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mercoledì 11 gennaio 2012

Ventimiglia in altre antiche stampe


Questo lavoro, oltre che di composizione delicata, credo proprio non sia molto noto: di Albanis Beaumont, viene datato 1795. Come afferma quella scritta, si tratta di Ventimiglia.


Questa immagine, del 1838, é stata curata dal grande Ferdinand Perrot.


Del medesimo artista, sempre del 1838, anche quest'altra, dove si può notare lo Scoglio Alto, in dialetto Scögliu Autu.


Quel fragile agglomerato dalla storia antica - non proprio roccia, insomma - viene visto da un'altra angolazione in quest'opera di Emeric de Tamagnon, che risale al 1850.


Lo si può notare più da vicino in questo vecchio scatto. Lo Scoglio Alto, riprodotto in molte fotografie, anche ingrandite ed esposte in pubblici esercizi, é ancora molto caro al cuore della gente della città di confine, perché se ne tramanda anche a voce la memoria: si adagiò nel mare il 17 febbraio 1917.

Merita, invero, qualche cenno in più, che forse posso fare in altra occasione.

Torno, invece, rapidamente alla bellezza, e alla rarità - reputo di dover aggiungere -, delle stampe, che ho rinvenuto su gravures-nice.org, un sito, come ben si capirà dal nome, con sede nella vicina, francese Nizza. E questo porta al discorso - da me già altra volta accennato - che nel capoluogo del dipartimento transalpino delle Alpi Marittime sono conservate altre splendide icone di quella zona, specie quadri, realizzate ancora all'epoca del Regno di Sardegna: non stonerà, allora, una prossima, dato che molto é fruibile sul Web, visita virtuale a magnifici scorci oggi scomparsi!


sabato 7 gennaio 2012

Volney


Anche questa immagine, che mostra le Cascate del Niagara, fa parte della grande opera dedicata a viaggi, curata dal geografo Marmocchi per l'editore Giachetti di Prato intorno al 1844. In questo caso, il riferimento puntuale é al "Tableau du climat et du sol des Etats-Unis" (1803) del Volney, che ebbe gran successo anche in Italia.


Qui sopra, la raffigurazione del lavoro agricolo di alcuni coloni.

Constantin-François Chassebœuf de La Giraudais, Conte di Volney, detto Volney, (Craon, Anjou 1757 - Parigi 1820), considerato precursore di etnologi, antropologi e sociologi del XX secolo, che ebbe intensa vita pubblica (fu anche imprigionato durante la Rivoluzione Francese) conoscendo molti importanti personaggi dell'epoca, il suo viaggio nella nuova nazione nordamericana lo fece in tre anni a partire dal 1795.


Questa stampa mi sembra, invero, ancora lontana dal realismo dei pittori "classici" del Far-West.

Il Volney era già stato a lungo all'estero. "Viaggio in Siria e in Egitto negli anni 1783, 1784 e 1785" é, infatti, un suo libro importante, edito in Francia già nel 1785. Nel 1791, memore di quel tour, scrisse "Le rovine, ovvero meditazioni sulle rivoluzioni degli imperi". Affermò che tra le rovine di Palmira, come già lo Scipione di Polibio tra quelle di Cartagine, si era posto quesiti fondamentali sui destini delle città, che vennero più tardi in qualche modo ripresi da Hegel, che nelle Lezioni sulla storia della filosofia si chiese quale fosse il senso di quel “mattatoio” che è la storia. E una dedica a questo basilare interrogativo verrà poi fatta nel suo resoconto dal Marcellus, altro viaggiatore francese del Medio Oriente, dell'Egeo, della Grecia.

Un personaggio certo non comune, Volney.

La digitalizzazione delle presenti icone é di Cultura-Barocca


martedì 3 gennaio 2012

Altre idee di Ventimiglia (e zona)


Questa mattina M., finalmente trovato di persona e da me interpellato in proposito del professore Raffaello Monti, mi racconta di un'importante assemblea pubblica sull'obiezione di coscienza, avvenuta a Bordighera nei primi anni '60 con l'intervento di Aldo Capitini, grande figura di cattolico pacifista. E con un lungo telegramma di Bertrand Russel, dispiaciuto di non poter intervenire. L'iniziativa ebbe luogo nella Chiesa Anglicana della Città delle Palme, allora aperta al culto. Con l'autorizzazione del Vescovo di Malta, da cui dipendeva quel luogo ancora sacro. Il meeting era stato organizzato dall'Unione Culturale Democratica, di cui era presidente il professore Monti, artefice, anche in virtù dei suoi profondi legami con Capitini, della sopradetta manifestazione. Di quest'ultimo, di cui ho già parlato, cercavo e cerco ulteriori notizie, perché per un caso straordinario e significativo a seguito di quel mio post sono entrato in contatto telefonico con la figlia, che mi ha esortato a parlare ancora di suo padre, soprattutto in riferimento alla sua frequentazione con Capitini: il che io traduco soprattutto nel sollecitare vecchi amici della famiglia Monti, in Bordighera e dintorni, a riunire memorie e documenti dell'attività svolta in questa zona, da ultimo anche nel pensare a qualcuno veramente esperto di penna per stendere note importanti in proposito.

In sostanza, qualcosa che ho scritto già qui sul blog ha avuto sviluppi, anche imprevisti, incrociando, inoltre, altre trame.


Un punto riassuntivo potrebbe essere il già da me citato Bar Irene di Ventimiglia dei primi anni '70, che di recente mi torna in ballo anche per aspetti banali, ma che molti collaboratori locali del professore Monti hanno conosciuto bene.

Come l'ha conosciuto bene N., da anni, come ne scrissi tempo fa, emigrato nelle vicinanze di Milano, con cui, finalmente, dopo due fugaci occasioni, ho potuto avere qualche giorno fa una lunga e proficua discussione, come quelle di una volta: sembrava proprio ci fossimo lasciati l'altro giorno, forse perché, come dice, esplicitandomi il senso di una battuta di un mio ex-compagno di scuola, il mio anonimo dotto eremita della collina, quando si cresce insieme rimane un elevato grado comune di confidenza.
N., che ritrovo come sempre colto ed acuto osservatore, in più temprato anche dalle importanti vicende culturali di una vecchia Milano, che ha avuto l'opportunità di vivere, quella della Casa della Cultura, per intenderci, ha di quel Bar Irene più in mente, o a cuore, in questo momento, se ho capito bene nell'enfasi di un cimento peripatetico interrotto da continui rimandi, persone anche dalla vita pittoresca, che credo di avere individuato anche in un pezzo di notevole pregio stilistico di un altro nostro conoscente, pezzo che prima o poi mi devo decidere a pubblicare qui.
Solo che a quel Bar era lui soprattutto, N., quello che faceva interminabili discussioni con Francesco Biamonti, come a suo tempo io devo aver messo in quella mia sintesi di quella storia, per noi ed altri, così importante. Non per niente una parte del tempo passato insieme l'altro giorno l'abbiamo speso a vedere a Bordighera la Mostra fotografica di Ario Calvini "Tra gli ulivi con Francesco Biamonti".

L'incontro con N. - che non ha conosciuto, tuttavia, il professore Monti - mi fa, dunque, da traccia per schemi di vecchie narrazioni che dovrei arricchire, ma, prima di proseguire almeno per una parte qui, aggiungo che altri spunti mi sono stati da lui forniti, soprattutto con alcune sue fotografie ed alcune impeccabili riflessioni consegnatemi subito dopo via email: mi auguro solo che vada ad aprire presto il blog di cui mi ha detto in termini ancora di vaga idea.


Avevo già saputo che il mio amico d'infanzia, cui sono debitore di tanti insegnamenti relativi alla storia, aveva presentato a Ventimiglia, verso il termine del lungo periodo in cui io mi ero trovato praticamente relegato a Sanremo, il bel romanzo di N., su cui l'autore mi ha pregato per il momento di tergiversare. Ma N., dalla robusta, differentemente dalla mia, memoria, mi viene a sottolineare l'esperienza per tutti noi giovanile di un Cineforum, condotto presso il Dopolavoro Ferrovieri di Ventimiglia, nel corso della quale, ad esempio, il nostro vecchio sodale, oggi ormai ben piazzato a Seborga (e che mi ha confermato la circostanza), procedette, con la sua sempreverde foga, a difendere le opinioni altrui, comunque espresse.

Di N. dovrò dire altro ancora, come preannunciato, non fosse altro che per ricordare altre persone, alcune veramente care, da ricondurre alle comuni trame, ma aggiungo due argomenti che in qualche modo lo collegano a mie pregresse storie. Di quanto pertinente a "Far West di Ponente" l'ho maggiormente informato io, non sapendo lui ad esempio del romanzo di Elio Lanteri, che bene conoscemmo da giovani, ma su alcuni aspetti, sempre via email, mi ha già fornito suoi giudizi critici. E non potevo dubitare che, avendo conosciuto Nico Orengo, N. rammentasse all'autore de "La curva del Latte" che, certo anni dopo quell’ambientazione storica, nella campagna condotta dal protagonista lui, prima di diventare a costo di grandi studi e di pesanti sacrifici un importante dirigente in due diversi comuni dell’hinterland milanese, ci avesse lavorato da bracciante, ricavandone anche il ritratto affettuoso del figlio reale di quel personaggio, figlio cui Orengo, particolare a me sfuggito, aveva dedicato un'altra opera.



Ma su Orengo, una cui recente parziale rilettura mi ha aperto altre strade da indagare, termino questa prolissa esposizione.


sabato 24 dicembre 2011

Buone Feste!


Ecco Sanremo, in una vista parziale per come mi é venuto di riprendere giorni fa. Dovrei forse parlare un po' più spesso di questa città, dove per lo meno ho operato a lungo.

Inizio in questo modo informale  per augurare e contraccambiare Buone Feste a gentili blogger e lettori.

Nella mia persistenza irrituale, faccio riferimento una volta di più con questa rara immagine al tema dei viaggiatori di inizio 1800, su cui vorrei tornare.


Un altro argomento che mi interessa sono le esplorazioni meno conosciute, soprattutto se condotte via mare. In questo dipinto di François Geoffroy Roux (1811-1882) in un punto indeterminato del loro itinerario le fregate francesi La Recherche e L'Espérance della grande spedizione scientifica (1791-1794), condotta dal contrammiraglio Antoine Bruny d'Entrecasteaux alla ricerca di quella di La Perouse sino alle Isole Vanikoro dell'Arcipelago di Salomone.

A partire, infine, da una carta del Guibert riguardante le fortificazioni e le trincee intorno al corso inferiore del torrente Nervia (e al fiume Roya) all'epoca della guerra di successione austriaca, rivisito velocemente scorci dal (verso la sponda di Camporosso) e dell'omonimo quartiere di Ventimiglia, dove ho passato gli anni della formazione, come per sottolineare che dovrei decidermi a fare riaffiorare alla memoria o a estrapolare da archivi qualche vicenda significativa di quella zona.

Buon Natale e Buone Feste a tutti, allora!


lunedì 19 dicembre 2011

Un viaggio in Medio Oriente del 1830/31

Ecco Gerusalemme in un'immagine edita in Italia nel 1844, a corredo del "Viaggio in Siria e in Palestina di Giovanni Robinson", contenuto nel Tomo XIII della "Raccolta di Viaggi" curata da Francesco Costantino Marmocchi per l'editore/tipografo Giachetti di Prato. Anche le illustrazioni che seguono appartengono allo stesso repertorio, cui ho già attinto per l'Afghanistan visitato in quel lontano periodo dal Burnes.
La Moschea di Omar a Gerusalemme. Il Robinson sostiene di essere stato a Gerusalemme nell'agosto 1830. 

Non sono riuscito a trovare notizie circa questo viaggiatore sul Web. Si trova molto, invece, sul Marmocchi, che non conoscevo e che medito di rivisitare perché figura molto interessante di geografo. Nel caso in esame, credo abbia curato un lavoro uscito pressoché a dispense, comunque, all'epoca, dispendiose.

Il 25 agosto, sempre del 1830, il Robinson si mette in viaggio per Betlemme.
 
A Beirut dovrebbe essere arrivato il 20 settembre.
A Damasco e dintorni il Robinson si dedica da fine ottobre ai primi di dicembre.
Ha così occasione di vedere anche Palmira. Anche se qui sopra ho inteso riportare solo una strada che conduceva a quegli illustri reperti.
Che sono qui, invece.
 
Il 23 marzo 1831 il Robinson riparte da Aleppo, dove ha trascorso i mesi invernali, per Antiochia.

Il suo resoconto mi sembra molto accurato, come era, credo, per tutti gli scrittori di viaggi in quel torno di tempo di due secoli fa. Per lui, come per gli altri, meriterebbe compiere qualche sintesi ed operare qualche stralcio significativo.

La digitalizzazione é stata compiuta da Cultura-Barocca, un sito che si dimostra una volta di più molto interessante.


giovedì 15 dicembre 2011

Una certa idea di Ventimiglia



Tra i commenti ricevuti su Facebook con il link a "Far West di Ponente" ne seleziono alcuni tra quelli fatti da una persona amica ormai di lunga data, i cui trascorsi hanno significative aderenze con le inquadrature delle fotografie qui correnti.

"‎...Ventimiglia ti dicevo è assai affascinante perchè è la mia terra e la terra di nessuno...perchè è già oltre e ci sono emozioni e anche silenzi che profumano di rosmarino e di mimose arroccate ...quasi sul mare e capaci di sopravvivere a qualsiasi tempesta..."

"...Ventimiglia è più bella che altrove per me che vi sento l'odore del rosmarino, delle ginestre e ...delle mimose..misto al rumore e al salmastro dell' acqua di mare sempre nuova...mi sembra di essere anche a Saint-Tropez...in più appare il senso del non finito e del continuo provvisorio..tale può essere in una casa ove scatole e valigie non vengono mai svuotate e disfatte...perchè non si sa bene ove e come avverrà il prossimo domani..."

"...Ventimiglia è la mia terra ed è come la mia casa che di solito può essere in ogni luogo...anche se ogni volta che sto tornando...mi accorgo di dire che sto andando a Ventimiglia...anche se spesso è in altri luoghi.."
 

Conversando, un altro amico, già dei tempi dell'infanzia, mentre ribadiva la bellezza delle considerazioni qui riportate, mi parlava di ginestre, che io riportavo subito alla nostra amata Collasgarba o tutt'al più all'adiacente collina della Maule, parzialmente visibile in fondo a destra nella sovrastante immagine.

Questo episodio mi sembra significativo per sostenere che la memoria, comunque quasi sempre aleatoria, attinge a qualcosa di molto vissuto. E poco importa dettagliare l'estensione del territorio comunale della città di confine, in quanto tale ancora ricco di terreni sia coltivati che a macchia mediterranea. O allargare il discorso ad altre considerazioni di carattere più generale.

Di rilievo é, invece, l'intensità, direi lirica, di quei ricordi, ai quali la parte residuale di questo post funge da semplice cornice.


lunedì 12 dicembre 2011

Paesaggi, non solo del Ponente Ligure, di William Brockendon

Avendo ben presente questa vista - fruibile tra l'altro su diversi siti locali - di Bordighera da Capo Nero di Sanremo, da un'incisione in acciaio del 1829, sulla base di un disegno di William Brockendon, ho provato a cercare sul Web altri soggetti di questo pittore riferiti al Ponente Ligure. Ma non ho trovato molto.

Questa veduta delle piane di Bordighera e di Vallecrosia con, sullo sfondo, la Ventimiglia dell'epoca viene attribuita a William Brockendon.

Anche il dipinto che raffigura Mortola di Ventimiglia, che domina l'area dei futuri Giardini Hanbury, dovrebbe essere dello stesso artista.

Una curiosità: i cani in queste opere stanno a ricordare che si viaggiava accompagnati da questi animali per poter eventualmente fronteggiare bestie feroci allora ancora presenti in discreto numero; dopo di che poteva capitare che un cane del posto, di sicuro selvatico, se non rabbioso, assalisse, come si vede nella seconda immagine, un lavorante.

Cogoleto é di sicuro di William Brockendon.

Anche le opere che seguono, di cui si noterà subito la migliore qualità di riproduzione, sono sicuramente di William Brockendon. Qui, la Val Angrogna di Val Pellice.

Non riporto i nomi, del resto forse visibili sulle stampe in questione, delle altre località, comunque vicine alla Val Pellice.
In sostanza, dato che per questa zona non ho trovato altri risultati delle fatiche di William Brockendon (Totnes, 13 ottobre 1787 - Bloomsbury, 29 agosto 1854: fu anche scrittore e inventore e conobbe Cavour), affascinato dal suo estro ho allargato alquanto il discorso iniziale.