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giovedì 20 marzo 2025

Il marciatore... marciava

 







Al giorno d'oggi si assiste - solo a fare qualche esempio di tipo nostrano nel settore dei passatempi e della cura dei corpi - ad un gran novero di persone di ogni età che praticano il cosiddetto footing, che si danno al ciclismo amatoriale o che affollano le piscine che ormai ci sono un po' dappertutto: in gran parte in abbigliamenti adeguati, se non di gran classe, di discreta evidenza.
 
Camporosso (IM): uno scorcio dell'ex Piazza d'Armi

Ancora qualche decennio fa chi per motivi agonistici - vale a dire chi era tra i pochi che erano stati avviati ad una qualche pratica di atletica - faceva qualche corsa individuale di allenamento partendo da casa sua veniva, invece, considerato come un eccentrico. Probabilmente per questi motivi un discreto marciatore, già riserva azzurra alle Olimpiadi di Roma del 1960, preferiva all'inizio scendere sino a Piazza d'Armi di Camporosso Mare dal suo paesello di Val Nervia per inanellare giri e giri della sua specialità, anche se poi doveva fare questo nelle stradine della zona non presentando - al netto delle pallonate che fioccavano dappertutto - quel campo di calcio in genere selvaggiamente affollato non si dice una qualche forma di pista perimetrale, ma neppure lo spazio adeguato per muoversi lungo i lati: con il passare del tempo, tuttavia, quel futuro attivista della Caritas, potendo contare - forse per emulazione - sulla dedizione al suo sport di un giovane compaesano si dava a procedere con metodo in siffatta compagnia ai margini di quella pericolosa strada provinciale.
In tema di vestiario ed articoli connessi, non si può fare a meno di rammentare che nei mitici (solo per la musica?) anni Sessanta agli allievi degli Istituti superiori della zona di Ventimiglia, selezionati per i campionati studenteschi provinciali, poteva capitare in sorte di ritrovarsi ad usare scarpette - quasi mai delle misure giuste - in cuoio con qualche chiodino traballante o ad indossare canottiere da gara molto stinte. 
 
Ventimiglia (IM): la palestra ex G.I.L.

Le selezioni locali avevano luogo con ragazzi che portavano - va da sè! - proprie scarpette da ginnastica sul ghiaino del cortile - oggi parcheggio pubblico - della palestra ex G.I.L. della città di confine. Per non dire della confusione, se non di colori, perlomeno di tipi di magliette e di pantaloncini: un aspetto ancora più allegro in occasione delle partite di pallavolo quando, tuttavia, la rete divisoria aiutava lo scarso pubblico presente a capire un po' degli avvenimenti.


Qualcosa del genere capitava anche alle selezioni allievi e juniores della Ventimigliese Calcio: una sorta di gemellaggio con il Torino di Serie A prevedeva il regalo di indumenti usati da quest'ultimo sodalizio alla Ventimigliese, ma i ripetuti lavaggi probabilmente avevano prodotto dei risultati non desiderati, tanto è vero che esiste almeno una fotografia che attesta magliette molto strette addirittura per i corpi ancora acerbi di teenagers, al punto che un malcapitato poteva esibire all'obiettivo una bella striscia di pancia nuda con tanto di vigoroso ombelico.
C'é da dire, però, che sui campi da tennis a quei tempi tutti giocavano vestiti rigorosamente di bianco.


Ci sono adesso più strutture: di recente anche piccole aree pubbliche di fitness.
Ma queste sono solo alcune pennellate di carattere locale.
 
Adriano Maini

lunedì 5 agosto 2024

Studenti di Ventimiglia e di Sanremo a cavallo della seconda guerra mondiale

Sanremo (IM): l'edificio (già Monastero delle Monache Turchine) che fu sede del Liceo Classico frequentato da Italo Calvino

Qualche anno prima dell'ultimo conflitto mondiale un giovane orfano di Ventimiglia per completare il curriculum scolastico antecedente l'Università, alla quale non sapeva ancora se sarebbe stato in grado di iscriversi, fu costretto a entrare in Seminario a Bordighera: era per lui lungi da venire una non facile esperienza - cattedra ricoperta come supplente di un titolare in distacco perché a lungo parlamentare - di insegnante di lettere alle superiori, di esperto di latino e di Pirandello, di preside - quest'ultimo un incarico in posizione infine stabile -.

In quel torno di tempo scendevano a piedi a Ventimiglia per le richiamate esigenze di frequenza scolastica due ragazzi di paeselli vicini di Val Roia, uno destinato a diventare avvocato di nome e sindaco della città di confine, l'altro vocato, prima di accedere all'insegnamento, ad essere capitano di mare.

Si trovava nella stessa classe liceale di Italo Calvino a Sanremo la futura insegnante, la quale, appena finita la guerra, impartiva ripetizioni al ragazzo destinato a ripercorrere con onore una strada di famiglia diventando un celebre fotografo. La ragazza non poteva vaticinare che avrebbe insegnato alle medie inferiori di Ventimiglia né che tornata nella sua vecchia scuola anche lì avrebbe svolto il suo ruolo, ma in una sede che ormai fisicamente era di Ragioneria: meno che mai che in tempi ancora più recenti certi suoi metodi autoritari sarebbero stati aspramente criticati su libello dal colto e brillante divulgatore, ma anche severo fustigatore di costumi, che si chiama Marco Innocenti.

Con Calvino e la non avvenente fanciulla - ed Eugenio Scalfari ed altri nomi risonanti nella storia della Sanremo bene, certo - c'era anche, come attesta una non del tutto nota fotografia, il futuro ingegnere - con radici in Bordighera - di Ventimiglia, che ben prima di poter esercitare dovette, arrestato quale patriota antifascista, passare per le forche caudine di un campo di concentramento nazista.

Appena finiti gli eventi bellici, per affrontare al meglio il liceo classico a Sanremo, dopo la forzata interruzione degli studi, prendeva lezioni da un personaggio qui già citato, che all'epoca era appena entrato nella vita politica, un giovanotto destinato a diventare un illustre giurista e poi, anche lui, un reggitore a livello centrale della cosa pubblica.
Tra i tanti meriti del suo mentore, tuttavia, si è ritrovata - per via di uno strano caso di quelli che a volte capitano - almeno una nota stonata: la copia di una lettera con cui nel 1958 aveva cercato - invano, si può aggiungere, con il senno di poi - di impedire l'assegnazione di una casa popolare ad un attivista comunista, già partigiano, come sottolineava proprio lo scrivente, a quel punto del tutto dimentico di aver fatto parte di un C.L.N. locale. 

Rimane indeterminato il periodo nel quale un maestro di Ventimiglia, sposata una collega di Apricale - un borgo natio di intellettuali, nonostante vecchie dicerie - venne convinto dalla moglie a perfezionare gli studi, così da diventare, da laureato e da docente, anche un esperto della lingua dell'antica Roma e, successivamente, preside del latinista già menzionato.

Ed altri passi ancora si sono incrociati, anche se non per tutti, tra politica, docenze, relazioni sociali.

Adriano Maini

mercoledì 1 settembre 2010

Riaprono le scuole



Dedico con le righe che seguono un augurio affettuoso, ma non formale, agli allievi, ai docenti ed al personale tutto della scuola italiana che tra breve, con date diverse da regione a regione, riprende la sua attività uffficiale. E stendo un velo pietoso sulla perversa catena di responsabilità politiche che stanno conducendo questa fondamentale istituzione sull'orlo del baratro. Proprio questa mattina (quando si dice il caso!) ho incontrato un'amica di vecchia conoscenza, già insegnante, che mi ha confessato di essere andata in pensione appena possibile per disperazione professionale.

Mi accingo a stendere disordinati appunti di memorie personali, nella fallace illusione di contribuire ad un dibattito che latita da troppo tempo. E con la velleità di esaltare l'interazione della scuola con la società e con le famiglie.

Sono stato fortunato nel mio personale processo formativo.
Vorrei spendere qualche parola sul mio ambiente familiare, che è stato di stimolo alla mia curiosità sin da bambino e sempre tollerante con i miei esperimenti. Dai nonni materni rinvenivo libri scolastici degli zii, che leggevo con avidità, consolidando una mia naturale propensione per la storia, ma fissando nella mente quei fondamentali di quelle materie scientifiche che poi a scuola mi sarebbero sempre state ostiche. Era di grande interesse, poi, la vecchia enciclopedia (pur con le immancabili tirate fasciste di cui ho imparato subito a diffidare) comprata alla vigilia della seconda guerra mondiale dal nonno con un esborso economico notevole per quei tempi. Dei nonni paterni, invece, il ricordo nitido è per l'amorosa cura con cui conservavano riviste contenenti inserti su grandi pagine dell'arte e della storia. Ed è così che mi innamorai, e lo sono tuttora, de "La tempesta" di Giorgione: una sorta di strana magia! Ricevuta poco tempo fa per email da un amico blogger una serie di foto d'epoca, ho provato  una forte emozione vedendo nella prima il Presidente Lincoln ritratto in un accampamento unionista della guerra di secessione americana: l'avevo scorta la prima volta da bambino ed allora mi sono ritrovato chino su uno di quei settimanali conservati con diligenza dai nonni, avido di letture di grandi eventi del passato, corredati con i primi reportage fotografici della storia. Né posso dimenticare i racconti di guerra (che ho già citato in un precedente post) della nonna materna e i rimandi a storie avite (di ribelli a Maria Luigia, di garibaldini, di emigranti), compiuti dal nonno paterno, che a quelle, più che alla Grande Guerra, che pur aveva combattuto, preferiva, in dialetto parmense stretto, riandare nelle sue affabulazioni con il sottoscritto. E ancora devo ricordare con quale tolleranza e preveggenza mi venisse concesso di leggere a nove anni durante una vacanza a Gignese, incantevole balcone sul Lago Maggiore, in versione integrale "I tre moschettieri" e tanto Salgari, in rare, antiquarie edizioni che mi forniva un'altra meravigliosa figura di anziano, il nonno del mio coetaneo cugino di papà.

Sono stato fortunato per l'ambiente geo-fisico, per così dire, che mi circondava. Dal secondo mese di seconda elementare sino al compimento del Liceo, a piedi o con i mezzi pubblici, ogni mattina passavo in mezzo alla zona archeologica (l'antica Albintimilium) della zona Nervia (levante) di Ventimiglia. Ma già in prima elementare l'immagine che mi accompagnava era stata quella della Cattedrale romanica del centro storico con il suo bel Battistero. Ed anche i nomi forse hanno aiutato un certo gioco della mente. Dalle medie intitolate (tuttora!) a Giuseppe Biancheri, il ventimigliese, già deputato del Parlamento Subalpino e Presidente della Camera dal 1870 al 1876 e poi ancora in successive occasioni, a quel Liceo Classico, dedicato al nome di Girolamo Rossi, il primo a scavare e studiare in modo serio la Ventimiglia romana. E quando il Liceo Classico é stato accorpato, non molti anni fa, una certa ironia del caso ha voluto che lo fosse nel Liceo Scientifico Aprosio, dal nome di un frate erudito del '600 che a Ventimiglia donò un'importante Biblioteca dotata di libri di raro valore.

E potrei fare altri esempi.

Sono stato fortunato per come funzionavano, anche se erano veramente di classe, le scuole nel loro complesso: imperava quello che si può definire conservatorismo, a volte illuminato dalle testimonianze di singoli insegnanti, ma il dato prevalente era quello della professionalità. In un modo o nell'altro quel sistema scolastico ha reso tanti giovani capaci di dotarsi comunque di autonomi metodi critici per continuare a cimentarsi con la cultura e per interpretare la realtà. Per riassumere quello che dovrebbe essere un discorso più articolato e ben più motivato aggiungerò, a titolo di esempio, che a me personalmente é stato concesso sia nelle medie che nelle superiori, in particolare da insegnanti di religione pur fermi nelle loro diverse convinzioni, di fare anche infantile sfoggio di aspirazioni a militanza progressista: avevo solo l'esperienza di affrettate letture e di implicite diritture morali della famiglia.

Voglio solo aggiungere che esperienze come quelle che ho tentato di descrivere sono indubbiamente state tante nel nostro Paese, in ambienti e con riferimenti culturali ben più importanti dei miei, ma con sporadiche odierne prosecuzioni.

Il problema, a mio avviso, è quello di di farne tesoro.