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martedì 21 febbraio 2012

Angoli ventimigliesi d'antan


In zona Nervia di Ventimiglia ci sono nato e cresciuto, fatta salva una breve parentesi nel centro storico, di cui farò vedere tra breve qualche scorcio. Ma solo da poco ho rinvenuto la fotografia di cui sopra, che consente di capire com'era ai primi del secolo scorso un segmento importante di questa porta d'ingresso della città di confine e della Valle omonima.


Infatti, l'incrocio in questione io me lo ricordo più o meno così. Insomma, ho fatto solo in tempo a scorgere le macerie della guerra al posto del primo attuale palazzo sulla destra.



Non so se con queste due immagini riesco a documentare la scomparsa del terrazzamento antico del belvedere del centro storico, il Cavu, il cui crollo negli anni '30 ispirò una canzoncina in dialetto, ma ci provo lo stesso.


In continuità con il paragrafo precedente, mi consento di Ventimiglia Alta inquadrature ravvicinate della Chiesa di San Giovanni e relativo panorama, ieri e oggi. Mi vengono in mente ricordi curiosi, ripassati di recente con G.


Ma la cosa più personale la vado a riferire in questa occasione al vecchio ascensore che portava ai Balzi Rossi, là a Grimaldi, vicino a Ponte San Luigi e non lontano da Mentone.

Quell'ascensore, dunque, di cui tanti, invero, hanno già scritto, così come di tutta quella zona di pregio. E di cui sul Web si può anche rinvenire un filmato della relativa demolizione. Voglio, invece, sottolineare che l'unica volta in cui, ancora bambino, avrei potuto utilizzarlo, la cosa fu vanificata dal timore che ne ebbe mio fratello, più piccolo di me. Aggiungo che eravamo soli con nostro padre per cui non erano possibili ... staffette di sorta.


venerdì 17 febbraio 2012

Note a "Il Corsaro Nero" di Salgari

Fotografia: Wikipedia
Questa immagine compare anche nell'edizione particolare de "Il Corsaro Nero" uscita tanti anni fa. Si tratta, infatti,  di una edizione integrale annotata.

Fotografia: Wikipedia
C'è anche questa.
Fotografia: Wikipedia
C'è inoltre il famoso Morgan.
Fotografia: Wikipedia
Le stampe originali sono parte integrante di "De Americaensche Zee-Roovers", uscita ad Amsterdam nel 1678. Di Alexandre Olivier Exquemelin (scritto anche Esquemeling, Exquemeling, o Oexmelin). Credo si tratti di pagine dell'opera originale custodita alla Libreria del Congresso Americano. Che riporta la dicitura abituale di questo lavoro in "The Buccaneers of America", una delle due traduzioni in inglese uscite nel 1684. E' un libro molto imitato e ispiratore di tanta narrativa. A quella derivata, più precisamente all'"Histoirie illustrée des pirates, corsaires, flibustiers, boucaniers, forbans, négriers et ecumeurs dans tous les temps e dan tous le pays" di Jules Trousset, tradotta in Italia da Sonzogno tra il 1879 e il 1881, ha attinto il nostro Emilio Salgari per il già citato romanzo che ha segnato uno dei suoi cicli più famosi. Altre notizie sui filibustieri - e sulle Americhe - Salgari trovò anche sul "Costume antico e moderno" di Giulio Ferrario (1817-1834) e nella "Storia dell'America" di Giuseppe Compagnoni del 1822.

Fotografia: www.aemma.org
Fotografia: www.aemma.org
L'edizione, da cui sono partito per stendere questi brevi appunti, é anche dotata di illustrazioni riprese da "L'Arte di ben Maneggiare La Spada", di Francesco Alfieri, del 1653.
Fotografia: Wikipedia
Ma anche dalla "Storia generale delle Antille abitate dai francesi" (1667-1671. 4 tomi) di  Jean-Baptiste Du Tertre.

Sulla flora, sulla fauna, gli usi e i costumi indigeni dell'America tropicale, Salgari raccolse, invece, molte informazioni nelle edizioni italiane dei due principali periodici di viaggio dell'Ottocento, "Il giro del mondo" e il "Giornale illustrato dei viaggi e delle avventure", dove venivano pubblicati a puntate vari reportage. Si avvalse, in più, di due volumi di Louis-Guillaume Figuier pubblicati da Treves rispettivamente nel 1873 e nel 1880, l'"'Histoire des plantes" e "La vie et les moeurs des animaux".
Fotografia: italica.rai.it
Questa é la copertina della prima edizione in 16° (del 1901) de "Il Corsaro Nero", uscito in precedenza in dispense a Genova a partire dall'ottobre 1898.

Fotografia: emiliosalgari.it
Non potevo concludere senza riportare almeno un'immagine che compare sia nell'originale che nella ristampa particolare di cui alla mia premessa, immagine dovuta al bravo Pipein Gamba.

Certo che su Salgari, a ben guardare, c'è ancora molto da dire.


sabato 11 febbraio 2012

A Bordighera c'era il Casinò


Ogni tanto dalle mie parti si parla ancora del vecchio Casinò di Bordighera.


Si possono anche rinvenire su taluni siti cartoline e fotografie come queste.



Anche a pagamento, come questa qui sopra, che ho copiato da eBay!


Tutte le altre immagini d'epoca, a parte quella già da me attribuita a eBay, le ho avute da Giulio Rigotti, un amico. Il punto é un altro. Salvo qualcosa che dirò alla fine, nei ricordi di chi l'ha visto prima della demolizione emergeva ed emerge, a mia memoria, l'aspetto esteriore di quel grosso edificio. Poco di più. Forse i danni di una mareggiata, gravi, definitivi, prima del ripascimento di spiagge compiuto, qualche anno dopo l'ultima guerra, in quella zona. Sul Web non si rinvengono molte notizie. Deduco che, da poco terminato come costruzione, durante il primo conflitto mondiale il Casinò in questione venisse adibito, al pari di alberghi ed altri istituti, a ospedale militare: vicenda che ne richiama altre similari, in questo territorio, ad esempio, quella dell'Istituto "Chiappori" di Ventimiglia, che merita, invero, qualche cenno a parte in una prossima occasione. Senonché come casa da gioco deve avere funzionato ben poco, in quanto nel 1927 per legge l'esclusiva venne data al Casinò di Sanremo: quello di Bordighera avrà continuato l'attività come normale pubblico esercizio turistico.

Infatti. Se rammento bene l'episodio per come mi é stato raccontato, due amici a fine anni '30 cercarono di essere assunti come camerieri al Casinò di Bordighera, ma si ritrovarono solo per pochi mesi a fare da ... lavapiatti.

E con gli ultimi due scatti, presi per così dire da ponente, cerco di documentare, come se avessi azionato uno zoom, l'odierno stato di quel sito.



martedì 7 febbraio 2012

Gabriel Lafond de Lurcy, ammirato da de Lamartine


Nel primo quarto del XIX secolo in Europa l'Isola di Guam veniva vista come nell'immagine di cui sopra.

Da questa parto per tracciare qualche cenno della vita veramente avventurosa del capitano, armatore, esploratore, uomo politico, ed altro ancora, soprattutto scrittore, Gabriel Lafond de Lurcy (1802-1876), che, persa da adolescente l'occasione - per sua fortuna, aggiungerei! - di essere cadetto alla corte di Murat a Napoli, si ritrovò, invece, da marinaio a fare diverse volte il giro del mondo. Ma queste, e quelle che seguono, sono solo piccole note. La sua fu una esistenza molto densa, quasi impossibile da riassumere. E sul Web si hanno su di lui notizie quasi esclusivamente in lingua spagnola (compresa la nascita anticipata al 1801 e gli altri due nomi di Lafond, che lascio, in onore alle fonti, in Pedro Maria).

Anticipo ancora. A lui Alphonse de Lamartine dedicò il seguente pensiero, che da solo vale - ritengo - più di innumerevoli commenti: "Amo appassionatamente i viaggi, sono la filosofia che cammina. I vostri m'hanno istruito e dilettato: voi vedete, sentite e dipingete; come non seguirvi a traverso il mondo?"


Manila, Filippine.

Le stampe che ho rinvenuto in riferimento ai viaggi di Lafond riguardano, invero, l'Oriente. Ebbe esperienze forse ancora più notevoli in America Spagnola, di cui scrisse la storia, soprattutto dell'allora recente emancipazione dal vecchio impero europeo. Così come si dedicò ai viaggi di esplorazione di altri importanti personaggi, ad esempio, James Cook.


Lo Stretto della Sonda.

Nel 1818 Lafond era a Nantes, allievo della marina mercantile. 
Nel 1919 aveva già navigato a Célebes, Molucche e Filippine.
Fu a Valparaiso nel 1822, coinvolto in un terribile terremoto che fece affondare venticinque navi, compresa "L'Aurora" di cui era giovane comandante, ma di cui riuscì a salvare l'equipaggio.


Macao.

Scrisse Lafond che, fatto naufragio (non l'unico nella sua carriera!) nel 1831, partito dalle Isole Marianne per le Filippine, nel viaggio sulla baleniera "Royalist" conobbe la moglie del capitano, che era la figlia del capo legnaiuolo del Bounty,  il quale a sua volta aveva accompagnato Bligh e gli altri uomini a lui rimasti fedeli nella pericolosa rotta su semplice scialuppa sino a Macao. Dalla donna Lafond apprese molti particolari sulla celebre vicenda, compresi successivi aspetti afferenti i ribelli. E ce li ha tramandati.


Interno di Tahiti.

Nel 1839 Lafond conobbe vicino a Parigi José Francisco de San Martín, l'eroe dell'indipendenza del Perù, Libertador anche lui come Simon Bolivar. L'occasione era per lui preziosa in funzione della sua fatica letteraria per avere dati su quelle battaglie di emancipazione dalla Spagna, ma ne sortì anche una "Carta Lafond", di cui si discute ancora oggi circa l'autenticità di un incontro segreto - mi sembra di capire riferito in un passo del Lafond - tra San Martìn e Bolivar a Guayaquil del 1823.
Nel 1849 Lafond  andò in Costa Rica, di cui fu dal 1857 al 1860 Ambasciatore in Francia. Aveva anche cercato, d'intesa con le autorità locali, da cui aveva ottenuto una concessione, di formare, senza riuscire a trovare i capitali necessari, per cui dovette desistere, una compagnia per la realizzazione di un canale tra Atlantico e Pacifico, quindi, ben prima di quello di Panama. In quel paese ebbe anche altri onori ed é tuttora ben ricordato.



In base alla sua esperienza, Lafond diede molti consigli di carattere commerciale e imprenditoriale, tipo tentare la caccia delle balene al largo della Nuova Zelanda, ma anche di natura colonialista, e fu in collegamento con diverse società geografiche del tempo.
Lafond scrisse, tra le altre, due opere dedicate a viaggi intorno al mondo, una del 1839 (dalla cui edizione italiana inserita in quella sorta di grande Enciclopedia di Viaggi e Esplorazioni curata, come ho già menzionato altre volte, dal geografo Marmocchi per l'editore Giachetti di Prato intorno al 1844, derivano le immagini qui visibili, per come ne ho trovato fotografie in Cultura-Barocca), l'altra del 1845, "Carte dell'America Centrale", "Le Isole Marchesi e le colonie della Francia", "Studi sull'America Spagnola".

giovedì 2 febbraio 2012

Un medico del Ponente Ligure nella Cina di inizio Novecento


Faccio esordire con molta personale soggettività questa affascinante storia, che ho appena scoperto, dall'edificio ritratto in questa fotografia d'epoca.
Aggiungo subito che Alberto Moreno, nipote della persona, la cui attività cercherò nelle seguenti righe di sintetizzare, ha raccontato con passione, competenza e acume di inquadramento e completamento storici tutta l'inusuale vicenda sul suo blog. E lì ho, inoltre, attinto tutte le immagini che corredano questo articolo.

I miei accenni saranno, dunque, dedicati, al dottor Giacomo Rastello, che ha illustrato negli ultimi anni di vita la città di Bordighera, nipote dal lato materno del professore Ludovico Isnardi di Pigna (IM), "primario dell’Ospedale Maggiore di Torino, docente universitario e vero luminare della chirurgia", titolare della clinica in zona Nervia di Ventimiglia (IM), raffigurata nel primo scatto, che, prima di tornare ad essere ospedale e, oggi, presidio sanitario, ospitò al piano terreno le scuole elementari frequentate dal sottoscritto.


Questa dovrebbe essere la prima cartolina che il giovane medico mandò alla famiglia dalla Cina, dove andò nel 1913 per un incarico procurato dallo zio chirurgo.
"Ti avverto che il Comm. Schiaparelli, Presidente dell'Associazione Nazionale per soccorrere i Missionari cattolici italiani, ha bisogno di due medici e specialmente chirurghi per la Cina, in due luoghi diversi: si va con le Missioni composte da Sacerdoti e Suore e si dirige un piccolo ospedale per indigeni."


La Cina era sconvolta, come noto, in quel periodo soprattutto dai torbidi scatenati dai signori della guerra: i viaggi di Rastello furono avventurosi e i pazienti da accudire in massima parte poveri popolani cinesi. "L'estate del 1913 è per Giacomo molto impegnativa... Scortato da un centinaio di soldati mandati dal governatore dell'Honan in segno di stima, Giacomo lascia Chumatien e, alternando percorsi a piedi e l'uso della portantina che gli sembra imbarazzante, raggiunge in una settimana Nanyang; dopo altri 5 giorni di cammino entra nella  provincia dell'Hupè."


Questa fotografia documenta il salvataggio di una neonata, che era stata, come costume largamente diffuso in quel grande paese, abbandonata. Fa, anche, parte di un archivio a mio avviso semplicemente straordinario.
Nel 1916 il medico scrive: "Nella scienza medica del resto come in tutti i rami dell'attività del pensiero umano la Cina ha fatto una lunga sosta; si è attardata sui ruderi della sua vecchia civiltà; ora però pare che voglia riprendere il suo cammino."


Questa immagine ritrae una parte dei festeggiamenti fatti al ritorno del dottor Rastello a Laohokow nel 1921.


Ecco Shanghai in quel torno di tempo.


Tornato in Italia a metà anni '20, il medico non sa ancora che non tornerà più in Cina, di cui conserverà un grande ricordo, notevole documentazione e ancora tanti contatti.
Aprirà una clinica a Bordighera (IM). La seconda guerra mondiale la renderà "una struttura d'emergenza medica per la popolazione civile molto simile all'Ospedale di Laohokow."


Nella vicenda familiare del medico rientrerebbe anche un riferimento ai Giardini Moreno di Bordighera, di cui qui sopra si vede uno scorcio ritratto da Claude Monet ("Sotto gli alberi di limone Bordighera", 1884), ma questa é proprio una storia da lasciare completare ed arricchire dal nipote.

lunedì 30 gennaio 2012

Bouvet, Kerguelen, Crozet


La piccola isola di Bouvet, scoperta il 1 gennaio 1739, si trova ad una distanza di circa 1600 chilometri dall'Antartico.


Lo fu ad opera di Jean Baptiste Charles Bouvet de Lozier - da cui prese il nome -, che comandava le navi francesi Aigle e Marie, e che pensò, senza procedere tuttavia ad una circumnavigazione, di essere arrivato a quella che noi oggi definiamo Antartide.

Jules Verne in suo libro, dedicato a molte esplorazioni compiute soprattutto nel '700, dopo aver descritto le prove tremende affrontate da quei marinai alle prese con inaspettate temperature polari, sottolineò che Bouvet "ebbe la gloria di dare un esempio al grande esploratore inglese James Cook".


Eccola la rotta che portò Cook verso l'Antartico, ma é, appunto del 1772-74.


Questa mappa, che si può definire dell'Oceano Indiano, é del 1753. Come si può notare, le conoscenze geografiche non erano all'epoca molto precise. Ma i viaggi di esplorazione per mare iniziavano proprio in quel periodo ad avere carattere scientifico. La carta in questione fu redatta dal cartografo e navigatore francese Jean-Baptiste d'Après de Mannevillette (1707-1780), che utilizzò a fondo un nuovo strumento, ideato dall'astronomo britannico John Hadley, per calcolare sia latitudine che longitudine con il metodo delle distanze lunari. Se ricordo bene, erano quelli gli anni in cui si cercava di risolvere con urgenza il problema della longitudine.


Qui sopra il ritratto di Yves Joseph de Kerguelen de Trémarec, che scoprì nel 1772 le Isole della Desolazione, cui lo stesso Cook in onore del francese volle, invece, dare il nome di Kerguelen.


Qui sopra uno scorcio della penisola Rallier du Baty, nella più grande delle Kerguelen, che sono situate a 4.800 chilometri dall'Australia (ad est) e circa 2.000 dall'Antartide (a sud).
Marc-Joseph Marion du Fresne scoprì nel 1772 le Isole Crozet (dal nome del suo comandante in seconda, in quanto a lui era già stata intitolata l'Isola Marion) che sono collocate ad una latitudine compresa tra 45°95' e 46°50' S e una longitudine compresa tra 50°33' e 52°58' E nell'Oceano Indiano meridionale.

Con quelle deviazioni delle rotte di grandi viaggi di esplorazione via mare ci si stava avvicinando all'Antartide.


venerdì 27 gennaio 2012

La bontà del contadino che nasconde nel fienile un vecchio ebreo




Nizza, Alpi Marittime, Cimitero alle pendici della collina del Castello.

"Da Babji Jar di Evgenij Evtušenko
...
Io sono ognuno dei vecchi fucilati qui.
Io sono ognuno dei bambini fucilati qui.
Niente dentro di me dimenticherà mai!
...
Nel mio sangue non c’è sangue ebraico.
Nella loro folle rabbia tutti gli antisemiti
Devono odiarmi ora come se fossi un ebreo.
"
Evgenij Evtušenko

"Ed ecco, a fianco del minaccioso, grande bene, esiste una bontà quotidiana. È la bontà della vecchia che porta un pezzo di pane a un prigioniero, del soldato che da da bere dalla sua borraccia al nemico ferito, della gioventù che ha pietà della vecchiaia, è la bontà del contadino che nasconde nel fienile un vecchio ebreo."
Vasilij Semenov Grossman

"Le truppe tedesche entrarono nella Valle del Bevera dall'Italia nel settembre 1943 e s'installarono sulle alture dell’Authion, lasciando a Sospel solo dei doganieri. La comunità ebrea fu subito minacciata: molte persone furono trasferite a Nizza in attesa di deportazione; altre riuscirono a rifugiarsi a Monaco."
da Museé de la Résistance Azuréenne

"Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria. La peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo. In questo libro se ne descrivono i segni: il disconoscimento della solidarietà umana, l'indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l'abdicazione dell'intelletto e del senso morale davanti al principio d'autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un'idea."
Primo Levi