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Latte, Frazione di Ventimiglia (IM), vista da Zona Ville
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Nello
Pozzati mi disse in un’occasione che aveva letto "Meridiano di sangue"
di Cormac McCarthy, come forse gli avevo suggerito io: solo che non so
ripetere con la sua lucida precisione la trama con cui mi descrisse la
filosofia, da lui intesa, sottesa a quel romanzo, che pur mi aveva tanto
affascinato per quella che a me è sembrata una plastica commistione di
paesaggi selvaggi e di crude vicende storiche poco note del sud-ovest
nord-americano di circa due secoli fa.
E non potevo dubitare che,
quando conobbe Nico Orengo, autore anche de “La curva del Latte”, Nello gli
rammentasse che, certo, anni dopo quell’ambientazione romanzesca, nella
campagna condotta dal protagonista lui ci aveva lavorato da bracciante,
prima di emigrare a Milano, diplomarsi, laurearsi e vincere importanti
concorsi in comuni dell'hinterland.
Nello, che in gioventù tirava
tardi a discutere con
Francesco Biamonti davanti al Bar Irene di
Ventimiglia, esercizio ormai chiuso, mentre doveva alzarsi di lì a poche
ore per tornare al suo lavoro, all’epoca, ancora agricolo, non
ricordava, invece, molto del professor
Raffaello Monti, già amico e
corrispondente di Aldo Capitini. Eppure ai nostri vent’anni era stato
lui a riferirmi citazioni di quella più vecchia Bordighera dell’
Unione
Culturale Democratica (tuttora operante grazie alla grande tenacia di
Giorgio Loreti), che vide impegnati, tra gli altri, Francesco Biamonti,
Guido Seborga,
Angelo Oliva, Luciano
De Giovanni, i pittori
Enzo Maiolino, Sergio Biancheri,
Joffre Truzzi, Sergio Gagliolo e chissà quanti altri personaggi di rilievo che io sto dimenticando.
Dalla lettura del significativo
libro di Sergio Favretto,
Partigiani del mare. Antifascismo e Resistenza sul confine ligure-francese, Edizioni SEB27, Torino, aprile 2022, vengo ad apprendere che
Raffaello Monti era riuscito a frequentare, seppur brevemente, Giuseppe
Porcheddu anche nell'immediato secondo dopoguerra.
Fravretto si sofferma pure sull'operato da partigiano di Pietro Giacometti, che compare anche nell'opera "
Lina, partigiana e letterata, amica del giovane Calvino",
scritto
da Daniela Cassini e Sarah Clarke. Giacometti, il cui operato appare in diverse documentazioni storiche in modo frammentato, dunque, difficile da ricomporre, era il nonno del marito della signora Clarke.
Senonché, a Sanremo, quando due anni fa venne presentato il citato libro, sono venuto a sapere che la
famiglia Giacometti a cavallo della guerra abitava in Villa
Olga a Nervia di Ventimiglia: a poche centinaia di metri
dove, più a levante, qualche tempo dopo sono nato io, ma dove in quel
periodo cruciale abitavano già i miei nonni.
Alcuni fatti storici
o, al limite, solo alcune conferme, sono stati appurati (anzitutto per Giacometti) in ordine ai
due libri appena accennati dalla pubblicazione di quello che io
definisco il "
Memoriale Porcheddu", prima inedito, in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia),
Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019. Mi emoziona tuttora sapere che una radioricetrasmittente affidata da
Punzi ad un altro degno antifascista, perché probabilmente destinata a Beppe
Porcheddu,
era transitata dal garage Chiappa, padre e figli, una volta esistente a
pochi metri dalla mia attuale abitazione. O, ancora, avere appurato in modo
incontrovertibile in quale casa di Marina San Giuseppe di Ventimiglia
avvenne l'agguato vile e feroce che costò la vita al capitano Gino, un
uomo, già ufficiale di carriera, venuto a morire dalle nostre parti dopo
aver tentato di intessere una rete antifascista in provincia, aver
combattuto con i partigiani francesi ed essere tornato a cercare
contatti con i nostri partigiani anche nella veste di agente dell'Oss
statunitense.