Il luglio del 1943 segnò certamente una svolta nella vita politica del Paese e nella vita quotidiana e professionale di Ester Lombardo, che dopo ventuno anni era ormai costretta a chiudere le pubblicazioni di "Vita Femminile".
Fin dai mesi precedenti si intravedeva per l'Italia un futuro incerto: «Nell'autunno del '42 - scrive Giaime Pintor - due grandi avvenimenti militari, il fallimento dell'offensiva tedesca in Russia, culminata nella battaglia di Stalingrado, e lo sbarco angloamericano nell'Africa francese del Nord col successivo crollo del fronte africano dell'Asse, avevano dato la sensazione che la guerra fosse perduta per la Germania. Da quel momento l'azione di sganciamento della monarchia dal fascismo acquistò un moto progressivo. [...] Fu facile convincersi che l'enorme maggioranza del popolo avrebbe accolto come una liberazione qualunque gesto contro il fascismo e che tutti gli elementi politici, dai conservatori ai comunisti, avrebbero sostenuto chi se ne fosse fatto l'iniziatore. [...] Vittorio Emanuele riuscì ad attirare nel gioco i capi del fascismo dissidente e provocò il voto di sfiducia del Gran Consiglio» <529. Il 25 luglio Mussolini, arrestato, non era più a capo del governo: «l'Italia di Mussolini si era disfatta in un giorno come una facciata di cartapesta» <530. Iniziarono i quarantacinque giorni di Pietro Badoglio: si istituì un governo di tipo militare fino all'8 settembre 1943, quando il Maresciallo rese noto l'armistizio firmato con gli Alleati il 3 settembre. Seguirono quelli che Giovanni Artieri definisce «i nove lunghi mesi» o «i nove mesi della prigionia di Roma», l'occupazione tedesca di Roma che ebbe termine il 4 giugno del 1944 con l'arrivo delle truppe americane guidate dal generale Clark <531.
Nonostante la disponibilità della villa ad Amalfi, nei mesi di giugno e luglio, sia Ester Lombardo che Giovanni Artieri erano a Roma, probabilmente per lavoro. Il clima era teso:
"La Resistenza, albeggiante prima del 25 luglio e dell'8 settembre 1943, riusciva a mantenere in angoscioso stato d'allarme i nazisti. Specialmente con la propalazione di voci e allarmi. Ricordo una notte di fine giugno che fummo svegliati, Ester e io, da colpi furiosi alla porta e da grida: «Fuggite, fuggite che tra poco il quartiere Savoia salterà in aria. È stato già incendiato l'aeroporto del Littorio». Riconobbi le voci di chi, complici i portinai della zona, andava spargendo quel terrore. Dissi a mia moglie, fortemente perplessa: «Non è niente. So di che si tratta. Andiamo a letto. Non accadrà nulla». Non accadde nulla <532.
Non così invece il 19 luglio quando, il giorno seguente l'incontro tra Hitler e Mussolini a Feltre, Roma fu bombardata e i due furono testimoni di quell'avvenimento:
"Erano le 11 del mattino, stavo dinanzi lo specchio radendomi. il viale Regina Margherita, tra la piazza Quadrata e la via Nomentana, è strada larga, popolare, parallela a un quartiere signorile di architetture neo-barocche intitolato al Coppedè, suo autore. Oltre la Nomentana (nel 1943) è già periferia, nella zona del grande cimitero del Verano, della basilica di San Lorenzo, dei quartieri popolari, dei depositi tramviari, delle reti ferroviarie di approccio alla Stazione centrale. È qui che le informazioni alleate supponevano l'acquartieramento dei carri armati tedeschi, dei loro depositi di munizioni, delle loro caserme. Erano informazioni sbagliate che tuttavia portarono a quel bombardamento massiccio dell'intero anello periferico della capitale, durato due ore, dalle 11 alle 13 del pomeriggio, effettuato da 180 Liberator. La sera avanti ero a cena con Ester a casa di Eduardo De Filippo. Sonò l'allarme e cominciò un fuoco di artiglieria. Negli intervalli si udiva il ronzio di un solo apparecchio: un ricognitore, evidentemente, venuto a fotografare i siti della difesa antiaerea, indicata dai lampi delle cannonate. Eduardo disse: «Domani verranno in massa». Era stato buon profeta. Ai primi fragori andai nella camera di Ester. Erano troppo vicini perché non si potesse pensare che tra qualche istante una bomba non cadesse a polverizzarci tutti. Sedetti sul letto. Ci abbracciammo senza dirci ch'era consolante, dopo tutto, poter morire insieme. Nulla avvenne. Ridemmo guardandoci. Le bombe cadevano, ma sentivamo di esserne fuori. Anzi, andai a lavarmi, a insaponare il volto, a radermi. A picco, dalla mia finestra, vedevo i fuochi della difesa; grevi nuvole nere salivano da poco distante. I bombardieri battevano gli edifici del Policlinico ove si sapeva la sede del comando tedesco. Mi misi a contare le ondate degli attacchi. Nove. Colpite le stazioni ferroviarie di San Lorenzo, del Prenestino; gli aeroporti del Littorio, di Ciampino, quasi crollata la basilica di San Lorenzo, danneggiato il cimitero del Verano. Quella tetra festa durò, l'ho detto, due ore circa, durante le quali continuai (vestito e raso) a conversare con Ester, preparandoci per andar fuori a colazione, in un ristorante del centro. E ciò (ancora, a ripensarci, mi stupisce) senza più badare alle bombe all'intorno, mirate sui siti militari e, dunque, su obiettivi ammessi dalla convenzione che (si diceva) fosse intervenuta tra il Vaticano e la Wehrmacht sulla demilitarizzazione della capitale... Rimaneva il fatto dell'indifesa Roma, posta dinanzi alla realtà della guerra. Subito la patina di indifferenza è scomparsa dal volto della città e la povera gente è affiorata con i suoi materassi sdruciti, i suoi miseri letti, le stoviglie e le grame mobilie sui tricicli, i carretti, per le vie, a porre il suo colore disperato e umano nell'aria frivola e scempia della Roma gerarchica e godereccia" <533.
Il 23 erano ancora a Roma dove si respirava un clima teso per il rapido evolversi degli eventi:
"Sul corso Umberto incontrai Armando Curcio e Eduardo De Filippo. Eduardo, osservando il traffico della strada, l'aria grigia e carica attorno ai volti e alle cose, disse come per ispirazione: «Forse tra poco si proclamerà lo stadio d'assedio». Si parlava d'un consiglio della Corona per quella sera stessa, 23. Si sapeva della imminente convocazione del Gran Consiglio a richiesta d'un gruppo di componenti tra i quali Dino Grandi, Federzoni, Bottai e, persino, Galeazzo Ciano... Mi avvertirono di gravi e risolutivi avvenimenti, con la probabile eliminazione della dittatura di Mussolini. Credetti a metà a questa notizia" <534.
Ester Lombardo e Giovanni Artieri partirono il giorno seguente per Amalfi, fu qui che appresero la notizia della caduta di Mussolini e qui, sempre presso Villa Lone, rimase la giornalista fino alla liberazione di Roma:
"Giudicai mio dovere mettere al sicuro Ester nella nostra casa di Amalfi e, dunque, lasciare Roma; pensavo di ritornarvi, come avvenne, anche perché «La Stampa», il mio giornale, mi pregava di non allontanarmi in vista di non precisabili (o facilmente precisabili) avvenimenti" <535.
Dunque Artieri già il 29 luglio, convocato da «La Stampa», era di nuovo a Roma e inseguiva «i grandi fatti e il loro svolgersi» tra «la fine del fascismo, l'arresto di Mussolini, l'avvento della dittatura militare di Badoglio e le sue incongruenze ed errori, la complessa tragicommedia della dichiarazione di armistizio e la cinematografica avventura romana dei due diplomatici, l'americano e l'inglese (il generale Maxwell Taylor e il colonnello T. Gardiner)» <536. Nonostante le sempre maggiori difficoltà negli spostamenti, egli riuscì a tornare varie volte ad Amalfi: «Pensavo imminente - scrive - l'invasione, con i suoi pericoli e incognite da dividere con la mia cara» <537. Dalla costiera amalfitana si sentivano e si vedevano le incursioni aeree alleate sul territorio di Salerno. Si stava già preparando lo sbarco anfibio nel Golfo, operazione con cui gli alti comandi Alleati intendevano costituire una base per avanzare poi verso Napoli. Lo sbarco avvenne il 9 settembre, il giorno seguente alla proclamazione dell'armistizio <538.
Il 2 settembre Giovanni Artieri tornò a Roma e qui rimase «intrappolato», lontano da Ester, fino alla liberazione della città <539. Nella capitale erano anche Lea Lombardo e Italo Minunni, rispettivamente sorella e cognato di Ester. Fu proprio Italo Minunni <540, anch'egli giornalista, che arruolò di autorità Giovanni Artieri nel Partito democratico del lavoro di Ivanoe Bonomi <541. Con questo partito, che non ebbe un forte seguito popolare, entrò a far parte del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) insieme ad un esiguo gruppo di notabili prefascisti e si guadagnò in tal modo gli attestati della milizia nella Resistenza durante i nove mesi dell'occupazione romana, attestati che risultarono poi necessari per rientrare nel mondo del giornalismo. «La Stampa», attiva durante la Repubblica sociale italiana non poteva rinascere ma, già dal maggio 1945, Artieri fu chiamato a lavorare all'"Opinione" <542, diretta da Franco Antonicelli, capo del Cln del Piemonte <543.
Egli, pur sperando in una rapida liberazione, ricorda il tempo dell'occupazione di Roma comunque come fecondo:
"La scarsa possibilità di promuovere azioni nella stretta ferrea della sorveglianza nazista induceva a scivolare in una vita di pura evasione. Si trovava un correttivo nel lavoro organizzativo dei partiti: troppi, pullulanti, spesso velleitari... Ma, ripeto, esisteva unanimità tra tutte le forze della Resistenza: la «mia» casa di viale Regina Margherita, risultante non abitata dal suo proprietario ... fu per un certo tempo il punto di convegno dei comitati centrali e delle direzioni democristiana, comunista, del Partito d'azione, di quello demolaburista. Ospitò prigionieri evasi, comunisti ricercati (ne ricordo uno, Vittorio Viviani)... Ricordo ancora, ospite clandestino di quella casa, Armando Curcio, commediografo, editore; e ricordo i consigli e gruppi liberali: sullo sfondo appare il volto pallido e pensoso di Mario Pannuzio... Altri ospiti temporanei miei furono Eduardo e Peppino De Filippo, sottrattisi al bando emanato dal governo della Repubblica sociale che convocava al Nord i rappresentanti delle maggiori compagnie teatrali. Talvolta io ero ospite di Eduardo; talaltra io in un altro appartamento comprato dalla signora De Filippo, la prima moglie di Eduardo, la cara e bella Dodò, come la chiamava il marito. Quasi sempre, sfidando ogni regola di prudenza, ci si riuniva a pranzo o a cena: Eduardo e Peppino, io, Armando Curcio, il Carloni, marito di Titina De Filippo, e un giornalista napoletano, F.C., che noi, di sicuro, sapevamo essere spia dei tedeschi e dei neofascisti, ma che per una specie di insuperabile inibizione costituita da un complesso sentimento di affetto, di ammirazione, di ricordi napoletani, di timori, di inferiority complex e via dicendo non ci denunciò mai e noi, ciecamente, credevamo, sapevamo che mai e poi mai ci avrebbe denunciati" <544.
Giovanni Artieri visse infatti i nove mesi dell'occupazione in uno stato di clandestinità, poiché aveva ignorato gli ordini di Alessandro Pavolini, il quale, nominato segretario provvisorio del neonato Partito Fascista Repubblicano, aveva emanato l'ordine per i giornalisti di raggiungere le sedi dei loro sindacati e passare ai comandi del Ministero repubblicano <545. Così Artieri venne controllato dai tedeschi, anche se, per la sua iscrizione al Pnf <546 e perché poco aperto al dissenso, non rischiò seriamente di essere arrestato:
"Le formazioni clandestine comuniste pagavano fra tutte il prezzo più doloroso... A noi la polizia ci ritiene innocui o cerca di non vedere o di non guardare attentamente. Siamo, finché non si travalichino certi gradi di attività cospirativa, nel settore «italiano» della sorveglianza; là dove i comunisti sono oggetto delle premure di gran lunga più zelanti della polizia tedesca e perciò si tengono alla larga da chi non appartiene, sicuramente, alle loro fila" <547.
Durante l'occupazione di Roma, Ester Lombardo continuò a vivere ad Amalfi dove «dette la sua opera all'organizzazione degli Alleati a Capri, ad Amalfi e a Positano» <548. È difficile capire cosa si intenda con questa affermazione, ma sicuramente Ester Lombardo era ben inserita nel contesto, poteva godere di diverse amicizie, come quella con il sindaco di Capri, Peppino Brindisi, o con lo scrittore Edwin Cerio <549.
Subito dopo la liberazione di Roma, Giovanni Artieri «corse al sud» a cercare Ester, con una Balilla comprata per l'occasione insieme ad alcune latte di benzina. Non la trovò ad Amalfi, dove Villa Lone era stata requisita da Badoglio, per se e per il suo seguito, ma a Positano: "Ester la trovai a Positano, inserita come housekeeper, cioè come padrona di casa, nella spicciola burocrazia dell'alto comando britannico e badava all'ospitalità di tre vecchi colonnelli, dirigendo il personale locale addetto ai servizi. Ester aveva detto e vantato di avere il marito nella clandestinità romana, e fu orgogliosa di presentarmi ai suoi ospiti che m'accolsero cordialmente non prima di aver attentamente esaminato i miei titoli di appartenenza alla Resistenza e consultato elenchi ove (con incredibile precisione) erano segnati i nomi dei giornalisti aderenti alla Repubblica di Mussolini" <550.
L'offensiva alleata su Roma, iniziata il 12 maggio 1944, aveva portato alla sua liberazione il 4 giugno <551. Quasi un intero anno mancava alla resa dei tedeschi a Milano. Dunque, seppur ripristinati i collegamenti e i servizi ferroviari tra Roma e il sud, rimaneva ancora difficile per Artieri riprendere i contatti con «La Stampa», a Torino, al di là della Linea Gotica. Più semplice, come infatti fece, spostarsi tra il sud e Roma, dove la nascita di nuove testate creava la necessità di impiego di provati giornalisti. Caduta la Repubblica Sociale, fu possibile per lui tornare al Nord, alla sua casa di Milano, e riprendere i contatti con «La Stampa». Era la metà di maggio del 1945 e quel viaggio venne condiviso con Enrico Mattei, che raggiungeva Torino per ripresentarsi alla «Gazzetta del Popolo» <552. Come detto, «La Stampa» non poteva rinascere, ma Artieri iniziò a lavorare all'"Opinione". Il mese seguente arrivò a Milano anche Ester Lombardo. Probabilmente nel 1946 entrambi torneranno a Roma: Giovanni Artieri terminava l'esperienza all'"Opinione", Ester Lombardo iniziava l'avventura politica.
[NOTE]
523 Giovanni Artieri scrive infatti: «Il diario di Amalfi comincia il 1° gennaio 1943 a Lone, un venerdì di vento furioso e pioggia», G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 404. Il diario non è stato pubblicato ed è conservato da Paolo Cacace.
524 G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 403.
525 "Fra otto giorni partirò per Capri. Ho ancora un poco di febbre; ormai sono quattro mesi e mezzo e non ne posso più. Spero che Capri mi faccia entrare definitivamente in convalescenza, anticamera della guarigione", Lettera di Ester Lombardo a Celso Luciano Capo di Gabinetto di S.E. il Ministro della Cultura Popolare, Milano, 3 giugno 1942, in ACS, MCP, Gabinetto, Archivio generale - affari generali 1926-1944, b. 99, fasc. 593 "Vita femminile". Lombardo Ester (1935-1942), c. 12. Si vedano anche Lettera di Ester Lombardo a Celso Luciano Capo di Gabinetto di S.E. il Ministro della Cultura Popolare, Milano, 29 aprile 1942, in ACS, MCP, Gabinetto, Archivio generale - affari generali 1926-1944, b. 99, fasc. 593 "Vita femminile". Lombardo Ester (1935-1942), c. 27; G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., pp. 231-237 e 403-404. Ester Lombardo aveva dato a Capri e alla costiera amalfitana visibilità anche attraverso le pagine di «Vita femminile», si vedano ad esempio: E. Lombardo, L’isola dei naufraghi, in «Vita femminile», 15 aprile-15 maggio 1923, pp. 24-27, qui meritano attenzione alcune righe scritte quasi vent'anni prima del suo "ritiro" amalfitano: «I deragliati dalle rotaie ordinarie dell'esistenza, i più vari falliti della vita approdano a Capri. [...] Attori grandi e piccoli di rivolgimenti politici andati a male naufragano su questo scoglio melodioso del Tirreno, attratti da qualche Sirena ancora superstite dai tempi di Ulisse», la cit. è a p. 24; A. Viviani, Passeggiate romantiche: Capri, in «Vita femminile», 1 luglio 1929, pp. 12-13 ; L. Minunni, I principi di Piemonte alle regate e al ballo a Capri, in «Vita femminile», agosto 1932, pp. 10-11; L. Minunni, Capri sulla tela. [Ezelino] Briante, giovane pittore ottocentista, in «Vita femminile», ottobre 1932, p. 42; A. Cesareo, Marina di Capri, in «Vita femminile», 15 agosto-15 settembre 1934, pp. 10-13.
526 Viale Regina Elena (oggi viale Tunisia).
527 Presso viale Regina Margherita.
528 Tutte le informazioni sono tratte dal capitolo Avvisaglie della crisi in G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., pp. 403-410.
529 G. Pintor, L'ora del riscatto. 25 luglio 1943, Castelvecchi, Roma, 2013, pp. 13-14 e 24. Saggio scritto da Giaime Pintor a Napoli nell'ottobre 1943 e pubblicato postumo in «Quaderni italiani», IV, New York, 1944.
530 Ivi, p. 24.
531 Si veda a proposito Istituto romano per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza (a cura di), Roma durante l'occupazione nazifascista. Percorsi di ricerca, Franco Angeli, Milano, 2009.
532 G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 411.
533 Ivi, pp. 412-413. Giovanni Artieri, sbagliando, colloca questo evento il 20 luglio. Roma, invece, fu bombardata il 19 luglio da aerei americani decollati dalle basi del Nord Africa. Per ogni approfondimento si rimanda a M. Carli, U. Gentiloni Silveri, Bombardare Roma. Gli alleati e la «città aperta» (1940-1944), Il Mulino, Bologna, 2007, in particolare pp. 101-148.
534 G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 414.
535 Ivi, p. 423.
536 Ivi, p. 418.
537 Ivi, p. 425.
538 Su Salerno e l'operazione Avalanche si vedano S. Alinovi, L'amministrazione civica di Salerno dalla caduta del fascismo alla giunta del Comitato di Liberazione Nazionale, in AA.VV, Alle radici del nostro presente. Napoli e la Campania dal fascismo alla Repubblica (1943-1946), Guida, Napoli, 1986, pp. 193-210; A. Sole, Salerno e gli alleati, in R. Dentoni Litta (a cura di), Schegge di storia. Salerno e l'operazione Avalanche. Documenti, diari, memorie, testimonianze, Archivio di Stato di Salerno, Fisciano, 2014, pp. 279-294. Si vedano anche P. De Marco, L'occupazione alleata a Napoli, in N. Gallerano (a cura di), L'altro dopoguerra. Roma e il sud 1943-1945, Franco Angeli, Milano, 1985, pp. 261-273; G. D'Agostino, Napoli: governo e amministrazione della città dalla caduta del fascismo all'avvento della Repubblica (1943-1946), in N. Gallerano (a cura di), L'altro dopoguerra, cit., pp. 407-422.
539 Si veda G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 418.
540 Italo Minunni era anch'egli giornalista di stampo nazionalista, economista, volontario in Libia, mutilato di una gamba durante la prima Guerra Mondiale, alto funzionario della Confindustria, partigiano monarchico. Fu arrestato durante l'occupazione tedesca di Roma insieme ad Alberto Bergamini dalla polizia neofascista di Pietro Caruso poiché indiziato di cospirazione antifascista e di ricostituzione del partito della Democrazia del Lavoro. Era in carcere a Regina Coeli durante l'attentato di via Rasella ed era stato inserito nella lista dei 330 che i tedeschi avrebbero fucilato alle Fosse Ardeatine. Fu poi cancellato dalla lista quando l'ufficiale tedesco, venuto a prelevare i prigionieri, ordinò: «Abbiamo bisogno di uomini interi». Dopo la liberazione evase dal carcere. Si veda G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., pp. 462-469 e 504-505.
541 Si veda G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 464. Sul Partito democratico del lavoro si veda L. D'Angelo, Fra liberalismo e socialismo: il Partito democratico del lavoro, in F. Grassi Orsini, G. Nicolosi (a cura di), I liberali italiani dall'antifascismo alla Repubblica, vol. I, Rubettino, Soveria Mannelli, 2008, pp. 159-173.
542 Anche il quotidiano «L'Opinione» aveva sede a Torino. Nato nel 1846, aveva chiuso le pubblicazioni nel 1900. Nel 1945 venne rifondato ma durò solo un anno.
543 Si veda G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., pp. 540-549.
544 G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., pp. 464-466. Su Mario Pannuzio e i liberali si veda A. Cardini, Il liberalismo di Mario Pannuzio, in F. Grassi Orsini, G. Nicolosi (a cura di), I liberali italiani dall'antifascismo alla Repubblica, cit., pp. 611-646.
545 Si veda G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 476.
546 Giovanni Artieri si era iscritto al Pnf nel 1927, si veda Appunto della polizia politica, Napoli, 24 marzo 1933, in ACS, MI, DGPS, Divisione polizia politica, b. 48, fasc. 54 Artieri Giovanni, c. 4. Bisogna però tenere conto del fatto che in pratica l'iscrizione al sindacato fascista divenne per i giornalisti, proprio da quell'anno, una condizione indispensabile quanto l'iscrizione all'albo per poter esercitare la propria professione. Sull'argomento si veda G. Fabre, L' elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Zamorani, Torino,1998.
547 G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., pp. 478 e 482.
548 Ivi, p. 484.
549 Edwin Cerio scrisse anche alcune novelle per «Vita femminile», si veda ad esempio E. Cerio, Concorrenza sleale, in «Vita femminile», luglio-agosto 1935, pp. 50-51. Inoltre sullo scrittore Ester Lombardo pubblicò un articolo: L. Minunni, Intervista con Cerio, il poeta-mago di Capri, in «Vita femminile», settembre 1932, pp. 26-28. Ester Lombardo e Giovanni Artieri frequentarono anche altre personalità molto conosciute a Capri, come l'archeologo Amedeo Maiuri e lo scrittore e giornalista Curzio Malaparte. Le relazioni con queste persone sono approfondite in diverse pagine di G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit.
550 G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., p. 535, per approfondimenti si veda l'intero paragrafo Alla ricerca di Ester, pp. 534-539.
551 Per un quadro approfondito sulle azioni militari e diplomatiche che portarono alla liberazione di Roma si faccia riferimento a M. Carli, U. Gentiloni Silveri, Bombardare Roma, cit., pp. 203-237. Si veda anche A. Di Stefano, U. Gentiloni Silveri, S. Palermo (a cura di), Roma 4 giugno 1944. La liberazione a colori, Palombi, Roma, 2011.
552 Si veda G. Artieri, Prima durante e dopo Mussolini, cit., pp. 535-537.
Caterina Breda, Biografia intellettuale di Ester Lombardo: giornalista, scrittrice, attivista politica tra fascismo e Repubblica, Tesi di laurea dottorale, Università degli Studi Roma Tre, Anno Accademico 2016-2017