <396. Fu proprio in previsione di questi scenari dunque che il capo dell'intelligence statunitense fece richiesta ai suoi superiori di agenti che fossero pronti ad operare sul campo, per quella che aveva appunto definito una "fase militare" <397.
[NOTE]
394 NARA, RG 226, Entry 210, Box 457, Folder "In Rome 1/8/46 - 9/30/46", cablogramma cifrato classificato con il grado di segretezza "confidenziale" del 12 febbraio 1946, inviato da Angleton al War Department- Strategic Services Unit.
395 Secondo Angleton ed i suoi agenti inoltre c'era la possibilità, giudicata concreta, che qualora il clima internazionale fosse diventato ancora più teso, il Pci stesso avrebbe potuto "richiedere l'intervento delle truppe  russo-jugoslave schierate sulla frontiera orientale italiana" per prendere il potere in Italia. Rapporto a firma di George C. Zappalà, uno degli agenti di Angleton, riprodotto nell’antologia a cura di N. Tranfaglia, Come nasce la Repubblica, cit., pp. 415-420.
396 NARA, RG 226, Entry 216, Box 6 (Original Box 3), Folder 27, cablogramma inviato da Angleton al War Department dell'SSU di Washington, il 15 febbraio 1946.
397 Il primo maggio 1947, su una delle alture che circondano la spianata di Portella della Ginestra, di fronte a quella dove si trovava Giuliano, prima della sparatoria alcuni testimoni videro proprio un reparto di uomini della Decima Mas in assetto militare, appostati fra le rocce, fare il saluto e il grido della formazione, come testimoniarono durante il processo. Portella della Ginestra potrebbe forse prospettarsi dunque come la prima applicazione di queste operazioni paramilitari per le quali si stava preparando Angleton. Cfr. R. Mecarolo e A. La Bella, Portella della Ginestra, Milano, Teti editore, 2003; cfr. a questo proposito anche A. Giannuli, Turiddu e la trama nera, Roma, Nuova Iniziativa Editoriale (l’Unità), 2005.
Siria Guerrieri, Obiettivo Mediterraneo. La politica americana in Europa Meridionale e le origini della guerra fredda. 1944-1946, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma "Tor Vegata", Anno accademico 2009-2010

lunedì 8 maggio 2023

Analogamente a quanto accaduto in Italia, i servizi segreti francesi costituirono delle vere e proprie reti in funzione anticomunista


Prima ancora di alimentare lo scoppio dei conflitti coloniali, l’anticomunismo [in Francia] fu il collante indispensabile delle formazioni e dei movimenti di destra, analogamente a quanto avvenuto in Italia.
L’anticomunismo si sviluppò particolarmente nella destra francese durante l’epurazione seguita alla fine del conflitto mondiale. Il Comité national des écrivains (Cne) <178, sotto la guida del comunista Louis Aragon, mise in atto una vera e propria persecuzione ai danni degli intellettuali francesi macchiatisi di collaborazionismo con il regime di Vichy, nei cui riguardi fu attuata una vera e propria schedatura già nel corso della guerra. Obiettivo del comitato comunista non fu solo l’ottenimento della giustizia, ma anche realizzare una effettiva sostituzione degli elementi sgraditi con esponenti comunisti, inseritisi così ai posti chiave della cultura, in modo da rendere più agevole e rapida la scalata al potere del partito <179. Ciò, se da una parte favorì notevolmente il Partito Comunista, destinato a diventare uno dei più forti d’Europa insieme a quello italiano, dall’altra incrementò l’anticomunismo della destra francese, interpretato in chiave nazionalistica, ovvero votato alla difesa della patria, minacciata, secondo l’opinione dei suoi esponenti, dalle mire espansionistiche di Mosca.
La lunga serie di processi finì per cancellare culturalmente e politicamente l’intero gruppo dirigente di destra degli anni Trenta, costretto ad affrontare condanne a morte o fuggire all’estero, mentre la propaganda comunista costrinse quanti scamparono all’epurazione a ritirarsi dalla vita pubblica o a stringersi intorno a Charles de Gaulle, visto come il male minore.
Con l’abbandono del Mouvement républicain populaire <180 da parte del generale de Gaulle, nel 1947, le cose cambiarono: il partito cattolico gaullista, infatti, idealmente collocato a destra rispetto ai principali partiti di sinistra, abbandonò l’impostazione moderata sviluppando un anticomunismo convinto (seppure già condiviso anche dal generale), ma evitando di appoggiarsi a elementi nazionalisti. De Gaulle, da parte sua, fondò il Rassemblement du peuple français <181 con lo scopo di combattere l’avanzata comunista, facilitato dalla rottura tra questi ultimi e i socialisti, primo serio contraccolpo al manifestarsi dei sintomi della Guerra Fredda, che favorirono il ritorno sulla scena politica della destra conservatrice, così come di di quella estrema.
La minaccia sovietica convinse allora i reduci dell’estrema destra a coalizzarsi e concentrarsi attorno alla figura di de Gaulle, mettendo allo stesso modo da parte il proprio odio contro gli Stati Uniti, visti entrambi come l’unico baluardo capace di impedire la conquista comunista della Francia. Portavoce di questa inedita alleanza con americani e gaullisti furono le riviste, come ad esempio "La Sentinelle", che ai toni antisemiti accostarono la lotta anticomunista, come fa notare lo storico Joseph Algazy, il quale spiega che «la lutte sans merci contre le communisme […] continua d’être leur principal thème, mais il ne fut cependant pas question de renoncer au thème raciste […], l’ennemi juif garda toute sa place aux côtés de l’ennemi bolchevique», motivo per cui «ils consacrèrent une part importante de leur efforts de propagande à expliquer les raisons de leur engagement récent dans le camp nazi» <182, che sfociò poi nello sviluppo di una vera e propria corrente negazionista e revisionista.
Il 1947 segnò il punto di svolta fondamentale, dunque, trasformando la lotta anticomunista nel tema cardine destinato a riunire tutte le formazioni appartenenti alla destra francese che, da parte sua, poté comunque godere di sostegni analoghi a quelli dei colleghi d’oltralpe italiani. Anche in Francia, infatti, si costituì una rete clandestina votata alla lotta contro l’invasore sovietico: il Rassemblement du peuple français, per esempio, fornì da un lato la manovalanza e, dall’altro, il polo d’attrazione principale per gli esponenti dell’estrema destra, mentre i dirigenti gaullisti continuavano a cercare di attirare tra loro quanti erano a propria volta preoccupati per l’eventuale caduta francese in mano sovietica.
Analogamente a quanto accaduto in Italia, i servizi segreti francesi costituirono delle vere e proprie reti in funzione anticomunista, servendosi di militanti appartenenti all’estrema destra collegati alle forze di sicurezza. Ne fu un esempio il commissario di polizia Jean Dides, che durante l’occupazione lavorò presso la quinta sezione dei Renseignments généraux <183, incaricata della repressione degli stranieri, il quale fu prelevato dall’Office of Strategic Services (OSS) americano proprio in virtù della sua esperienza pratica per essere riutilizzato in funzione anticomunista all’interno delle strutture di sicurezza. Dides, in particolare, utilizzando come elemento di collegamento Charles Delarue, agente di polizia collaborazionista a sua volta salvato e reclutato dai servizi americani, creò e diresse almeno fino al 1954 un gruppo interno ai servizi francesi stessi che condusse una vera e propria campagna di intossicazione ai danni dei comunisti. L’«affaire de fuites» consistette nella montatura di uno scandalo ai danni del Parti communiste français (Pcf) accusato di aver passato i piani militari francesi ai sovietici e, quindi, di aver causato la disfatta di Diên Biên Phu. La creazione, però, di una commissione ministeriale adibita alla verifica della colpevolezza del partito comunista mise a nudo il piano e smascherò la rete di complicità che legava i servizi di sicurezza americani e francesi <184.
Dides e Delarue fecero contemporaneamente parte di una struttura parapoliziesca, a sua volta creata in funzione anticomunista, chiamata "Paix et liberté". Ideata nel 1950 dal deputato radical-socialista Jean Paul David con il sostegno pratico della Central Intelligence Agency (CIA) e finanziario della North Atlantic Treaty Organization (NATO) e supportata dal ministero dell’Interno francese, ebbe come scopo principale la messa fuori legge del Parti communiste français, da realizzarsi con una feroce azione di propaganda volta a denunciare l’esistenza di «quinte colonne» sovietiche all’interno dell’amministrazione statale <185. Pur rivelandosi a sua volta un fallimento, l’iniziativa favorì il rinsaldarsi della destra francese attorno all’obiettivo comune della lotta anticomunista.
La guerra d’Algeria non fu priva di riferimenti alla lotta in atto per preservare la Francia dalla minaccia sovietica. Negli anni Cinquanta, alla vigilia del conflitto, infatti, l’Algeria era considerata non una colonia, ma parte integrante della Francia e l’insurrezione venne interpretata, erroneamente, come un attacco sovietico all’unità della nazione. La lotta al comunismo fu così, ancora una volta, egemonizzata dalle forze di destra, estrema e non, che la interpretarono in chiave nazionalistica, invece di comprendere i fermenti che avrebbero portato alla decolonizzazione.
In questo contesto, portato all’estremo proprio dai pieds-noirs <186 e dalle forze di destra, si realizzò una sorta di guerra civile francese, che vide schierarsi da un lato i difensori della conservazione dell’«Algeria francese» e, dall’altro, i sostenitori dell’indipendenza algerina. Questi ultimi, rappresentanti di un «fronte pacifista e terzomondista» <187, furono denunciati dall’estrema destra come membri della già citata «quinta colonna» sovietica, dei sabotatori aventi come fine ultimo la sconfitta della Francia, da realizzarsi privando la nazione delle sue colonie <188. Le forze politiche furono ugualmente accusate di starsene a guardare, inermi non per la forza delle rivendicazioni dei popoli sottomessi al dominio coloniale francese, ma perché succubi dei comunisti, portando a sostegno di questa tesi la perdita dell’Indocina e la disfatta di Diên Biên Phu, che consentirono alla destra di godere dell’appoggio massiccio e determinante di ampi settori militari.
Fu in questo contesto che, per esempio, venne creato l’effimero movimento chiamato «Résistance à la désagrégation de la France et l’Union française» in contatto con il Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage (SDECE), il servizio segreto francese addetto al controspionaggio, incaricato di impedire il rifornimento di armi al Front de libération nationale (Fln) algerino, traffico proveniente, secondo i servizi, dai paesi dell’Est, finanziati dall’Unione Sovietica <189. Appartenente al medesimo ambiente e con le stesse convinzioni fu anche il Front nationale de l’Algérie française (FnAf), guidato da Jean-Marie Le Pen, che a Parigi poté contare sul sostegno del Comité national pour l’integrité du territoire. A questi due movimenti se ne unirono molti altri, caratterizzati a loro volta da una durata effimera e da un’azione, per quanto articolata, effettivamente ridotta. Ciò che li accomunava, comunque, era la difesa a ogni costo, anche ricorrendo alla violenza, dell’unità territoriale dalla minaccia comunista disgregatrice.
Anche l’Organisation de l’Armée Secrète fu caratterizzata da un forte anticomunismo. Molti furono infatti i generali e comandanti aderenti all’OAS reduci dal conflitto indocinese che disertarono per unirsi all’organizzazione, convinti di agire per il bene della nazione e in sua difesa. L’esperienza indocinese fu considerata anzi un vantaggio, perché chi vi aveva preso parte aveva provato sulla propria pelle l’attacco comunista traendone degli insegnamenti, in materia di controterrorismo e guerra sovversiva, da utilizzare a proprio beneficio.
[NOTE]
178 Il Comité national des écrivains (CNE) fu un organismo della Resistenza «letteraria», emanazione del Front national des écrivains creato nel 1941 dal Partito Comunista Francese (PCF), radicalizzatosi notevolmente in seguito alla Liberazione, tanto da divenire un vero e proprio strumento di controllo dell’opposizione da parte comunista. Per ulteriori informazioni, si veda: http://vercorsecrivain.pagesperso-orange.fr/cne.html#II.
179 M. GERVASONI, La Francia in nero, cit., p. 218. Tra gli intellettuali accusati di tradimento, Gervasoni indica Céline, Châteaubriant, Drieu La Rochelle, Maurras e Brasillach. Quest’ultimo, in particolare, fu processato per collaborazionismo e fucilato.
180 Il Movimento Repubblicano Popolare (Mouvement Républicain populaire, MRP) fu un partito politico fondato da Georges Bidault in Francia nel 1944 e attivo fino al 1967, caratterizzato da un’ideologia cristiano-democratica ed europeista. Fu partito di governo per quattro volte, con l’elezione a presidente del Consiglio di Robert Schuman, Georges Bidault stesso e Pierre Pflimlin. Per ulteriori informazioni, si veda: http://chsp.sciences-po.fr/fond-archive/mouvement-republicain-populaire-mrp.
181 Il Rassemblement du peuple français (RPF) fu il partito politico fondato da Charles de Gaulle il 14 aprile 1947 e dissoltosi nel 1954. Ideato per tradurre in realtà il programma di de Gaulle esposto all’indomani dello sbarco in Normandia e all’indomani della Liberazione (i famosi «discorsi di Bayeux»), fu uno dei principali movimenti d’opposizione sotto la IV Repubblica. Per ulteriori approfondimenti, si veda: http://www.union-gaulliste-de-france.org/pages/Histoire_du_RPF_19471954-568252.html.
182 A. MAMMONE, Transnational Neofascism in France and Italy, cit., p.46.
183 I Renseignements généraux furono l’equivalente dell’Ufficio politico della Questura italiano, e si occuparono di informare il governo di eventuali minacce alla sicurezza interna dello Stato.
184 Per approfondire l’episodio, si consiglia: F. LAURENT, L’orchestre noir. Enquête sur les réseaux néofascistes, Paris, Nouveau monde éditions, 2013, pp. 45-47.
185 Ivi, p. 47.
186 L’espressione pieds-noirs è utilizzata per indicare i cittadini francesi (e, prima ancora, europei) d’Algeria, che la utilizzarono per identificarsi tra loro una volta tornati in Francia. Oggi, questa denominazione è diventata quasi sinonimo di «rapatrié», rimpatriato, poiché i francesi d’Algeria furono rimpatriati con la conquista dell’indipendenza dello Stato algerino, nel 1962. Per un ulteriore approfondimento terminologico, si veda: A. BRAZZODURO, Soldati senza causa, cit., p. 282.
187 M. GERVASONI, La Francia in nero, cit., p. 235.
188 Ibidem.
189 O. DARD, Voyage au coeur de l’OAS, cit., pp. 32-33.
Veronica Bortolussi, I rapporti tra l’estrema destra italiana e l’Organisation de l’Armée Secrète francese, Tesi di Laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2016-2017

domenica 19 marzo 2023

In sintesi, l’intelligence americana evidenziava che una penetrazione su larga scala dell’Italia era viepiù necessaria


 

In coerenza con il progetto che stava a cuore a Donovan, sin dal dicembre 1944 il Planning Group Office dell'OSS elaborò una speciale programmazione concernente l'istituzione di un articolato servizio d'intelligence nel Teatro del Mediterraneo, compresa l'Italia, da attuarsi nel periodo postbellico e, in particolare, nella delicata fase di transizione successiva alla cessazione delle ostilità con la Germania. Con particolare riguardo all'Italia, la pianificazione di un servizio d'intelligence nel periodo postbellico doveva essere finalizzata a salvaguardare la sfera d'influenza americana in Italia, avuto riguardo al fatto che l'assetto degli equilibri europei, come configurato dalle Nazioni Unite <84, non avrebbe impedito, nelle previsioni a lungo termine dell'intelligence americana <85, che altre Nazioni, non esclusi gli stessi Alleati, avessero mire su un Paese, quale l'Italia, di notevole importanza strategica scaturente dalla posizione nel Mediterraneo, approfittando della situazione di grande fragilità in cui versava il 'Bel Paese', che, a giudizio dell'OSS, era in rovina, sia economica sia politica e morale, incapace di ritrovare la sua unità e risollevarsi dalle sue ceneri, dopo un ventennio di dittatura fascista che aveva significato "la sua disfatta economica e psicologica" <86 e, in quanto tale, privo delle necessarie risorse sia psichiche e sociali sia materiali per fronteggiare un'eventuale politica d'influenza, se non di controllo, da parte di altre nazioni.
"Tuttavia non sarebbe saggio pensare che la costituzione di tale status impedirebbe ad altri paesi di mostrare interesse per l'Italia. Anche se l'Italia manterrà la sua sovranità e non diventerà proprietà fisica di alcun paese, si manifesteranno vari livelli d'interesse. La città di Roma, sin dal momento della sua liberazione, è stata un centro d'intrighi pullulante di rappresentanti di partiti e fazioni, del Vaticano, dei paesi dei Balcani, degli Alleati e di ex membri dell'Asse e loro satelliti, tutti impegnati a stringere alleanze, coltivare interessi e spiarsi l'una con l'altra. Una volta che debba essere stabilito un certo grado di controllo sull'Italia, la questione degli scopi e metodi diventa un problema di analisi politica, piuttosto che di controspionaggio e non c'è alcun dubbio che tale controllo, se controllo deve essere, sarà più saldo nelle mani degli Stati Uniti che non tirano acqua al loro mulino e rivestono il più ampio ruolo nella tutela della pace mondiale" <87.
Si consigliava, dunque, di approfondire l'indagine sui servizi segreti stranieri nel nord dell'Italia, soprattutto quelli russi e slavi, in collegamento con i comunisti italiani, indagine da condursi con alta priorità, da parte dei servizi di controspionaggio dell'OSS, non solo perché si trattava di una sfida per gli Stati Uniti in Europa da non declinare, ma anche perché offriva una splendida opportunità, favorita dalla "confusione del momento", la volatilità delle alleanze che "cambiano di giorno in giorno e si vendono al migliore offerente (se offerenti vi sono)", l'ambiguità e, infine, la mancanza di lealtà, per infiltrare su larga scala agenti americani in Italia <88.
In sintesi, l'intelligence americana evidenziava che una penetrazione su larga scala dell'Italia, non solo del paese, in quanto tale, e dei suoi servizi segreti, ma anche dei servizi segreti stranieri, ivi operanti, era viepiù necessaria, giacché molti paesi erano interessati all'Italia e molti lo sarebbero diventati, per le ragioni di cui sopra, mentre per gli Stati Uniti essa si presentava non solo possibile, ma anche favorita dalle seguenti condizioni: -l'ampia copertura, nel senso che l'Italia, più di ogni altro paese europeo, eccettuata la Germania, era stata messa in ginocchio dalla guerra e gli Stati Uniti, mostratisi più affidabili e meglio equipaggiati di ogni altra nazione, avrebbero potuto giocare un ruolo di prim'ordine nella ricostruzione economica italiana; - il favorevole atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti sia della polizia di Stato che dei servizi segreti italiani, con i quali l'OSS, come sopra visto, aveva nel corso della sua campagna d'Italia, instaurato ottime relazioni. Era, dunque, necessario che gli Stati Uniti si dotassero di un servizio permanente d'intelligence e, in particolare, di un potente e ramificato servizio di controspionaggio, al fine sia di garantire la sicurezza dello spionaggio 'positivo' sia di neutralizzare lo spionaggio da parte degli altri paesi stranieri in Italia e, così, controllare, anche indirettamente, l'intelligence di ogni potenziale nemico degli Stati Uniti in Europa.
Secondo le linee fondamentali della strategia d'intelligence postbellica dell'OSS nel Teatro del Mediterraneo, quindi, le operazioni speciali si sarebbero dipartite dall'Italia, quale centro strategico del Teatro del Mediterraneo e dalle sue stazioni sarebbero state dirette e coordinate e, in particolare:
- il servizio d'intelligence, di competenza del SI, avrebbe continuato a svilupparsi in e dai paesi del Teatro, sia neutrali sia occupati ovvero liberati, sotto la direzione dei comandi militari nei paesi, ove fosse costituito un Governo Militare Alleato con un comandante americano, ovvero di un rappresentante militare dell'OSS presso le competenti commissioni dell'ACC in quelli, dove si fosse insediata la Commissione Alleata di Controllo;
- le attività di competenza del SO sarebbero state, poi, circoscritte alle aree soggette all'occupazione e controllo militari e sarebbero state condotte secondo le direttive dei comandanti militari;
- la Research & Analysis (R & A) avrebbe proseguito la sua fondamentale attività di raccolta, analisi e studio d'intelligenze per conto dell'OSS e le altre agenzie militari americane.
"Le attività dell'OSS nel Teatro del Mediterraneo durante questo periodo saranno condotte in conformità della seguente politica:
1. Inizialmente le attività dell'OSS prescritte da questo programma saranno controllate e coordinate dalle stazioni in Italia. (…) Appena sarà cessato il bisogno di basi nel Mediterraneo (…) il personale dovrà essere trasferito o rilasciato appena possibile;
2. L'attività d'intelligence continuerà a svilupparsi in e da tutti i paesi occupati, liberati e neutrali del Teatro del Mediterraneo e si diffonderà in conformità alle previsioni del presente programma;
3. Nelle aree dove si sia insediato un governo militare alleato con a capo un comandante americano, l'attività d'intelligence dell'OSS sarà diretta da quest'ultimo;
4. La R & A continuerà a svolgere nel Teatro del Mediterraneo la sua funzione di raccolta e analisi delle intelligenze segrete per l'OSS, l'Esercito, la Marina, le Commissioni Alleate Centrali e i Capi delle Missioni Diplomatiche degli Stati Uniti(…);
5. Le attività del SO saranno limitate alle aree soggette all'occupazione e controllo militari e saranno condotte secondo le volontà dei comandanti militari (…);
6. Le unità dell'OSS dovranno essere assegnate al rappresentante militare anziano dell'OSS presso le competenti commissioni dell'ACC e assoggettate alla supervisione e controllo di quest'ultimo in quei paesi, ove tali commissioni si sono insediate;
7. Nel Teatro saranno sviluppati le comunicazioni e i relativi servizi, nei limiti in cui siano necessari allo svolgimento delle attività avanti delineate;
8. Richieste per un aumento dei fondi in vista dell'incremento di tali programmi saranno inoltrate nel rispetto delle regole in vigore a Washington e sul campo" <89.
Poste queste linee programmatiche complessive, gli obiettivi che l'OSS si prefisse di conseguire nel Teatro del Mediterraneo, nel periodo in esame, si concentrarono, primariamente, nello sviluppo e implementazione di una rete d'intelligence in e dall'Italia, compresa la Sicilia, da un lato, e nella conduzione di operazioni speciali a diretto supporto delle Forze militari nelle aree liberate e soggette all'AMG nonché in quelle ancora occupate dal nemico, dall'altro. Con riguardo particolare al primo obiettivo, il programma prescrisse che il SI dell'OSS del Mediterranean Theatre of Operations (OSS/MTO) si sarebbe avvalso delle fonti già acquisite e consolidate in Italia per l'acquisizione d'informazioni segrete ritenute importanti per l'esercito, la marina, l'OSS, l'AC e gli altri dipartimenti e agenzie governative statunitensi, mantenendo, così, le proprie basi in Italia, sempre nel rispetto delle direttive del Comando Militare Americano del MTO, l'AC, l'OSS dell'European Theatre of Operations (ETO) e l'OSS di Washington e, altresì, conservando stretti contatti con le altre basi del SI in Europa e coordinandosi con gli altri servizi segreti alleati. Per il conseguimento dei suddetti obiettivi furono pianificate le seguenti missioni:
a) raccogliere dalle fonti segrete informazioni militari, politiche, economiche, sociologiche, psicologiche e tutte quelle che fossero state richieste dalle agenzie competenti sopra citate;
b) elaborare e valutare le informazioni raccolte e trasmettere rapporti segreti al Comando Militare Americano del Teatro del Mediterraneo, all'AC, all'OSS del Teatro Operativo Europeo, all'OSS di Washington e al Capo delle Missioni Diplomatiche degli Stati Uniti <90;
c) classificare le informazioni raccolte secondo le seguenti categorie: -militari (concernenti "la posizione e la forza di bande di guerriglieri nemici ovvero gruppi di opposizione e sovversivi operanti in o dall'Italia, con particolare attenzione alle organizzazioni sviluppatesi di recente"; "attività di opposizione al controllo o al governo civile alleato"; "armi e dispositivi segreti, con particolare riguardo alle armi … non usate durante la guerra", "sviluppi scientifici segreti"; "metodi di comunicazione segreti"; "basi militari, stazioni radio e arsenali segreti in Italia e altrove"; piani di fuga clandestina di personale militare nazista e/o fascista in Italia o altrove; "tecniche di difesa segreta contro incursioni aeree o altre attività militari", etc.); -politiche (concernenti eventuali attività di contrasto al controllo o al governo civile alleato in Italia in violazione dei termini dell'armistizio; il Governo italiano, la sua composizione, le sue politiche sia interne sia internazionali e i rapporti con gli altri Poteri; partiti e gruppi politici; le attitudini politiche del popolo italiano, con particolare riguardo alle "reazioni alle politiche delle Nazioni Unite"; tendenze separatiste di alcuni elementi della popolazione; posizioni politiche della Chiesa; etc.); -psicologiche e sociali (concernenti la posizione e condizione dei prigionieri di guerra alleati in Italia); "il morale della popolazione italiana e gli effetti degli stenti vissuti in tempo di guerra"; "l'attitudine della popolazione italiana verso le Nazioni Unite"; effetti dei mutamenti demografici, etc.); -economiche e finanziarie (aventi a oggetto attività poste in violazione dei termini economici e finanziari degli accordi post-bellici); accordi commerciali, industriali o finanziari segretamente stipulati tra l'Italia e gli altri Stati; cartelli e affari che vedevano coinvolti anche gli interessi economici di Tedeschi e Fascisti; prove della continuità della partecipazione tedesca alla gestione delle industrie italiane e in particolare nel nord dell'Italia) <91;
d) provvedere, in collaborazione con l'OSS di Washington, ai necessari adattamenti dell'organico rispetto alle esigenze di implementazione del programma in esame.
Complementare fu, poi, uno speciale programma d'intelligence postbellico di competenza di un'altra fondamentale Divisione dell'OSS in Italia, lo X-2, titolare del servizio di controspionaggio dell'OSS, che, in una situazione che si prospettava pullulante di organizzazioni avverse di spionaggio, controspionaggio e sovversive operanti in e attraverso la penisola, anche dopo la cessazione delle ostilità, avrebbe dovuto non solo mantenere, ma anche estendere il suo servizio per l'Italia per tutto il periodo postbellico e, altresì, reclutare e addestrare personale aggiuntivo, ove richiesto dall'OSS per il Teatro del Mediterraneo, al fine di implementare il programma sopra enunciato.
[NOTE]
84 Si consultino i documenti finali delle conferenze di Yalta del febbraio 1945 e Potsdam del luglio 1945 che statuirono rispettivamente la ripartizione delle rispettive sfere d'influenza sull'Europa tra le potenze vincitrici e dopo la resa ufficiale della Germania, la definizione degli equilibri europei. Reperibili on line in www.lasecondaguerramondiale.it.
85 Si fa riferimento a un dettagliato studio, recante una data parzialmente illeggibile e annotata a mano probabilmente del 6 novembre 1945, sulle condizioni dell'Italia nel periodo postbellico e al ruolo dell'intelligence americana in Italia. L'autore è il capitano italo-americano Roberto Bellini, il quale antepose al proprio rapporto dattiloscritto alcuni commenti autografi di esemplare chiarezza. "Una stretta alleanza con l'Italia dipende dall'esito delle libere elezioni. Il pericolo dell'attuale collaborazione con l'Italia è di perdere la confidenza della Gran Bretagna che non scambierà rapporti con gli italiani. Inoltre, le difficoltà interne ai servizi italiani e i loro continui cambiamenti di personale rendono pericoloso mostrare le nostre carte ovvero puntare tutto su una sola cosa, pena il rischio di perdere. Per questa ragione [incomprensibile], dobbiamo lavorare pazientemente dietro le quinte sino a quando non saremo certi della scena politica italiana e non avremo una linea politica ben determinata da parte del nostro governo." A study of conditions in Italy and of their relation to American intelligence, in NARA, R.G. 226, E. 210, B. 396.
86 "Vent'anni anni di vita sotto un governo dittatoriale con la filosofia del 'diventa ricco senza lavorare', ha defraudato il popolo della sua iniziativa e aggravato la già esistente e universalmente nota allergia al lavoro onesto" A study of conditions in Italy cit., p. 3.
87 "However, to suppose that such establishment of status would prevent other countries from showing interest in Italy would be unwise. Although Italy will retain its sovereignty and will not become the physical property of any other country, varying degrees of interest will become manifest. The city of Rome, from the moment of its liberation, has been a center of intrigue, with representatives of Italian factions, the Vatican, the Balkan countries, the Allies and former Axis members and satellites - all forming alliances, advancing interests and spying on each other. Once a certain degree of control should be established over Italy, the methods and aims of its exploitation become the problems of the political analyst rather than of the counterintelligence operative, yet there is no doubt that such control, if control there must be, would be safest in the hands of the United States , which has non imperial axe to grind and which has the largest stake in world peace." A study of conditions in Italy cit., p. 1
88 Ivi, p. 2
89 Il rapporto Over-All and Special Programs for Strategic Services Activities in the Mediterranean Theater (Post-Hostilities), redatto dall'OSS -Planning Group Office- l'11 dicembre 1944, fu inviato al JCS a Washington per l'informazione, dopo aver ricevuto l'approvazione di Donovan. A esso sono allegati due speciali programmi concernenti l'uno, le attività d'intelligence di competenza del SI e l'altro, quelle di competenza dello X-2, denominati rispettivamente Special Program No. 1, MTO. Intelligence Program -SI (Post-Hostilities) e Special Program No. 1, MTO. Intelligence Program - X-2 (Post-Hostilities). Una copia fu inviata, per conoscenza, il 2 gennaio 1945 al Quartier Generale dell'OSS di Caserta e di questa è conservata traccia nei NARA, R.G. 226, E. 210, B. 396.
90 "MISSIONS: a. Collect military, political, economic, sociological, psychological, and such other information as may be required. b. Process and evaluate the information collected by SI and disseminate secret intelligence to the U.S. Military Commander/MTO, to the Allied Commission, to OSS/ ETO, to OSS/Washington, and to the Chief of the Diplomatic Mission of the United States." Over-All and Special Programs for Strategic Services Activities in the Mediterranean Theater (Post-Hostilities) cit., Special Program No. 1, MTO. Intelligence Program - SI (Post Hostilities), p. 3
91 "Operatives will be briefed to collect primarily from secret sources specific information of which the following classes are typical: (1) Military [sic] (a) Location and strength of any enemy guerrillas and other opposition and subversive groups operating in or from Italian territory with particular attention to newly developing organization. (b) Activities opposed to Allied control or civil government. (c) Secret weapons and devices, especially weapons or plans for weapons which were not used during hostilities. (d) Secret scientific developments. (e) Secret communications methods. (f) Secret military bases, radio stations, ad supply arsenals in Italy and elsewhere. (…) (h) Plans of German and Fascist military personnel to go underground in Italy and elsewhere. (i) Undisclosed techniques or defenses against air raids or other military activity. (2) Political [sic] (a) Activities in violation of the political terms of Allied control or civil government; (b) Composition of the Italian regime, attitudes and policies in domestic and foreign affairs, and relations with other powers. (c) Strenght, composition, intentions and motives or political factions and parties. (d) Political inclinations of all groups of the population; local feeling on political questions; reactions to United Nations policies. (e) Separatist tendencies of various elements of the population. (f) Political policies of church groups, and their activities. (g) Reactions to Allied control policies (…) 3) Psychological and Social [sic] (a) Location and condition of Allied prisoners of war and foreign labor groups. (b) Morale of the Italian people - effects of war time privations. (c) Attitude of the people toward United Nations. (d) Effects of shifts of population. (4) Economic and Financial [sic] (a) Activities in violation of the economic and financial terms of post - hostilities agreements. (b) Existence and terms of secret commercial industrial or financial agreements between the Italian government and other states. (c) Present status of cartel arrangements in which Nazi or Fascist business interests participated. (d) Evidences of continued German participation in Italian baking and industry, particularly in Northern Italy." Over-All and Special Programs for Strategic Services Activities in the Mediterranean Theater (Post-Hostilities) cit., Special Program No. 1, MTO. Intelligence Program - SI (Post Hostilities), pp. 4 e 5.

Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012 

L’OWI, dal canto suo, aprì la propria sede centrale in Italia a Roma, nell’estate del 1944. In teoria, il suo ruolo era quello di ufficio stampa, per la diffusione delle informazioni sulle attività belliche dell’esercito americano, ma la Commissione alleata di controllo lo trasformò in uno strumento più potente: non solo il bollettino curato dall’ufficio divenne l’unico strumento per conoscere le notizie di agenzia (e tale sarebbe rimasto fino al gennaio 1945, quando iniziò la sua attività l’ANSA), ma l’OWI divenne il fornitore di carta per i giornali, ed un bene così prezioso per l’informazione in tempo di guerra fu gestito per influenzare la linea editoriale delle redazioni della capitale <124.
Con la fine del conflitto, le strutture create dall’OWI e dal PWB non furono immediatamente smantellate, e la loro attività divenne un punto di riferimento per le azioni successive. In particolare, la propaganda organizzata favorevole agli Stati Uniti rimase attiva, tramite gli uffici USIS (United States Information Service), che già l’OWI aveva istituito in oltre quaranta ambasciate <125. Formalmente, il ruolo di tali agenzie era quello di curare i rapporti tra le rappresentanze ufficiali del governo americano e i mezzi di informazione dei paesi ospitanti, fornendo notizie ed informazioni di carattere ufficiale sugli Stati Uniti; negli anni della guerra fredda esse agivano da centrali di controllo dell’opinione pubblica dei paesi ospitanti, e cercavano di orientarla in senso favorevole agli USA <126. L’OWI fu poi soppresso nell’estate del 1945, ma con l’irrigidimento delle tensioni internazionali a partire dal 1947, si ebbe una riorganizzazione delle strutture di definizione della strategia propagandistica internazionale: a novembre il National Security Act istituì il National Security Council, destinato all’elaborazione della politica internazionale americana <127. Il progetto era di riproporre in tempo di pace, e in chiave marcatamente antisovietica, alcune delle attività propagandistiche sperimentate nel conflitto, a imitazione di quanto andava tentando di organizzare la Gran Bretagna <128, ma su una scala assai più vasta.
[NOTE]
124 Cfr. R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia cit., pp. 57-58 e 102. Utili riferimenti comparativi con le strutture che agivano in altri paesi, occupati per un periodo più lungo sono N. Pronay, K. Wilson (eds.), The Political Re-Education of Germany and her Allies after World War II, London-Sidney, Croom Helm, 2001, e R. Wangneitner, Coca-Colonization and the Cold War. The Cultural Mission of the United States in Austria after the Second World War, Chapel Hill-London, The University of North Carolina Press, 1994, pp. 84-107.
125 Per un’idea del lavoro svolto nel corso del tempo dagli uffici USIS, una descrizione interessante è ancora quella di J.W. Henderson, The United States Information Agency, New York, Praeger, 1969, spec. pp. 128-162.
126 Walter L. Hixson, Parting the Curtain. Propaganda, Culture and the Cold War, Bakingstoke-London, Macmillan, 1998, pp. 2-4.
127 Sul ruolo del NSC nel mondo della propaganda, cfr. W. P. Dizard, Inventing Public Diplomacy cit., pp. 38-39 e ss.
128 Cfr. A Defty, Britain, America and Anti-Communist Propaganda. 1945-1953. The Information Research Department, London-New York, Routeledge, 2004, pp. XVIII-281.

Andrea Mariuzzo, Comunismo e anticomunismo in Italia (1945-1953): strategie comunicative e conflitto politico, Tesi di perfezionamento in discipline storiche, Scuola Normale Superiore di Pisa, 2006

lunedì 31 ottobre 2022

Ai primi anni Cinquanta risalgono molte delle operazioni clandestine più ambiziose messe in atto dalla Cia


Sull’argomento delle covert operations sarebbero successivamente tornate due direttive: la Nsc 5412/1 del 15 marzo 1954, e la Nsc 5412/2 del 28 dicembre 1955, che ampliavano le regole sulla base delle quali la Cia aveva agito sino ad allora <213. Questi ultimi due documenti arricchivano infatti la rosa degli obiettivi delle covert operations, che consistevano nel creare e sfruttare i problemi del comunismo internazionale; screditare il prestigio e l’ideologia del comunismo internazionale; limitare il controllo del comunismo su ogni area del mondo e rafforzare il consenso dell’opinione pubblica mondiale nei confronti degli Stati Uniti. Infine, alle covert operations veniva assegnato lo scopo di sviluppare un piano di resistenza efficace che, in caso di guerra, prevedesse la presenza di elementi civili di appoggio all’esercito, una base a partire dalla quale le forze militari potessero espandere le loro forze all’interno del territorio, e la presenza di facilities per eventuali fughe <214.
Nel quadro giuridico relativo alle covert operations rientra anche la direttiva Nsc 68 dell’aprile 1950, intitolata United States Objectives and Programs for National Security <215. Questo documento nasceva in un contesto profondamente mutato. Nel 1950, infatti, la nascita della Repubblica popolare cinese, la fine del monopolio nucleare statunitense e la guerra in Corea avevano aperto scenari cupi per la leadership americana e rendevano necessaria una revisione della strategia estera. L’Unione sovietica si stava infatti dimostrando un avversario ancor più temibile e tecnicamente competente di quanto previsto. La Nsc 68 rifletteva quindi l’esigenza di ristabilire la supremazia statunitense e di uscire dalla logica del contenimento, accusata di inerzia e passività. Era necessario reagire all’avanzata comunista in maniera più incisiva in quanto “una sconfitta in qualsiasi luogo” sarebbe stata percepita come “una sconfitta ovunque” <216. Nello specifico, il documento contiene gli strumenti necessari per garantire integrità e vitalità al sistema occidentale e per correggere le storture tipiche dei regimi democratici che l’Unione sovietica, spinta da una “fede fanatica” ed erede dell’imperialismo russo, avrebbe cercato di sfruttare per portare il continente euroasiatico sotto il proprio dominio. Nella realizzazione di questo disegno, gli Stati Uniti rappresentavano una minaccia permanente, in quanto l’idea di libertà di cui erano incarnazione era totalmente incompatibile con quella di schiavitù sovietica <217. La direttiva Nsc 68 contiene numerosi riferimenti al concetto di “credibilità”, una componente fondamentale per riaffermare la supremazia americana <218. Oltre alla reale distribuzione del potere, infatti, ciò che contava era il modo in cui l’immagine di forza e di fermezza degli Usa era percepita esternamente dal nemico sovietico, dagli alleati europei e dal resto del mondo. La direttiva ebbe tra i suoi principali effetti la “successiva militarizzazione della presenza americana in Europa, premessa per il riarmo della Germania e per la trasformazione del Patto Atlantico in North Atlantic Treaty Organization (Nato), una struttura militare che rendesse possibile la creazione di un esercito permanente in tempo di pace”. Inoltre, la Nsc 68 portò ad un incremento delle spese militari, che dai 22,3 miliardi di dollari (1951) salirono a 44 miliardi (1952) <219. “Ideologicamente e retoricamente sovraccarico”, il documento si inserisce nella serie di direttive volte ad imprimere un cambiamento alla politica estera e a integrare i mezzi tradizionali della politica, inadeguati nel contenere la crescita sovietica, attraverso il dispiegamento di mezzi dall’efficacia più diretta e immediata <220.
Un altro organismo che prese parte attiva nella guerra non ortodossa al comunismo fu, fin dalla sua creazione, la Nato stessa, che diede luogo ad una profonda revisione dei sistemi di sicurezza e di difesa statunitensi, con particolare riferimento alle operazioni clandestine condotte nei paesi dell’Europa occidentale <221. Attraverso protocolli segreti, la Nato assegnava ai servizi segreti dei paesi firmatari compiti di guerra non ortodossa contro il comunismo <222. Nel settembre 1951, ad Ottawa, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia crearono lo Standing Group, un comitato d’emergenza e direzione militare interno alla Nato, creato con lo scopo di dividere gli scacchieri militari in “gruppi regionali di operazioni”, e tra i cui compiti rientravano anche quelli relativi alla pianificazione di una strategia di guerra non convenzionale <223. Sempre a partire dal 1951, iniziò ad operare un altro organismo interno alla Nato nell’ambito della guerra non ortodossa: il Clandestine Planning Committee (Cpc), nato dall’approvazione di una direttiva del Saceur (Supreme Allied Commander in Europe) <224, da parte di Eisenhower, allora comandante delle forze Nato presso il Supreme Headquarters Allied Powers Europe (Shape) con sede a Bruxelles. Il Cpc aveva lo scopo di pianificare, preparare e dirigere guerre clandestine condotte da Forze speciali e dalla Stay Behind net in Europa <225. Quest’ultima rappresentò una rete clandestina operante in tutti i paesi del Patto Atlantico allo scopo di impedire l’espansione del comunsimo in Europa occidentale e, in caso di aggressione esterna, di organizzare la resistenza in ottemperanza della dottrina Nato della “difesa arretrata e manovra in ritirata” <226. In assenza di un attacco diretto, che effettivamente non avvenne mai, la rete servì principalmente ad organizzare una guerra occulta contro i Partiti comunisti dell’Europa occidentale, cui doveva essere impedito di ottenere il potere pena la compromissione della collocazione atlantica dei paesi stessi. Di fatto, le organizzazioni di Stay behind furono coinvolte, a partire dagli anni Cinquanta, in azioni sfuggite al controllo dei governi europei e non conformi alle loro costituzioni. Tali strutture avrebbero inoltre agito subordinatamente agli obiettivi di un più vasto e continuativo disegno atlantico, cui erano strettamente legati per mezzo di accordi militari e protocolli segreti. Rimasta a lungo occultata, dell’esistenza della Stay behind si sarebbero avuto le prime informazioni nell’ottobre 1990, grazie alle dichiarazioni dell’allora Presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti <227. Un’altra costola della guerra non ortodossa in Europa fu l’Allied Clandestine Committee (Acc), che a partire dal 1958 fu preposto al coordinamento delle varie reti di Stay behind europee e, come il Cpc, direttamente sottoposto al controllo degli Stati Uniti e collegato al Saceur <228.
La convinzione che le operazioni di tipo non convenzionale fossero lo strumento più efficace nella lotta al comunismo portò gli Stati Uniti ad impegnarsi in molte parti del mondo, attraverso una grande molteplicità di strumenti: l’elargizione di cospicui finanziamenti ai partiti di centro, il sostegno ai sindacati anticomunisti, la propaganda e l’infiltrazione di gruppi di resistenza armata. Oggi, le attività illegali della Cia sono note grazie ai lavori delle diverse commissioni di inchiesta statunitensi che si susseguirono in seguito allo scandalo Watergate, e che finirono per travolgere la reputazione dell’agenzia di intelligence <229. Le prime attività clandestine di carattere offensivo furono rivolte ai paesi dell’Europa dell’Est e ai paesi satelliti dell’Unione Sovietica, in particolare nei confronti dei paesi baltici e dell’Ucraina. In queste “denied areas” i servizi segreti americani operarono su due fronti: da un lato, misero in campo un’intensa attività di propaganda contro l’Unione sovietica, attraverso i canali ufficiali come The Voice of America, ma anche attraverso la creazione di apposite stazioni radiofoniche come Radio Liberty e Radio Free Europe <230. Gli Stati Uniti sfruttarono inoltre i contatti con le forze politiche antistaliniste, e l’infiltrazione di agenti locali. Le prime azioni di carattere difensivo furono invece destinate all’Europa occidentale, soprattutto a Francia e Italia, ove il peso del Partito e del sindacato comunista rischiava di consegnare i due paesi al blocco comunista. L’intervento più significativo ebbe luogo nei mesi che precedettero le elezioni italiane del 1948. In quell’occasione, gli Stati Uniti affiancarono a interventi di propaganda palese, volti alla costruzione di una immagine positiva di sé, covert operations come il finanziamento occulto alle forze politiche e ai sindacati anticomunisti <231.
A partire dagli anni Cinquanta, la stabilizzazione dell’Europa e il cambio ai vertici dell’amministrazione statunitense, con l’elezione di Eisenhower, portarono la Cia a rivolgere il proprio interesse verso scenari extra europei, ove il processo di decolonizzazione apriva nuovi contrasti con l’Urss <232. A questi anni risalgono molte delle operazioni clandestine più ambiziose messe in atto dalla Cia <233. Molte di queste si conclusero con clamorosi insuccessi, causati dalla superficialità e dalla scarsa lungimiranza con cui la componente operativa della Cia ne faceva un uso indiscriminato. Più che per gli effetti prodotti sul comunismo, queste operazioni sono ricordate per essersi tradotte in limitazioni “della libertà di espressione e di associazione”, in piani di detenzione d’emergenza per presunti “sovversivi”, in violazioni di diritti civili, e soprattutto in “liste nere”, “esecuzioni sommarie”, arresti per semplici “reati di opinione”, e nel “ricorso a dittature militari” <234. Nonostante ciò, le covert operations poterono godere sempre di una grande popolarità all’interno dell’establishment statunitense, divenendo uno strumento il cui ricorso fu costante per tutta la durata della guerra fredda <235. Questo fu principalmente dovuto alla “ubiquità strategica” delle covert operations, quindi alla loro flessibilità, “standardizzazione”, e alla facile applicabilità in contesti e situazioni diverse <236. Un’altra caratteristica che rese le covert operations uno strumento imprescindibile della politica estera americana fu la loro economicità, funzionale a contenere le spese militari senza compromettere la sicurezza e la difesa del blocco occidentale <237. In ultimo luogo, alla legittimazione delle covert operations concorse il ruolo svolto “dalla mentalità della guerra fredda ma anche dalla crescente frustrazione riguardo la passività della politica estera statunitense, che in quegli anni tendeva al “contenimento” dell’Unione sovietica. Alla crescente legittimazione della Cia corrispose così un costante potenziamento delle strutture e degli strumenti destinati alle covert operations” <238.
[NOTE]
213 L. Sebesta, L’Europa indifesa. Sistema di sicurezza atlantico e caso italiano. 1948-1955, Firenze, Ponte alle Grazie, 1991, p. 215.
214 Frus, 1950-1955, The Intelligence Community, NSC 5412/1, Covert Operations, Washington, 12 marzo 1955, pp. 624-625, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1950-55Intel/pg_624; Frus, 1950-1955, The Intelligence Community, NSC 5412/2, Covert Operations, Washington, undated, pp. 746-747, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1950-55Intel/pg_746.
215 Nsc 68, United States Objectives and Programs for National Security, 14 aprile 1950, disponibile al link: https://www.trumanlibrary.org/whistlestop/study_collections/coldwar/documents/pdf/10-1.pdf.
216 Ibid. p. 8.
217 Ibid., p. 38.
218 M. Del Pero, Libertà e impero, cit. p. 301.
219 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 774.
220 M. Del Pero, Libertà e impero, cit. p. 302.
221 D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato. Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2008, p. 38.
222 P. Willan, I Burattinai. Stragi e complotti in Italia, Napoli, Tullio Pironti, 1993, p. 33.
223 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 788; G. Pacini, Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1991, Torino, Einaudi, 2014, p. 178.
224 Il Saceur nacque come il comando unificato supremo, con uno stato maggiore (lo Shape), che riuniva gli ufficiali dei diversi paesi alle dipendenze dell’autorità comune della Nato.
225 D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato, cit. p. 39.
226 Tale dottrina prevedeva che fosse lasciata, “all’inizio delle ostilità, una parte del territorio nazionale in mano all’avversario, per poi rallentarne l’avanzata e logorarlo”. Lo scopo era quello di far arretrare le proprie forze e sistemarle in posizioni più idonee da cui sarebbe partita la controffensiva. In estrema sintesi, quindi, tale dottrina comportava la nascita di determinate strutture paramiliari che, “anziché cercare di respingere sul nascere un’invasione e rischiare di essere decimati fin da subito, rimanessero “in sonno” per alcune ore, lasciando avanzare il nemico per poi prenderlo alle spalle”. G. Pacini, Le altre Gladio.p. 179.
227 D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato, cit. p. 7.
228 Ibid., cit. p. 39.
229 Verso la metà degli anni Settanta il Parlamento statunitense avviò tre indagini, le cui relazioni finali restano ancora oggi un punto di riferimento per ricostruire l’espansione dei poteri della Cia e del Pentagono al di fuori fuori del controllo democratico. Le tre Commissioni incaricate di condurre queste indagini furono la Pike Committee, la Church Committee, e la Murphy Committee. D. Ganser, Gli eserciti segreti della Nato, cit. p. 377.
230 J. Campbell, American Policy Toward Communist Eastern Europe: The Choices Ahead, Minneapolis, The University of Minnesota Press, 1965, p. 88; V. Marchetti, J. Marks, Cia, cit. p. 43.
231 A. Silj, Malpaese. Criminalità, corruzione e politica nell’Italia della prima Repubblica. 1943-1994, Roma, Donzelli, 1994, p. 31.
232 La questione coloniale fu centrale nella definizione dei rapporti tra le due potenze. Il modello socialista e l’Urss, per le loro posizioni notoriamente antiimperialiste e a favore dei paesi sottosviluppati, furono assurti a modello di riferimento delle forze nazionaliste locali, e Stalin strumentalizzò questa posizione, con conseguenze nefaste per il modello di sviluppo e di indipendenza dei Paesi del Terzo mondo, che finirono sotto una nuova forma di imperialismo. E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 924.
233 A. Colonna Vilasi, Storia della Cia, Roma, Sovera Edizioni, 2014, p.17.
234 Ibidem.
235 L. K. Johnson, American Secret Power, cit. p. 100.
236 M. Del Pero, Cia e covert operation nella politica estera americana, p. 709.
237 J. L. Gaddis, Strategies of Containment, cit. pp. 225 e ss; L. Sebesta, L’europa indifesa, cit. pp. 213-215.
238 A. Colonna Vilasi, Storia della Cia, cit. p. 18.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020

domenica 6 febbraio 2022

La prima struttura paramilitare di guerra non ortodossa fu l'organizzazione “O”


Nel 1985 il giornalista Gaetano Contini pubblicò un «documento inedito» redatto presumibilmente verso la fine del 1945 e firmato in calce da Aldo Gamba, l’agente organizzatore del servizio informativo Reseau Rex, creato nel 1944 per raccogliere informazioni, documenti, ordini repubblichini e per avvisare tempestivamente il comando italiano delle azioni che questi organizzavano contro i partigiani <3. In quel periodo Gamba si trovava al comando del 1° Squadrone autonomo, un reparto della Polizia militare segreta sottoposto agli ordini del FSS britannico, con sede a Brescia <4.
Tale documento sarebbe stato scritto da un «informatore» di Gamba, il quale evidentemente lo ritenne attendibile se decise di inoltrarlo con la propria firma, ed è intitolato “Il piano Graziani per la resurrezione del fascismo”.
Il “piano Graziani” prende il nome dal ministro della guerra della RSI Rodolfo Graziani, che fu denunciato alle Nazioni Unite, già durante il conflitto, per crimini di guerra: fu governatore della Libia dal 1930 al 1934, dove “pacificò” la Cirenaica mediante deportazione di circa 100.000 persone, bombardamenti all’iprite, esecuzioni sommarie e torture anche di vecchi donne e bambini; il comandante della resistenza libica, il settantatreenne Omar el-Muktar, il “leone del deserto”, fu impiccato dopo un processo sommario il 16/9/31. Tra il 1935 ed il 1936 Graziani comandò le operazioni militari contro l’Abissinia, utilizzando anche qui le bombe all’iprite. Nominato viceré d’Etiopia nel 1937, sfuggito ad un attentato il 19/2/37, ordinò una repressione che provocò 3.000 morti secondo le fonti britanniche e 30.000 secondo quelle etiopiche. Si ricorda in particolare il massacro del monastero di Debre Libanos, dove furono uccisi più di 1.500 monaci, molti dei quali giovanissimi diaconi <5.
Rientrato in Italia, nel 1938 Graziani firmò il Manifesto per la difesa della razza e, rimasto fedele al “duce”, dal settembre 1943 ricoprì la carica di ministro delle Forze armate della RSI.
Torniamo all’informativa sottoscritta da Gamba, che si basa su quanto segue: i documenti rinvenuti nell’archivio di Barracu <6 con riferimento ad una organizzazione segreta costituita «per la salvezza del fascismo»; un considerevole deposito di armi trovato nello stabile di piazza San Sepolcro dove aveva avuto sede il Partito fascista; un altro arsenale scoperto pochi giorni prima a Trezzo d’Adda; infine quanto risultava da un processo svoltosi a Pavia «per documenti falsi» dove veniva confermata la «strabiliante offerta» avanzata dall’allora ministro Graziani nel dicembre 1944 ai Comitati di liberazione (qui l’informatore non entra nei particolari ma si presume intenda parlare dei tentativi di collaborazione che delineeremo nell’esposizione successiva).
L’informatore sostiene che questi dati «non hanno aperto che un sottile spiraglio di luce su un vasto diabolico progetto da lungo tempo predisposto e in esecuzione anche in tutto il periodo di lotta clandestino» ed a questo punto parla di una «riunione segreta» che si sarebbe svolta nell’ottobre del 1944 presso la sede della Legione Muti a Milano, riunione tenuta da Graziani alla quale presero parte «elementi politici» della RSI, che non erano «prefetti, gerarchi e pubblicisti», ma i comandanti della legione Muti, delle Brigate nere, della GNR e due questori (uno era il questore di Milano Larice), oltre ai capi dei servizi di spionaggio, i «torturatori e gli aguzzini».
Graziani avrebbe loro delineato il progetto che intendeva realizzare, data ormai per certa la sconfitta militare del fascismo, per la sopravvivenza politica del medesimo: le truppe germaniche si sarebbero ritirate, seguite dal grosso dell’esercito italiano, ma i «politici» (cioè i partecipanti alla riunione) sarebbero rimasti, «celandosi e camuffandosi per fare azione di sabotaggio nelle retrovie, opera di disgregazione all’interno dell’Italia» (sostanzialmente un progetto stay behind) perché (e qui l’informatore dice di riferire le parole di Graziani, da lui definito «iena») «non è necessario vincere la guerra perché il fascismo e i fascisti possano, sia pure dietro altre bandiere, salvarsi».
«Immettere il maggior numero di strumenti fascisti entro le nostre organizzazioni clandestine, mandando in galera gli antifascisti veri, scompigliando le loro trame, creare fino da allora forti posizioni fasciste entro le fila dell’antifascismo, preparare ingenti quantitativi di armi e denaro e poi, dopo il crollo del fascismo iscriversi in massa ai partiti antifascisti, sabotare ogni opera di ricostruzione, diffondere il malcontento, fomentare moti insurrezionali e preparare sotto qualsiasi insegna la resurrezione degli uomini e dei loro metodi fascisti», scrive l’informatore. E poi riferisce le «particolareggiate, minutissime disposizioni» di Graziani: «organizzare delle bande armate che funzionino segretamente e che aggiungano altre distruzioni a quelle che prima di andarsene effettueranno i tedeschi, che esercitino in tutto il Paese il brigantaggio, che si mescolino alle manifestazioni popolari per suscitare torbidi. Ma soprattutto mimetizzati, penetrare nei partiti antifascisti e introdurvi fascisti a valanga, propugnare le tesi più paradossalmente radicali ed il più insano rivoluzionarismo, sabotare e screditare l’opera del governo e soffiare a più non posso in tutto il malcontento inevitabile», in modo da suscitare «il rimpianto del fascismo» e permetterne il ritorno al potere.
Le manovre di Guido Zimmer.
Non siamo in grado di dire se fu questo piano ad ispirare le manovre del tenente delle SS Guido Zimmer o se fu invece il piano di Graziani ad essere ispirato dai metodi di infiltrazione nazisti, metodi che questo ufficiale applicò in modo esemplare.
Zimmer era stato inviato a Roma nel 1940 quale membro della sezione estera dei servizi segreti del Reich e nel 1941 fu posto agli ordini del maggiore delle SS Herbert Kappler; nel settembre 1943 fu mandato a Genova «dove partecipò alla caccia agli ebrei»; nel 1944 fu trasferito a Milano sotto le dipendenze dirette di Walter Rauff (a capo del Comando interregionale delle SS che comprendeva Piemonte, Lombardia e Liguria), dove proseguì con la persecuzione antiebraica, arricchendosi con i beni sottratti alle vittime. Nello stesso tempo costituì «una rete di agenti locali disposti a collaborare con la Germania» al momento in cui gli Alleati avessero liberato l’Italia, ma nel novembre 1944 «avviò i contatti con i servizi segreti americani in Svizzera» <7 dando il via all’Operazione "Sunrise" per la cosiddetta “resa separata”. Tale operazione, condotta dai servizi segreti statunitensi e svizzeri, era finalizzata a portare l’esercito germanico alla resa incondizionata nell’Italia del Nord e nell’Austria occidentale, evitando però sia che i nazisti si arroccassero nel cosiddetto “ridotto alpino” continuando a combattere ad oltranza, sia la minacciata distruzione degli stabilimenti industriali italiani e del porto di Genova: ma di fatto permise a molti esponenti nazisti di alto livello di non essere processati e condannati per crimini di guerra. I personaggi chiave di questa operazione furono il futuro capo della CIA Allen Dulles, il maggiore del servizio segreto svizzero Max Waibel ed il capo della polizia tedesca e del Sicherheits Dienst in Italia, il generale Karl Wolff <8. In questo contesto storico e politico Zimmer infiltrò nella Resistenza milanese un agente di origine ungherese, Andreas Zolomy, che (scrive lo storico Giorgio Cavalleri «riesce ad entrare in contatto con la cellula di un ex volontario della guerra di Spagna, Agostino Casati, Raimondo, assai critico nei confronti della linea moderata del segretario del PCI Togliatti (…) cerca di convincere i suoi compagni (…) che l’ideologia del partito è troppo “morbida” e devono essere pronti al sabotaggio in grande stile». È lo stesso Zimmer a finanziare la stampa dei volantini (definiti “provocatori” da Cavalleri), e dopo alcuni mesi di questa attività, «nel gennaio ’45 l’ungherese rompe i contatti (…) passando nelle file partigiane. Incredibilmente Zimmer non lo arresta, limitandosi a spiarne le mosse» <9. Zolomy (noto anche come Bandi) è indicato da Stefano Porta (collaboratore di Edgardo Sogno) come il delatore che ai primi di gennaio del 1945 causò l’arresto a Milano del presidente del CLNAI Ferruccio Parri (appena rientrato da una missione a Roma iniziata nel novembre 1944, cui aveva partecipato anche Sogno) e dell’agente della rete di intelligence anglo-italiana Nemo Teresio Grange <10; di Zolomy leggiamo inoltre che era un «ex agente dell’Ufficio Quarto dei servizi segreti nazisti di Milano, arrestato nel maggio 1945 passò a lavorare con gli statunitensi» <11.
Anche Guido Zimmer, subito dopo la resa, tornò in Italia «in divisa militare americana», ma nello stesso tempo continuava a «costruire la rete Stay Behind nazista» e «grazie ai buoni uffici di Dulles» divenne segretario del barone Luigi Parrilli, che nell’Operazione Sunrise aveva fatto da mediatore tra l’OSS ed i nazisti <12; fece domanda per la cittadinanza italiana, ma nel 1948, insieme ad altre ex SS, «lavorò per i servizi segreti della Germania federale» <13.
Le infiltrazioni della Franchi e le manovre di Edgardo Sogno.
Vanno qui inserite alcune dichiarazioni del generale dei Carabinieri Nicolò Bozzo (comandante di un nucleo speciale antiterrorismo all’interno della struttura diretta da Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1978), relativamente ad un colloquio avuto negli anni ’70 con un «capo partigiano della Brigata Garibaldi» del Vercellese, il quale gli avrebbe raccontato «una storia dai risvolti a dir poco inquietanti», riguardante l’attività dell’organizzazione Franchi. Prima di proseguire dobbiamo quindi aprire una parentesi su questa organizzazione comandata da Edgardo Sogno, il conte torinese tenente di cavalleria che nel 1938 andò volontario in Spagna a combattere dalla parte dell’insorto generalissimo Francisco Franco, non perché fosse fascista, precisò, ma per combattere il comunismo: in effetti l’anticomunismo di Sogno fu una costante quasi maniacale che influenzò tutta la sua vita e la sua attività politica. Al momento dell’armistizio Sogno si trovava in Piemonte e decise di scendere al Sud per riunirsi all’esercito monarchico del legittimo governo italiano; si mise a disposizione del ricostituito SIM per andare in missione nell’Italia del Nord, e fu inserito nella Rete Nemo; a fine novembre 1943 fu paracadutato nel biellese assieme ad altri agenti, che però si dispersero. In seguito Sogno, dopo varie traversie, contatti, collegamenti, azioni fortunose e travagliate, spesso in disaccordo col maggiore Page della Special Force, ma supportato da John Mc Caffery (il dottor Rossi, ufficiale britannico di collegamento col CVL insediato in Svizzera), diede vita alla Franchi (dal suo nome di battaglia Franco Franchi) che definisce «un’organizzazione militare autonoma, in collegamento diretto con gli Alleati e con il Comando italiano del Sud» <14. Nel corso del primo incontro con Mc Caffery a Berna, l’agente britannico disse a Sogno che Londra approvava il suo passaggio dal campo informativo a quello attivistico perché «le notizie è meglio farle che mandarle» <15.
Vediamo ora le affermazioni del generale Bozzo: in sintesi, uomini della Franchi si sarebbero inseriti nelle formazioni comuniste, ad esempio il futuro magistrato Adolfo Beria D’Argentine (che ritroveremo tra i collaboratori di Sogno negli anni ’70) si sarebbe introdotto nei gruppi di Francesco Moranino Gemisto, facendone arrestare diversi elementi; sfuggito alla cattura, dopo alcuni mesi entrò nelle formazioni repubblichine. Così lo avrebbe “scagionato” il suo superiore: «alla fine della guerra Sogno stesso consegnò una dichiarazione alle autorità militari in cui si riconosceva che Beria D’Argentine, già “garibaldino”, si era arruolato nelle forze armate delle Repubblica Sociale di Salò per fare il doppio gioco» <16.
Il generale Bozzo aggiunse che «nell’ultima fase della guerra partigiana, un certo numero di repubblichini in contatto con uomini della Franchi avevano infiltrato diverse Brigate Garibaldi per indurle a compiere azioni particolarmente efferate, in modo da metterle in cattiva luce agli occhi dell’opinione pubblica o per portarle all’annientamento soffiando informazioni ai reparti della RSI» <17; e che «le persone utilizzate per le infiltrazioni «erano uomini e donne» che avrebbero agito per conto di «qualche servizio segreto alleato (…) una struttura (…) che non si è mai sciolta ed è tutt’ora operante dietro il terrorismo rosso e nero».
Bozzo avrebbe riferito un tanto al suo superiore, che in seguito lo convocò ad un incontro con Edgardo Sogno, al quale però, Sogno non volle che Bozzo fosse presente. E dopo il colloquio, Dalla Chiesa avrebbe detto a Bozzo «lascia perdere (…) è una storia più grande di noi, qui siamo a livelli internazionali, le BR non c’entrano più» <18.
Di quanto Sogno metterà in atto nel dopoguerra, avremo modo di parlare diffusamente in seguito.
Le ultime direttive del Piano Graziani.
Torniamo al “piano” di Graziani, che avrebbe parlato anche delle «trattative che taluni elementi della corrente più moderata del fascismo, ed altri in malafede, cercavano di allacciare con gli esponenti della lotta clandestina, per addivenire ad un modus vivendi» che ponesse «tregua alla cruenta lotta fratricida». Tali trattative, disse Graziani «vanno benissimo», perché «dobbiamo avvicinare gli antifascisti, illudendoli con vaghi progetti di pace separata, di ritorno alla legalità ed alla libertà, di rivendicazioni socialiste, stabilire così molti contatti, scoprire le loro file ed i loro covi», per poi arrivare ad una «notte di San Bartolomeo, con il preventivo sterminio dei preconizzati nostri successori» precisando però che «i tribuni» e «gli agitatori» andavano lasciati in pace perché «possono servire pure a noi», ma per «decapitare il nemico» bisognava colpire «gli intellettuali veri, le competenze tecniche, le reali capacità politiche ed amministrative».
Nel febbraio successivo, conclude l’informatore di Gamba, si svolsero altre riunioni durante le quali Graziani avrebbe impartito gli stessi ordini a tutti gli iscritti, «raccomandando soprattutto la più vasta penetrazione entro i partiti antifascisti». Di queste «tenebrose manovre», aggiunge, sarebbe stato «tempestivamente» informato il SIM, invitato inoltre ad avvisare i partiti per sventare questo «tranello che si tendeva loro». Ma i partiti invece «spalancarono senza alcuna precauzione le porte» ed il 25 aprile si videro «frotte di squadristi e di ex militari repubblichini tra i volontari della libertà» <19.
[...] Scrive Pier Giuseppe Murgia che Bonfantini all’interno del CLN rappresentava «la corrente socialdemocratica ante litteram» in quanto agiva «spesso all’insaputa degli altri esponenti del partito in operazioni politicamente spericolate», in modo «antitetico a quello di uomini come Morandi, Pertini e Basso»; e «fu lui ad avallare quel pasticciaccio della pacificazione tra fascismo e socialismo portata avanti (…) da Silvestri <20 per cui si sarebbe dovuto verificare il trapasso senza rotture violente del fascismo della RSI al socialismo colla benedizione del transfuga pentito Mussolini» <21.
Carlo Silvestri sarebbe stato anche l’autore di una lettera, concordata con Mussolini e da presentare al Partito Socialista, nella quale si affermava che Mussolini desiderava «consegnare la repubblica sociale ai repubblicani e non ai monarchici, la socializzazione e tutto il resto ai socialisti e non ai borghesi»; tale documento, presentato a Bonfantini ed altri dirigenti socialisti fu da Pertini respinto «con sdegno» <22.
Murgia aggiunge che Bonfantini affidò a Silvestri l’incarico di «costituire uno speciale reparto militare con l’incarico di impedire le fucilazioni di fascisti»: incarico per il quale si avvalse non solo di personale delle Matteotti ma anche entrando in contatto con «comandanti e ufficiali delle formazioni monarchiche che si dimostrano i più pronti a collaborare» <23.
[...]
Il salvataggio del maresciallo Graziani.
Furono infine le Matteotti ad operare l’arresto del maresciallo Graziani, che fu poi consegnato all’agente dell’OSS Emilio Daddario, nome in codice "Mim", giunto a Palermo già nel dicembre 1943 «inviato dal colonnello Vincent Scamporino probabilmente per partecipare alle trattative di resa dei tedeschi in Italia» <37. Daddario divenne in breve il vice di Max Corvo (il giovane funzionario dell’OSS che fu posto a capo delle operazioni in Italia dal 1943) che gli affidò un compito assai delicato, la cattura di Mussolini e di alcuni ministri della Repubblica sociale; operazione che «aveva anche lo scopo di sottrarre ai partigiani Mussolini, altrimenti destinato a morte certa» <38.
Così "Mim" andò a Cernobbio (CO) dove il 27 aprile (con il consenso del generale Cadorna) accettò la resa di «tre importanti prigionieri di guerra: il maresciallo Graziani, il generale Bonomi dell’aviazione e il generale Sorrentino dell’esercito», li prese in consegna e li condusse a Milano dove li «tenne ben protetti» <39. A questo proposito Fucci scrive che Tullio Lussi Landi (che era stato nominato capo del Servizio informativo del CLN al posto di Enzo Boeri, arrestato il 27 marzo dai nazisti) fu convocato da Daddario alla sede delle SS all’Hotel Regina il 28 aprile, vi trovò Rauff e l’agente di Daddario Vittorio Bonetti, in divisa rispettivamente germanica ed italiana e Graziani, prigioniero, da portare in salvo dalla folla che reclamava la sua consegna. Nella biografia di Guido Mosna Farina, rappresentante socialista nel Comando del CVL, leggiamo di un «episodio del 29 aprile ’45 in cui alcuni combattenti dell’8ª Brigata Matteotti tenevano in arresto, in una camera dell’Hotel Milano, il maresciallo Rodolfo Graziani, ministro della guerra della RSI, minacciandolo di morte. Cadorna risolse personalmente la situazione, portando con sé i socialisti Mosna e Stucchi per far opera di persuasione coi partigiani, e il prigioniero fu condotto incolume al carcere di San Vittore» <40. Graziani fu trasferito il 29/4/45 al comando del IV corpo d’armata corazzato americano di stanza a Ghedi (BS).
[...] Fu nello stesso periodo che nacque l’operazione Demagnetize: il 14/5/52, in seguito alla decisione dei Capi di Stato maggiore della CIA e dei servizi segreti militari di Francia e Italia (i due paesi dell’Europa occidentale con i partiti comunisti più forti) veniva emesso un documento nella quale si pianificava l’avvio di «operazioni politiche, paramilitari, ideologiche» per indebolire i comunisti dei due paesi, in quanto «la riduzione della forza dei comunisti in Italia e in Francia è un obiettivo di massima priorità» da ottenere «con l’impiego di ogni mezzo, comprese una guerra segreta e azioni terroristiche». Di tale piano, si specificava, sarebbe stato possibile non mettere mai al corrente i governi italiano e francese «in quanto è chiaro che questo programma può interferire con le rispettive sovranità nazionali» <49.
[NOTE]
3 Sul Reseau Rex, definito da Aldo Giannuli «il più importante servizio informativo dopo la Franchi» (cfr. Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro, Tropea 2011, p. 30; la Franchi era il servizio informativo di Edgardo Sogno, di cui parliamo più avanti), si vedano Franco Fucci, Spie per la libertà, Mursia 1983, p. 213 e seguenti; Marco Fini e Franco Giannantoni, La Resistenza più lunga, SugarCo 2008, p. 327-328. La biografia di Gamba (deceduto nel 1996) è ricostruita da un appartenente alla divisione Tito Speri della Valcamonica: l’agente, già autore di articoli antisemiti sul Popolo d’Italia, era giunto dalla Svizzera (presumibilmente all’inizio del 1944) assieme ad un non meglio identificato «figlio del Generale dei Carabinieri», affermando di essere inviato dal governo svizzero per assumere informazioni sulla situazione politica e sull’attività partigiana nell’Alta Italia; di essere già stato nel Veneto e nel Piemonte, dove le cose «vanno bene», e di essere «fiducioso» nei lanci alleati. Dopo alcuni contatti con i partigiani giunse la notizia che Gamba era stato arrestato a Milano il 21/4/44 ma non vengono specificate le circostanze del rilascio (http://www.bs.unicatt.it/materiali/ricerca/archivioresistenza/volume1.pdf). In altra sede Gamba parlò della vicenda delle cosiddette “casse di Dongo”, cioè di quattro casse di documenti di Mussolini che erano scomparse, due affondate dai fascisti nel Lago di Garda, altre due abbandonate alla Prefettura di Milano, dove una sparì e l’altra da lui consegnata «alle autorità del nascente Stato Repubblicano», scomparsa durante il trasporto verso Roma (Federico Pellizzari, “Vi racconto che fine hanno fatto le casse del duce”, Il Giorno, 22/8/00).
4 Il documento, pubblicato nella rivista Storia Illustrata del novembre 1985 col titolo “Getteremo l’Italia nel caos”, è conservato nell’ACS di Roma, fondo Polizia Militare di Sicurezza, busta 2. Nell’articolo Contini scrive erroneamente che la FSS (Field Security Section, la sezione dell’Intelligence Service britannico assegnata alle unità campali con compiti di sicurezza e controspionaggio) faceva parte dell’OSS (che era invece il Servizio statunitense, la futura CIA).
5 A guidare le truppe d’assalto contro il monastero fu il generale dei bersaglieri Pietro Maletti, padre del futuro dirigente del SID (Servizio Informazioni Difesa) Gianadelio, piduista, condannato per favoreggiamento nel corso delle indagini su Piazza Fontana: non ha mai scontato la pena in quanto si è reso latitante trasferendosi in Sudafrica dov’è morto, quasi centenario, nel 2021.
6 Francesco Maria Barracu, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri della RSI, fu fucilato a Dongo con Mussolini.
7 http://qn.quotidiano.net/2001/04/28/2100647-Svelato-il-giallo-dell--quotOperazione-Sunrise-quot-in-Italia.shtml.
8 Su questo argomento si vedano Elena Aga Rossi, Operation Sunrise, Mondadori 2005; Ferruccio Lanfranchi, La resa degli ottocentomila, Rizzoli 1948; e per quanto riguarda il ruolo dei servizi germanici, l’articolo di Ennio Caretto, “Sacrificare Hitler per salvare la Germania”, Corriere della Sera, 5/8/01.
9 Giorgio Cavalleri, La gladio del lago, Essezeta 2006, p. 116.
10 La Rete Nemo, guidata dal capitano di corvetta Emilio Elia Nemo era il Gruppo speciale del SIM controllato congiuntamente col Servizio britannico (SOE), comandato dal maggiore Maurice Page, ufficiale del Secret Intelligence Service (SIS, il servizio di spionaggio britannico, poi MI6; cfr. C. Cernigoi, “Alla ricerca di Nemo”, Trieste 2013, reperibile qui: http://www.diecifebbraio.info/2013/06/alla-ricerca-di-nemo-una-spy-story-non-solo-italiana-2/. SIM era il Servizio Informazioni Militare, divenuto SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate) nel 1949 e SID nel 1966. 11 In http://casarrubea.wordpress.com/2009/10/05/le-iene-del-neofascismo/, articolo basato sul documento contenuto nel fascicolo War Office 204/12896, “Shooting of Brigadier De Winton” (l’assassinio dell’ufficiale britannico Robin De Winton commesso a Pola il 10/2/47 dall’agente della Decima Mas Maria Pasquinelli); nell’articolo leggiamo inoltre che Zolomy-Bandi «diventerà anni dopo una figura molto nota nel panorama sportivo italiano: allenerà la nazionale di pallanuoto alle olimpiadi di Melbourne (1956) e di Roma (1960)».
12 Uomo d’affari d’origine napoletana residente a Genova, cavaliere dell’ordine di Malta, rappresentante della società statunitense Kelvinetor in Europa, amico di Howard Lewis (finanziere consigliere del presidente Roosevelt) e di John Ginnes (industriale inglese residente in Svizzera interlocutore privilegiato di Churchill).
13 http://qn.quotidiano.net/2001/04/28/2100647-Svelato-il-giallo-dell--quotOperazione-Sunrise-quot-in-Italia.shtml. Si presume che Zimmer sia entrato nella Rete organizzata dal generale Reinhard Gehlen, che aveva diretto in maniera eccellente i servizi segreti nazisti (Abwehr) nel settore orientale (con un occhio di riguardo per l’Unione Sovietica); forte di questa sua competenza, alla fine della guerra si mise a disposizione dei vincitori affinché utilizzassero la sua competenza contro l’URSS: fatto prigioniero dagli statunitensi fu arruolato da Allen Dulles in persona. Nel luglio 1946 fu costituita l’organizzazione Gehlen, un servizio segreto clandestino, con sede a Pullach presso Monaco di Baviera, che riciclò in funzione anticomunista i vecchi agenti che avevano servito il Reich di Hitler (tra di essi anche Otto Skorzeny, il “salvatore” di Mussolini dal Gran Sasso, nonché uno degli organizzatori dei Werwolf, il movimento di resistenza nazista che arruolò anche giovanissimi ragazzi della Hitlerjugend agli ordini di ufficiali della Waffen-SS). Nel 1956 il generale Gehlen fu incaricato dall’allora cancelliere Konrad Adenauer di dirigere il Bundesnachrichtendienst (BND), il nuovo servizio segreto federale, e l’organizzazione che era stata clandestina divenne una propaggine governativa, portando con sé tutti gli agenti che vi avevano fatto parte.
14 E. Sogno, Guerra senza bandiera, Il quaderno democratico 1971, p. 191.
15 E. Sogno, op. cit., p. 182.
16 Cfr. l’articolo firmato H.S., “Affaire Moro e il nodo Markevitch/Caetani” in https://www.vocidallastrada.org/2011/12/affaire-moro-e-il-nodo.html.
17 Possiamo riconoscere in questo punto alcune delle indicazioni del “piano Graziani”, ma anche il modo d’agire di Zolomy. Consideriamo che il 26/11/44 nella zona controllata dai partigiani di Moranino furono fucilati i componenti della “missione Strassera”, ritenuti spie nazifasciste, e per tale azione il comandante Gemisto fu perseguito negli anni ’50, come vedremo.
18 Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, Il golpe inglese, Chiarelettere 2011, p. 245-246, che citano una «testimonianza di Nicolò Bozzo a Sabina Rossa», inserita in G. Fasanella e S. Rossa, Guido Rossa, mio padre, BUR 2006.
19 G. Contini, articolo citato.
20 Carlo Silvestri era un giornalista che si definiva “socialista” ma era vicino ai vertici della RSI.
21 P. G. Murgia, Il vento del Nord, SugarCo 1975, p. 31.
22 Cfr. G. Pesce, Quando cessarono gli spari, Feltrinelli 1977, p. 29. Giovanni Pesce è il leggendario comandante Visone dei GAP (Gruppi Azione Patriottica) di Torino e poi di Milano.
23 P. G. Murgia, op. cit., p. 31
37 F. Fucci, op. cit., p. 75.
38 Ezio Costanzo, “Uno 007 in Sicilia”, La Repubblica, 20/7/10.
39 “I contributi di Max Corvo e l’OSS Americana alla liberazione dell’Italia dopo l’Armistizio di Cassibile 3 Settembre 1943” in http://www.cassibilenelmondo.it/Max_Corvo.htm.
40 Classe 1924, nato a Pola, Mosna studiava giurisprudenza a Bologna; dopo la riorganizzazione del Comando del CVL del 3/11/44 ne fu nominato capo di stato maggiore (vicecapi erano Enrico Mattei e Mario Argenton) e poi membro del Comando regionale lombardo (http://www.anpi.it/donne_e_uomini/3100/guido-mosna).
49 Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della NATO, Fazi 2004, p. 86-87.

Claudia Cernigoi, Le serpi in seno: l'infiltrazione e la provocazione nei movimenti comunisti in Supplemento al n. 416 - 3/12/21 de “La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo”, Trieste, 2021 

La prima struttura paramilitare di guerra non ortodossa fu l'organizzazione “O”, derivata dall'analoga formazione partigiana “Osoppo”. Dopo la smobilitazione della formazione partigiana, nel 1946 i capi della formazione chiesero il riarmo dei reparti di fronte a ripetuti episodi di violenza accaduti nelle zone di confine tra Friuli e Jugoslavia.
Nel marzo del 1949, per iniziativa del Gen. Manarini, all'epoca Sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito, si avviava la trasformazione della Osoppo in “un organismo militare segreto, pronto a svelarsi con un certo numero di veri e propri reparti militari all'atto della mobilitazione” e il 6 aprile del 1950, sulla base di direttive dello Stato Maggiore dell'esercito, veniva ufficializzata la nuova formazione alla quale fu data la denominazione di “organizzazione O”, con contatti non ufficiali coi servizi segreti militari. Questa era costituita da circa 500 uomini tra ufficiali, sottufficiali e uomini di truppa. I compiti assegnati erano: “guerriglia e contro-guerriglia - guida, osservazione ed informazioni”.
Alla fine del 1956 l'organizzazione O venne trasferita nella “Stella Alpina” della nascente organizzazione Gladio e, come si legge in un documento del 26 marzo 1958, dal titolo “Risposta ai quesiti del Servizio americano riguardanti il programma Stay Behind, aveva tre compiti ben distinti: in tempo di pace, il controllo e la neutralizzazione dell'attività slavo-comunista; in tempo di conflitto o insurrezione interna, l'antiguerriglia e l'antisabotaggio; in caso di invasione del territorio, lotta partigiana e servizio informazioni.
In un documento successivo la parola “comuniste” fu sostituita da “eversive o sovversive” ma, poiché in quegli anni non esistevano forze di lotta armata né di destra né di sinistra, ne consegue che quando si parlava di neutralizzazione delle attività eversive o sovversive si intendeva un intervento in direzione delle forze di opposizione.
Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2012/2013

[...] Il Sifar pose allo studio fin dal 1951 la realizzazione di una organizzazione clandestina di resistenza per uniformare e collegare in un'unico omogeneo contesto operativo e difensivo le strutture militari italiane e quelle dei paesi alleati. Risultava ai servizi segreti italiani che analoghe organizzazioni Usa stessero predisponendo nel nord Italia gruppi clandestini. Nota del gen. Musco 8 dicembre 1951.
Mentre la struttura italiana clandestina di resistenza era in fase di avanzata costituzione, venne sottoscritto in data 26 novembre 1956 dal Sifar e dal servizio Usa un accordo relativo alla organizzazione e all'attività della rete clandestina denominato Stay behind, con il quale furono confermati tutti i precedenti impegni intervenuti nella materia fra Italia e Usa e vennero poste le basi per la realizzazione dell'operazione Gladio.
Una volta costituita Gladio, su richiesta della Francia, l'Italia fu chiamata nel 1959 ai lavori del Ccp (Comitato clandestino di pianificazione) operante nell'ambito dello Shape (Supreme head quarters allied powers Europe). Tale organo aveva il compito di studiare l'attività informativa offensiva in caso di guerra, con particolare riferimento ai territori di possibile occupazione da parte del nemico.
Nel 1964 il nostro servizio venne invitato ad entrare nel Cca (Comitato clandestino alleato) destinato a studiare i problemi di collaborazione tra i diversi paesi per il funzionamento delle reti di evasione e fuga. Vi facevano parte Usa, Belgio, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Lussemburgo, Germania ovest.
Nel 1956 venne costituita nell'ambito dell'ufficio R del Sifar una sezione addestramento denominata Sad attraverso la quale, per la prima volta nella sua storia, il Sifar attua il comando delle forze speciali e dell'apparato organizzativo, didattico e logistico necessario al loro funzionamento. La struttura fu coperta da massima segretezza e, per tale ragione, suddivisa in un 'ordinamento cellulare' così da ridurre al minimo ogni danno derivante da defezioni, incidenti o sfasamento della rete [...]
Luigi Cipriani, Appunti sull'anticomunismo dal dopoguerra ad oggi, Fondazione Luigi Cipriani

Era più urgente riuscire a bloccare la crescita e l’azione disgregatrice del Pci a livello interno, favorite dalle condizioni di generale povertà diffuse nel paese <338. In secondo luogo, era importante sottrarre l’Italia al controllo di altre potenze ostili, l’Unione sovietica ma anche la Gran Bretagna, in quanto una condizione simile avrebbe scatenato un effetto domino, generando ripercussioni indesiderate su uno scenario ben più ampio <339. In particolare, la Gran Bretagna aveva avuto degli scontri con l’Italia sin dall’immediato dopoguerra a causa della politica punitiva adottata nei confronti della penisola e delle resistenze britanniche alla revisione del trattato di pace <340. Le tensioni crebbero in occasione degli incidenti di Mogadiscio, nel 1948, quando l’esercito inglese fece poco o nulla per impedire l’eccidio di oltre cinquanta coloni italiani <341.
[...] Washington tentava inoltre di creare una “sinistra anticomunista”, agendo in primis su quelle frange del partito socialista più contrarie al Pci, e di sostenere finanziariamente e politicamente il movimento clandestino anticomunista <344. Queste valutazioni portarono Washington a ritenere opportuno che la penisola italiana entrasse nell’orbita di influenza americana sulla base della crescente rilevanza svolta dal Mediterraneo, non più teatro periferico <345. Oltre a ciò, fallito il tentativo di costruire un’alleanza anticomunista che includesse anche il Partito socialista, con l’avvallo del Vaticano gli Stati Uniti iniziarono a considerare la Dc l’interlocutore privilegiato su cui contare nel quadro dell’organizzazione della sfera occidentale <346.
[NOTE]
338 M. De Leonardis, Guerra fredda e interessi nazionali, cit. p. 219; Frus, 1948, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State, top secret, Rome, 29 gennaio, 1948, p. 824, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_824; Frus, 1947, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State. Current Economic and Financial Policies of the Italian Government, Roma, 7 maggio, 1947, pp. 897-901, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1947v03/pg_897; Frus, 1948, vol. III, The Ambassador in Italy to the Secretary of State, top secret, Rome, 7 febbraio, 1948, pp. 827-830, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_827.
339 M. De Leonardis, Guerra fredda e interessi nazionali, cit. p. 220.
340 A. Varsori, La scelta occidentale dell’Italia (1948-1949), Prima parte, in “Storia delle relazioni internazionali”, 1, 1 (1985): pp. 95-159.
341 E. Di Nolfo, La politica estera italiana tra interdipendenza e integrazione, in A. Giovagnoli, S. Pons (a cura di), L'Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta, vol. I, Tra guerra fredda e distensione, Soveria Mannelli, Rubbettino 2003, pp. 17-29.
344 R. Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia, cit. pp. 260 e ss.; A. Cipriani, G. Cipriani, Sovranità limitata. Storia dell’eversione atlantica in Italia, Roma, Edizioni Associate, 1991, p. 42.
345 Emblematici di questa svolta sono i memorandum del Policy Planning Staff e la serie di direttive Nsc 1, in cui gli Stati Uniti si preoccupavano di stabilire le azioni da intraprendere nel caso in cui il governo comunista fosse andato al governo per via parlamentare o insurrezionale, fino a prevedere un vero e proprio intervento armato per ristabilire il governo legittimo. In particolare, nella Nsc 1/3 (marzo 1948)si legge che “nel caso i comunisti ottengano il potere in Italia con mezzi legali, si applicherebbe un piano articolato in cinque punti”. Tra cui una “pianificazione militare congiunta con azioni selezionate”; “fornire ai clandestini anticomunisti italiani assistenza finanziaria e militare”; “incoraggiare elementi anticomunisti in Italia anche a rischio di una guerra civile”. Frus, 1947, vol. III, Memorandum by the Policy Planning Staff, top secret, Washington, 24 settembre, 1947, pp. 976-981, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1947v03/pg_976; Frus, 1948, vol. III, The Position of the United States With Respect to Italy, Nsc 1/1, Washington, 14 novembre, 1947, pp. 725-726, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/d440; Frus, 1948, III, The Position of the United States with Respect to Italy, Nsc 1/2, top secret, Washington, 10 febbraio, 1948, pp. 765-769, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_765; Frus, 1948, vol. III, Position of the United States With Respect to Italy in the light of the possibility that Communists will obtain participation in the Italian government by legal means, Nsc 1/3, top secret, Washington, 8 marzo, 1948, pp. 775-779, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1948v03/pg_775: A. Brogi, L’Italia e l’egemoniaamericananelMediterraneo, Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 44-58.
346 C. Pinzani, Gli Stati Uniti e la questione istituzionale in Italia (1943-1946), in “Italia Contemporanea”, 134 (1979): pp. 3-44; E. Di Nolfo, Vaticano e Stati Uniti, 1939-1952. Dalle Carte di Myron C. Taylor, Milano, 1982, pp. 293-294 C. J. Miller, Roughhouse Diplomacy: The US Confronts Italian-Communism 1945-1958, in “Storia delle relazioni internazionali, 5, 2 (1989): 279-311.

Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020