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giovedì 21 ottobre 2021

Ebrei fuggiti dai loro Paesi d’origine nella missione britannica Danbury in Carnia...

Pianoro del Monte Pala (Anduins di Vito d’Asio), autunno 1944: davanti alla sede del comando del Battaglione Italia-D.D. (3° Brigata Osoppo-Friuli), i componenti del gruppo Danbury assieme ad alcuni partigiani. È probabile che MacCabe sia l’autore della foto. Il primo a sinistra è Cheyney; al centro, con la piccozza, c’è Simon. Alle sue spalle, con il basco nero, c’è Hauber, la cui presenza fa risalire lo scatto almeno alla seconda metà di ottobre. Tra gli altri, si riconoscono anche i fazzoletti verdi Burbo, Muk, Cepe, Caverna, Speranza, Rex e Fuca. Rimane non identificato il primo uomo a destra, da alcune fonti genericamente indicato come “membro della missione inglese” (ph. © Associazione Partigiani “Osoppo-Friuli”) - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

È la notte tra il 12 ed il 13 agosto 1944. Al chiaro di luna, nel cielo del Friuli vola un aereo decollato da una delle basi pugliesi della Royal Air Force britannica. In attesa di lanciarsi con il paracadute ci sono uomini scelti per un’importante missione organizzata a Monopoli, nel quartier generale del SOE in Italia: tre agenti costituiscono il gruppo Danbury. Indossano la divisa degli ufficiali inferiori britannici ma, in realtà, sono Ebrei fuggiti dai loro Paesi d’origine dopo l’ascesa del nazismo e rifugiati nel Regno Unito. I tre sono stati appositamente addestrati dal SOE come specialisti nel maneggiare gli esplosivi e sabotatori. L’obiettivo segreto di Danbury è il sabotaggio della linea ferroviaria Villach-San Candido, nel tratto tra Greifenburg, nella valle della Drava, e Sillian, in Alta Val Pusteria, nel Tirolo Orientale.
Redazione, La Panarie 1968-2018: cinquanta anni di cultura (opuscolo per il 50° della rivista), 7-13 ottobre 2018 

Un gruppo di agenti della X Section del SOE. Tra gli altri, si riconoscono MacCabe, al centro in prima fila, e Priestley, il secondo da destra in seconda fila (arch. E. Sanders, immagine trasmessa agli autori dal Dr. Peter Pirker) - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

Anteprima libraria oggi, alle 17.30, in municipio a Clauzetto. Le amministrazioni di Clauzetto e Vito d'Asio propongono la presentazione della ricerca storica "Autunno 1944, Danbury sul Monte Pala". Una fotografia scattata sul Monte Pala nell'autunno del 1944 ha ispirato la ricerca di Enrico Barbina e Jurij Cozianin, sulle tracce di tre agenti ebrei del Soe britannico, paracadutati in Friuli per compiere la loro missione segreta in Austria. Grazie alla consultazione di documenti d'archivio, è stato possibile accertarne l'identità, conoscerne le biografie e il servizio operativo. Ricercatori e articolisti della rivista friulana di cultura "La Panarie", gli autori si sono avvalsi della collaborazione di Peter Pirker, docente dell'università di Vienna. Barbina e Cozianin faranno luce sulla vicenda, mettendosi a disposizione di appassionati e curiosi per approfondire questo avvenimento che coinvolse i nostri territori sul finire del secondo conflitto mondiale.
G.Z., Agenti segreti sul Pala. La storia in una ricerca, Messaggero Veneto, 24 novembre 2018 

Il Douglas C-47 Dakota eretto a monumento nell’area dell’airfield “Piccadilly Hope” di Otok (Metlika), in Slovenia (ph. © kraji.eu) - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

È la notte tra il 12 ed il 13 agosto 1944.
Al chiaro di Luna, nel cielo del Friuli vola un aereo decollato da una delle basi pugliesi della Royal Air Force britannica <1. In attesa di lanciarsi con il paracadute ci sono sette uomini, scelti per un’importante missione organizzata a Monopoli, nel quartier generale del SOE <2 in Italia (No. 1 Special Force).
Alcuni di loro appartengono alla Sezione Tedesco-Austriaca (X Section) del servizio segreto di Sua Maestà, diretta da Ronald Thornley <3, costituita già alla fine del 1940 con l’allora ambizioso, se non velleitario, obiettivo di favorire e poi sostenere in Austria un’auspicabile insurrezione nazionale e separatista che determinasse il ripristino dell’indipendenza perduta nella primavera del 1938 con l’annessione al Terzo Reich nazista (Anschluss).
A tal fine, sono stati progressivamente reclutati ed addestrati nelle fila della Sezione diverse decine di esiliati politici, rifugiati e disertori della Wehrmacht. In realtà, rispetto ad un contesto di fatto sconosciuto e probabilmente molto meno favorevole di quanto sperato, le missioni destinate a raggiungere l’Austria dal territorio italiano, con il supporto dei partigiani locali, sono partite solo all’inizio dell’estate del ’44.
Quattro degli uomini a bordo dell’aereo compongono in effetti la missione Rudolf o gruppo Bakersfield: il maggiore Francis <4, l’operatore radio caporale Buttle <5, il tenente tirolese Georgeau <6 e il capo missione, il maggiore Rudolf <7. Il loro compito è di infiltrarsi nelle valli del Gail e della Drava, con l’obiettivo di verificare se ci siano le condizioni per alimentare la Resistenza locale, qualora esista, o favorirne la nascita e l’organizzazione, attraverso lo sviluppo di una rete di corrieri, contatti ed appoggi logistici, da estendersi in direzione di Innsbruck, Lienz, Salisburgo e Villach. Di fatto, essi vanno a rafforzare la missione Beckett <8, già operativa dal 14 giugno ed alla quale si sono aggregati un mese più tardi anche il capitano Pat <9 e l’operatore radio sergente Charles <10.
Gli altri tre agenti costituiscono invece il gruppo Danbury. Indossano la divisa degli ufficiali inferiori britannici ma, in realtà, sono Ebrei fuggiti dai loro Paesi d’origine dopo l’ascesa del nazismo e rifugiati nel Regno Unito. Il leader del gruppo è Simon ovvero il sottotenente Otto Karminski, soprannominato “Putzi” <11, austriaco, nato a Vienna il 17 febbraio 1913 [...]
[NOTE]
1. La ricerca degli autori non ha consentito di rintracciare il Record del volo. È probabile che l’aereo fosse un Halifax appartenente ad uno degli squadroni polacchi utilizzati per le missioni segrete Special Duties nel Nord Italia e nei Balcani. Di norma, in quel periodo a tali fini veniva utilizzato l’aeroporto “Campo Casale” di Brindisi. Tuttavia, vista la concomitanza delle numerose missioni effettuate a sostegno della Rivolta di Varsavia, non è escluso che il volo sia stato effettuato a bordo di un Douglas C-47 Dakota del 267 Squadron RAF decollato da Bari.
2. Special Operations Executive, servizio segreto britannico istituito il 22 luglio 1940 per lo svolgimento di operazioni speciali dietro le linee nemiche. Era composto da uomini e donne di provenienza militare e civile.
3. Tenente Colonnello Ronald Howe Thornley (1909-1986).
4. William Francis Dayrell St. Clair Smallwood (1914-1945).
5. Arthur Ernest George Buttle (1924-1975).
6. Hubert Mayr (1913-1945), alias Jean Georgeau ovvero Banks, giovane socialista di Innsbruck, reduce della Guerra Civile Spagnola, catturato dai tedeschi in Tunisia, fuggito da un campo di prigionia italiano, dalla fine del 1943 agente della Sezione Austriaca del SOE. Disperso nel corso della missione nell’inverno 1944/45 e dichiarato morto nel 1945. L’11 febbraio 2011 egli è stato insignito dell’onorificenza postuma “Ehrenzeichen für Verdienste um die Befreiung Österreichs”, per i servizi resi ai fini della Liberazione dell’Austria.
7. George Rudolf Hanbury Fielding (1915-2005), reduce dalla battaglia di Creta e dal Nord Africa tra i ranghi del reggimento di cavalleria “3rd The King’s Own Hussars”. Agente del SOE dal 1944.
8. Altrimenti detta missione Balloonet o gruppo Aunsby. Beckett era il nome in codice del capo missione, il Conte Manfred Czernin (1913-1962), Manfredi per i partigiani friulani. Berlinese di nascita e figlio di un nobile diplomatico austriaco, valoroso Maggiore della RAF nella Battaglia d’Inghilterra, dal 1943 pluridecorato agente del SOE. Venne paracadutato sul Monte Losa, tra Sauris e la Val Pesarina, nella notte tra il 13 ed il 14 giugno 1944, assieme al marconista Piero, il bolognese Piero Cantoni (alias Piero Bruzzone o Boeri).
9. Patrick Martin-Smith (1917-1995), londinese, già ufficiale nei Commandos, dall’aprile del 1944 agente del SOE, in missione in Friuli anche in qualità di British Liaison Officer (BLO), ufficiale di collegamento con le formazioni partigiane.
10. Ernest Charles Roland Barker (1919-1953), del Royal Corps of Signals. Deceduto in servizio, in Malesia.
11. Vezzeggiativo traducibile con “piccolino”.
Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Autunno 1944, Danbury sul Monte Pala, La Panarie 1968-2018: 50° Nuova Serie, 198/267

In questo episodio dedicato alla missione Coolant, destinata al Friuli, ripercorreremo i mesi dal luglio 1944 al settembre dello stesso anno. Il maggiore Hedley Vincent, inviato come capomissione nella zona, organizzò i partigiani locali, divisi tra brigate Garibaldi e Osoppo, per dar battaglia ai nazi-fascisti, mentre ancora tutti nutrivano la speranza che la guerra sarebbe finita di lì a pochi mesi. L'estate fu quindi un periodo molto intenso, in cui i partigiani liberarono una vasta zona sulle Alpi Giulie.  
Redazione, Episodio 43 - Coolant: L'arrivo di Hedley Vincent, Racconti dal nascondiglio, 29 maggio 2021

Questo secondo episodio dedicato alla missione Coolant chiude il capitolo che vide il maggiore Hedely Vincent a dirigerla. I partigiani, che controllavano un territorio piuttosto ampio a nord-est di Udine, furono attaccati con violenza dal nemico nel settembre 1944. La battaglia tra i due schieramenti infuriò per giorni, mentre la situazione diventava sempre più disperata e, contemporaneamente, diventava sempre più chiaro che l'avanzata alleata a sud era stata bloccata e non sarebbe arrivato aiuto per i partigiani.
Redazione, Episodio 44 - Coolant: il grande rastrellamento di settembre 1944, Racconti dal nascondiglio, 5 giugno 2021

In questo episodio seguiremo l'avvicendamento alla guida della missione Coolant tra il maggiore Vincent e il maggiore Macpherson. Questi, reduce da una lunga prigionia in mano nemica, e poi una missione in Francia, fu designato in quanto ufficiale esperto e capace. Tuttavia, le sfide che dovette affrontare furono notevoli: non solo la presenza massiccia di forze nemiche, rinforozate anche da truppe cosacche e croate, ma anche le crescenti tensioni tra sloveni e italiani, che infine esplosero a metà inverno.
Redazione, Episodio 45 - Coolant: l'arrivo di Macpherson, Racconti dal nascondiglio, 12 giugno 2021

In questo episodio affronteremo gli ultimi mesi di attività della missione Coolant in Friuli al comando di Macpherson. A gennaio la situazione è critica, i partigiani sono pochi e i loro nemici numerosi a agguerriti. Tuttavia, questo non fermò la Resistenza che presto si riogranizzò in varie forme, fino alla ricostituzione delle bande nella primavera. La Liberazione, tuttavia, non sarà cosa facile, visto che il Friuli rappresenta una delle direttrici di ritirata dei tedeschi verso la Germania.
Redazione, Episodio 46 - Coolant: La fine della guerra, Racconti dal nascondiglio, 19 giugno 2021

Un container di armi ed esplosivi. Si notano i mitra Sten Mk II, diffusi tra i partigiani friulani - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

Le Brigate Osoppo furono formazioni partigiane autonome fondate presso la sede del Seminario Arcivescovile di Udine il 24 dicembre 1943 su iniziativa di volontari di ispirazione laica, liberale, socialista e cattolica, gruppi già attivi dopo l'8 settembre nella Carnia e nel Friuli.
I fini della Osoppo erano cooperare in autonomia con le formazioni garibaldine comuniste e contribuire alla lotta antifascista contro le forze occupanti tedesche. Quest'ultime avevano infatti istituito la Operationszone Adriatisches Küstenland, sottraendo di fatto l'intero territorio del Friuli-Venezia Giulia all'autorità della Repubblica Sociale Italiana ed instaurando un rigido regime di repressione e spogliazione, avvalendosi della partecipazione di reparti di SS etniche, di cosacchi e di forze repubblicane fasciste.
Il raggruppamento ebbe al comando: Candido Grassi (nome di battaglia "Verdi"), Manlio Cencig (nome di battaglia "Mario"), due capitani del Regio Esercito Italiano e don Ascanio De Luca (già cappellano degli Alpini in Montenegro e in quel momento parroco a Colugna, frazione di Tavagnacco).
A causa della complessa situazione politico-militare presente nel territorio friulano e della Venezia Giulia, al centro di opposti nazionalismi e di secolari rivalità etnico-territoriali, le formazioni della Osoppo ebbero rapporti spesso conflittuali con i reparti garibaldini comunisti e furono in contrasto con le forze partigiane sloveno-jugoslave.
Il Gruppo Brigata Osoppo dell'Est, comando unificato con la Divisione Garibaldi Natisone, non accettò di passare a est del fiume Isonzo per mettersi alle dipendenze del IX Corpus sloveno dell'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia di Tito.
Il 22 novembre 1944, il Partito Comunista Italiano (e non il CLNAI, unico comando in grado di impartire legittimamente ordini sull'impiego operativo delle forze partigiane) aveva dato l'ordine ai partigiani italiani della zona di passare alle dipendenze del IX Corpus jugoslavo per favorire la creazione di (secondo le parole di Togliatti in una lettera a Vincenzo Bianco, rappresentante del PCI nel IX Corpus, « una condizione profondamente diversa da quella che esiste nella parte libera dell'Italia. Si creerà insomma una situazione democratica.»
La disposizione era che "tutte le unità italiane della zona [del litorale adriatico friulano] devono operare soltanto sotto il comando del IX Corpo di armata di Tito", aggiungendo che chi avesse rifiutato questo comando sarebbe stato considerato fascista ed imperialista e trattato di conseguenza; il comando delle Brigate Osoppo aveva rigettato la richiesta con il grido paà nostris fogolars (per i nostri focolari).
La dipendenza fu quindi accettata dai circa 3500 partigiani comunisti della divisione Garibaldi-Natisone ma non dagli autonomi della Osoppo, tra i quali militava una ragazza, Elda Turchetti, uccisa e ritenuta successivamente dai comunisti una spia della X MAS ma possibilmente anche un intermediario secondo altre fonti.
Se gli osovani basavano la loro posizione sui principi della difesa degli interessi nazionali, dei quali si sarebbe dovuto discutere solo a guerra finita, anche i garibaldini erano molto dubbiosi viste le posizioni politiche e i metodi autoritari adottate dagli sloveni nei loro territori.
[...] Sin dal luglio 1944 l'OSS (il servizio segreto degli USA che poi diventerà l'attuale CIA, relativo alle operazioni all'estero) aveva avviato in Friuli una propria missione di collegamento con i partigiani, denominata Chicago-Texas. La missione era guidata da due agenti italiani affiliati al PCI, Alfredo Michelagnoli e Giuseppe Gozzer. La missione fu organizzata sulla scorta di un più ampio accordo tra OSS e Partito comunista, che prevedeva l'arruolamento di "uomini esperti" indicati dal partito, in cambio della possibilità, per quest'ultimo, di utilizzare le radio del servizio segreto per comunicare con i propri dirigenti nell'Italia occupata dai nazifascisti.
Gozzer, tuttavia, sebbene alla testa di una missione alleata, divenne presto capo di stato maggiore della Brigata Garibaldi Friuli, generando incertezze tra i membri del SOE (uno dei vari servizi segreti britannici per operazioni dietro le linee nemiche), già operanti in zona, i quali non avevano chiaro quando considerare le sue iniziative come adottate nella sua qualità di rappresentante degli statunitensi, o in quella di comandante partigiano e comunista.
D'altra parte, non esisteva alcun coordinamento specifico tra le missioni OSS e SOE e questo, a prescindere dal differente approccio politico tra statunitensi e britannici, generò "la più completa confusione", arrivando a mettere in concorrenza involontaria le missioni inviate indipendentemente su uno stesso territorio, e generando inefficienza e pericoli indebiti per gli stessi agenti alleati. Inoltre, il diverso approccio delle differenti missioni alleate non forniva ai partigiani una coerente immagine dell'alleanza angloamericana, e rendeva meno efficace la loro azione militare.
Redazione, Brigate Partigiane Osoppo-Friuli, Bella ciao, Milano!

[...] Mentre è ancora in corso la ricerca dei contenitori scesi dal cielo e sparsi nella zona, ad accogliere i sette agenti segreti ci sono Beckett (Manfredi), Pat ed i partigiani dal fazzoletto verde e dal cappello Alpino, ovvero gli uomini della 3ª e 4ª Brigata Osoppo-Friuli, schierate in Val d’Arzino e Val Tramontina. Non sono giorni sereni per loro, dopo l’improvviso attacco tedesco e repubblichino al castello di Pielungo, sede del comando osovano, avvenuto il 19 luglio. La controversa “crisi” politico-militare che ne è derivata, aggravata dalla destituzione e dall’arresto di Verdi <22 ed Aurelio <23 a Rutizza (Tramonti di Mezzo), è ancora in corso. Verrà risolta tra qualche giorno, con la decisiva presa di posizione, in armi, dei più carismatici comandanti dei reparti della 3ª Brigata, la liberazione di entrambi gli “imputati” ed il loro immediato reintegro nelle rispettive funzioni <24.
L’epilogo segnerà il definitivo tramonto di ogni ipotesi di stabilire un Comando Unico tra le formazioni partigiane osovane e quelle garibaldine operanti in zona. In questo complesso contesto, riconosciuto come tale anche dalle missioni alleate, la Resistenza friulana e carnica sta per affrontare i più duri mesi di lotta, non solo contro tedeschi e fascisti, ma anche contro i reparti cosacchi e caucasici affluiti in Carnia ed Alto Friuli, con migliaia di civili e di cavalli al seguito.
Saranno giorni di lutti, sofferenze e sacrifici per tutta la popolazione.
A parte Georgeau, gli altri sei agenti pacadutati si presentano in uniforme britannica, senza abiti borghesi nello zaino e privi di documenti utili da esibire in Austria, in caso di necessità. La volontà di non indossare abiti da civili può essere comprensibile per i componenti di Danbury, in virtù del fatto di essere ebrei ovvero del rischio di essere, se catturati, smascherati e trattati come tali. Il problema in realtà è serio per tutti e condiziona la loro missione. Beckett e Pat ne sono pienamente consapevoli.
In Austria non è consentito ciò che lo è in Italia o in Slovenia, dove gli agenti del SOE operano in divisa tra i partigiani di una Resistenza già organizzata ed in armi. Per il momento a muoversi oltre confine saranno così solo Georgeau e la preziosa guida austriaca Vienna <25, mentre Rudolf e gli altri troveranno una sistemazione in Carnia, scortati da Aurelio e dai partigiani del Battaglione Fedeltà, completando la ricognizione dei passi montani che consentono l’accesso alla valle del Gail, in attesa di ricevere dalla Base Maryland le armi ed i rifornimenti promessi.
Beckett comprende che almeno per ora neppure Danbury può muoversi secondo il piano originario. 

Il Nobel No. 808, l’esplosivo al plastico utilizzato dai partigiani e dal SOE nelle azioni di sabotaggio. Veniva fornito con gli aviolanci o prelevato dalle polveriere presidiate dal nemico - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

Nell’attesa, i tre possono rendersi utili in altri modi, innanzitutto istruendo i partigiani della Osoppo sull’utilizzo degli esplosivi e dei timer <26. In particolare, i patrioti della 3ª Brigata, ovvero dei battaglioni Italia-D.D., Giustizia e Libertà hanno già dimostrato di saperne fare buon uso, anche nel giorno dell’attacco al castello di Pielungo, quando hanno bloccato la rientrante colonna nemica tra le gallerie della Strada Regina Margherita, infliggendole notevoli perdite. Non sono neppure mancati i sabotaggi a ponti e viadotti della ferrovia pedemontana e a tratti stradali. Ai primi di ottobre gli uomini del Libertà tenteranno anche l’ardita distruzione del Ponte di Ragogna-Pinzano sul Tagliamento, impedita solo dall’insufficiente quantità dell’esplosivo fatto brillare <27.
 

Gli effetti di un atto di sabotaggio partigiano sulla Ferrovia Pontebbana (ph. © Associazione Partigiani “Osoppo-Friuli”) - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

Beckett ha invece in mente di colpire la Pontebbana, certamente un’arteria stradale e ferroviaria molto importante per la Werhmacht. 

Cartolina del vecchio ponte ferroviario di Dogna. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale venne solo parzialmente danneggiato dai bombardamenti aerei alleati - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

A Simon viene così affidata la missione di provare a far saltare il ponte di Dogna, da tempo nel mirino dei partigiani ed in particolare dei guastatori del Battaglione Monte Canin <28, ma la ricognizione effettuata lo convince dell’impossibilità dell’operazione. L’obiettivo è ben presidiato, con molte mitragliatrici e fotoelettriche.
Nella seconda settimana di settembre il gruppo Danbury raggiunge Rudolf all’Albergo Sottocorona di Forni Avoltri, in cui egli si è insediato, proveniente da Liariis (Ovaro) e Priola (Sutrio), sede del comando del battaglione osovano Val But. Lungo la marcia, i quattro partigiani che scortano Simon hanno teso un agguato ad una pattuglia tedesca. Lo scontro è terminato con otto caduti tra i nemici. La partecipazione dell’agente del SOE all’iniziativa altrui viene considerata un’intemperanza dal comando britannico e come tale biasimata.
Aggirando Santo Stefano, presidiata dai tedeschi, la via per il Cadore è ancora libera ed è là che Simon vuole verificare se ci sia la possibilità di entrare in Austria, con l’aiuto delle formazioni partigiane locali. Raggiunta Lorenzago con un paio di guide, incontra così i fazzoletti rossi della Divisione garibaldina Nino Nannetti. Essi si dicono disponibili ad aiutarlo, con l’intento di trasferirsi più a nord-ovest, vicini alla frontiera. Per loro la nuova base potrebbe essere il punto di partenza anche per una requisizione di bestiame oltreconfine.
Al momento Simon cerca di disssuaderli da quest’ultimo proposito e prende tempo, promettendo loro il lancio delle armi e delle scorte di viveri di cui hanno disperato bisogno. Individua infatti la dropping zone, dando disposizioni a Cheyney di presidiarla costantemente e a MacCabe, spostatosi a Forni di Sopra, di mantenere il contatto radio con Monopoli.
I rifornimenti consentirebbero anche di dare il via al piano partigiano, messo a punto da MacCabe ed approvato dalla Base, di liberare Santo Stefano dalla guarnigione tedesca, peraltro progressivamente rinforzata fino a contare ottocento uomini.
Nel frattempo, i lanci promessi e mai ricevuti rimangono la più grave preoccupazione anche per Rudolf, oltre alla mancanza di un operatore radio per Georgeau, in Austria. Le ricognizioni effettuate oltreconfine hanno dato via via motivi di moderato ottimismo rispetto all’obiettivo della missione, pur in un contesto che si è rivelato molto più difficile di quanto la Base aveva previsto o semplicemente sperato. Le prospicienti valli austriache infatti, specie quella del Gail, sono poco abitate, in particolare dai maschi, impegnati al fronte e nell’industria bellica del Terzo Reich. L’atteggiamento di chi è rimasto nei paesi è di apatia se non di terrore, visto il rigido controllo esercitato da anni dalla Gestapo. Non è certo facile trovare uomini e donne disposti ad imbracciare le armi o a fare da staffette. Tuttavia, grazie agli indomiti sforzi di Georgeau e Vienna, una prima rete di complicità, aiuti ed appoggi logistici è stata creata e si estende tra le valli del Gail e della Drava fino a Villgraten, nel Tirolo Orientale. I disertori austriaci e tedeschi tra le fila della Werhmacht vanno inoltre aumentando ed alcuni di loro sono già utilizzati come corrieri. I passi alpini sono ancora praticabili ed in genere non presidiati dal nemico <29.
Con il passare dei giorni e delle settimane, l’attesa dei lanci si fa però così snervante da spingere Rudolf ad inviare un caustico messaggio alla Base in cui, contro la presunta ritrosia dei piloti a volare di notte ed in condizioni meteorologiche non ideali, invoca da loro “more of the spirit of the Battle of Britain and less of the bottle of Bari”.
 

La time pencil (Switch No. 10), dispositivo di innesco dell’esplosivo, ritardato mediante la corrosione controllata di un filo metallico da parte di un liquido contenuto in un’ampolla. Quelle con la safety strip gialla avevano un ritardo di dodici ore - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra


I mancati rifornimenti impediscono anche a Danbury di mantenere la promessa fatta ai partigiani del Cadore e l’unica cosa che Cheyney, soprannominato “Teddy il dinamitardo”, può offrire loro è la somma di 10.100 Lire, consegnata il 26 settembre alla Compagnia Alto Piave della Brigata Calvi. Simon tuttavia non desiste dal proposito di infiltrarsi in Val Pusteria e tentare il sabotaggio del ponte ferroviario sulla Drava a Tassenbach (Strassen) nei pressi di Sillian, come suggerito da “un ufficiale americano” incontrato da MacCabe <30. La zona risulta tuttavia ben sorvegliata dalle pattuglie tedesche, secondo quanto riportato dalla guida mandata in perlustrazione.
Nel suo tentativo, anche Simon s’imbatte infatti nel nemico, sfuggendo per un soffio dalle sue grinfie ed essendo costretto ad abbandonare l’esplosivo.
Lo scenario sta in effetti rapidamente volgendo al peggio e l’8 ottobre scatta la prima fase dell’operazione Waldläufer, la massiccia offensiva nazifascista e cosacca contro la Zona Libera della Carnia e dell’Alto Friuli, in cui è stata proclamata la Repubblica partigiana.
Nella notte tra il 12 ed il 13 è previsto il lancio a Tramonti di altri quattro agenti del SOE, tra i quali ci sono anche Turner, il quarto uomo di Danbury, e Priestley <31, l’operatore radio tanto atteso da Rudolf, da affiancare a Georgeau in Austria.
A causa di un errore accidentale del pilota polacco, probabilmente ingannato dalle luci delle caserme, il lancio viene disgraziatamente effettuato sopra Tolmezzo.
Gli uomini atterrano nelle braccia del nemico. Taggart <32 muore, forse suicida, Priestley e Turner vengono catturati <33, l’unico che riesce a fuggire è Hauber <34.
Rudolf è costretto ad abbandonare precipitosamente Forni Avoltri, rastrellata senza pietà il giorno 13, ed a spostarsi a Sauris su cui, lasciato il Cadore, convergono anche i membri di Danbury. Dopo aver atteso a lungo il lancio promesso, il laconico messaggio cifrato “Insufficient cloud cover” trasmesso dalla Base ha infranto ogni loro residua speranza.
Nel frattempo anche Francis e Charles sono stati catturati <35, mentre di Georgeau e Vienna non si hanno più notizie <36.
Nell’emergenza e con una taglia sulla sua testa di 800.000 Lire, Rudolf segnala alla Base un’ulteriore dropping zone, in vista di un ventilato lancio di massa, da ben dieci aerei, di armi e scorte, indispensabili anche per il Fedeltà.
In realtà, la situazione venutasi a creare con l’offensiva nemica e l’acuirsi dell’inverno, con l’impraticabilità dei passi verso l’Austria, ha convinto la Base dell’impossibilità di rifornire adeguatamente gli agenti ed i reparti partigiani che li supportano.
Gli uomini del SOE devono essere progressivamente richiamati.
A giorni, l’annuncio del Proclama Alexander chiarirà le motivazioni della decisione.
Alla fine di ottobre il primo a dover rientrare a Monopoli è Beckett. Il giorno 29 lo preleva un Lysander, atterrato nel campo di Pradileva, un ampio terreno tra Tramonti di Mezzo e Tramonti di Sotto, approntato a tal fine dai fazzoletti verdi del Battaglione Monte Canin nel corso dell’estate. Il giorno seguente giunge in Val Tramontina anche il gruppo Danbury, con Buttle ed il redivivo Hauber. Su ordine di Rudolf attendono di ricevere finalmente un lancio, benchè non così abbondante come a lungo vanamente sperato.
Nel corso della loro marcia, c’è stato il tempo per scattare una fotografia assieme ad alcuni partigiani, davanti alla sede del comando del Battaglione Italia-D.D., nel pianoro del Monte Pala <37, ad Anduins di Vito d’Asio. È il primo reparto in armi della Osoppo, formato a partire dal 25 marzo del ’44, il giorno in cui un manipolo di patrioti è salito in Palamajȏr <38, alle pendici del Monte Rossa <39. 

Il comandante Goi sul Monte Pala nel 1944 (ph. © Associazione Partigiani “Osoppo-Friuli”) - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

Intitolato a Renato Del Din Anselmo <40, dopo la sua morte nell’attacco alla caserma della Milizia fascista di Tolmezzo, il battaglione è agli ordini di Goi <41, il suo rude e carismatico comandante. Coraggioso e di gran cuore. Temprato dai cinque avventurosi anni trascorsi a Sidi Bel Abbes, in Algeria, tra i ranghi della Legione Straniera, e dai duri giorni in Croazia in qualità di Sergente Maggiore del 2º Reggimento di Fanteria “Re”, si è guadagnato il rispetto, la fiducia e l’affetto dei suoi uomini. Tali rimarranno anche a guerra finita.
Il 6 novembre sono a Tramonti anche Rudolf e gli uomini del Fedeltà, degni del nome del proprio reparto. La loro discesa dalla Carnia è stata a dir poco avventurosa, resa molto complicata e rischiosa dal dover percorrere i sentieri innevati di alta montagna, cercando di evitare le vallate occupate dal nemico.
La marcia ha comportato la perdita dei muli e nel corso di uno scontro a fuoco a Luint (Ovaro) Rudolf è stato ferito ad un braccio <42. I suoi rapporti con il maggiore Nicholson <43, il nuovo British Liaison Officer in Val Tramontina, sono piuttosto tesi, a causa della non facile convivenza operativa e delle rispettive rivendicazioni sui lanci di armi, equipaggiamenti e scorte. Nicholson sfoga la sua insofferenza in un messaggio alla Base, nel quale definisce “inutili, indisciplinati e senza guida” gli elementi austro-inglesi della X Section, accusandoli di interferire nella sua attività quotidiana e chiedendone l’allontanamento.
Vorrebbe trattenere al suo servizio solo MacCabe, anche per il fatto che sa parlare l’italiano <44. Quanto alle missioni di sabotaggio, egli suggerisce alla Base la formazione di un gruppo di sciatori cadorini, da affidare a Prior <45.
Dopo la ricezione del lancio atteso da Rudolf, l’8 novembre a partire sono così tutti i membri di Danbury ed Hauber, assieme ad una dozzina di ex prigionieri alleati ed aviatori statunitensi <46. 

Vista sul Tagliamento dal Monte di Ragogna. Al centro l’isolotto del Clapàt ed i due tronconi del ponte stradale e ferroviario di Cornino-Cimano (ph. © J. Cozianin) - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

La loro marcia verso la Slovenia inizia in una notte tempestosa con l’attraversamento del Tagliamento, poco a valle del ponte ferroviario di Cornino-Cimano, sorvegliato dal nemico. Con loro ci sono alcune guide partigiane oltre ad Aurelio e Goi. Come sempre, è necessario togliersi gli scarponi, i calzettoni ed i pantaloni. Il guado dei bracci del fiume e del suo infido greto di ciottoli e pietre non è certo dei più semplici, se le sue fredde acque sono gonfiate dalle piogge autunnali, se non si conosce l’ostacolo e non si ascoltano i saggi consigli di chi, invece, ne ha ormai scoperto ogni segreto. Deve essere così, se il piccolo Simon per ben due volte viene trascinato via dalla corrente e “ripescato” in extremis da Goi, “a suon di moccoli” <47. Il suo zaino è inzuppato e molto del contenuto è andato perso. Costretto a fermarsi a riva, tra i tuoni egli fa solo in tempo a gridare a Cheyney e MacCabe di proseguire, con l’obiettivo di ricongiungersi presso la missione Coolant del maggiore Macpherson <48, paracadutato sul Monte Joanaz nella notte tra il 4 ed il 5 novembre ed acquartierato nelle malghe di Porzûs (Topli Uorch), presso il comando osovano di Bolla <49.
Esausto, Simon ritorna sui suoi passi e ripara in un fienile, ospite di un generoso contadino. La notte successiva riesce finalmente a guadare il fiume, aggrappandosi alla coda del cavallo montato da un partigiano. Nel frattempo, Cheyney e MacCabe, senza più guida e con il conforto della sola bussola, trovano rifugio nella prima casa isolata incontrata nel loro cammino. Una donna li accoglie benevolmente, dicendo loro di avere un nipote partigiano. Pochi minuti dopo una pattuglia tedesca si avvicina all’abitazione. Gli agenti del SOE attendono con le pistole in pugno che la porta si spalanchi da un momento all’altro. Non è così, il nemico si allontana e la loro marcia può proseguire. La via verso la Slovenia prevede l’attraversamento della Pontebbana poco più a Nord di Tricesimo e, oltre Nimis, la risalita del sentiero che da Porzȗs conduce al Monte Carnizza ed alle malghe in cui si è installata la missione Coolant.
È lì che il gruppo Danbury si ricongiunge.
Dopo l’attraversamento dell’Isonzo e l’ingresso in territorio sloveno, di norma le guide partigiane jugoslave conducono a Čepovan e poi alla sede del quartier generale del IX Korpus e della missione britannica Crayon. Di certo, scavalcata la ferrovia Trieste-Lubiana, la lunga marcia verso la Bela Krajina consente al gruppo Danbury e ad Hauber, il 3 dicembre 1944, di raggiungere Črnomelj, ovvero il quartier generale dei partigiani sloveni (Glavni Štab Slovenije) e la missione Flotsam di cui sono responsabili il Tenente Colonnello Peter Moore <50 ed il Maggiore Owen Reed <51. Entrambi operano in Jugoslavia per il SOE fin dall’autunno del 1943. Tra Črnomelj e Metlika ci sono alcuni airfields <52 molto utilizzati dagli Alleati per evacuare gli agenti segreti, gli ex prigionieri, gli equipaggi dei bombardieri abbattuti ed i partigiani feriti. Tuttavia, a causa del protrarsi delle avverse condizioni meteorologiche, i componenti di Danbury ed Hauber non possono salire a bordo di un aereo come previsto ma devono proseguire la loro marcia, diretti alla missione Fungus presso il quartier generale dei partigiani croati (Glavni Štab Hrvatske), nell’area tra Glina e Topusko. Attraversato il fiume Kupa (Kolpa) da Stari Trg, s’inoltrano infatti nella regione montuosa del Gorski Kotar, oltre Brod Moravice e Skrad. La zona è ancora parzialmente tenuta dagli Ustaša <53 ed il suo passaggio non è privo di rischi. Le successive marce, ognuna in media di 25 chilometri al giorno, conducono infatti gli agenti del SOE molto più a Sud, attraverso la Lika.
Spostandosi lungo la catena del Velebit raggiungono Knin, liberata ai primi di dicembre del ’44. Da là un camion li porta a Spalato. È certo che il 22 dicembre si trovano sull’isola di Vis (Lissa), dalla scorsa estate sede del quartier generale di Tito e di una base aerea alleata, oltre che strategico approdo per le numerose imbarcazioni della flotta partigiana jugoslava.
Tuttavia essi rientrano a Spalato e l’8 gennaio 1945 salpano a bordo del piroscafo Ljubljana <54, già ampiamente utilizzato per il trasferimento degli uomini delle Brigate d’Oltremare (Prekomorske Brigade) dalle coste pugliesi alle isole dalmate nei primi mesi del 1944. Il giorno dopo sbarcano a Bari e rientrano alla Base. Un paio di settimane prima vi hanno fatto ritorno anche Rudolf, Pat, Buttle e Brenner, <55 prelevati a Črnomelj da un Douglas C-47 Dakota. 


Uno scorcio della piana di Pradileva (Tramonti di Sotto), utilizzata dalla RAF britannica come dropping zone e landing strip per i Lysander (ph. © J. Cozianin) - Fonte: Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit. infra

Avevano lasciato Tramonti alla fine di novembre del ’44, nei giorni dell’ultimo grande rastrellamento nemico <56.
I membri di Danbury non parteciperanno ad altre missioni, rimanendo a Monopoli, prima del trasferimento a Siena del quartier generale del SOE. [...]
[NOTE]
22. Il prof. Candido Grassi (1910-1969), udinese, insegnante e pittore, capitano dei Bersaglieri reduce dal fronte jugoslavo. Fu tra i fondatori della Osoppo, di cui fu di fatto il comandante militare.
23. Don Ascanio De Luca (1912-1990), di Treppo Grande, già cappellano degli Alpini in Montenegro ed allora parroco di Colugna (Tavagnacco), tra i fondatori della Osoppo ed una delle sue personalità di maggior rilievo.
24. Gurisatti 2003.
25. Georg Dereatti (1898-?), di Villach, ferroviere, socialdemocratico. Scomparso nel corso della missione.
26. Gurisatti 2003, pag. 175.
27. Brezzaro 1998.
28. Reparto autore di numerosi atti di sabotaggio (Archivio Osoppo della Resistenza nel Friuli, V 7).
29. Martin-Smith 1991.
30. Con ragionevole certezza si tratta di Roderick Stephen “Steve” Goodspeed Hall (1915-1945), geniere, capitano dell’OSS (Office of Strategic Services), paracadutato sul Monte Pala nella notte tra il 1º e il 2 agosto 1944 con la missione Mercury Eagle, operativo in Carnia (Ovasta) e in Cadore. Catturato a Cortina, venne torturato ed impiccato dalle SS naziste a Bolzano il 20 febbraio 1945.
31. Michael Peter Priestley è l’ebreo viennese Egon Lindenbaum (1920-1976).
32. William Taggart è in realtà il viennese Wolfgang Treichl (1915-1945).
33. Interrogati nel quartier generale della Gestapo a Trieste ed incarcerati al Coroneo. Trasferiti in treno a Vienna nel gennaio del 1945. Prigionieri nello Stalag XVII A di Kaisersteinbruch e poi nell’Oflag 79 di Querum (Braunschweig), liberato dalle truppe statunitensi il 12 aprile 1945. Vedi nota 19.
34. Richard Hauber è il tirolese Nikolaus Huetz (1922-2014).
35. Interrogati, frustati ed incarcerati a Trieste. Francis verrà trasferito a Kaisersteinbruch e Querum. Charles rimase a Kaisersteinbruch. Alla liberazione del campo da parte dei sovietici, fuggì nell’ungherese Debrecen e da là, in aereo, rientrò a Bari a metà aprile del 1945.
36. In un suo recente articolo, frutto di accurate ricerche condotte assieme a Ivo Jevnikar, il Dr. Pirker sostiene che essi e Rudolf Moser Henry, guida austriaca del SOE, siano stati catturati, interrogati ed assassinati dall’OZNA jugoslava a Gorenja Trebuša (Tolmino). Lasciata l’Austria per sfuggire alla Gestapo, essi cercavano di raggiungere le missioni britanniche in Slovenia. Vedi www.aegide.at/files/files/spec%20140418%20-%20seite%20III.pdf.
37. Monte Pala (1.231 metri).
38. Marson 2018.
39. Il Monte Taîet (1.369 metri) ne è di fatto la sommità. I sentieri e le malghe del Monte Rossa furono particolarmente utilizzati dai partigiani della Val d’Arzino e della Val Tramontina nel corso dei rastrellamenti nazifascisti e cosacchi per evitare l’accerchiamento dei reparti ed assicurane l’ordinato ripiegamento ed il trasferimento in altra posizione.
40. Renato Del Din (1922-1944), mortalmente ferito a Tolmezzo il 25 Aprile 1944, Medaglia d’Oro al Valor Militare.
41. Rainiero Persello (1912-1998), originario di Farla (Majano), Medaglia d’Argento al Valor Militare.
42. Martin-Smith 1991.
43. Thomas “Tom” Ivan Roworth (1911-?), dei Royal Engineers, paracadutato sul Monte Joanaz il 20 settembre 1944, a capo della missione Bergenfield.
44. Radiomessaggi di Nicholson alla Base - Archivio Osoppo della Resistenza nel Friuli, V 17.
45. Capitano Michael William Leathes Prior (1910-1978), responsabile della sottomissione Big Bug, alle dipendenze di Nicholson.
46. La parziale ricostruzione dell’itinerario di marcia attraverso il Friuli, la Slovenia e la Croazia si basa in particolare sul Report redatto da Simon a fine missione, sulla testimonianza di Hauber raccolta dal Dr. Pirker nel 2003, sui Weekly Situation Reports della Base Maryland e in Martin-Smith 1991.
47. Gurisatti 2003.
48. Sir Ronald Thomas “Tommy” Stewart Macpherson (1920-2014), scozzese, già nei Queen’s Own Cameron Highlanders e nei Commandos. Jedburgh del SOE, si distinse nelle missioni in Francia e Friuli, diventando uno dei più decorati militari britannici della Seconda Guerra Mondiale.
49. Francesco De Gregori (1910-1945), già capitano degli Alpini, vittima dell’eccidio di Porzûs (7 febbraio 1945), Medaglia d’Oro al Valor Militare.
50. Peter Neil Martin Moore (1911-1992), dei Royal Engineers, reduce di El Alamein. Paracadutato in Jugoslavia nel settembre del 1943, operò in Bosnia, Croazia e Slovenia, incontrando più volte Tito e Kardelj. Vedi la sua Oral history: www.iwm.org.uk/collections/item/object/80011631 Imperial War Museum, London.
51. Owen Perceval Elrington Reed (1910-1997), con il Royal Tank Regiment in Egitto. Venne paracadutato in Jugoslavia nell’Ottobre del 1943, operando a lungo in Croazia e poi in Istria e Slovenia.
52. In particolare quelli di Griblje, Otok (“Piccadilly Hope”), Krasinec (“Piccadilly Hope A”) e Prilozje.
53. Nazionalisti croati, alleati dell’Italia fascista e della Germania nazista, con a capo Ante Pavelić (1889-1959), Poglavnik dell’allora Stato Indipendente di Croazia (Nezavisna Država Hrvatska).
54. Varato nel 1904 come piroscafo Salona, requisito dalla Regia Marina italiana nel 1941 ed utilizzato come incrociatore ausiliario Lubiana in missioni di scorta nell’Adriatico fino all’8 settembre 1943. Diventata nave da trasporto della flotta partigiana jugoslava, affondò il 14 maggio 1945 nella Baia di Buccari (Bakar) a causa di una mina magnetica. Vi perirono il comandante cap. Ljubomir Dorčić, tredici membri dell’equipaggio e tre passeggeri.
55. Alois Bilisics (1913-1971), austriaco di origini croato-ungheresi, l’ulteriore operatore radio per Rudolf, paracadutato in Val Tramontina nella notte tra il 16 ed il 17 novembre 1944.
56. Dopo la sosta presso la missione Coolant, il loro itinerario di marcia ha toccato Pulfero, Savogna, Stregna, Liga, Kanal ob Soči, Kanalski Vrk, Lokovec, Čepovan, la Selva di Tarnova, il Turški Klanec, Predmeja, Ajdovščina, Planina, Vipava, Bukovje, Postojna e la valle del fiume Kupa, prima di raggiungere Črnomelj.
Enrico Barbina e Jurij Cozianin, Op. cit.

domenica 7 novembre 2010

Gli spiccioli di un provinciale

Racconti di guerra, grande ingiustizia del mondo, sentiti in famiglia. 

Il nonno Maini, che fece la Grande Guerra nel Battaglione Aosta, in divisa da alpino
La Grande Guerra.

Il gruppo di case sparse in Slovenia, dove nacque il nonno materno
Dalla viva voce della nonna materna appresi fanciullo di bambini sloveni trattenuti sulle linee del fronte dell'Isonzo al pari di donne ed anziani, feroce anticipo italiano delle persecuzioni e dei campi di concentramento loro riservati vent'anni dopo. Bambini in allora obbligati a sentire le grida di agonia dei feriti gravi abbandonati tra i reticolati delle trincee. Anziani considerati spie e trattati di conseguenza, salvati solo all'ultimo minuto dall'esecuzione. Stupri o tentativi di stupro. Su un fronte più lontano l'altro mio nonno, a combattere. Schivo di parole in merito, però, eccezione fatta per meticolosi chiarimenti tecnici resi al sottoscritto di ritorno da Gorizia. Già, ma la pandemia di spagnola della prima famiglia gli lasciò solo lo zio tragicamente destinato a perire più tardi in Russia. Particolari appresi da adulto. Pudori arcaici di famiglia. 

Le donne, meravigliose creature, sensibili e pratiche ad un tempo, come progressivamente ho appreso nella vita. Loro quindi mi hanno illuminato per prime su tante nefandezze umane. Forse il primo squarcio di luce rispetto alle letture artatamente patriottiche dei libri di testo mi arrivò proprio dai particolari di Musei e Sacrari narrati da una zia (a noi tutti carissima!) anche lei di ritorno dalla Venezia Giulia. 

Più sfumate le testimonianze dirette della seconda guerra.


La malaria (altre persone a me care ne soffrirono nella loro conseguente breve vita) del nonno materno, reduce dall'Albania, più o meno costretto ad indossare di nuovo la divisa del carabiniere.

Quali orrori avrà visto in tale veste? Un anticipo del suo espatrio clandestino in Jugoslavia per riabbracciare la madre, con particolari - i duri interrogatori dei "titini" che, date le sue origini, lo ritenevano un spia - conosciuti solo da mio padre per essere svelati tanti, troppi anni dopo? 


Ultima guerra, mio padre, da Ventimiglia (IM): i bombardamenti aerei a  Napoli, la prima battaglia navale della Sirte:



la fuga da Pola, 8 settembre 1943, della squadra della corazzata Giulio Cesare, la successiva destinazione ad altri incarichi, spesa a terra tra Taranto e Lecce. A lungo senza contatti con i genitori e, sino all'indomani dell'8 settembre 1943, con il fratello più piccolo, anch'egli in  Marina. Il fratello più grande, che era nel Genio Ferrovieri, già morto (ufficialmente disperso!), come sopra accennato, nella sciagurata campagna di Russia, a dicembre 1942.

Da queste parti, in Riviera, i civili in dura lotta per la sopravvivenza. Anche bambine di Bordighera (IM) a spingere carrette su e giù per il Col di Nava alla ricerca di farina in cambio di olio cercando di evitare i feroci controlli tedeschi. 

Potrei continuare, aggiungendo notizie apprese diversamente, alcune decisamente significative. Ho già lasciato qualche traccia scritta di questi eventi, che in gran parte costituiscono da sempre il filo conduttore di mie narrazioni orali, nella convinzione che particolari come questi aiutino a comprendere la Storia. Ho trovato, invero, anche riscontri, destando talora nei miei interlocutori la necessità di ripercorrere con attenzione le loro ascendenze. 

Ma sulla guerra, fatalmente sulla seconda, che vede ancora dei testimoni diretti, la mia curiosità partecipe va anche alla vita dei civili e dei militari in libera uscita, forse attratto da tanti passi incrociati di parenti e di conoscenti, comunque, desideroso di sapere quali molle caricassero quelle donne e quegli uomini a sopportare quei mesi difficili. Di qui il mio trepido stupore quando ho rivisto "Ossessione" di Visconti, realizzato fortunosamente in tempo di guerra, dove abbondano scene di vita reale nelle retrovie. E la grande attenzione con cui ho ammirato "Estate violenta" di Florestano Vancini.

La Resistenza, poi, affiora per ironico paradosso in presa diretta di stampo familiare con ambientazioni geograficamente lontane dalla Liguria Occidentale. 

Ci sono episodi, riconducibili a quando avevo da poco superato i vent'anni di età, che non ho mai raccontato, anche perché mi tornano, chissà perché, raramente alla memoria.


Una visita guidata ai Musei Vaticani. Afferrare e ritenere per sempre da poche parole dell'accompagnatore l'essenza dell'arte, ma ancor più la sottesa storia sociale, un po' come compie con grande respiro il professor Flavio Caroli con le sue lezioni magistrali, l'ultima sentita ieri sera a "Che tempo che fa", su Goya, stupenda! Capire, meglio, forse, perché "Tempesta" di Giorgione, "Adamo ed Eva cacciati dall'Eden" di Masaccio, "Guidoriccio da Fogliano" di Simone Martini da sempre mi affascinino in modo particolare. E dal vivo ho visto solo la Cappella Brancacci. Per le prime due opere é ampiamente riconosciuto, mi pare, un accostamento non arbitrario a "L'urlo" di Munch. Io aggiungo anche la terza. Ma lo intendo solo ora. Così come é giusto cercare di aiutare il superamento delle angosce altrui.


Colli Albani. Presenza inattesa in quella storica villa del capo delegazione, una donna, del VietNam del Nord al tavolo della pace di Parigi. Io sono il primo a vedere la piccola comitiva, che sperava di passare inosservata, e a chiamare gli altri per esprimere in modo improvvisato e goffo emozione e solidarietà a quella lotta di liberazione e a popoli atterriti da nuovi micidiali bombardamenti aerei. Senonché, ci sono le amare pagine della storia che ci rammentano tante ingiustizie. No, non era un modello quel VietNam, non lo é neanche adesso. Anche se era giusto che quella guerra cessasse. Forse non comunque, di sicuro non in quel modo, con le rappresaglie dei vincitori e i Boat People. Per non parlare dell'immane tragedia della Cambogia. Penso adesso a "Asce di guerra" dei WuMing, un libro in cui l'anima, a mio avviso, ce l'hanno messa sul serio. Ed illuminante.


Un viaggio in treno da Milano all'inizio di una ormai lontana estate. Per me si trattava di un ritorno a casa, a Ventimiglia (IM). Nello scompartimento ebbi la fortunata opportunità di sedermi vicino a Carlo Levi, che poi scese ad Alassio (SV), dove, sulle alture, aveva casa e ricordi d'infanzia. Un distinto signore molto elegante nel suo abito di lino chiaro. Io insistetti ingenuamente a dirgli che in quella cittadina era nata mia madre. Lo spessore umano di un personaggio che si lasciava tormentare dalle domande del sottoscritto. Entrambi reduci da una Conferenza dell'Emigrazione, svolta in una bella villa sul Lago di Como. Lui dirigente di quel sodalizio e grande relatore con un discorso intriso di splendide e commoventi immagini. Io semplice spettatore. In vettura, ma lo comprenderò (mi è capitato con altri personaggi importanti) una volta di più anni dopo, mi impartì una lezione di vita. E di autentica Storia. Non si lasciò andare ai ricordi di "Cristo si é fermato ad Eboli". Tutt'al più mi parlò delle sue prove artistiche di pittore. Mi fece toccare con mano con la sua narrazione di fatti apparentemente minuti il profondo significato di essere degni cittadini.


Se qui ho parafrasato, come riconosco di aver fatto, "Gli spiccioli di Montale" di Nico Orengo, compianto autore dalla grande scrittura creativa, sottolineo, come ho già documentato, che quest'ultima opera si apre in una casa storica in riva al mare che ho avuto la ventura di frequentare. Le mie odierne trame, invece, hanno preso le mosse a Bordighera in un'altra residenza più modesta, non lungi da dove abito adesso, ormai abbandonata in attesa della furia delle ruspe per il compimento dell'ennesima speculazione edilizia. Solo la nonna materna ci ha vissuto per più di sessant'anni. Lo zio più di settanta.


Il mare é vicino, ma non visibile. Si scorgevano (si scorgerebbero) dagli usci verdi colline ormai massacrate dal cemento ed una torre d'avvistamento contro i pirati turcheschi, che si é scoperto da poco insistere su rari reperti archeologici dell'Alto Medio Evo, ma destinata ad essere circondata dagli ennesimi residences. Ed ancora - basterebbe spostarsi un po'! - il Sasso, Seborga, Monte Caggio. Più o meno di fronte, non rammento ora se di colà ben visibili, Borghetto San Nicolò e Vallebona. In mezzo il torrente Borghetto che, quasi tutto tombinato e destinato ad accogliere acque furiose non più trattenute da rilievi modesti, ma ormai spelacchiati o ricoperti da manufatti agricoli e non, in otto anni ha più volte esondato, con conseguenze particolarmente pesanti a metà settembre 2006: non più luogo di giochi durante la siccità estiva per bambini che amavano l"intrepido", dunque, non più sito di raccolta di erbe odorose per i conigli ed altri animali da cortile, non più terreno di ricerca delle more più dolci mai mangiate.


D'altronde da tanti anni ormai avevano cessato di defluirvi le acque della grande antica lavanderia di Guido, omaccione generoso dalla voce tonante che non spaventava nessuno.