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domenica 10 febbraio 2013

Qualcosa ancora su Perinaldo


La storia di Perinaldo ha un particolare fascino. Il Santuario di Nostra Signora della Visitazione, una chiesa campestre, ad esempio, sarebbe stato eretto nel Seicento sulla linea del meridiano, suggerita dal grande astronomo Gian Domenico Cassini, nativo di quel borgo. E quella definizione, Madonna del Poggio del Rei, che talora riaffiora, riporta ai secoli bui del diritto intermedio, prima della Rivoluzione Francese, quando i condannati da un diritto crudele dovevano sfilare in corteo intorno a questa costruzione, indossando infamanti abiti da penitenti.


Qui sopra il cosiddetto Castello Maraldi, lato meridionale dell'edificio dove vide la luce il Cassini. Vi soggiornò anche Napoleone, lasciando vivida traccia nella memoria locale.

Una parte della Zona del Giuncheo, importante a livello agricolo nel Medio Evo. Là anche Santa Giusta, dove sostavano in antico viandanti e pellegrini. Dietro le colline, Negi, che é ancora Perinaldo. 


E poi, Cristiai-Peverei.























Il "Convento" dovrebbe essere facilmente identificabile in questo scatto dalla Chiesa di S. Antonio da Padova.


Prossimi a questo edificio sacro anche la nuova sede del Municipio e l'Osservatorio Astronomico Comunale "Gian Domenico Cassini".

Ma penso a tante persone - molte non ci sono più -, alla loro ospitalità, ai loro litigi di paese, da cui in buona misura mi tennero fuori, ai loro racconti di allora, soprattutto sugli sforzi di lunga data per forme di cooperazione solidale. Un borgo di sinistra, a lungo solida roccaforte del vecchio P.C.I. Lo stesso sindaco per più di quarant'anni, a partire dal dopoguerra. Salivano personaggi importanti a trovarlo. Alcuni si fermavano per vacanze più o meno lunghe, come altre volte ho già accennato. Fece installare - così mi dicevano gli anziani - una sirena perché le ore canoniche venissero scandite a chi lavorava nei campi da un segnale acustico laico, del Comune, non solo dalle campane. Sul piano umano ricordo il suo giusto orgoglio per essere stato in gioventù un valido ciclista sulle strade in particolare della Costa Azzurra. Si chiamava Emilio Croesi. Un documentato cultore delle testimonianze, come ho appreso meglio tardi, dopo la sua scomparsa, della storia recente del paese, dalla costruzione della strada carrozzabile al commercio - agli inizi del 1900 - del legname di quei boschi, che aveva come destinazione finale l'imbarco da un pontile ormai scomparso di Vallecrosia.
Dovrei dire, andando in ordine cronologico e in modo approssimativo, dei Conti di Ventimiglia per quanto attiene l'Alto Medio Evo, dei Doria di Dolceacqua, del Ducato di Savoia e del Regno di Sardegna, dei benefattori di fine 1800 che finanziarono scuole pubbliche, della Resistenza. Sul piano delle bellezze naturali della superba chiostra delle Alpi Marittime, visibili a nord di Perinaldo nelle giornate di buona luce. Ed altro su monumenti, case, caruggi.
Solo che scrivere di Perinaldo mi procura sempre qualche emozione, che mi porta a intraprendere la via dei ricordi personali.


giovedì 7 febbraio 2013

Il pallido abissino

Fonte: www.grosvenorprints.com
Fu un lord Halifax, a quanto pare, che propose allo scozzese James Bruce (1730-1794) di andare alla scoperta delle sorgenti del Nilo. Lo sbarco a Massaua in Mar Rosso avvenne il 19 settembre 1769.  Ma Bruce sarebbe stato trattenuto in territorio arabo se non avesse avuto l'accortezza di farsi rilasciare un firmano del sultano e lettere del bey del Cairo e dello sceriffo della Mecca. Ad Adua Bruce vide i resti di un convento di gesuiti, che sembrava piuttosto un forte. Ammirò ad Axum quelli che oggi sono obelischi famosi in tutto il mondo. Reputò di aver notato in alture tutte di marmo rosso più di un centinaia di tracce lasciate dagli scavi di colossali statue dell'Antico Egitto. Giunto a febbraio 1770 a Gondar, allora capitale dell'Etiopia, le sue prestazioni di medico contro il dilagare di una febbre tifoidea gli furono di grande aiuto per perfezionare il conseguimento del massimo appoggio del Negus e della corte per la sua spedizione. Nei mesi trascorsi a Gondar (anche dopo aver raggiunto la meta tanto agognata) raccolse informazioni preziose sul paese, anche circa la storia, pressoché uniche al momento della pubblicazione del resoconto di viaggio di Bruce. Il 4 novembre 1770 pensò di avere scoperto, con l'aiuto di guide locali, ma con sua decisione per il rilevamento del sito preciso, le sorgenti del Nilo, nelle vicinanze della chiesa di San Michele Geesh. Scrisse in proposito Bruce: "Certamente é più facile immaginare che descrivere ciò che provai allora. Rimasi ritto davanti a quelle sorgenti dove da 3000 anni il genio e il coraggio degli uomini più celebri avevano tentato invano di giungere". 
Tornato in patria, dopo un itinerario avventuroso, su cui é opportuno poi soffermarsi brevemente, l'esito delle sue ricerche venne accolto con molta incredulità. 
Ai nostri giorni gli si accredita in genere la mera scoperta di un affluente del Nilo Azzurro. Accennavo poc'anzi al viaggio di ritorno, iniziato nel dicembre 1771: arrestato in un Sultanato dell'attuale Sudan, riuscì ad avere salva la vita e a riottenere la libertà combinando le sue doti diplomatiche con i buoni uffici - all'insegna degli ottimi rapporti maturati da lui in quelle contrade - di un governatore etiope; e arrivare al Cairo nel gennaio 1773, a Londra nel 1774, dopo un soggiorno in Francia.

Fonte: libweb5.princeton.edu

Questa mappa dell'Abissinia (nome a lungo usato, per lo meno in Europa, per definire l'Etiopia), stesa nel 1809-1810 da Henry Salt, altro grande esploratore, sulla base di osservazioni dirette sul terreno, ma anche di informazioni raccolte sul posto, certifica in una dicitura di essere tributaria per il Nilo e zone circostanti (ad ovest del Samen) delle mappe di Bruce.
Di recente le esperienze di Bruce, a lungo dimenticato anche in Inghilterra, sono state narrate da Miles Bredin in un libro - non mi risulta ancora tradotto in Italia - dal titolo evocativo, "The Pale Abyssinian", che spero si possa tradurre adeguatamente in italiano come "il pallido abissino". Bredin sottolinea opportunamente che David Livingstone riteneva Bruce "un viaggiatore più grande di ciascuno di noi". E che Bruce aveva vissute avventure così grandi - tra queste, accoglienze favolose da parte di principi africani ignoti in Europa, le scalate delle tremende montagne dell'Abissinia, la traversata del terribile deserto della Nubia -, avventure tali da farlo ritenere un bugiardo negli ambienti ufficiali britannici. Bredin, se ho capito bene una recensione del suo libro, si spinge sino ad insinuare una ricerca... dell'Arca Perduta, che in effetti una tradizione della Chiesa Ortodossa Etiopica reputa tuttora conservata ad Axum.
Credo che la grandezza di Bruce risieda soprattutto nell'avere osservato, e tramandato, con grande attenzione quanto il suo coraggio temerario lo portò ad esplorare. Forse ancora adesso si insinua talvolta che il vero scopritore, europeo, delle sorgenti del Nilo Azzurro verso il 1604 sia stato Pedro Páez Jaramillo, gesuita e missionario spagnolo, che scrisse anche una Historia de Etiopia (1622) e,  a quanto pare, primo europeo ad assaggiare il caffè. Affermazione che, vedo su Google Libri - qui il link -, faceva sua nel 1850  anche l'italiano l'italiano Giulio Ferrario in una sua corposa opera. Páez cui si attribuisce la frase "Confesso che mi rallegra vedere quello che avrebbero voluto vedere il re Ciro, Alessandro il Grande e Giulio Cesare". Ma  questa scoperta da molti, compreso a suo tempo lo stesso Bruce, viene ritenuta un'invenzione di Athanasius Kircher (1602–1680),  noto gesuita, filosofo e storico tedesco, che invero molto sentiva il senso di appartenenza.
A prescindere dal fatto che le scoperte sono tali, quando ne derivano effetti concreti, credo che a Bruce la sorte abbia riservato diverse  beffe: avendo lui descritto molte bene il Lago Tana, la più grossa é quella che oggi si ritiene - aspetto a lui ignoto! - che il Nilo Azzurro sia un emissario del Lago in questione.
Sono ricorso per l'immagine, di cui all'inizio, ad una stampa, di tutta evidenza, italiana (del 1820, disegno di Bramati, incisione di Rados; e la voce di catalogo attribuisce la scoperta delle sorgenti del Nilo a Bruce) per una sorta di omaggio a questo affascinante viaggiatore, che anche per sue pregresse esperienze nel Mediterraneo, specie in Algeria, non mancò, inoltre, di tramandare - altro capitolo importante!- le sue acute osservazioni sui resti materiali delle antiche civiltà egizia e romana.



martedì 29 gennaio 2013

Cartoline d'epoca...

Parenzo, oggi Poreč, Istria, Croazia. Cartolina spedita nel 1901, quando quel territorio era ancora sotto l'impero austriaco.

Un'immagine di Trieste del medesimo periodo.

Aiguille de Bionnasay (sul Web questo nome lo trovo scritto oggi con due enne), Monte Bianco. 4.052 metri, in ogni caso. Una fotografia quasi d'epoca come le prime due. Non facile a realizzarsi, insomma.


Santa Margherita Ligure. Anche questa - come si potrà notare - "viaggiata" nel 1901.


Tunisia, Gafsa. Oasi. Gli anni di riferimento sono, più o meno, gli stessi.


Saint-Raphael.



Tram a Nizza in Piazza Massena, ai primi del 1900. Da qualche anno quel mezzo pubblico é di nuovo in funzione nella città e in quel sito in particolare.


domenica 27 gennaio 2013

Per la Giornata della Memoria

Per la Giornata della Memoria, l'Associazione culturale intemelia XXV Aprile/Arci ha organizzato nel Chiostro di S. Agostino-Biblioteca Civica di Via Cavour a Ventimiglia una mostra fotografica e documentaria sulla Shoah, su campi di concentramento e di sterminio nazi-fascisti e sulle deportazioni in provincia di Imperia.

Composta da pannelli e manifesti fotografici e documentari, la mostra è una ulteriore testimonianza di come il nazismo e il fascismo sconvolsero tutto il mondo e in particolare modo l’Europa.

Con un breve e documentato excursus storico, l’esposizione ripercorre il succedersi dei drammatici eventi: dall'origine, alle leggi razziali, alle persecuzioni, alle deportazioni, alle barbarie dei campi di concentramento e di sterminio  fascisti e nazisti.

Specifica documentazione è dedicata ai campi di concentramento ubicati in Liguria (Cairo Montenotte, Celle Ligure, Careglio Ligure)  e in particolare  nella nostra provincia (Vallecrosia)  e  in Val Roia, nella vicina  Sospel (durante l'occupazione militare italiana).

Una mostra per ricordare, riflettere e rafforzare  i valori della giustizia, dell'uguaglianza e della pacifica convivenza tra i popoli.

Resterà aperta dalle 9 alle 19 di tutti i giorni fino a sabato 2 febbraio prossimo.

Col patrocinio dell’Associazione Nazionale ex Deportati.

L’ingresso è libero e gratuito.


Associazione culturale  intemelia XXV Aprile/Arci
info 3407359368


mercoledì 23 gennaio 2013

Antonio Rubino e il Morgana di Sanremo

Ripensandoci, una fotografia decente del Morgana di Sanremo ce l'ho, per cui la pubblico, in modo da dare ora una estemporanea risposta ad un recente commento di @DIANA.BRUNA.

Non così estemporanea come l'ho pensata in un primo momento, suscettibile di diverse divagazioni.

Perché mi è tornato in mente che qualche anno fa avevo visto nella stazione ferroviaria della città dei fiori una bella ristampa del manifesto promozionale dedicato al Morgana (i vecchi omonimi Bagni, per la precisione) da Antonio Rubino, nato a Sanremo nel 1880 e morto nel 1964 a Baiardo, paesino (con importanti vestigia del terremoto del 1887) su in montagna a pochi chilometri dietro Sanremo. 
 
Fonte: fumetti.org
Antonio Rubino è, invero, noto soprattutto per essere stato uno dei più importanti autori del "Corriere dei Piccoli" dei primi anni (ma torna a collaborare a questa testata nel 1955 e, per quello che vale, ricordo bene sue strisce per averle lette in tempo reale)  e direttore di "Topolino" dal 1935 al 1940.
















 Riporto qui il link di Google Libri dov'è possibile visionare l'immagine cui ho già fatto cenno, che in quel contesto perde molto del fascino della riproduzione, immagine che mi colpì anche per il taglio secondo me moderno (nel 1922!), lasciandomi intuire la bellezza dell'originale. Mi sono accinto a questa soluzione perché non ho rinvenuto sul Web altre copie di quella icona.

Già questo fattore mi ha comportato di sorvolare sul fatto di compiere una sorta di pubblicità per un esercizio ancora in funzione con denominazione solo integrata (ma i Bagni dovrebbero ancora chiamarsi semplicemente Morgana). Ma il collegamento in questione mette, inoltre, in evidenza, che  dal 1991 è diventato monumento nazionale: del resto, balza evidente agli occhi non dal mio scatto, ma dalle fotografie di quel link, lo stile inconfondibile di un'epoca, quello, per non dire del Ventennio, alla Piacentini.

Aveva una  bella mano, insomma, Antonio Rubino. Anche una bella fantasia. Aggiungo per chi non si addentrasse nel mentovato link esterno che il nome Morgana l'aveva scelto lui, per una costruzione antecedente (come quella pubblicità) in loco a quella attuale. 

Fonte: sanremonews.it

Nel secondo dopoguerra Rubino si dedicò anche al cinema di animazione, per "Il paese dei ranocchi" e "Crescendo rossiniano". Scrisse libri e poesie. Fu anche pittore. Fu un personaggio importante, insomma, discretamente ricordato, a differenza di altri uomini degni di queste parti, nella nostra provincia. Del resto, a parte quello che cercavo io in primis, sul Web su di lui c'è abbastanza.
Personalmente ritengo superbi i suoi lavori pubblicitari, anche se il suo stile liberty, che a un certo punto perse i favori del pubblico anche nel campo delle strisce (non uso il termine fumetti perché, se non vado errato, Rubino non abbandonò mai nei suoi disegni per i ragazzi il sistema delle didascalie) a rigor di termini potrebbe apparire da tempo desueto.




mercoledì 16 gennaio 2013

Mi é capitato

Ieri mattina incontro dopo anni in questa zona di Dolceacqua I., già mia collega. Questo paesino della Val Nervia meriterebbe molta più attenzione da parte mia. Solo che ci sono siti e blogger che lo fanno meglio di me. Intanto, mi torna in mente un aspetto, che ho sempre rinviato di trattare, quello della ospitalità, selezionata, ma infine calda, degli abitanti dei nostri paesi verso i foresti. Ma I. mi ha anche parlato di concreta solidarietà sua e della sua famiglia verso giovani di Addis Abeba. E forse per questa sua testimonianza mi sono dimenticato, prima di salutarci, di dirle come un certo vino Rossese, sempre della sua famiglia, fatto conoscere in una certa pregressa occasione professionale, facesse parlare di sé in toni elogiativi in ambienti ufficiali ancora tanto tempo dopo. 
Fatti due passi, mi è, poi, capitato con un altro amico di vecchia data di fare saltare fuori il discorso di vecchie fotografie da riportare alla luce...

La mattina della scorsa Epifania mi era successo di partecipare, anzi, di organizzare, una sorta di rimpatriata, più larga di quella dell'anno scorso, sempre sul lungomare di Bordighera. Attesta una forte simpatia umana, scattata immediatamente anche tra chi si conosceva prima solo di vista e si é ritrovato nell'occasione solo per caso. Un tema che vorrei approfondire, insieme ad altri che i ricordi e le esperienze dei vari presenti inducono per possibili trattazioni, forse a fare principio da come mi ci sono ritrovato in mezzo io.


Un po' come mi accade per Nervia, quel rione di Ventimiglia cui faccio spesso riferimento. Nel mezzo di una lunga, impegnata discussione F., per fare un paragone, dice che in una certa zona ci si sente oggi "paese" come si era noi un tempo a Nervia. Dati il suo "monologo", che non intendevo interrompere, e l'espressione da lui scelta per definire una sensazione, confermata da altri, che mi porto dietro, non gli ho obiettato che forse a Nervia allora eravamo un unicum, forse riscontrabile in termini di solidarietà popolare, al netto delle "stravaganze" (qualche allegro episodio di goliardia, tutt'al più, come di recente mi é stato rammentato) indotte da esigenze sceniche,  anche per sincronismo in alcune delle prime commedie all'italiana di un Monicelli: una cosa proprio che mi ero un po' ripromesso di dipanare, ma che, come altre, ho lasciato, per motivi di tempo, addietro.

All'epoca di Nervia avevo conosciuto Gianfranco. Pubblico qui a fianco un'immagine dell'ex-chiesa di S. Giovanni nel centro storico di Ventimiglia, perché in quella sede avevo assistito per la prima volta, bambino, accompagnato, per giunta, com mio fratello, da sua madre, alla sua presentazione di uno spettacolo dilettantesco. Negli anni ha fatto tante cose Gianfranco: fece, ad esempio, esordire, o quasi, nella nostra Riviera, cantanti divenuti di lì a poco famosi. A suoi ricordi significativi ho già attinto. In vacanza - oggi quasi terminata - nelle Filippine, con il portatile, che gli doveva dapprima solo servire per seguire via Web notizie dall'Italia e dal mondo, si é affacciato anche sul noto socialnetwork per lanciare intanto ad amici e conoscenti di questa zona l'idea di raccogliere al meglio memorie di carattere locale: sarà difficile competere con la mole delle sue conoscenze, ma di sicuro, come é già stato avvertito, in molti si cercherà di utilizzare le sue...


domenica 13 gennaio 2013

Da Imperia a La Turbie, ancora una volta...

La Torre di Prarola di Imperia, subito a levante della città. Protetta alla base dalla furia dei marosi con il cemento spalmato decenni e decenni fa' e costruzione ben visibile dal treno, meriterebbe ben più di uno scarso cenno, ma oggi, come sottolineo alla fine di questo post, ho altro su cui concludere.
Taggia, dalla storia superba e dai tanti miei ricordi personali.
La Parrocchia di San Marco a Camporosso, quella Camporosso di cui riscopro di continuo angoli interessanti.
Porta Canarda a Ventimiglia fa parte, si può dire, del paesaggio.
Ampie vestigia medievali a La Turbie, dove non sussiste solo l'imponente, noto monumento augusteo.

Ho qui proceduto ad una estemporanea, affrettata selezione di fotografie, perché, perdurando una certa mia latitanza da Blogger, non solo segnalo che cercherò di essere più presente, ma anche che tento di farmi perdonare un po'...



venerdì 4 gennaio 2013

L'Angst a Bordighera


Ieri mi si é offerta in modo del tutto casuale la possibilità di riprodurre immagini d'epoca dell'Hotel Angst di Bordighera, a lungo uno dei vanti della città. Ne appaiono diverse sul Web. Per la prima volta ne tocco alcune in veste originale. Man mano che le esamino tramonta in me, tanto le trovo interessanti, l'impulso di trattare il tema con il tono - inizialmente ispiratomi anche dal ricadere per l'ennesima volta in un discorso relativo a cartoline e a Bordighera - della celia, tono che eventualmente potrò tentare di adottare altra volta.









Mi é stato fornito in visione anche un depliant in lingua russa di quella magnifica struttura turistica, di tutta evidenza antecedente alla prima guerra mondiale.










Opuscolo che si apre con note illustrative di Bordighera, tra le quali non poteva mancare una fotografia della Chiesetta di S. Ampelio.









Ho selezionato qualche pagina.



















Sono immagini che, credo, non hanno necessità di particolari commenti.














Si tratta - ripeto - di cartoline e di una sorta di catalogo originali.













Sono, tuttavia, in possesso da tempo di pubblicazioni abbastanza recenti, cui potrei attingere per provare a sintetizzare i fasti lontani dell'Angst.
Preferisco che parlino da sole le immagini che qui pubblico.










Che portano, soprattutto, alla Belle Epoque, quando nella sottostante Via Romana sostavano eleganti carrozze a cavallo per servire i clienti di quel superbo esercizio. E con tutta probabilità un anello di ferro ancora infisso nel muro di una villetta là vicino riporta con il pensiero ai tempi lontani di aitanti quadrupedi legati in attesa di prendere servizio.



























Ma oggi l'Angst é nelle condizioni riscontrabili in questa fotografia. 
Adibito durante l'ultimo conflitto ad ospitare famiglie sfollate in genere dalla costa, non più lontana di qualche centinaio di metri, ma maggiormente colpita dai bombardamenti via mare, non riprese in seguito l'attività, per avviarsi ad inesorabile degrado.

Quando ho fatto gli scatti circa il presente stato dell'arte pensavo a un mio uso personale, tanti sono i ricordi, confusi, di famiglia, anche intesa in senso largo, che mi affollano la mente. Non essendomi documentato in merito, riferisco con il condizionale, tanto é fallace la mia memoria, che probabilmente l'albergo, come, ad esempio il vicino Continentale, durante la fase finale dell'ultima guerra ha visto la presenza di un distaccamento o di ufficiali tedeschi, il che potrebbe spiegare gli evidenti segni degli eventi bellici.
Bloccata per decenni per vincoli prettamente turistici l'aspirazione di proprietà, credo, succedutesi nel tempo, di realizzare una ristrutturazione a residence, una volta sbloccata la situazione qualche anno fa' con il solito squillante annuncio tipico dei grandi investimenti immobiliari, appena avviati dei lavori nel parco, questi si sono presto interrotti senza, per quanto ne sappia io, spiegazioni ufficiali, anche se penso possano avere anche influito parte delle vicende che hanno portato allo scioglimento - per infiltrazioni mafiose - del consiglio comunale di Bordighera.
In ogni caso, mi spiace vedere nel degrado un edificio una volta così imponente, anche se nato per soddisfare le esigenze di ricche persone. Il che mi fa, inoltre, tralasciare il ricordo dell'unica escursione abusiva colà condotta, poco più che adolescente, con compagni di giochi di quella lontana estate. Mi pare che "angst" in tedesco voglia dire paura: forse ci fu qualcosa di profetico nel cognome del proprietario eponimo dell'albergo.

P.S.
Ringrazio tutti degli auguri di Buon Anno, che contraccambio di cuore ed estendo a chi non fossi riuscito, in queste mie giornate di latitanza, a salutare!



domenica 23 dicembre 2012

Buone Feste!

Di Peder Mork Monsted (1859-1941), danese, Barche di pescatori sull'acqua davanti a Cap Martin. Più o meno recita così in italiano il titolo di questo quadro. Subito dopo Mentone, qui ben visibile sulla sinistra, inizia il territorio di Ventimiglia. Si entra, dunque, nella Riviera Ligure di Ponente. 
Ho trovato casualmente questa immagine su Tumblr, utente
bezvedomie. Ho cercato altre fonti, più istituzionali, per così dire, sul Web, ma il dipinto l'ho rivisto, anche con stampigliature sopra, solo in siti commerciali, per cui lascio citato il già riferito archivio.


Piazza Mazzini a Bordighera nell'attuale stato dell'arte. Mi fa venire in mente tante cose da raccontare. Mi limito in questa occasione a riferire che era il capolinea dell'antico servizio tranviario, cui altra volta ho già accennato.

E in modo inaspettato mi sono, inoltre, imbattuto in altri quadri riferiti a Le Cannet, soggetto del mio ultimo post. Questo, che ho qui selezionato, é di Pierre Bonnard, è del 1927, va ascritto su flickr a mbell1975 e titola, più o meno, "Effetto della neve su Le Cannet sotto la neve". 

















Insomma, altro non mi é venuto da escogitare per augurare a tutti Buon Natale e Buone Feste!


mercoledì 12 dicembre 2012

Le Cannet





















Pierre-Auguste Renoir dipinse questa veduta di Le Cannet nel 1898 circa. Così recita Wikipaintings, cui ho attinto per questa, e per le altre immagini che qui seguono.



























Pierre Bonnard ("Veduta di Le Cannet, Tetti") nel 1941-1942 la ammirò, o immaginò, come qui sopra. In piena guerra, dunque. Si potrebbero fare tante riflessioni in proposito. Si aggiravano in clandestinità, ad esempio, in Costa Azzurra diversi esponenti antifascisti italiani. Forse cercavano di stare lontani da questa zona. Troppo vicina a Grasse. Dove al locale Tribunale, come ai tempi de "I miserabili" di Hugo, si passava subito, se arrestati.

Ci sono tanti ricordi di famiglia per me a Le Cannet. Ne ho già accennato. Rispetto alla data di questo quadro di Bonnard sono antecedenti di pochi anni. E', allora, più o meno questa, la cittadina che hanno visto i miei. Ci sono angoli che corrispondono a tanti loro racconti. Bei giardini ne ho visti anch'io. Di italiani là immigrati, tanto per ribadire un certo tema. Molti a fare i giardinieri, se ricordo bene. Ma é un po' di tempo che, anche se vicina, non mi ci reco.


























Questa é una veduta di Le Cannet dallo studio dell'artista. Sempre di Bonnard, ma del 1945.

Mi sono imbattuto per caso in questo e nel precedente dipinto di Bonnard. L'occasione mi ha dettato queste scarne note. Sono partito nell'occasione con un quadro di Renoir, che ha dedicato - ho scoperto - diversi lavori a Le Cannet.

























E questo é un giardino a Cannes di Edouard Vuillard. 1901. Tanto per stare sul saliente botanico. Ma anche per dire che Le Cannet e Cannes sono molto prossime. 

Luoghi, questi, come quelli ad arrivare sino alla frontiera con l'Italia, o come quelli più a ponente dell'Esterel, ancora belli, nonostante il tanto cemento sparso, al giorno d'oggi. Insomma, tanti siti della Costa Azzurra immortalati - come ben noto - da grandi artisti francesi e da altri di adozione transalpina. Io mi sono qui dedicato a qualcosa di parziale, molto parziale.



lunedì 10 dicembre 2012

Tornando a parlare di Bordighera






















Per chi non é di Bordighera il nome di questa strada della città delle palme, comunque Via Vittorio Veneto, non ha di certo importanza. 
Solo che, questa immagine datata, donatami, al pari di quella analoga che segue, dall'amico Giulio Rigotti, mi consente di effettuare qualche cenno e qualche considerazione del tutto personali.

In questa fotografia d'antan si possono notare già in secondo piano la Chiesa Anglicana, oggi Centro Polivalente, e più ancora in fondo la torretta di Villa Etelinda, immortalata a suo tempo da Claude Monet. Una parte dei grandi alberghi della Via Romana, oggi tutti residences, che connotarono l'epoca d'oro del turismo di elite di Bordighera, non hanno, credo, necessità di specifiche indicazioni.























Questo scatto della scorsa estate, che riguarda in modo molto approssimativo la stessa strada, mi fornisce il destro per una piccola nota: in molti casi sarebbe opportuno, per fare comparazioni adeguate, salire su qualche edificio, cosa che, nonostante le mie conoscenze, non mi pare ancora il caso di fare.























Via V. Veneto ripresa a suo tempo dall'angolazione opposta. Nell'angolo a sinistra in alto, il campanile e la Chiesa di Terrasanta, progettata e finanziata da Charles Garnier, che non fece in tempo a vedere finita questa sua opera, dovuta al suo grande e testimoniato amore per Bordighera. Trascurando altri particolari, indico inoltre al centro gli storici campi da tennis e sulla destra, circondata da alberi, ancora la Chiesa Anglicana.























Questa fotografia, che confronta in maniera molto parziale lo stato attuale con quella precedente d'epoca, la metto quasi per provocazione, a significare che, per fare una sovrapposizione accurata, sarebbe necessario entrare nella stessa struttura - già Hotel progettato da Charles Garnier - da cui venne scattata quella in bianco e nero. Ho cercato l'inquadratura ottimale, girando in collina, ma non ci sono riuscito.
Intanto a sinistra si può notare, di colore bianco, il teatro, "Victoria Hall" - la cui destinazione d'uso, va da sé, è stata cambiata da tempo -, fatto costruire, al pari di altri significativi edifici, da ricchi turisti inglesi d'epoca.

In fondo a questa strada a sinistra sussiste - anche in questo caso non più tale - il primo albergo che a fine XIX secolo accolse i primi sudditi della Regina Vittoria, attirati in Riviera dalle romantiche vicende de "Il dottor Antonio" di Giovanni Ruffini.